12 ottobre 2001: intervento del compagno avvocato G. Pelazza al dibattito promosso dal "Comitato contro la Repressione"

Trattandosi della trascrizione di un intervento parlato, il linguaggio, ovviamente, ne risente; inoltre non sempre si riesce a riportare, nello scritto, quei significati che il complessivo atteggiamento di chi parla dà alle parole dette.

E' difficile intervenire. in questi momenti perché tutti abbiamo molti pensieri e emozioni che ci ribollono in testa, nel cuore e un po' dappertutto per quanto sta accadendo sul piano planetario, però ha anche un senso parlare di questioni sicuramente più piccole di quelle relative ai bombardamenti o alla guerra "globale" che gli Stati Uniti e i loro alleati stanno portando avanti, perché ci sono dei nessi, dei legami, anche prendendo come esempio i cambiamenti avvenuti in Italia sul piano dei diritti sociali, del diritto del lavoro, un legame con queste cose che succedono'sul piano internazionale c'è: sono tutti pezzi di un collage che viene unito, non c'è niente di casuale in quello che succede. Partendo però da quello che c'è all'ordine del giorno di oggi, cioè l'involuzione legislativa in materia sociale e quindi riferendosi al diritto del lavoro, si può brevemente considerare come, fino grosso modo, alla metà degli anni '70 ci fosse stato uno sviluppo della legislazione protettiva del lavoro, ci sono state delle leggi fondamentali che stabilivano dei principi che oggi vediamo man mano cancellare. Per esempio la legge del '62 che stabilisce che la regola è un contratto di lavoro a tempo indeterminato, che dura, e soltanto come eccezione tassativa il "contratto a termine" dove fin dall'inizio si stabilisce quando cesserà, nel '66 la legge sui licenziamenti individuali, nel '70 lo Statuto dei lavoratori. Dopo di che si può cominciare a parlare, dalla metà degli anni '70 in poi, di una involuzione; sta a tutti noi insieme cercare di legare politicamente la crisi, la situazione economica, a questa involuzione legislativa, sta a noi, capire come mai il capitalismo che chiamano dal "volto umano" cerca di riprendersi tutto ciò che aveva concesso grazie alle lotte dei lavoratori. C'è anche il discorso legato all'assetto politico - istituzionale intorno alla metà degli anni '70, c'è l'ingresso del Pci nell'area di governo, c'è la formazione di un blocco di governo autoritario senza più spazi per il dissenso e sull'onda della mistificazione della classe operaia che si fa Stato, attraverso il Pci, in realtà si comincia a martellare sulle conquiste che si erano andate consolidando.
In quegli anni incominciano le "campagne d'ordine" contro i lavoratori ammalati, i lavoratori usurati dal lavoro di fabbrica vengono nei fatti espulsi gradatamente con la creazione di teorie del diritto chiamate con nomi fantasiosi di "eccessiva morbilità", quando ci sono assenze, si diffonde la legislazione sulla cassa integrazione, pagata dai lavoratori stessi attraverso l'Inps, le ristrutturazioni aziendali con le clamorose riduzioni di personale che iniziano in quegli anni; sempre sull'onda del colpire il lavoratore nel diritto alla salute e nella sua libertà individuale, sempre nel '77, con un accordo sindacale, che poi verrà recepito in una legge dell'83, abbiamo quella che si può definire una legge sugli "arresti domiciliari" del lavoratore ammalato, le cosiddette fasce orarie (10-12 e 17-19) quando il lavoratore ammalato deve restarsene a casa altrimenti rischia la perdita della retribuzione e potrà essere sottoposto a provvedimento disciplinare. Il contratto: a termine costituiva l'eccezione con la legge del '62, incominciano a stabilirsi varie ulteriori possibilità di deroga, prima nel settore del commercio nel '77, nell'83 e nell'86, poi in più vasti settori economici legati