I diritti dei lavoratori non si toccano |
Se oggi, dopo avere appoggiato l’introduzione del lavoro interinale e la contro-riforma Dini delle pensioni, dopo essere stata il pilastro della concertazione ed avere appoggiato il governo D’Alema e la sua guerra di aggressione imperialista alla Jugoslavia, dopo avere invocato la restrizione del diritto di sciopero per i lavoratori dei trasporti e dei servizi pubblici, dopo avere goduto per anni dell’indecente privilegio del 33% di “diritto” nelle RSU, dopo avere permesso l’introduzione di sempre maggiore flessibilità e precarietà – cioè di sfruttamento -, dopo aver firmato piani di ristrutturazione e consentito licenziamenti di massa… la CGIL “resiste” all’attacco di governo, di CISL-UIL, di settori dell’Ulivo (Margherita) e della maggioranza dello stesso partito di Cofferati (DS) non è solo merito della CGIL - e tanto meno di Cofferati -, quanto piuttosto dei tanti lavoratori che sono ormai stanchi della continua espropriazione di diritti e dei continui arretramenti salariali e sociali. Non dobbiamo dimenticarci del recente passato solo perché oggi la CGIL resiste sull’articolo 18. Anche perché, sulla svendita delle pensioni e del TFR, Cofferati ed Epifani sono già disponibili a trattare.
La battaglia in corso
è molto importante e, come ogni lotta vera, può determinare una inversione di
tendenza.
Se sapremo trasformare la lotta per la difesa dei diritti acquisiti in lotta per
estenderli e per conquistare altri diritti; se sapremo trasformare la resistenza
che i lavoratori sviluppano contro l’attacco dei capitalisti e dei loro servi
politico-sindacali in riorganizzazione a tutti i livelli, allora questa
battaglia può segnare un passaggio molto importante per il mondo del lavoro.
I lavoratori possono – se lo vogliono - rialzare la testa, scrollarsi di dosso
il senso di impotenza e di sconfitta, smettere di pensare alle grandi lotte e
vittorie come ad un qualcosa del passato, smettere di “tirare a campare”
alla meno peggio.
Quando la classe operaia e altri settori proletari e popolari si mettono in
moto, costruendo lotte per il lavoro, per la casa,
per i diritti, per la scuola… dimostrano che sono in grado di conquistare
risultati importanti, primo tra tutti un più avanzato livello di coscienza, di
conoscenza e di unità di classe.
La rassegnazione e la delega, invece, portano inevitabilmente alla sconfitta e
quindi a maggiore sfiducia, e a ulteriori rassegnazione e delega.
Se oggi siamo in questa situazione e’ anche a causa di come sono andate le
cose negli ultimi anni.
E’ un circolo vizioso che possiamo e dobbiamo spezzare.
Gli operai e i
lavoratori in genere devono solo fermarsi un attimo a riflettere su quali sono
realmente i loro interessi e su come – e se - sono stati tutelati in questi
anni. Oggi esistono gli operai, ma non esiste una classe operaia, cioè
una classe che sia complessivamente cosciente dei suoi interessi, della sua
forza, delle sue potenzialità.
E questo a causa di direzioni politiche e sindacali che hanno usato e poi
svenduto le lotte degli operai e degli altri lavoratori facendo credere loro che
da soli non avrebbero potuto far niente.
In questa lotta in
corso dobbiamo puntare a togliere, in ogni fabbrica, in ogni cantiere, in ogni
luogo di lavoro… legittimità a CISL e UIL e smascherare la loro funzione
anti-operaia e filo-padronale. Senza “timidezze”.
Dobbiamo far saltare verticalmente tutti gli accordi con questi “sindacati
gialli” finanziati e appoggiati dal padronato (e dalla CIA, come fu per la
CISL) solo per dividere e indebolire i lavoratori.
Dobbiamo far pagare a tutti i padroni, dal più piccolo al più grande, il più
alto prezzo possibile, adottando ogni forma di lotta anche “non convenzionale”
(come l’autoriduzione dei ritmi, il rifiuto degli obiettivi di qualità, i
cortei interni).
Dobbiamo sabotare gli accordi siglati sulle spalle dei lavoratori e dare al
padronato e ai suoi servi una dura lezione di unità e di lotta della classe
operaia e del proletariato.
E forse, abbassando la produttività e la qualità, possiamo incidere più di
quanto non si creda sulla compattezza dei padroni e ottenere da loro una
maggiore “ragionevolezza”.
Si può accettare che a
livello di fabbrica CGIL, CISL e UIL vadano a braccetto mentre a livello
nazionale CISL e UIL vanno a braccetto con Berlusconi e Maroni ?
No, non si può.
Ma non dobbiamo illuderci: Rutelli e l’Ulivo hanno fatto – e farebbero di
nuovo – la stessa politica, forse con meno veemenza, ma sicuramente con la
stessa determinazione perché quelle che loro chiamano “riforme” altro non
sono che l’espropriazione dei diritti e delle condizioni di vita dei
lavoratori in nome del “superiore” interesse del profitto, della
competitività, del capitalismo. E una classe operaia degna di questo nome non
può che essere contro lo sfruttamento capitalistico della propria forza e del
proprio cervello.
Questo punto dobbiamo averlo ben chiaro: da
una parte ci sono i capitalisti e i loro servi, dall’altra, i lavoratori e i
loro alleati. Nel mezzo non si può stare.
luglio 2002
LABORATORIO MARXISTA
INFOLINE:
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