AVVOCATO SALVI – NUOVE SPARATE SUL PAGIANNUNZ‏

LA ESSEDUE, dopo la sentenza del TAR del 7 maggio,  per mano del suo avvocato Matteo Salvi si sente sicura e pronta a proseguire nel raggiungimento del suo obbiettivo: CANCELLARE definitivamente l’area umida del PAGIANNUZ per poi regalare CENTINAIA di TONNELATE di CEMENTO sopra un’area NATURALE RIGENERATASI SPONTANEAMENTE, un luogo simbolico ed emblematico, un’area pulsante di vita. Un’area dall’alto valore sociale e paesaggistico che la ESSEDUE SRL vuole mettere a profitto, destinare alla speculazione, con la realizzazione di un centro commerciale, appartamenti o un cinema multisala. Nonostante a pochi metri di distanza sorga una delle tante aree dismesse e vi siano, sparse in tutta la città, centinaia di case sfitte e invendute.
Salvi fa male  a pensare che sarà così semplice…l’area ad Abbiategrasso è UMIDA

IL PAGIANNUNZ NON SI TOCCA

ASSEMBLEA DEL 2 APRILE

PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

NO TANGENZIALE

di MATTEO SALVI *
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Con decisione della Quarta Sezione del TAR Lombardia1189 del 7 maggio 2014, è stato accolto il ricorso presentato dalla famigerata ESSEDUE srl avverso l’Ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 35 del 19 giugno 2013, emessa a tutela di un inesistente ed indimostrato habitat naturale. La decisione da atto della circostanza che: “L’area di cui si discute, che non risulta in alcun modo assoggettata a vincolo ambientale è integralmente ricompresa dal PGT vigente di Abbiategrasso nell’ambito di trasformazione A.T.S.”, che contempla le destinazioni residenziale, terziaria e commerciale, anche di grande distribuzione, e ove l’attività agricola è libera”; “Il sito, che in concreto era stato sempre destinato all’attività agricola è stato interessato nella parte oggetto dell’ordinanza impugnata (…) da uno spagliamento incontrollato della Roggia Cardinala e dalla rottura di una parte degli argini – di proprietà del ricorrente – di un canale di irrigazione (il cui canone è versato da soggetto terzo che ne ha l’esclusiva disponibilità) che la attraversa, sia ad opera di corrosione provocata dalle nutrie che dall’azione dolosa di ignoti”; “l’allagamento del sito non ha, dunque, origini naturali”. A me si poteva ascrivere di essere un bugiardo prezzolato dalla spietata ESSEDUE, ma al TAR…! Quanto all’ordinanza sindacale, il TAR afferma che “le doglianze della ricorrente colgono nel segno innanzitutto in relazione alla denunciata carenza dei presupposti per l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti” e che “l’ordinanza non risulta preceduta da alcun concreto accertamento circa l’effettiva esistenza di un imminente pericolo per le specie protette, la cui presenza non viene neppure individuata e la cui presenza è affermata soltanto in termini di probabilità. Né risultano allegati documenti da cui sia possibile una idonea istruttoria al riguardo a comprova della valenza naturalistica ed ambientale dell’area”, con buona pace della dotta relazione del professorone, depositata in giudizio. Si è in attesa della decisione relativa al ricorso del signor Contini che, verosimilmente avrà identici contenuti.Con riferimento alla ordinanza del Dirigente del Settore Sviluppo Economico e Cultura del Territorio, n. 68 che imponeva la rinaturalizzazione dell’area ed il divieto di qualsivoglia attività, anche agricola, sulla medesima il TAR, con decisioni nn. 174 e 175/2014 ha affermato “la piena fondatezza delle doglianze dell’istante, con particolare riferimento ai dedotti travisamento, difetto assoluto dei presupposti, FALSITA’ ed erroneità della motivazione e difetto assoluto di istruttoria”, atteso che l’attività svolta dall’agricoltore era unicamente quella agricola (ai tempi non si parlava di colate di cemento?) che “non è sottoposta a restrizioni nell’ambito di trasformazione ATS2 del vigente strumento urbanistico”.Ma non è tutto, con riferimento alla imposizione del vincolo nel P.T.C.P., in ragione della quale qualche “ignoto” ha esultato, il TAR ha avuto modo di confermare quanto da me anticipato nell’ultima mia lettera inviata al Suo giornale e cioè che le prescrizioni del P.T.C.P. “volte a preservare le aree umide esistenti, non possono riguardare quella in questione che, al momento dell’emissione dell’ordinanza oggetto della presente impugnazione, era completamente prosciugata e destinata all’attività agricola”.Caro lettore, questa volta è stato il TAR a descrivere l’ingiusta, fallimentare e falsamente motivata attività svolta dal Comune nei confronti di due soggetti che altro non hanno fatto che operare nel pieno rispetto della legge, con un inutile dispendio di energie e di denaro pubblico, cioè, il Suo.Dimenticavo! Ciascuna Sentenza condanna il Comune alla rifusione delle spese legali, nella misura di € 1.000 di onorari più oneri di legge (I.V.A. e cassa forense) e restituzione del contributo unificato (€ 650).In buona sostanza, circa € 2.000 per sentenza, di cui sarà Lei, cortese lettore, a voler, cortesemente, farsi carico.

* Legale rappresentante di Essedue e Contini

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