alle punte eccezionali delle esigenze produttive o nella vendita nel settore del commercio oppure si consente il contratto a termine in tutte le occasioni in cui il sindacato sarà d'accordo. Quando il sindacato diventa organico alla gestione dell'economia i diritti fondamentali del lavoratore vengono vanificati e calpestati. Sul piano del colpire il salario, iniziano in quegli anni i blocchi della scala mobile per un certo periodo, si modifica poi l'indennità di anzianità (che prima maturava man mano che il lavoratore diventava più anziano e veniva parametrata alla sua anzianità sulla base dell'ultimo stipendio e quindi si percepivano tante mensilità dell'ultimo stipendio quanti erano gli anni di anzianità) con l'introduzione del T.F.R. (trattamento di fine rapporto) che vuol dire che ogni anno di lavoro viene accantonata una somma parzialmente rivalutata e quindi quando si andrà in pensione il rapporto si risolverà in base a queste retribuzioni man mano accantonate e non in base all'ultima retribuzione percepita. Con questi meccanismi peggiorativi si arriva fino alla fine degli anni '80 e già in questa fase si nota che saldezza dei diritti dei lavoratori vuol dire maggiore democrazia sul piano sociale, questo si può interpretare nel senso che laddove c'è il riconoscimento di maggiori garanzie per il lavoratore, diminuisce il malcontento, la tensione e quindi lo strumento penale ha una ragion d'essere ridotta o relativa; quando invece incomincia l'attacco alle condizioni di vita dei lavoratori, allora sul piano penale ha luogo la costruzione di un armamentario repressivo molto significativo, inizia in quegli anni, prima del fenomeno del terrorismo e della lotta armata, la costruzione di una normativa che colpisce anche in futuro i movimenti di massa. Abbiamo nel '74 la legge Bartolomei che inasprisce pesantemente le pene per i reati riguardanti le armi, come la detenzione e il porto, la legge del '75 che equipara le bottiglie molotov alle armi da guerra. In quegli anni lì ci sono i movimenti anche dei circoli del proletariato giovanile che sono le premesse di quello che succederà nel '77, con il movimento studentesco del '77 e anche dei giovani operai e nel '75 abbiamo la legge Reale che garantisce una sorta di licenza di uccidere alla polizia, perché mentre prima la polizia poteva usare le armi per legittima difesa o per stato di necessità, adesso si introduce un ulteriore meccanismo di tutela nel senso che diventa legittimo l'uso delle armi per impedire la commissione di gravi reati, formula peraltro molto vaga; da quella data, dal maggio del '75, la statistica dei morti ammazzati nei posti di blocco o durante le manifestazioni è spaventosa: Mario Salvi, Rodolfo Boschi, Ernesto Panichi, Francesco Lo Russo, Giorgiana Masi, ecc., anche tanti cittadini ai posti di blocco dove i poliziotti puntualmente inciampano, o scambiano un ombrello per un fucile sentendosi legittimati a sparare. Man mano che cresce questa esigenza di repressione si modifica complessivamente anche il meccanismo penale, attraverso un rinnovamento della forma del processo. Prima il processo era finalizzato ad accertare delle responsabilità in base ai fatti e a dare delle pene, dalla fine degli anni '70 in poi, il primo esempio è il decreto Cossiga della fine del '79 e tradotto in legge nell'80, si sposta il processo sul controllo dell'identità di colui che viene processato, infatti il decreto Cossiga prevede la prima grossa attenuante per chi collabora con la polizia o con i giudici per andare ad individuare altri soggetti che si sono resi colpevoli di reato contro la personalità dello Stato. In quegli anni c'è un vasto movimento che viene accusato di insurrezione e di guerra civile dalla magistratura romana. Poi nell'82 questo aspetto legato