Sgomberato il centro sociale a Canobbio, occorre al più presto trovare un’alternativa: giovedì scorso un primo incontro ufficiale tra Municipio, Consiglio di Stato e “molinari” ha permesso di trovare una base su cui discutere con un termine, il 15 gennaio, entro il quale venirne a una. Appunto alla luce degli ultimi accadimenti, ieri era, il Consiglio comunale ha voluto discutere liberamente e senza alcun messaggio da votare sul centro autogestito. Posizioni note: PS a favore, gli altri (chi più, chi meno) contrari; nel mezzo il Municipio che, appunto, vuole comunque trovare dei locali disponibili.

La discussione – alla quale hanno partecipato, tra il pubblico, alcuni “molinari” – si è comunque aperta con il sindaco Giorgio Giudici particolarmente stizzito. In mano aveva il dossier fotografico del dopo-Besso: sabato sera, proseguendo la sorta di centro autonomo itinerante, nel sottopassaggio della stazione è stata organizzata una ricca serata di musica e cinema. «Dovevano finire all’una e invece hanno chiuso alle tre – ha rilevato il sindaco – Hanno disturbato la popolazione e imbrattato i muri sotto la stazione con scritte ingiuriose nei miei confronti. Beh, se queste sono le premesse non andiamo davvero bene. Bisogna giocare pulito». Poi, rivolto al drappello di autogestiti: «Settimana prossima bisogna mettere diverse cose nero su bianco, altrimenti non se ne fa più nulla».
Poi è seguita la ridda di interventi. Di seguito, quelli dei capo-gruppo. Giovanni Antonini (PPD): «Ci fa piacere che chi vuole l’autogestione vuole anche rispettare le regole prendendosi impegni e responsabilità. Però le intenzioni non bastano, occorrono i fatti e solo con questi saremo pronti a discutere. In questa faccenda ci sono due principi irrinunciabili: il rispetto della legalità e il dialogo che deve coinvolgere Cantone, Comuni limitrofi, associazioni e responsabili del Molino». Più critico Rocco Olgiati (PLR), secondo cui «ci si è mossi al di fuori di qualunque logica democratica e senza coerenza. Chi chiede un centro sociale non lo fa dopo aver cercato di costruirlo ma semplicemente delegando la sua richiesta». Il PLR – «senzaentusiasmo» – vuole comunque che la questione sia risolta dalla Città, «anche se la frittata l’ha fatto il Consiglio di Stato. Ma la soluzione deve ad ogni buon conto passare dal rispetto e dal dialogo».
Dall’altra parte della “barricata” Daniela Baroni, a nome del PS. «L’unico posto dove può sorgere un centro sociale è Lugano: la Città deve accettare un fenomeno che non va esiliato; Lugano deve dare la parola anche agli scomodi». Secondariamente, Baroni ha applaudito il comportamento degli autonomi dopo lo sgombero. «Si sono comportati bene, senza fare danni e agendo nella legalità. Per come sono stati trattati, è una cosa da sottolineare».
E se ci fosse un referendum?
Tre condizioni irrinunciabili per entrare in materia: ci deve essere un messaggio municipale da sottoporre al CC in modo che ci sia eventualmente diritto di referendum per la popolazione, ci deve essere una controparte responsabile, ci deve essere il rispetto delle regole minime di convivenza. L’ha chiesto Michele Foletti (Lega), a cui ha fatto seguito Roger Etter (UDC): «Tutti i cittadini sono liberi di fare quello che è lecito, ma l’illecito va punito. Le motivazioni con cui i molinari portano avanti le loro idee riconducono al ’68 ed al linguaggio delle Brigate rosse. Qualcuno sorriderà ma le cose stanno così. Noi dell’UDC vigileremo e se del caso faremo in modo che il popolo si possa esprimere».

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