Quasi fosse un’assemblea, ecco che all’unanimità le braccia si sono alzate a sottoscrivere e sostenere una norma liberticida da fare invidia alla giunta birmana. D’ora in avanti, chiunque sia anche solo stato sospettato di avere compiuto un atto violento, dall’omicidio (111 Codice Penale) fino alla semplice sommossa (260 CP), può vedersi negare la possibilità non soltanto di assistere a un evento sportivo, ma anche di partecipare a “altre forme di manifestazione”. Si va dal carnevale, fino alla festa dell’uva, senza evidentemente dimenticare le manifestazioni politiche. Ottimo affare per negare agli elementi scomodi di prendere parte alla cosa pubblica. Una bella diffida dalla zona dove si svolge l’evento o l’obbligo in contemporanea di presentarsi in polizia sono delle armi ben affilate nelle mani dell’autorità per restringere i diritti dei cittadini. Il testo di queste leggi, in principio applicabili solo ad eventi sportivi (concordato intercantonale e art. 10b legge sulla polizia) ma grazie alla brillante innovazione ticinese (art. 10d legge sulla polizia) applicabili per analogia anche a non meglio definite “altre forme di manifestazione”, è volutamente vago e impreciso. Una semplice immagine può bastare a condannare un* militante a lottare con la costante di una spada di Damocle che pende sulla sua testa, ad ogni momento un Ufficiale di polizia, il Castelli di turno, può pronunciare contro di lui una di queste misure. Dopo eventualmente potrà fare ricorso. Dopo però.

Chi vi scrive è un militante praticamente incensurato, la mia fedina penale è pulita, eppure le denunce accumulate, mai concretizzatisi in decreti di accusa che vadano al di là di una semplice multa, potrebbero essere usate dall’autorità per impedirmi in futuro di esprimermi nelle piazze, di seguire la mia squadra del cuore così come di bere una birra al Rabadan.
Ecco quindi che la società intera fa un passo indietro. Che rinnega diritti duramente conquistati in passato. Dimenticandosi che spesso il progresso è passato anche dalle sommosse. Scordandosi che il fascismo è stato scacciato dalle piazze di Bellinzona dalla legittima violenza del popolo ticinese.

La vittoria di chi ci vorrebbe muti, a fare la fila davanti ai commissariati, non è ancora definitiva. La legge non entrerà in vigore che a fine febbraio. Nel frattempo un gruppo di cittadini e cittadine ha deciso di reagire denunciando al Tribunale federale l’incostituzionalità di queste misure. Questo lavoro però comporta oltre all’impegno dei e delle militanti e del gruppo legale anche spese giudiziarie di alcune migliaia di franchi. Invito quindi i compagni e le compagne, oltre a esprimere pubblicamente il proprio disappunto e la propria rabbia contro queste misure, a sostenere finanziariamente quest’azione popolare.

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