all'attenzione verso l'individuo e a quanto questo è disposto a cambiare della sua identità politica, a cambiare schieramento, trova legittimità nella legge sui pentiti che prevede attenuanti di pena clamorosi, per cui rei confessi di numerosi omicidi, sulla base della quantità di gente che fanno arrestare, sulla base magari di fatti infondati, a Milano abbiamo ad esempio lo scambio tra Marco Barbone, reo confesso dell'omicidio di Walter Tobagi, al quale per garantire una pena molto bassa si deve configurare un'area politica molto vasta, come quella dell'autonomia milanese, che gravitava intorno alla rivista "Rosso", si deve configurare come banda armata, cioè un movimento di massa che si occupava degli espropri proletari, dei lavoro nero, delle incursioni nelle sedi delle radio di C.L., cose che avvenivano nei cortei, alla luce del sole, si configura questo movimento come banda armata in modo tale che il pentimento di Barbone possa acquisire i caratteri del pentimento eccezionale e quindi si possa garantirgli una pena irrisoria ed una sostanziale impunità. Questo aspetto viene ancora sviluppato con la legge dell'86 sulla dissociazione e diventa il centro anche del processo comune, con la riforma del codice di procedura penale. Nel processo penale attuale, infatti, tutto tende ad essere spostato sui riti alternativi, il "nuovo" processo, cioè, può funzionare solo se il patteggiamento ha un grosso sviluppo, e patteggiamento significa che l'imputato concorda col pubblico ministero quella pena che ritiene giusto di dover scontare. C'è quindi, vedete, un meccanismo complicato di omologazione rispetto ai valori dello Stato e si inseriscono nella legge dei meccanismi che spingono all'abiura, al tradimento, alla negazione di sé rispetto al passato. Sarebbe interessante fare delle ricerche sul piano psicologico linguistico, vedere come i cosiddetti pentiti dopo il pentimento acquistano il linguaggio di quelli che li interrogano. Per fare un esempio, un soggetto che aveva avuto la sua casa, la sua abitazione dove viveva tranquillamente, dopo un po' che sta' in caserma e viene interrogato, definirà la sua abitazione come il "covo".
Nello sviluppo degli interrogatori, con l'ascolto del linguaggio dei poliziotti, ci sono delle espressioni tipiche che vengono recepite tipo "io mi sono portato all'incrocio tal dei tali, ecc.", non c'è più nulla di vero e di individuale, c'è una sorta di meccanismo di tipo psichiatrico che fa cambiare L'identità. C'è un aumento della repressione penale in quegli anni e una caduta delle garanzie sempre legando questo fatto a dinamiche più ampie, abbiamo accennato prima all'aspetto della situazione economica, dopo l'89, sul piano internazionale abbiamo la caduta dell'est con tutto ciò che ne consegue e, a mio avviso, l'inizio di quel processo definito globalizzazione. Questa forma di mercato globale inizia a volere quella che adesso è la parola d'ordine cioè la flessibilità, l'elasticità, non più le garanzie, su questo c'è negli anni fine anni 80, anni '90, un premere l'acceleratore in modo pesante e deciso con le forme di lavoro come il lavoro interinale, che è una parola difficile per una realtà molto antica che è quella del caporalato, delle campagne dei paesi del sud dove c'è quello che organizza i lavoratori che poi lavorano per il latifondista; questo lavoro di mediazione lo fanno oggi le agenzie interinali, il lavoratore non è più nemmeno: alle dipendenze del padrone, di colui al quale fornisce la prestazione ma è soggetto ad ogni forma di ricatto. Si escogitano forme di lavoro in modo tale che i lavoratori si controllino l'un con l'altro, si attuano forme di lavoro "in due o tre" su un unico posto di lavoro, in modo tale che i lavoratori non possano assentarsi quando è il loro turno e si