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         DOSSIER EUSKAL HERRIA:
una 
          lotta di liberazione nell'Europa di MaastrichtRealizzato 
        dalla Commissione Internazionale del Centro popolare Autogestito Fi-Sud
 EUSKAL 
        HERRIA  Il Popolo Basco è insediato storicamente su un territorio chiamato 
        Euskal Herria situato nei Pirenei occidentali e delimitato dal Mar Cantabrico 
        (golfo di Biscaglia), bagnato al sud dal fiume Ebro e a nord dall'Adur. 
        Il suo territorio di 20570 Km2 ospita una popolazione di 2.800.000 persone. 
        Attualmente, a causa degli eventi storici, è diviso in modo artificiale 
        ed amministrato dallo Stato francese e da quello spagnolo.
 Euskal Herria, come entità nazionale rappresentata dal Popolo Basco, 
        possiede caratteristiche specifiche quali la territorialità, la 
        lingua (l'Euskara, la più antica d'Europa), la storia, forme proprie 
        di relazioni sociali, politiche e economiche, la cultura; caratteristiche 
        che ancora oggi si mantengono vive e che affondano le loro radici in peculiarità 
        non ancora sufficientemente esplorate.
 A causa della suddetta divisione territoriale le province di Nafarroa, 
        Gipuzkoa, Araba e Bizkaia permangono sotto l'amministrazione spagnola 
        mentre Lapurdi, Behenafarroa e Zuberoa sotto quella francese, ma i Paesi 
        Baschi soffrono anche di altre divisioni di tipo politico-amministrativo 
        (la Comunità Autonoma Basca e quella di Navarra all'interno dello 
        Stato spagnolo), ecclesiastico, militare , economico...
 In Iparralde ( zona di amministrazione francese) ai baschi non viene riconosciuta 
        nessuna identità, essendo territorio incluso nel dipartimento dei 
        Pirenei atlantici.
 È facile capire che, in queste condizioni, il desiderio e lo sforzo 
        per la sopravvivenza di una propria identità si scontra con gli 
        interessi dei propri dominatori. Pertanto rimane aperto il contenzioso 
        che contrappone il Popolo Basco ad entrambi gli Stati.
 CARATTERIZZAZIONE DI UN MOVIMENTO
 Nell'ultimo trentennio del secolo XIX, con l'introduzione nella penisola 
        iberica dell'industria pesante (legata soprattutto alla siderurgia cantieristica) 
        e, di conseguenza, con la nascita di un proletariato di fabbrica, la questione 
        nazionalista di stampo antimperialista del Popolo Basco iniziò 
        la propria formazione. La prima concretizzazione di questo tipo di lotta 
        si ebbe il 13-6-1895 con la formazione del PNV(Partito Nazionalista Basco).
 I dissensi all'interno del PNV si manifestarono al momento che l'Euskadi, 
        grazie alla propria elevata industrializzazione, divenne meta di immigrati 
        spagnoli in cerca di lavoro. La critica intestina al PNV nacque dalla 
        sua ala sinistra che contestava la linea politica della leadership del 
        partito poiché quest'ultima, a causa delle proprie carenze di analisi 
        sociali sui problemi della classe operaia, non riusciva ad unificare la 
        lotta dei lavoratori immigrati a quella del proletariato basco. Le divergenze 
        di opinioni sulla necessità di affiancare alla lotta nazionalista 
        anche quella di classe portò ad un'inevitabile spaccatura. Nel 
        1931 l'ala sinistra del PNV si staccò dal partito e fondò 
        l'Azione Nazionalista Basca, ANV.
 Sempre nel 1931 la caduta del regime di Primo Rivera portò ad una 
        nuova costituzione spagnola in cui si rivendicava l'indivisibilità 
        della nazione. Il PNV, ormai totalmente caratterizzatosi come partito 
        della borghesia basca, per paura che una lotta nazionalistica potesse 
        essere deviata della sinistra patriottica su posizioni di classe, non 
        si oppose a questa costituzione ed iniziò un'opera di trattative 
        con il governo di Madrid che proseguì fino al 1936.
 Nell'ottobre del 1936, all'indomani del colpo di stato del dittatore Francisco 
        Franco, il Popolo Basco, per dissociarsi dalla Spagna fascista, costituì 
        un governo autonomo ed anche il PNV, sotto la pressione delle masse popolari, 
        dovette iniziare una campagna di stampo repubblicano contro la dittatura. 
        Alla costituzione di tale governo Franco rispose con una sanguinosa repressione 
        (400 000 fra esiliati, arrestati, uccisi) che lo portò ad occupare 
        militarmente le principali città basche. In seguito, onde eliminare 
        ogni elemento che potesse catalizzare il patriottismo basco, vietò 
        l'insegnamento, la diffusione ed anche il semplice uso della lingua Euskara.
