Giu 272015
 

Il 41bis è il regime più restrittivo all’interno delle carceri italiane. Da circa quattro anni e attraverso vari passaggi giuridici è stata applicata un’ ulteriore restrizione che aggrava l’isolamento dei detenuti e delle detenute: fortemente limitata la possibilità di lettura e cancellata quella dello studio.
Per opporsi a questa situazione le compagne e i compagni impegnati nella lotta contro il carcere stanno promuovendo una serie di incontri: l’obbiettivo è quello di rompere l’isolamento, far conoscere quanto accade all’interno delle carceri, organizzare concretamente la solidarietà.

Il 41 bis è applicato a circa 700 prigioniere/i, ristretti in bracci speciali ubicati nelle carceri di: Cuneo, Novara, Parma, Milano-Opera, Tolmezzo, Udine, Ascoli Piceno, Terni, Spoleto, Viterbo, L’Aquila, Roma-Rebibbia.
Questo regime detentivo si fonda su: isolamento 23 ore al giorno, telefonate e colloqui (privi di contatto fisico) limitati ad uno al mese, processi in videoconferenza, restrizioni su posta, stampe e libri, divieto di scaldare le vivande, esclusione dalle attività carcerarie.
La finzione democratica del carcere quale luogo di recupero sociale è totalmente accantonata con il 41bis, nell’istituzione del quale emerge esplicitamente il ruolo punitivo della pena. Il 41 bis prevede l’annichilimento, la sepoltura, l’eliminazione del nemico interno, il quale può riemergere alla comunità umana solo per il tramite del pentimento e della delazione.

Inizialmente applicato in via provvisoria, in quanto formalmente legato all’“eccezionalità” del periodo storico e ai livelli di conflittualità all’interno delle galere, nel tempo è stato più volte promulgato assumendo infine un carattere permanente. Dal 1999, nei bracci del 41bis operano i GOM (gruppi operativi mobili) alle dirette dipendenze del Ministero della Giustizia (caratteristica che garantisce loro l’impunità). Nel 41bis lo stato di eccezione è quindi divenuto norma.
Il sistema penale italiano si fonda da anni sulla dottrina della differenziazione, cioè su regimi detentivi diversi a seconda della tipologia di reato e della pericolosità dei detenuti e delle detenute. Isolare la parte ritenuta più pericolosa ha lo scopo sia di razionalizzare le tecniche e i costi del controllo sia di limitare la capacità di conflitto e di lotta dei prigionieri stessi. Questa tecnica è funzionale a consentire una più agevole gestione della carcerazione.
La detenzione, nel mondo neo-liberista, ha assunto la funzione di strumento per il controllo sociale di massa, di sostituta dello stato sociale, di difesa delle misure economiche fortemente impattanti sui poveri.
Il 41bis è al vertice di questo sistema. Da ciò deriva che quanto accade in questo regime in fatto di sperimentazione e di introduzione di nuovi elementi afflittivi, determina e si ripercuote a cascata negli altri gironi del sistema penale. Ne abbiamo un recente esempio con i processi in videoconferenza ed il tentativo del DAP di estenderli ai/alle detenuti/e in regime di Alta Sicurezza.

All’interno del 41bis a seguito di una circolare del DAP del novembre 2011 sono state imposte ulteriori restrizioni all’accesso al materiale stampato. Dopo un iter processuale che ha visto alcuni detenuti opporsi a questa misura restrittiva, il 16 ottobre 2014 una sentenza della corte di cassazione ha dato ragione al DAP, il quale ha unilateralmente deciso di applicare quella sentenza a tutti i detenuti e le detenute sottoposti a questo regime.

Attualmente, infatti, vige una forte limitazione del numero dei libri a disposizione in cella né possono più essere ricevuti per posta o attraverso i colloqui con i famigliari né essere richiesti alla biblioteca del carcere. Si possono quindi solo acquistare tramite l’amministrazione e ciò determina di fatto un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto.
Questa ennesima restrizione non rappresenta meramente un radicale impedimento alla possibilità di studio e svago. Risulta evidente, infatti, che in una condizione di estremo isolamento qualsiasi limitazione all’interazione col mondo esterno e alla possibilità di impegnare la propria mente è una forma di tortura.
L’isolamento provoca danni gravi e permanenti, fisici e psichici. I detenuti sottoposti a isolamento sanno perfettamente che la deprivazione sensoriale e la soppressione della socialità possono comportare conseguenze più pesanti della violenza fisica.
É necessario sensibilizzare su questo tema, in merito al quale non vi è sufficiente informazione e comprensione e sul quale le autorità speculano perché ciò gli consente di mascherare la propria brutalità e violenza.

In continuità al lavoro svolto negli anni contro il carcere ed il 41bis in particolare, si sono recentemente tenuti due incontri nel nord Italia. L’obbiettivo è di promuovere nei mesi a seguire una campagna di sensibilizzazione sul tema e organizzare delle giornate di mobilitazione. L’appuntamento romano si propone di proseguire la discussione e di allargarla ad altre compagne e compagni interessati.

Rete Evasioni

 

ASSEMBLEA 5 LUGLIO 2015 ORE 15:00

NED-PSM Via Dulceri, 211 (angolo via della Marranella)

Inoltre ricordiamo ai compagni e alle compagne, due appuntamenti che precedono e seguono quello del 5/7 a Roma:

4 luglio ore 18:00 Presidio al C.I.E. Di Ponte Galeria
• 6 luglio: ore 19:00 Incontro da Ned con un compagno e una compagna dall’Egitto per un confronto sulla stretta repressiva che lì stanno vivendo.