controllino vicendevolmente. Abbiamo un mercato globale, una flessibilità del lavoro che impone una caduta delle garanzie ma nello stesso tempo abbiamo una gestione di questo mercato globale, che avviene, sia sul piano internazionale, sia sul piano interno. Noi negli ultimi dieci anni ci siamo visti passare davanti agli occhi molti elementi di modifica dei meccanismi di comando, senza metterli bene a fuoco, senza accorgercene, soltanto dopo. Per fare un esempio, fin dal '90-'91, in documenti ufficiali come ad esempio questo 'Lineamenti di sviluppo delle Forze Armate" a cura del Ministero della Difesa, già lì si leggono delle teorizzazioni su quello che deve essere lo scopo dell'esercito che prefigurano la creazione delle forze di intervento rapido, gli interventi delle Forze Armate fuori dei confini, lo scardinamento della Costituzione che prevede l'esercito volontario e la difesa del suolo patrio. Vi leggo qualche passo di questo documento: "(...) da un lato le società industrializzate evidenziano l'aspirazione crescente a mantenere il progresso sociale, il benessere materiale in un contesto di libertà, di pace, e di sicurezza internazionale e a perseguire nuovi e più promettenti obbiettivi economici basati anche sulla certezza della disponibilità di materie prime (...) Dall'altro lato i paesi del 3° Mondo sembrano sempre meno in grado di concretizzare al proprio interno uno sviluppo armonico ed ordinato delle rispettive comunità sociali e di porre rimedio sul piano economico ad una crescente situazione debitoria nei confronti dei paesi industrializzati."
Quindi si evidenzia il problema di mantenere il controllo sulle materie prime in un contesto in cui i paesi del Terzo Mondo non possono reggere, vedremo poi negli anni successivi la dissoluzione indotta della ex Jugoslavia, stimolata ad arte. Non mancano poi, nel documento, motivi di preoccupazione ed incertezze per i gravi squilibri esistenti connessi con i fermenti etnici e nazionalisti, con l'espansione del fondamentalismo religioso, con la pressione demografica di molti paesi sottosviluppati. Si intravede già nel '90' il grave problema dell'immigrazione. Ancora si sottolinea che l'Italia è un paese che non ha risorse energetiche e prodotti minerali, che sono concentrati, le prime nel Golfo Persico, i minerali prevalentemente in Africa. Quindi la politica di sicurezza italiana - dicono i generali - deve rispondere alla tutela degli interessi nazionali nell'accezione più vasta, ovunque sia necessario. Devono essere tutelati quegli interessi che direttamente incidono sul sistema produttivo nazionale, sull'economia della nazione e sullo sviluppo. Qui ci sono scritte le basi per la partecipazione italiana alla guerra del Golfo, che è del '91, alla devastazione dell'Iraq attraverso il vergognoso strumento dell'embargo che ha provocato più di un milione di morti e ha distrutto l'economia del Paese riducendolo, come volevano gli americani, "all'età della pietra". La rottura della legalità costituzionale che si è verificata allora si è ripetuta poi. Non c'è più questo elemento fondatore della Costituzione nata dalla Resistenza, i principi fondamentali sono stati vanificati attraverso questa proiezione sull'esterno di un'aggressività italiana e di uno snaturamento del concetto di difesa della patria in nome della difesa di interessi economici. Nel '99 abbiamo poi la guerra contro la Federazione Jugoslavia, anche qui assistiamo al completo ribaltamento di valori e alla pochezza morale del litigio tra Prodi e D'Alema che, con orgoglio, rivendicavano a vicenda, il merito di aver portato l'Italia alla guerra. Poi il ministro Scognamiglio ha specificato che con Prodi c'era soltanto l'utilizzo delle basi, mentre con D'Alema c'è la partecipazione dell'aviazione italiana.
