Borradori sentito 5 ore: sono tranquillo, la verità uscirà
‘Ho lasciato i tabulati telefonici’. Cinque municipali davanti ai magistrati in contemporanea oggi per rendere conto sulla demolizione dell’ex Macello

di Guido Grilli e Alfonso Reggiani su La Regione

Sono le 15 quando il sindaco di Lugano, Marco Borradori, dopo oltre cinque ore di interrogatorio quale persona informata dei fatti davanti al Pg, Andrea Pagani, titolare dell’inchiesta penale avviata per far luce sulla demolizione dell’ex Macello di Lugano, sede degli autogestiti, la notte di sabato 29 maggio, lascia il palazzo di giustizia dall’ingresso principale.

Come è andata?, chiediamo. «È stata lunga, il procuratore pubblico è stato molto puntuale e puntiglioso nelle domande e penso di essere stato anch’io preciso nelle mie risposte. A me è parso che sia andata bene». Non appare un bel giorno per le istituzioni: un Municipio quasi in corpore chiamato in Procura a deporre. «La ricerca della verità e della giustizia è talmente importante che può richiedere – ed è giusto che richieda – lo spostamento di cinque municipali (oggi la Procura ha sentito tutti i membri dell’Esecutivo, tranne Roberto Badaracco e Cristina Zanini, che si erano opposti alla decisione di demolire l’ex Macello, ndr.).

«Anch’io sono alla ricerca della verità» – prosegue il sindaco. Tra le diverse dichiarazioni rilasciate si è palesata una certa discrepanza nelle versioni del Municipio. «Credo che le nostre dichiarazioni sono chiarissime, con un comunicato stampa inequivocabile. Quello che è stato il primo giorno, non ci aspettavamo tutto quello che è successo (…). Il tetto è sempre stata la ragione prima. È chiaro che alla base di tutto c’è stato la questione di sicurezza. Valeva prima, come vale adesso.

‘Noi non abbiamo demolito un bel niente. Ci siamo trovati di fronte a una scelta drastica’
Ma – domanda – la notte del 29 maggio la situazione vi è allora sfuggita di mano? «Non ci è sfuggito di mano assolutamente niente». Volevate demolire il tetto ed è stato abbattuto l’intero stabile? «Noi non abbiamo demolito un bel niente». Il soggetto dell’azione, allora chi è? «Questo è una cosa che salterà fuori. Fa parte della verità. Ma io non dico niente di più di quello che voglio dire, di quello che posso dire e di quello che so. Quello che posso dire di sicuro è che io non ho buttato giù niente. E neanche il tetto ho buttato giù. Semplicemente ci siamo trovati di fronte a una scelta drastica, urgente, immediata. E abbiamo preso una decisione, l’unica che prenderei ancora adesso. Perché se qualcuno mi viene a dire che è urgente io mi fido fino a prova del contrario».

‘Colpa della polizia? Io non ho detto questo. Staremo a vedere, c’è un’inchiesta’
Quindi sarebbe colpa della polizia? «Io non ho detto questo. Staremo a vedere, c’è un’inchiesta che appurerà che tipo di colpe hanno, eventualmente, la forze dell’ordine, che colpe abbiamo avuto noi, se ne abbiamo avute. Semplicemente credo importante che comunque dei municipali vengano in Procura – e ci mancherebbe altro – e si mettano a disposizione per un certo numero di ore alla ricerca della verità, che sapremo fra X mesi, quale che sia. Io sono tranquillo. Quello che dovevo fare e quello che pensavo fosse giusto fare l’ho fatto. Poi saranno altri che diranno se ho sbagliato. Non scappo di certo, sia chiaro» – dichiara Borradori, che fa sapere inoltre di aver lasciato al procuratore generale i suoi tabulati telefonici.«Li ho lasciato spontaneamente», dice, prima di congedarsi dai giornalisti.

Il primo a lasciare gli uffici della Procura è stato il vicesindaco, Michele Foletti
Intanto, il primo a lasciare gli uffici della Procura, alle 13, è stato il vicesindaco di Lugano, Michele Foletti. «Non posso dire nulla», ripete come un mantra il capo dicastero finanze alle domande dei giornalisti sulla successione degli eventi e delle decisioni che hanno portato l’autorità cittadina, a maggioranza (senza l’approvazione di Roberto Badaracco e di Cristina Zanini) a dare luce verde alle ruspe la notte di sabato 29 maggio e a demolire l’ex Macello, sede degli autogestiti. Mentre Foletti è uscito dall’ingresso laterale del palazzo di giustizia – nel luogo in cui si tengono gli incanti – venti minuti più tardi, alle 13.20, dall’angolo di via Bossi è uscito Filippo Lombardi. Un’uscita così fugace che solo i flash del fotografo sono riusciti a immortalare. Poco più tardi è la volta del municipale Lorenzo Quadri, che sostiene di non poter dire nulla, ma offre una notizia: «Almeno fino a novembre», data che potrebbe quindi segnare ipoteticamente la fine dell’inchiesta. Non ci è invece stato possibile finora raggiungere la capo dicastero polizia, Karin Valenzano Rossi.

I cinque municipali, tutti sentiti quali persone informate dei fatti, sono stati convocati attorno alle 9. Interrogatori fiume, dunque, e durati ore. Tutti svolti in simultanea, per decisione del procuratore generale, Andrea Pagani e il procuratore pubblico capo, Arturo Garzoni, titolari della laboriosa inchiesta penale aperta nei confronti di ignoti. Rappresentante legale dell’autorità cittadina, l’avvocato Elio Brunetti.

Le ipotesi di reato del procedimento penale aperto contro ignoti
L’inchiesta penale sulla demolizione dell’ex Macello di Lugano, sede degli autogestiti, avvenuta la notte di sabato 29 maggio, dovrà fare luce su eventuali responsabilità penali. All’indomani dell’intervento effettuato con le ruspe nel cuore della notte, il procuratore generale, Andrea Pagani e il procuratore pubblico capo, Arturo Garzoni, hanno avviato le indagini contro ignoti con le seguenti ipotesi di reato: violazione intenzionale, subordinatamente colposa, delle regole dell’arte edilizia e infrazione alla legge federale sulla protezione dell’ambiente. Parallelamente sono stati disposti approfondimenti dagli inquirenti per decidere se estendere il procedimento penale al reato di abuso di autorità. L’inchiesta è sostanziata anche da una denuncia dei Verdi di Lugano per analoghe ipotesi accusatorie.

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