Nov 172015
 

fonte: Macerie

Qualche giorno fa, otto compagni già coinvolti nell’operazione di polizia che, nel giugno 2014, aveva portato ad arresti e lunghe detenzioni cautelari per la lotta contro gli sfratti a Torino, si son visti notificare, con un’operazione mattutina simile a quelle che si fanno per i mandati d’arresto, il ripristino di firme bisettimanali.

Tutto ciò avviene perchè dopo tre mesi di firme all’indomani della scarcerazione, nel marzo 2015, il Gup li aveva sollevati da tale obbligo, ma il Pm Antonio Rinaudo, con la consueta solerzia, aveva prontamente fatto ricorso contro la decisione del giudice. Accettata dal Tribunale del Riesame, l’istanza era stata controimpugnata dall’avvocato difensore, ma la Suprema Corte, a cui era stato mandato il fascicolo, ha ritenuto questa mossa difensiva ineffettiva.
Si torna a firmare, dunque.
Ma perché vi raccontiamo queste piccole e arzigogolate noie?

Perché siamo convinti che siano indicative di quanto bolle in pentola a Torino, e perché poi si intrecciano ad altre storie recenti, che viste da questo punto di vista potrebbero essere lette con più chiarezza.

Alcuni tra i ‘ripristinati’ affronteranno il 10 dicembre l’udienza per la sorveglianza speciale, altri invece si trovano ancora ai domiciliari per l’operazione del 20 maggio, e per loro il processo inizierà giovedì 19 novembre. E forse è per quest’ultimo caso che ci è sembrato opportuno scrivere di questo incidente di percorso che in altri frangenti avremmo tenuto debitamente sottotono, essendo comunque una misura poco afflittiva.

Tre dei cinque compagni arrestati il 20 maggio per essersi messi in mezzo ad una retata erano sottoposti proprio a quelle firme di cui si parlava in apertura. I reati contestati erano, e sono, di infima rilevanza — banalmente resistenza e violenza a Pubblico Ufficiale –, e, di solito, non portano a misure cautelari così lunghe. Ma ciò che è stato costantemente sottolineato dal Pm è che i presunti rei fossero già sottoposti a misura cautelare, e di qui l’esigenza di tenerli in carcere non tanto per l’entità dei reati, quanto per la possibilità di reiterazione.

Ecco allora che questo ripristino di firme assume un nuovo significato: se vieni accusato di qualsiasi cosa, e parliamo sempre di denunce, non di sentenze, mentre stai firmando, andrai incontro a seccature, al di là dell’entità delle accuse. Era già successo, qualche anno fa, a Marianna, Simona, Camille: sottoposte a obbligo di firma, si erano viste tramutare la misura in custodia cautelare in carcere o ai domiciliari per una denuncia per resistenza a Pubblico Ufficiale. Niccolò aveva subito un analogo inasprimento della sua misura e, mentre aveva l’obbligo di dimora notturno, per un semplice furto era stato arrestato e portato alle Vallette.
In quest’ottica, le firme si rivelano una misura sì lieve, ma terribilmente efficace nel contrastare tutte quelle lotte che per loro natura pongono frequentemente chi le attua in situazioni di ostilità e incontro ravvicinato con le forze dell’ordine.

Non è poi da trascurare il peso di una misura del genere per la sorveglianza speciale. Da una parte, per quanto detto, ne è un assaggio, dall’altro di certo verrà tenuto in conto dalla corte che dovrà deciderne l’erogazione.

Insomma, piccole mosse della Procura, a volte meditate, altre tentate un po’ a caso, più spesso frutto di tempistiche burocratiche ad essa favorevoli, che danno infine il senso della partita a scacchi che si gioca tra aule, stanzini e uffici di polizia.

Il processo, a porte aperte, per i cinque compagni arrestati il 20 maggio scorso inizierà il 19 novembre, alle ore 9 in aula 44.

macerie @ Novembre 16, 2015