GIRP - Giornata Internazionale del Rivoluzionario Prigioniero
Firenze, 19 giugno 2005




Behatokia
Osservatorio basco dei diritti umani

E' già sufficentemente conosciuto l'avanzamento repressivo che si sta producendo in vari stati europei e del mondo intero tramite il rafforzamento di mezzi di sicurezza che impediscono la fruizione dei diritti umani e delle libertà pubbliche. Gli stati hanno sfruttato la retorica "antiterrorista" a beneficio dei loro propri interessi, identificando come terroristi chiunque si opponga ai loro interessi capitalisti e imperialisti, adesso o in passato: i "rossi separatisti" nella Spagna di Franco, i "sovversivi" nell'Argentina di Videla, i comunisti o più tardi "fondamentalisti islamici" negli USA, i "narcoguerriglieri" in Colombia o più generalmente i terroristi in gran parte del mondo sono l'esempio di questa retorica tesa a criminalizzare e succesivamente annichilire qualsiasi movimento alternativo o di opposizione.
In Euskal Herria questa dinamica si sta evidenziando per mezzo di una situazione di stato di eccezione non dichiarata che include l'uso di mezzi quali la detenzione in isolamento di cittadini baschi sotto l'accusa generica di "sospetti terroristi", momenti, questi, di impunità, in cui si producono episodi di vera e propria tortura e maltrattamenti, l'utilizzazione di legislazioni speciali per l'illegalizzazione di movimenti popolari, organizzazioni sociali, gruppi di promozione della cultura, partiti politici, fino a mezzi di comunicazione, il trattamento di ricatto e premialità contro il collettivo di cittadini e cittadine basche prigionieri in carceri francesi e spagnole, dispersi e in isolamento… .
Oggi contiamo precisamente 711 prigionieri politici baschi, il numero probabilmente più alto nella storia recente di Euskal Herria, ai quali, oltre a vedersi sottommessi a condizioni di vita brutali, non si riconosce il loro status politico e si nega qualsiasi possibilità di partecipazione nella soluzione del conflitto che li portò in carcere. Senza dubbio il movimento popolare basco gode di buona salute: i movimenti sociali hanno una capacità reale di incidenza in tutti gli ambiti sociali, le organizzazioni popolari sono veicolo di rivendicazioni sociali, culturali e politiche, la cosiddetta "società civile" è attiva e ha capacità di trasmissione dei propri progetti, costruendo il consenso con altri organismi, e contrapponendoli ai progetti del potere. In definitiva, la dissidenza e opposizione popolare in Euskal Herria gode, in termini generali, di buona salute. La situazione che si crea è che lo stato ha due possibilità di affrontare questo movimento sociale militante e attivista: riconoscere le rivendicazioni di questi settori riguardo alla risoluzione del conflitto nazionale e sociale in chiave democratica o ricorrere alla repressione. Il secondo metodo si è dimostato fallimentare.
La nostra esperienza nelle ultime decadi viene rinforzata dal grave quadro delle violazioni dei diritti umani e dalla mancanza di garanzie nella promozione e protezione dei diritti umani. La soluzione di questa situazione è la sfida che dobbiamo affrontare. Inoltre è importante che si levi una voce di allarme per prevenire che questa situazione sia trasposta in altri contesti politici, ovunque si producano.
Loro hanno globalizzato la represionne, noi dobbiamo globalizzare la speranza e la protesta… non possiamo permettere che il laboratorio repressivo che oggi è rappresentato da Euskal Herria serva da esempio per altri contesti europei.
Bisogna essere attenti e osservatori: che il successivo movimento da criminalizzare non sia il movimento antagonista italiano.

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