E' evidente allora che il mercato in questi anni ha la gestione della forza sul piano internazionale, ma questo mercato che si gestisce sul piano della forza ha anche un suo riscontro all'interno, nella caduta di tutte le regole che abbiamo visto prima, e con l'entrata in campo di un nuovo soggetto nel mercato del lavoro, sul piano interno e sul piano internazionale, questo soggetto è l'immigrato. Il problema dell'immigrazione ci riporta a delle problematiche internazionali, possiamo, vedere come la legge Turco-Napolitano abbia l'art.1 che riguarda il campo di applicazione della legge stessa e prevede al comma 5 che "le disposizioni della presente legge non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra." Ora io dico che questo è assolutamente inutile dirlo perché qualunque legge ordinaria qualora vi fosse lo stato di guerra viene in secondo piano rispetto alla legislazione speciale. Si vede che hanno, voluto tirare fuori una sorta di lapsus per evidenziare che le modalità di gestione degli immigrati sono sempre lì lì per avere in sé la forma della guerra. Non ci sono spiegazioni di tipo giuridico. E d'altra parte riferimenti agli ordinamenti legali degli stati in guerra sono presenti nella legge, pensiamo ai campi di detenzione che vengono chiamati "campi di permanenza temporanea", veri e propri campi di "detenzione amministrativa", perché ci finisce dentro l'immigrato non in regola con il permesso di soggiorno, anche se non ha commesso nessun tipo di reato, tanto è vero che la legge prevede che non intervenga nemmeno il magistrato penale per convalidare questa permanenza nel campo, ma interviene il giudice civile con una convalida di questo provvedimento che mette l'immigrato nel campo fino a 30 giorni, oltretutto con un giudizio basato sulle rappresentazioni che vengono fatte dalla polizia. In merito, le questioni relative all'incostituzionalità sollevate da molti magistrati milanesi sono state respinte. Il disegno di legge Bossi-Fini peggiorerà ulteriormente questa situazione sull'immigrazione. Il meccanismo della guerra dentro la legge sull'immigrazione è un meccanismo razziale, la legge sull'immigrazione prevede dei reati che se commessi da un europeo non sono reati, se commessi da un cittadino extracomunitario lo diventano, ad esempio il fatto di non avere con sé il passaporto o un documento di identità, sono poi previste possibilità nel caso del lavoro autonomo che l'immigrato, faccia quei lavori autonomi che non siano riservati dalla legge ai soli cittadini italiani, quindi c'è già nella Turco-Napolitano questa esclusione per gli immigrati da alcuni lavori che però verrà esaltata dal disegno di legge Bossi-Fini che addirittura prevede sul piano delle liste di collocamento delle liste preferenziali per gli italiani, prevede, per quanto riguarda le quote degli ingressi, meccanismi che privilegiano i figli degli emigrati italiani all'estero, quindi c'è un imbarbarimento complessivo.
Per ritornare al discorso che non abbiamo prestato sufficiente attenzione ad alcuni fatti accaduti, mi voglio riferire alla riunione della Nato, svoltasi nel corso della guerra alla Jugoslavia, nella quale è stato modificato l'art.5 del Trattato (che prevede che l'aggressione ad uno Stato membro comporta che si debbano intendere aggrediti tutti gli Stati parte dell'Alleanza). Ebbene in quella sede si è stabilito che l'interesse alla sicurezza dell'Alleanza può essere attivato anche da altri rischi di più ampia natura, inclusi atti di terrorismo, sabotaggio, crimine organizzato, interruzione del flusso di risorse vitali, movimenti incontrollati di un gran numero di persone. I nostri governanti hanno firmato questo accordo e il Parlamento non è stato investito di niente, le forme della democrazia sono tutte saltate. Anche il movimento incontrollato di un grande numero di persone, in conseguenza per esempio, di un conflitto armato può porre problemi per la sicurezza e la stabilità dell'alleanza. Tutto questo legittima l'intervento armato dell'alleanza sul piano planetario.
Io direi che ne abbiamo di stravolgimenti. In questo mutamento di un quadro complessivo, c'è la certezza che l'esercizio del potere puro e semplice è l'elemento fondante del meccanismo della gestione sociale. Attraverso la mediazione della forma legale, istituzionale, della Magistratura, del carcere o attraverso la violenza più diretta come è accaduto a Genova.
