SUB-APPALTI E
PRECARIETÀ: PRESENTE E
FUTURO DELLE DARSENE VIAREGGINE |
La S.E.C., il più grande cantiere della darsena viareggina, rischia la chiusura; 205 operai e altri centinaia delle ditte sub-appaltatrici potrebbero perdere il lavoro; il Cantiere “San Lorenzo” è chiuso e 25 operai sono a casa; l’Antago è chiuso e posto sotto sequestro con circa 100 operai a casa e in attesa che si sblocchi la situazione (anche se il futuro è molto incerto); e questi avvenimenti sono solo i più recenti. A questa situazione disastrosa sul fronte occupazionale si contrappone quella del deciso aumento del fatturato della cantieristica viareggina. Le commesse, cioè le prenotazioni d’acquisto di barche che costano dai 6 ai 60 miliardi, ci sono e vengono soddisfatte. Sorge (spontanea) la domanda: ma se i cantieri chiudono e licenziano gli operai queste barche chi le costruisce?
La risposta
è che la maggior parte del lavoro viene svolto, nei cantieri più grandi, da
lavoratori delle ditte “esterne” (appaltatrici o sub-appaltatrici). Queste
sono in genere piccole imprese con pochi operai, più sottoponibili al ricatto
occupazionale e dunque allo sfruttamento. Le possibilità di organizzare la
propria difesa per questi lavoratori sono ridotte al minimo perché il rapporto
con il padrone è continuo e pressante e perché spesso si tratta di ditte molto
piccole..
In queste
realtà viene spesso trascurata la sicurezza: i lavoratori sono costretti a
correre alti rischi, sia traumatici che a medio-lungo danno (fumi, vernici,
polvere); accade anche che gli infortuni non vengano denunciati onde evitare
“noiose” visite della Usl. Accade che ci si possa infortunare (come successo
di recente all’Azimut) e si torni a lavorare il giorno dopo.
Tutto questo
nel nome di tempi di consegna che piccoli imprenditori scellerati concordano con
gli armatori.
Questo
esercito di lavoratori ricattabili è in continuo aumento. Non aumenta tanto la
disoccupazione quanto la tipologia dei contratti a termine (quando i contratti
ci sono), con livelli professionali
abbassati e portando ai massimi livelli flessibilità e precariato.
Fino a pochi
anni indietro la S.E.C., il più grande, e forse l’unico, cantiere che
si occupava della costruzione di grandi navi mercantili, con una ricaduta
occupazionale più ampia
(trattandosi appunto di mercantile), dava lavoro oltre che ai lavoratori
“interni” anche a un migliaio di operai di ditte “esterne”; ma il
mercantile a Viareggio non lo difende nessuno (gli imprenditori vogliono il
diporto che garantisce guadagni maggiori e problemi minori). Anche le
istituzioni hanno nel tempo fatto scelte che portano inevitabilmente
all’abbandono di questo settore.
Recentemente
uno dei grandi cantieri di Viareggio, l’Azimut, ha presentato un piano
per ricoprire con capannoni l’area Lusbencraft, acquistata dalla S.E.C. in
situazione fallimentare.
Quest’area
misura circa 30.000 mq
e solo il 30% attualmente è sovrastrutturato; il piano prevederebbe la
costruzione di capannoni per la realizzazione di barche più grandi, più nuove,
più “belle”... Questo spazio è già oggi sfruttato dall’Azimut con un
organico di una dozzina di lavoratori “interni” e un numero molto flessibile
di lavoratori “esterni” che si aggirerebbe intorno a una media di un
centinaio.
Il problema
è che l’Azimut sembra non avere alcuna intenzione di assumere perché
probabilmente punta a far svolgere praticamente tutta la produzione alle ditte
appaltatrici. A rimetterci in ognuno di questi casi sono i lavoratori, che non
solo sono privati dei loro diritti (lavoro, salute, salario) ma che si vedono
anche colpiti da un sistematico abbassamento o smantellamento del valore di
quello che producono in modo che non nuocciano alla produzione e siano
facilmente sostituibili. Infatti, se i lavoratori interni svolgono solo una
piccola parte della produzione, anche le eventuali lotte che portano avanti sono
molto meno incisive (sulla produzione e quindi sugli interessi dei padroni).
L’esternalizzazione
delle produzioni (il cosiddetto outsourcing) e l’uso di ditte e
cooperative sub-appaltatrici è un fenomeno che si sta sviluppando in modo
massiccio in tutto il mondo del lavoro. Nella cantieristica questo appare in
modo estremamente evidente.
I lavoratori
delle ditte e quelli “interni” devono collaborare per costruire unità e
forza, perché la forza degli uni è la forza degli altri. Solo i padroni e i
padroncini hanno interesse a dividere queste due “categorie” di lavoratori.
Costruire questa unità non è un compito facile, ma è assolutamente necessario
per evitare che in queste divisioni il padrone possa continuare a sfruttare al
massimo i lavoratori.
Bisogna
sostenere tutte le lotte dei lavoratori, senza puzze sotto il naso; di
fronte al padrone l’unità degli operai deve essere massima anche quando ci
possono essere delle remore.
Difendere
solo i lavoratori che hanno garanzie minime, i lavoratori “interni”, sarebbe
un errore che non potrebbe che portare alla sconfitta ulteriore del movimento
operaio delle darsene.
Tra operai
non esistono “privilegiati” come vorrebbe far apparire il padrone. Esistono
settori che hanno maggiori garanzie e lavoratori che ne hanno meno.
Il compito
di tutti è quello di far avanzare chi ha condizioni peggiori e non quello di
far arretrate chi ha condizioni “migliori”. Sembra una ovvietà ma, a volte,
anche le ovvietà possono essere decisive.