Mancava, nell’accavallarsi di voci sul futuro del centro sociale all’ex grotto del Maglio, la voce degli autogestiti. Durante la corrente settimana si è fatta sentire la popolazione di Canobbio («basta con le feste e l’illegalità»), l’autorità comunale («siamo pronti a dimetterci a breve») e quella cantonale (che pensa ad uno sgombero forzato). Ora, appunto, è la volta dell’assemblea del CSOA Molino. Che intanto ha convocato una conferenza stampa per domani, sabato.
Una presa di posizione polemica; e non poteva essere altrimenti. «Dopo aver interrotto ogni contatto con il centro sociale – si legge in un comunicato diramato ieri dal Molino – il Governo crede ora di poter cancellare con la violenza una realtà da esso definita “un bisogno reale” (vedi rapporto del maggio del ’97 elaborato, per conto del Consiglio di Stato, da un gruppo di studio presieduto dal prof. Martinoni». L’assemblea del CSOA prende dunque atto «con tristezza e rabbia» dell’intenzione del Consiglio di Stato di sgomberare con la forza l’attuale sede del Molino, «che da cinque anni rappresenta un punto di riferimento sociale e culturale per l’intero Cantone».
Per giustificare lo sgombero, il Governo si rifà al divieto di organizzare attività di particolare richiamo, imposto in agosto attraverso un comunicato stampa, e appunto mai messo in pratica. «Un’imposizione che equivale ad un ordine di chiusura e che pertanto il CSOA non ha applicato. Questo non ha tuttavia interrotto i nostri sforzi per ridurre al minimo il disturbo alla popolazione di Canobbio. Risulta pertanto incomprensibile la politica del silenzio e delle minacce per mezzo stampa portata avanti per mesi dal Consiglio di Stato».
Gli autogestiti sperano ora che «la ragione e il buon senso tornino a prevalere», ma d’altro canto denunciano il pericolo che il Cantone riviva le stesse tensioni che hanno contraddistinto gli anni Ottanta in alcune città svizzere. «Sarebbe un peccato non trarre insegnamento dall’esperienza accumulata nel resto del Paese, dove i centri sociali sono presenti e riconosciuti da vent’anni. Indipendentemente dall’orientamento che prevarrà, l’autogestione in Ticino resterà una realtà con cui confrontarsi, in qualunque luogo o spazio essa venga esercitata. Presto, forse, lo capirà anche il Consiglio di Stato».
Parole che come detto cozzano però contro la realtà dei fatti, che vuole per imminente un’azione di forza della polizia cantonale. Sei anni fa, l’autogestione partì dai Molini di Viganello, occupati all’improvviso. Poi, dopo l’incendio doloso, tutti al Maglio. Dovesse ora lasciare l’ex-grotto di Canobbio, il centro sociale morirebbe davvero o rinascerebbe altrove?

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