Sul piano del controllo sociale selettivo, con la forma ancora apparente delle garanzie, abbiano la ripresa di vigore degli artt.270-27Obis; l'art.270 è stato introdotto con il codice fascista Rocco ed è il reato di associazione sovversiva, lo prevede il codice degli anni '30 ed è formulato in modo proprio da colpire sia la realtà dei comunisti, come partito perché appunto dice che chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, oppure alla stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato organizza, costituisce, promuove o dirige associazioni aventi come scopo la soppressione violenta di ogni ordinamento giuridico-politico della società, in questo caso voleva colpire gli anarchici, oppure c'è un'altra formulazione che si adatta molto bene ai socialisti massimalisti. Questa era proprio l'essenza della dottrina fascista tanto è vero che, questo è curioso, dopo l'8 settembre ed il'25 luglio, venne emanato un decreto legislativo, il 27 febbraio del 1944, il cui art.1 stabiliva l'abrogazione di tutte le norme emanate a tutela delle istituzioni e degli organi politici creati dal fascismo. La Corte di Cassazione che non era certo un organo giudicante all'avanguardia della democrazia e del progresso, però sulla base di questo decreto, ritiene applicabile questa disposizione anche all'art.270. Ritiene che le sentenze di condanna relative appunto agli artt.270 e 272 che riguarda l'apologia sovversiva o la propaganda antinazionale, devono essere annullate in base a questo decreto. In seguito, con la ripresa nel dopoguerra, di un clima di normalizzazione, questi articoli rimangono ben saldi ed in vigore e la cosa curiosa, è che oggi i paladini dell'applicazione del 270. e del 270/bis, il 270/bis per inciso sarebbe un reato associativo che colpisce coloro che con metodi violenti vogliono aggredire le istituzioni democratiche, è stato introdotto alla fine del '79 con il Decreto Cossiga, ebbene uno dei più accaniti paladini dell'applicazione del reato associativo su vasta scala, lo si ritrova nel Presidente della Commissione stragi, Pellegrino, parlamentare DS. Se andiamo a sentire i suoi interventi, ad esempio il 1 dicembre 1999, è arrabbiato perché non è stato fatto, dopo le perquisizioni che hanno colpito un'area politica vasta, con prevalenza di quella dei Carc, un lavoro preciso dopo l'esito delle perquisizioni, è interessato a sapere che cosa comporta l'accertamento che cerano stati passaggi alla clandestinità sul piano giudiziario.
Qui bisogna specificare che uno è latitante quando si sottrae all'esecuzione di un provvedimento restrittivo, uno non è latitante quando dice che da oggi non ha più un domicilio conosciuto, la cosa è differente, uno non può essere arrestato perché non vuol far sapere dove abita e chi incontra. Pellegrino sostiene di "mantenere una personale perplessità" quando viene a sapere che non c'è stato nessun provvedimento restrittivo, "(...) se il reato è associativo e si trovano documenti che contengono il programma dell'associazione, non capisco perché si debba avere un trattamento diverso di quello riservato ai mafiosi, questo io francamente non lo capisco, oggi ci sono persone che finiscono in galera perché concorrenti esterni ai reati di mafia." Continua dicendo "(...) siamo uno dei pochi paesi a riconoscere i reati associativi, per cui far parte dell'associazione costituisce elemento criminoso, di fronte a questi fenomeni sono del parere che se si fosse duri fin dall'inizio i risultati sarebbero migliori, dovremmo prendere contatto con gli uffici giudiziari che svolgono le indagini", svela cosi l'esistenza di questa rete di rapporti tra membri della commissione parlamentare e uffici giudiziari.