 Il suo desiderio di annichilire fisicamente e moralmente il Popolo Basco 
        fu sancito dal discorso pronunciato dal dittatore l' 8-6-1937, subito 
        dopo la presa di Bilbao: "Questo orrore, questo incubo chiamato Euskadi 
        è il risultato di un sentimento ostinato e rovinoso che nasce dal 
        cretinismo della predica socialista; tutto ciò va vanificato, distrutto, 
        fatto cadere per sempre"
 Durante la seconda guerra mondiale l'avanguardia basca lottò strenuamente 
        contro il nazi-fascismo sia in patria che nelle terre d'esilio e nel '45 
        manifestazioni di esuli baschi festeggiarono in tutta Europa la liberazione, 
        ma le speranze di questo popolo vennero ben presto tradite; con la fine 
        del conflitto mondiale e con l'inizio della guerra fredda, la Spagna assunse, 
        per gli Stati Uniti, un forte valore strategico e ciò fece ottenere, 
        al regime franchista, privilegi e legittimità da parte del governo 
        USA.
 Così dal 1947 in poi, mentre gli Stati Uniti trattavano col "generalissimo", 
        permettendo l'insediamento delle proprie ambasciate in Spagna e mentre 
        il Papa stilava con Franco concordati e lo investiva col "supremo 
        ordine di Cristo", i socialisti ed i comunisti baschi vennero nuovamente 
        perseguitati. Intanto, anche a causa dello scioglimento da parte di Stalin 
        della III Internazionale, gli esuli baschi, privati di qualsiasi riferimento 
        politico, rimasero alla mercé delle socialdemocrazie ospitanti 
        che li privarono di qualsiasi rappresentatività e, in alcuni casi, 
        misero fuori legge i loro organi di informazione e propaganda.
 Intanto il PNV privato dell'opposizione in patria potette apertamente 
        allineare la propria politica a quella delle forze socialdemocratiche 
        occidentali di stampo democristiano, mostrando così come i propri 
        vertici fossero ormai manipolati in base agli interessi dell'alta borghesia 
        basca. Tutto ciò fece sì che il PNV affiancasse in toto 
        i principi di ordine sociale, incremento produttivo e industrializzazione 
        capitalistica sostenuti da Franco dal '47 in poi.
 La sconfitta istituzionale però non poteva fiaccare una classe 
        operaia sempre più combattiva ed unita da quella collettivizzazione 
        della produzione che è tipica del capitalismo; fu così che 
        dal '46 in poi l'Euskadi fu teatro di continue manifestazioni, i suoi 
        centri più industrializzati videro la propria produttività 
        bloccata dai continui scioperi. La stabilizzazione imposta dall'oligarchia 
        finanziaria, peggiorando ulteriormente le condizioni di vita del proletariato 
        basco, costituì l'ultimo tassello di un mosaico sociale adatto 
        al rilancio della lotta armata.
 LOTTA NAZIONALE E LOTTA DI CLASSE
 I primi germi di un nuovo tipo di nazionalismo, che vedeva nella lotta 
        armata lo svolgimento dell'anti- imperialismo e del conflitto contro ogni 
        forma di sfruttamento ed oppressione, si ebbero nelle proposte elaborate, 
        al "Primo Congresso Basco" (1952), da Frederico Krutwig, ma 
        la loro concretizzazione avvenne solo nel 1959 con la formazione del fronte 
        rivoluzionario socialista Euskadi `Ta Askatasuna (ETA).
 Negli ambienti di fabbrica e nelle sue organizzazioni sindacali crebbe, 
        di pari passo con la combattività del proletariato, il consenso 
        verso questo tipo di lotta e, nel 1968, l'ETA già poteva contare 
        su di un ampio fronte operaio.
 Il valore di classe dell' ETA, tanto sminuito dalla stampa internazionale, 
        che continua a definirla come un'organizzazione puramente nazionalista, 
        appare chiaramente nei comunicati dell'organizzazione stessa. È 
        significativo a questo proposito ricordare il comunicato "Lettera 
        agli intellettuali", del 1964, in cui venne smentita l'ipotesi secondo 
        la quale il movimento basco sarebbe degenerato in una lotta piccolo-borghese 
        e razzista: "I capitalisti baschi sono sfruttatori al pari di quelli 
        spagnoli o stranieri, sotto di essi i lavoratori vengono sfruttati nella 
        stessa maniera indipendentemente dalla propria nazionalità. È 
        per questo motivo che oggi chiediamo agli immigrati spagnoli che lavorano 
        in Euskadi di unirsi alla nostra lotta per eliminare qualsiasi tipo di 
        sfruttamento".
