Eppure, nel dicembre 2002 Città, Cantone e Molino avevano stipulato una convenzione, che assegnava gli spazi dell’ex macello « almeno fino alla designazione di una sede definitiva » , scrivono gli autonomi nel comunicato diramato ieri. Un’accordo che dal profilo formale- giuridico si può anche considerare scaduto. Sulla natura politica di quella convenzione difficilmente si potrà invece far finta di niente. In quel pezzo di carta, scritto nero su bianco, c’è in effetti il riconoscimento, da parte dell’autorità cittadina e cantonale, dell’esigenza dell’autogestione. Un’esperienza che, da quel momento assume così ufficialmente quella legittimità che prima non aveva mai avuto.
Dopo la convenzione ci sono stati diversi incontri fra le parti. Ma non ne è scaturita nessuna soluzione praticabile. Poi più nulla fino a prima delle elezioni comunali dell’anno scorso, quando il centro sociale ha scritto una lettera al Municipio chiedendo un incontro, senza però ottenere una risposta. Municipio che con la nascita della nuova Lugano ha probabilmente considerato non prioritaria la questione dell’autogestione all’ex macello. Da qualche anno però l’Esecutivo sta elaborando un progetto che riguarda l’area. Anche nel preventivo 2005 si scrive che l’ex macello è destinato a diventare un laboratorio pedagogico- didattico- culturale. Notizia, questa, che il Molino ha « appreso dai giornali » . E allora, nella presa di posizione di ieri, il centro sociale si dichiara pronto « a tendere l’ennesima mano aperta alla discussione e al confronto: fate in modo che essa non debba presto chiudersi a pugno nella difesa dello spazio » .
Secondo gli autonomi, risulta tanto più « incomprensibile il comportamento di coloro che ideologicamente dovrebbero esserci più affini ( municipali socialisti?) e dai quali ci saremmo aspettati un sostegno, ma che ormai sembrano più vicini ad altre posizioni » . Il Molino tiene a sottolineare di aver « reso vivibili gli spazi di un’area fino ad allora quasi abbandonata, rivalutando e animando una struttura fatiscente lasciata al suo destino nel cuore della città » . All’interno della struttura destinata all’autogestione, prosegue il centro sociale nella sua presa di posizione, « oggi si può trovare un info- shop colmo di libri, riviste, autoproduzioni dove ogni sera si preparano pasti caldi, un cinema gratuito una o due sere la settimana, un grande spazio dove ogni fine settimana sono proposti teatri e concerti, la ‘ fiaska’ dedicata alla convivialità e legata ai prodotti della terra oltre a numerose altre proposte di incontro e discussione » . Insomma, un luogo unico a Lugano, « un laboratorio di idee e di fatti decisamente indispensabile se pensiamo all’offerta monoculturale di una città sempre più occupata nella costruzione di una propria immagine accattivante da esportare, preoccupata di non corrompere la ‘ sana’ mentalità borghese e poco attenta alle vere esigenze della persone che la costituiscono » .
Non è un tema nuovo quello dell’autogestione per Lugano. Se ne parla e discute da parecchi anni. « Il Molino è una realtà nota a queste latitudini, è il frutto della lotta di intere generazioni di questa città e non solo » , si legge nel comunicato. « La sua esistenza è segno della necessità di una parte della popolazione, che non si riconosce e non condivide gli schemi istituzionali, di poter disporre di spazi da autogestire dove promuovere una visione critica e alternativa alla società contemporanea » .
Una società che oggi è confrontata con un disagio crescente, secondo il Molino, « il sistema attuale si rivela intollerante e repressivo ed emargina sempre più le fasce deboli della popolazione, come giovani, precari, disoccupati, anziani e diversi. Chi non è produttivo e non serve agli scopi delle politiche neoliberiste o chi non si vuole adattare ai vuoti modelli proposti da questo sistema alienante, viene discriminato e perseguito » . Per questa ragione, proseguono gli autonomi, « un luogo come quello che tutti noi abbiamo costruito in questi anni svolge un ruolo alternativo importante di aggregazione diventando anche una risorsa per quelle persone che sempre più utilizzano questi spazi perché sono gli unici rimasti liberi, aperti e popolari » .
E allora, « come si fa ancora a pensare di chiudere uno spazio che ha una funzione così importante? » .
Quindi il Molino rivendica il suo ruolo: « Volenti o nolenti, siamo un soggetto politico attivo e legittimato con il quale confrontarsi » . E ributta la palla nel campo del Municipio. A. R.

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