Pellegrino continua ancora dicendo "ho letto i documenti dei Carc e mi domando se questi stessi documenti non siano la prova stessa perlomeno di una banda armata o di una associazione sovversiva". I documenti dei Carc li conosciamo e non c'è alcuna prova di questo tipo. Vedete come viene utilizzato lo schema del reato associativo, come elemento per portare in carcere, o per inquisire dei soggetti che non sono accusati di alcun reato, ma bensì di avere una forte tensione ad un cambiamento radicale della società. I reati associativi servono soprattutto ed essenzialmente a questo, hanno una funzione di intimidazione, di raccolta di informazioni, questo proliferare di indagini come quella anche verso Iniziativa Comunista (l'imputazione in questo caso è un 270 semplice, del vecchio codice Rocco, ed è stata messa sotto, processo la pretesa intenzione di. volersi dialettizzare con le Br ed il Pcc), si rende anche un crimine il voler avere un confronto politico con qualcuno con il quale magari non si concorda, il confronto politico non può essere un crimine. Manca addirittura oggi, non diciamo una concezione vagamente di sinistra, ma anche una concezione che si rifà all'illuminismo, a Voltaire. Se il tabù deve essere quello della violenza, allora mi si deve spiegare se non sia gravissimo confrontarsi con DAlema che si è reso autore di massacri in Serbia, nel Kosovo.
Da una parte c'è la volontà di usare lo strumento per colpire chi non ha fatto nulla di concreto ma è ritenuto socialmente pericoloso per le intenzioni che ha, forme di reato che negli altri paesi europei non esistono, dall'altra parte si dice che bisogna recuperare il tempo perso perché abbiamo abbandonato questo terreno ed allora ecco le intercettazioni telefoniche, ambientali. Ormai le indagini per il 270 e 270bis riguardano centinaia di persone, spesso anche per acquisire informazioni o riprendere vecchie piste e cercare di rimettere insieme le cose. Ci sono indagini anche sui Centri sociali soprattutto per tenerli sotto controllo, ci sono degli atti curiosi ad esempio quello relativo ad un ordigno messo nella sede dell'intendenza di finanza nel '99 per il quale erano assurdamente indagati i centri sociali: il procedimento è stato poi archiviato, ma intanto ha permesso di sottoporre diversi soggetti ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, di prendere nota di chi applaudiva nelle assemblee e si mostrava d'accordo con le posizioni più estreme. Vengono intercettati i commenti stessi alle perquisizioni fatte. Possiamo sorridere, ma occorre anche riflettere su come si vada nel dettaglio. Presso le questure ci sono in pianta stabile tecnici informatici che fanno funzionare degli apparati che intercettano i cellulari, intercettando alcune anomalie.
Quindi io direi che questo aspetto del 270 è stato approfondito.
I controlli invece dei movimenti di massa costituiscono un ulteriore passaggio a cui stiamo assistendo proprio in questi mesi; c'è una dilatazione possibile dello strumento del reato associativo, ci sarà, c'è già stata, riguardo a Genova si incomincia a parlare di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio per alcuni, per altri c'è la dilatazione dell'istituto giuridico ad esempio del concorso morale, per cui uno pur non avendo una responsabilità diretta nel commettere quel fatto può esserne moralmente corresponsabile, la sola presenza fisica in piazza può aver aiutato chi ha tirato la bottiglia o il sasso. Al di là dell'aspetto giudiziario in corso, occorre tenere presente che il movimento dovrebbe tenere unito l'aspetto politico con l'aspetto giudiziario; garantire ai compagni che erano a Genova una difesa legale non basta, occorre arrivare al processo con una linea politica. Nei processi, ognuno non può andare per conto proprio, chi patteggia, chi avrà il rito abbreviato; occorre chiarire che linea di difesa assumere, uno vuole riconoscere il poliziotto che lo ha picchiato o denunciare una catena di comando precisa che arriva fino al Ministro, degli Interni ed al capo della polizia? Sono aspetti giuridici ma anche politici. Controllo e gestione a Genova ci sono stati, c'è stata una sperimentazione di una forma repressiva senza nessuna mediazione giudiziaria, con l'avvallo di quelli che dovevano invece svolgere la mediazione giudiziaria. E' clamoroso che ci sia stato quel provvedimento della Procura della Repubblica di Genova che stabiliva che erano vietati i colloqui, tra arrestati e difensori perché non venivano portati in carcere. Questo voleva dire mano libera ai poliziotti di fare quello che poi hanno fatto nelle caserme, nelle varie Bolzaneto. Allora è saltata questa mediazione giudiziaria. che adesso si cercherà di recuperare per dare nuova credibilità, una facciata pulita al meccanismo della repressione statale.
