Insabbiamento dell’inchiesta sulla morte, per presunto suicidio, di un giovane nigeriano alle carceri pretoriali di Bellinzona. L’ennesimo caso di morte violenta all’interno delle indegne carceri pretoriali ticinesi.

Inquietante silenzio sui pestaggi dei poliziotti della comunale di Lugano contro dei ragazzi grigionesi “colpevoli” di abuso di sostanze alcoliche…, pratica largamente diffusa alle nostre latitudini che però non può, da sola, costituire motivo di criminalizzazione.

Abuso di potere a Morcote, durante il sit-in contro l’arrivo di Berlusconi e di “Forza Italia”, dove una manifestante veniva colpita con una ginocchiata sul viso da parte di uno dei troppi poliziotti in “antisommossa” intervenuti. Eseguita pure una schedatura (con tanto di fotografie) di tutti i partecipanti nonché sequestro di un rullino in cui è documentato l’agire della polizia.

E soprattutto…
nessuna colpa è da attribuire al caporale e all’agente della comunale di Bellinzona che lo scorso marzo erano stati denunciati da uno studente di Balerna. Il diciottenne ha riportato numerose ferite causate dall’eccessiva e spropositata durezza dimostrata in occasione dell’intervento su di un vagone fermo in stazione, la mattina del 25 febbraio.

Questi sono solo alcuni degli inquietanti e pericolosi episodi, quasi concomitanti, che confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, l’impunità della polizia nel nostro paese.

Come già denunciato più volte da gruppi e attivisti che si oppongono all’attuale processo di globalizzazione economica, la repressione in Svizzera sta aumentando considerevolmente.
Le conseguenze sono vissute quotidianamente dalle fasce sociali più esposte. Migranti, attivisti politici, giovani, lavoratori precari (spesso donne). Tutta quella parte di popolazione confinata nei non-luoghi che riserva loro la società della guerra preventiva, dei tagli, dei licenziamenti di massa e delle privatizzazioni selvagge. La polizia, applicando la militarizzazione delle nostre città imposta dai governanti di turno (siano essi di destra o presunta sinistra poco importa) si rende colpevole d’innumerevoli episodi: controlli violenti, botte indiscriminate, atteggiamenti razzisti, abuso d’autorità verso chiunque osi dissentire. O che dire del costante reclutamento di polizia privata favorita sicuramente dai licenziamenti di massa e dal bisogno economico di creare nuovi impieghi.
Il controllo sociale si fa sempre più pressante: schedature di massa, registrazione dei profili DNA e videosorveglianza sono all’ordine del giorno. Uniche ricette individuate per combattere le “pericolose devianze” dei giovani ticinesi. Mentre i nostri governi continuano a non volersi mettere in discussione trovando più semplice colpevolizzare tutti coloro che non si vogliono adeguare a questo mondo malato, esercitando il diritto ad essere diversi.
La “tolleranza zero” espressa chiaramente dai vertici oggi al potere, sta portando ad una pericolosa escalation di violenza e repressione che non è più possibile accettare. Così come pure l’impunità concessa agli agenti di polizia, sempre giustificati dai loro superiori e continuamente invitati a proseguire con questi atteggiamenti (come ci insegna il Comandante della Polizia ticinese Piazzini).

Non sono le città bunker che risolvono i disagi di giovani e meno giovani!
Non sono i manganelli della polizia che redimeranno coloro che non ci stanno!
Non sono le crociate anti-canapa che fermeranno la ricerca d’evasione da una società preconfezionata.
Non è il sistema della punizione carceraria che porterà a una maggiore responsabilizzazione dell’individuo.

Solamente una reale politica di integrazione, di concessione di spazi sociali autogestiti e liberi dal controllo statale, di possibilità di autodeterminare le proprie esistenze, uniti alla sicurezza di una casa, di un reddito, dell’accesso alla sanità, potranno generare una società meno escludente.
Solamente l’arresto di questo sistema discriminante e individualista porterà alla creazione di un vivere comune all’insegna del rispetto e della solidarietà.

Esprimiamo quindi la nostra indignazione per la situazione di terrore e disinformazione che si è voluta creare e rinnoviamo la nostra totale solidarietà al ragazzo violentemente picchiato dalla polizia sul treno, ai suo famigliari, ad Anthony e ai suoi amici, e in generale a tutti coloro che in Ticino, in Svizzera, nel mondo sono vittime di un sistema costruito su soprusi, guerre e violenza verso i più deboli.

>>>>>>>>>>>>>>>>>STOP THAT FUCKING TRAIN!

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