Credo sia tutto giusto, è tutto giusto il mio disgusto”
(Strappato lungo i bordi, di Giancane)

Un anno fa, dopo il corteo rumoroso e determinato del 29 maggio, a difesa degli spazi liberati e autogestiti, contro lo sgombero e concluso con l’occupazione temporanea dell’istituto Vanoni, la polizia cantonale su ordine della città di Lugano e con tutte una serie di responsabilità ad alto livello dello Stato non ancora chiarite, sgomberava prima e demoliva in seguito una parte del CSOA il Molino.

Un’azione di chiaro stampo militare dal sapore della vendetta punitiva, architettata e messa in pratica – salvo qualche «piccolo» problema di comunicazione – nel migliore dei modi. E di cui una ridicola e imbarazzante indagine del procuratore generale Pagani ha contribuito a rendere ancora più oscura e preoccupante.

Una sera che verrà ricordata – oltre che per le gesta infami e autoritarie mosse dalla politica cantonale – soprattutto per il sentimento di rabbia esploso nei corpi e nelle menti di tutti coloro che erano presenti e che si sono vissuti una chiara azione intimidatoria di stampo fascista.

A seguito di quella notte prese vita e forma un nuovo capitolo: un’esperienza collettiva di lotta dal basso, vagante per le strade, piazze e parchi, scaturita da una chiara volontà di rispondere in modo determinato alla città di Lugano, una delle più a destra d’Europa.

Città, come ben sappiamo, che si fonda su delle solide e ben radicate logiche capitaliste che vanno dalla speculazione edilizia – basti pensare ai 1’555 appartamenti sfitti in città, alla scientifica demolizione di edifici storici o d’altri tempi, ai vari progetti miliardari di pseudo riqualificazione (vedi il progetto Matrix o il Polo Sportivo) – ai palazzi del potere finanziario e non, come ad esempio la società fiduciaria Fidinam di Tito Tettamanti “amico” del sovranista, ideologo di Trump, Steve Bannon, o alla posizione occupata da Lugano per quello che concerne la piazza finanziaria in svizzera, in Europa e nel mondo con ben 71 banche presenti sul territorio.

Territorio che manca completamente e volutamente di spazi di socialità, di solidarietà e di aggregazione dal basso dove costruire “altro”. Spazi dove si possa vivere delle relazioni dove assaggiare tracce di libertà con la solidarietà, l’empatia, la mescolanza, l’autodeterminazione, la vicinanza, le relazioni e l’amore per la libertà.

In questo piccolo paradiso quale è Lugano, dove controllo e sicurezza costituiscono un potente binomio, città con le sue campagne buoniste contro i rumori molesti e per una supposta tolleranza mai così fuori luogo e ipocrita, città ipersecurizzata con la presenza ovunque di polizia e sorveglianza, controllata da 4’800 telecamere e dove l’unica soluzione per farne parte sembrerebbe essere quella di dover portare nel petto un cuore a forma di portamonete; come assemblea antiautoritaria e come SOA il Molino, abbiamo voluto continuare a portare la nostra idea e la nostra tensione rispetto a quella che pensiamo e crediamo sia una delle poche strade possibili.

Dal primo giorno fuori dalle mura del’ ex macello sono state organizzate assemblee, presidi, cortei, concerti, presentazioni di libri e di documentari, pranzi, feste e mercatini, sempre con il filo conduttore datoci collettivamente: comunicare con le persone, generare momenti di socialità al di fuori dalle logiche produttive e consumistiche del mondo in cui viviamo, rivendicare e portare avanti le pratiche di lotta dal basso, essenziali secondo noi per alimentare un conflitto sempre più necessario. Perché ancora una volta pensiamo che la libertà non si mendica ma si conquista e che la risposta sia riprenderci quel che ci è stato tolto.

Tutto questo sotto i riflettori mediatici di un’irritante corsa alla disinformazione da parte di partiti, politicanti, intellettuali, opportunisti, verso una frettolosa comoda risoluzione del “pericoloso” movimento autogestito.

La criminalizzazione propagandata da parte delle “sacre istituzioni” non è altro che una strategia politica divisoria, rispetto a pratiche di lotta da sempre esistenti (scritte sui muri, manifesti, striscioni, T.A.Z1, occupazioni; tutti mezzi imprescindibili per condividere e fomentare una visione altra o almeno un risveglio delle coscienze), con l’unico intento di creare il solito meschino costrutto politico-sociale reazionario, dei buoni e cattivi, dei violenti e dei pacifici, di un giusto e uno sbagliato.

Ma d’altronde cosa bisogna aspettarsi da una politica che vuole dominare tutto e tuttx, che intavola discussioni sull’autogestione sbrodolandosi addosso da sola, parlando ogni tanto di centri giovanili, di buvette e musica, oppure di centri culturali legali e omologati, assolutamente non politicizzati e assolutamente non conflittuali. Tutte cose – sicuramente necessarie e importanti – ma che qualsiasi altra città che si vuole città ha già “risolto” da più di 30 anni. E che di fatto non molto hanno a che fare con l’autogestione.

A fare ancora più ribrezzo è sentire dire il “sindaco di tutti” – mai eletto da nessuno – Michele Foletti che se fosse per lui in Ticino ci potrebbero anche essere cento spazi autogestiti, ma non uno gestito soltanto da quei sedicenti autogestiti delinquenti estremisti del Molino.

La verità – e Foletti e i suoi amichetti lo sanno bene – è che una Smart City come Lugano – che si prepara ad accogliere 20 capi di stato per parlare (a guerra ancora in corso) dei futuri investimenti per ricostruire l’Ucraina – non vuole accettare che in città ci sia uno spazio capace di generare conflitto, solidarietà, cultura, socialità e resistenza, rompendo gli equilibri delle logiche del potere che ci circondano! Altro che riconoscere l’autogestione!

Anche per questo, oggi a un anno dallo sgombero e dalla distruzione ci riprendiamo le strade con una critical mass e dei momenti di festa e aggregazione davanti alle macerie dell’ex macello e invitiamo tutte e tuttix a costruire rotture a riprendersi spazi a costruire territori altri. E lo continueremo a fare durante tutta quest’estate e oltre, come recentemente fatto con la festa di primavera al Tassino, partecipata da oltre mille persone, col torneo di calcio antirazzista del 18 giugno, con il concerto dei Fleisckäse il 4 giugno e con tutte le prossime iniziative che andremo a costruire.

Ne Matrix ne speculazione fermeranno l’autogestione.

1-10-100-1000 spazi autogestiti

Con rabbia e con amore,

SOA il Molino

1Zone Temporaneamente Autonome, il cui «ideologo» e precursore – Hakim Bay – è recentemente scomparso. T.A.Z., Hakim Bay, Shake Edizioni.

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