A Genova abbiamo assistito ad una repressione che ha assunto la forma della guerra.
La sera della Diaz ci hanno chiamato e siamo corsi lì, abbiamo visto una situazione che occorre sentire sulla pelle, che dava la misura di quello che stava accadendo: l'elicottero che volteggia a bassissima quota, illuminando, talvolta, col suo faro, gli schieramenti dei poliziotti che si fanno beffe di chi cerca di intervenire, chiedevi di parlare con un responsabile, e quelli alzavano minacciosi gli scudi, vedevi barelle uscire dalla scuola in continuazione con ragazzi feriti alla testa, al torace, alle braccia e cosi via, l'unica salvaguardia era la presenza della televisione che ha consentito a quelli che erano fuori di non essere attaccati dai poliziotti. Qui abbiamo visto, alla Diaz, cadere ogni forma di garanzia, come nel pomeriggio quando i manifestanti sono stati attaccati violentemente con le autoblindo, si cercava un altro morto, si organizzavano le sevizie attraverso i medici penitenziari. E' stata una sperimentazione. Ed il dissenso europeo sul comportamento dell'Italia si è concluso dicendo che occorre rafforzare la polizia a livello europeo, creare un reato comune di terrorismo e sembra che vogliano connotare come reato di terrorismo anche le manifestazioni di piazza e le azioni che comportino danneggiamento di beni pubblici. Genova è un segnale, ci dice che siamo dentro questa logica, che le mediazioni giudiziarie sono saltate. Voglio ricordare soltanto il "pacchetto sicurezza" del marzo 2001, dove c'è una norma che prevede che i militari possano intervenire in determinate circostanze fino all'arrivo delle forze di polizia e si dà all'esercito un potere non più filtrato dalla magistratura, di intervento sulla libertà del cittadino, un potere derivante direttamente dall'esecutivo, senza previsione tra l'altro di regole di durata; per fare un esempio se uno si trova accanto ad un traliccio in montagna e le forze dell'ordine arrivano in ritardo, uno può trovarsi in balia dei militari. Queste forme antiche di violenza si legano alle forme sofisticate del centro elaborazione dati che viene ulteriormente sviluppato, è sempre nel pacchetto sicurezza, viene ridisciplinata l'immiissione uniforme di tutti gli atti, i documenti, le informazioni prodotte dalle forze di polizia.
Le cose grandi, i fatti gravi come la guerra, si intrecciano con gli eventi minori e su questo discorso della guerra a lungo termine, con tanti obiettivi, che viene giocata sul piano delle operazioni coperte, sul piano dei servizi di sicurezza, della, cooperazione giudiziaria, apre la strada ad ulteriori devastazioni dei nostri ordinamenti giuridici. Fini prefigura aumenti della custodia cautelare, ulteriore dilatazione delle norme sulle intercettazioni telefoniche, ulteriore estensione del fermo di polizia. Cosi come ci saranno delle ricadute in termini di criminalizzazione del dissenso di chiunque si opponga, "chi non è con noi allora è un terrorista". Bisogna pensare ad attrezzarsi per reggere una situazione del genere nel modo più opportuno, occorre saper articolare le tattiche del caso.

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