La
carcerazione speciale in Turchia necessita un discorso differente dal resto dei
regimi di detenzione europei. Essa deve la sua metamorfosi ad un percorso
d’integrazione al modello occidentale dei sistemi di contro rivoluzione
preventiva intrapreso dallo Stato turco.
La
Turchia, dal punto di vista strategico militare, riveste un ruolo
particolarmente importante tra occidente e medio oriente, è quindi una base
strategica fondamentale per il guerrafondismo capitalista americano/occidentale
- vedi Iraq e Afghanistan -.
Lo
Stato turco, come membro della Nato, fedele alleato con le forze statunitensi
nella nuova “guerra infinita al terrorismo” e prossimo all’ingresso
nell’Unione Europea, deve adeguare la propria immagine di Paese dalle maniere
repressive “primitive” ad una più consona di Stato democratico, questo
anche a riguardo alle patrie galere. Esso deve rimodellare le sue carceri
introducendo l’isolamento, prendendo a modello le celle come quelle americane
e spagnole, pur non disdegnando la vecchia ma sempre praticata tortura e
guadagnandosi il rispetto a suon d’asservimento agli U.S.A., i quali
contraccambiano regalando al regime di Ankara armi ed elicotteri di propria
fabbricazione.
Nel
1996 viene introdotta la prima cella di tipo “F” (F type). Questa
“innovazione” in campo carcerario persegue l’obiettivo d’isolare i
prigionieri politici dai detenuti comuni. L’applicazione dell’isolamento
nelle attuali condizioni delle carceri turche, peraltro, è di difficile
attuazione dato l’ammassamento dei prigionieri nelle celle comuni.
Questa
prima cella tipo “F” fu accolta dai detenuti con uno sciopero della fame che
vide coinvolte 69 persone, tra le quali aderirono prigionieri comuni islamici.
Morirono 12 persone, riuscendo col loro gesto a far chiudere il carcere in
questione, non rendendo vana la loro lotta.
L’obiettivo
delle celle di tipo”F” oltre che a voler dividere i detenuti, è anche
quello di distruggere l’identità rivoluzionaria dei prigionieri politici,
oltre che spingere al pentitismo, alla delazione o alla dissociazione.
Numerose
furono le rivolte, represse brutalmente dai secondini congiunti alla Cevik
Kuvvetleri (forze di azione rapida) e squadre anti-sommossa che usarono
largamente armi da fuoco e liquidi infiammabili. Clamorosi furono i casi delle
sanguinose sommosse negli anni ’95, ’96 e ’99, costate la vita a molti
detenuti, e il ferimento di altre centinaia, che furono mutilati, stuprati,
torturati, resi irriconoscibili. I prigionieri di fronte a simili barbarie,
hanno sempre fronteggiato dignitosamente le istituzioni carcerarie e la mafia
interna (utilizzata per vere e proprie esecuzioni specialmente per i detenuti in
sciopero della fame) resistendo anche fino alla morte.
Strumento
importante, per le lotte contro il carcere, utilizzato dai detenuti in Turchia
è lo sciopero della fame. Tra gli ultimi nell’Ottobre del 2000, 819
prigionieri politici in 18 carceri differenti iniziano uno sciopero della fame
ad oltranza. In seguito, in 13 carceri, 203 prigionieri politici trasformarono
la loro resistenza in uno sciopero della fame sino alla morte: 50 donne, 153
uomini.
Nel
Dicembre 2000 questa lotta fu repressa brutalmente dallo Stato col fuoco e le
pallottole.
Ci
sono state manifestazioni di protesta di massa in Turchia, con la partecipazione
di decine di organizzazioni, sindacati ed associazioni per i diritti umani:
tutti quelli che hanno protestato sono stati colpiti dalla repressione, con
diversi arresti e la chiusura di varie associazioni (tra cui quella delle
famiglie dei prigionieri, TAYAD), giornali censurati, avvocati minacciati. Lo
Stato non è comunque riuscito, attraverso i massacri, a fermare la campagna di
scioperi della fame, nemmeno minacciando i dottori e continuando la tortura
attraverso l’alimentazione forzata e l’incatenamento dei prigionieri ai
letti.
Il
28 maggio 2002 i detenuti sanciscono la cessazione dello sciopero della fame ad
oltranza, ma questo non segnerà la fine delle lotte contro le celle di tipo
“F” promosse e appoggiate dai militanti rivoluzionari e da molti detenuti
comuni. La lotta cambierà le modalità ma non perderà la sua forza nonostante
la repressione tuttora in atto.
I prigionieri, quindi, continueranno a rivendicare: l’abolizione delle celle di tipo “F”; la fine delle torture, sia fisiche sia psicologiche, e dell’isolamento; l’introduzione periodica di controlli alle prigioni da parte di avvocati addetti a questo compito, medici selezionati dai prigionieri, delegati di organizzazioni che appoggiano i detenuti, O.N.G. per i diritti umani e il sindacato della Magistratura; controlli non arbitrari e tutelati dalla legge; l’abolizione della legge antiterrorismo n° 3713; la cancellazione del protocollo tripartito (del Ministero della Giustizia, degli Affari Interni e della Salute) che abolisce la difesa e legittima il trattamento coatto dei malati e la tortura; l’abolizione del DGM (Corti di Sicurezza Statali) risalenti al periodo della giunta; che siano processati i responsabili delle morti e dei feriti causati dagli attacchi a diversi carceri; il rilascio dei malati e dei feriti.
Lo
sciopero della fame più lungo di tutta la storia continua a verificarsi nelle
carceri turche di sterminio. I dati affermano che i nostri prigionieri, quelli
del TKEP/L, continuano la protesta ad oltranza.
In
maggio molte organizzazioni decisero di porre fine allo sciopero ad oltranza
fino alla morte, per ragioni che non condividiamo fino in fondo, ma che sono
da rispettare, soprattutto quando continuano a dimostrare che la loro
resistenza continua nelle carceri di sterminio. Gli scioperi della fame,
comunque, continuano e fino ad oggi i morti rivoluzionari arrivano a 92.