PRESIDIO CONTRO RAZZISMO E ABUSI DI POLIZIA Ennesimo pestaggio razzista delle forze
dell’ordine

Nuova violenza razzista di Stato giovedì notte a Lugano. Verso le 23.00 Bakari, cuoco senegalese con documenti italiani e regolare permesso B, si trova dalle parti del cimitero a parlare con un amico. Passa una pattuglia di polizia, si ferma e si avvicina ai due. Da subito appare evidente che gli agenti vogliono provocare. “Dammi i documenti negro di merda!” e un agente gli mette le mani al collo, stringendo con forza. Due donne si avvicinano e chiedono spiegazioni agli agenti che, di fronte alla proteste, spingono in macchina il senegalese. Protetti da occhi indiscreti partono le botte: ripetuti pugni alle costole, fino all’arrivo di un’altra pattuglia che carica l’altro ragazzo. In via Beltramina, Bakari viene di nuovo ripassato dalla “comunale di Lugano”.  Nuovi pugni, insulti e la firma del verbale con la forza. Verso le 02.00 di mattina, tre ore dopo, viene rilasciato senza verbale, con un semplice bigliettino scritto a mano che lo invita a ripresentarsi l’indomani alle 20.30. Bakari è conosciuto a Lugano. Cucina per varie feste e situazioni i suoi piatti africani. Bakari ha un figlio e una moglie e parte dei poliziotti che hanno partecipato all’operazione li conosce. Ma ha la pelle nera e, di questi tempi, in Ticino come altrove, essere “diverso” non va bene. Poco importa se vieni da paesi lontani o dal confine, se viaggi in modo inconforme o se lotti contro questa società imposta, se ami diversamente o se vai allo stadio per aggregare. Con intensità di violenza diversa, la tua sicurezza è a rischio denunce, botte, scomuniche, galera, riformatorio, ospedale.

 La polizia ticinese e il nuovo comandantegranadier Cocchi, sta volta, hanno fatto buca. Bakari ha amici e compagni in tutto il cantone e da subito la solidarietà si estende. Una sessantina di persone l’accompagnano “all’appuntamento” delle 20.30 e di fronte alla complicità estesa l’atteggiamento sbirresco cambia in maniera netta. Anche se, le giustificazioni – evidentemente – rimangono le stesse: “non abbiamo fatto niente, era ubriaco, aggressivo e aveva due canne d’erba”.
Siamo abituati e non ci stupisce l’omertà e la vigliaccheria. Quello che invece ci preoccupa sono i casi simili che, ne siamo certi, avvengono a ripetizione, nel silenzio generale. Quante sono le persone che vengono prese e portate in centrale “per simili accertamenti”? Quante sono le persone “diverse” fermate e maltrattate nelle vuote strade notturne di questo cantone poco sicuro, dove gli spazi di socialità e d’incontro al di fuori del consumo imposto sono sempre più rari?

Situazioni come quella vissuta dal ragazzo rumeno malmenato in carrozzella a Lugano, quella dei richiedenti l’asilo portati e picchiati in valle nel locarnese o quella dei richiedenti l’asilo malmenati a Chiasso in stazione o al centro registrazione da securitas e polizia, dimostrano una pratica comune e provano che non sono atteggiamenti di “mele marce”. Ieri, i colleghi che non picchiavano Bakari, giravano la testa dall’altra parte. Lì dentro tutti sanno e tutti acconsentono.

 Il razzismo di Stato in salsa ticinese viene sempre più sdoganato: la presenza di due consiglieri di Stato, il cui foglio domenicale invita ai campi di lavoro, ai muri, ai lager e in cui lo stesso Obersturmbannführer Gobbi straparla d’imminente invasione straniera alle frontiere e di problema sicurezza rispetto a qualsiasi cosa che non gli va (rom, frontalieri, giovani, ultras, anarchici…), così come i manifesti che hanno imbrattato il territorio per mesi, così come il tacito appoggio di tutti i partiti politici – partito socialista e affini inclusi!!, lo rendono pratica evidente e banale!
Sono poche le situazioni altre di confronto, di diversità e di lotta organizzate dal basso, come ad esempio la giornata STOP ALL’IGNORANZA DI MASSA del mese scorso, che si sono create in questi anni. Concetti quali repressione, chiusura, paura, rassegnazione e sicurezza sono adottati come prassi comune, ben sostenuti dalla totalità dell’apparato mediatico nostrano. Sta a noi far sì che la paura cambi sponda. Sta a noi, organizzarci, trovarci, discutere, contrastare queste pratiche. Come avvenuto ieri nel caso di Bakari. E come dovrebbe avvenire ogni volta che razzismo, xenofobia ed esclusione trovano spazio
nelle nostre vite.

ANCHE SE VOI VI CREDETE ASSOLTI SIETE LO STESSO COINVOLTI!
C.S.O.A. il Molino

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