 È inoltre da notare la linea internazionalista dell' ETA chiaramente 
        esposta in documenti quali la risoluzione del suo V Congresso in cui si 
        conclude che: "Attualmente l'unico rimedio all'oppressione dettata 
        dall'internazionalismo del capitale e dell'imperialismo è l'internazionalismo 
        proletario e la sua lotta per la liberazione degli oppressi. Vogliamo 
        che la lotta per l'indipendenza del Popolo Basco divenga un tassello di 
        questa battaglia."
 Durante il periodo del regime franchista, l'ETA fu parte integrante della 
        resistenza antifascista portando avanti continue azioni contro gli esponenti 
        della dittatura e contribuendo direttamente alla caduta del regime con 
        l'esecuzione di Carrero Blanco, braccio destro di Franco che ne sarebbe 
        dovuto divenire successore.
 L'ottenimento dell'attuale democrazia spagnola non poteva, però, 
        essere un risultato sufficiente per il Popolo Basco. Sicuramente, con 
        l'avvio del processo di democratizzazione, vennero modificate molte caratteristiche 
        dell'esercizio del potere, venne consentita l'esistenza di partiti politici 
        e di elezioni a suffragio universale. Allo stesso tempo, la struttura 
        iper-centralizzata dello Stato fu sostituita da un modello di decentramento 
        regionale (statuto delle autonomie). Lo Stato spagnolo si dotò 
        di una costituzione con l'apparente consenso dei partiti politici.
 Ma questo processo presenta caratteristiche atipiche. In altri paesi il 
        passaggio dalla tirannia delle dittature alle nuove forme socio-politiche 
        non è stato un processo pacifico, ma ha determinato l'annullamento 
        delle caratteristiche violente delle precedenti società. In Spagna 
        invece il carattere pacifico della transizione nasconde la superficialità 
        di alcuni cambiamenti che non rispettano la realtà e che sono la 
        continuazione di una storia di espansionismo che perdura nei secoli.
 Il processo di transizione dello Stato spagnolo è viziato fin dalla 
        nascita; è il frutto di un accordo stipulato, non fra partiti politici, 
        ma fra il potere militare ereditato dal franchismo ed dai partiti, per 
        far si che non si alterassero la caratteristiche essenziali dello Stato 
        e del regime: Funzionari, polizia, esercito, codici legali.
 La monarchia stessa rappresenta un chiaro segno di tutto ciò: fu 
        un imposizione della dittatura mai sottoposta al giudizio popolare e che 
        costituisce il tramite di unione fra potere regio semi-occulto e struttura 
        politico- istituzionale, garantendo la trasmissione delle direttive del 
        primo al secondo.
 La costituzione contiene, inoltre, aspetti inediti rispetto a qualsiasi 
        paese europeo, è compito dell'esercito salvaguardare l'unità 
        dello Stato e l'ordinamento costituzionale, subordinando così qualsiasi 
        potere a quello militare nell'interesse dell'oligarchia che aveva sostenuto 
        il regime precedente.
 Per i Paesi Baschi non fu possibile scegliere tra modelli diversi, il 
        suo popolo fu costretto ad accettare ciò che venne deciso per l'insieme 
        senza distinzioni di alcun tipo.
 La democrazia dello Stato spagnolo era e rimane una facciata dietro la 
        quale continuare a perpetrare lo sfruttamento nazionale, individuale e 
        di classe ed è questo il motivo per cui la lotta del movimento 
        basco ancora oggi continua.
 
 IL 
        MOVIMENTO BASCO E LA REPRESSIONE OGGI  Oggi il Movimento di Liberazione Nazionale Basco è consolidato 
        su solide linee tattico-politiche e diramato capillarmente nelle problematiche 
        sociali, culturali e politiche tramite le organizzazioni riunite attorno 
        al blocco rivoluzionario K.A.S. (Coordinamento Patriottico Socialista) 
        che racchiude sotto di sé oltre all' ETA, l'organizzazione per 
        il Cordinamento dei Movimenti Popolari (ASK), il Movimento della Gioventù 
        della Sinistra Patriottica (Jarrai) ed il "braccio politico" 
        Herri Batasuna che, formatosi dalla fusione dei partiti ANV ed HASI, funge 
        da contenitore per gruppi che si muovono su tematiche specifiche (dall'insegnamento 
        dell'Euskara all'ecologismo, dall'obiezione di coscienza all'amnistia 
        per i prigionieri politici)
 Il KAS si lega al mondo operaio tramite il sindacato LAB che, da un lato, 
        opera su rivendicazioni pratiche (salario, condizioni di lavoro, ecc), 
        dall'altro porta avanti una linea di non-patteggiamento con il capitale. 
        LAB aiuta a mantenere alto l'impulso di classe nel Movimento di Liberazione 
        Nazionale Basco.
 ETA appartiene al movimento come organizzazione politica che pratica la 
        lotta armata e i cui obbiettivi di indipendenza e socialismo sono condivisi 
        da settori della popolazione più ampi di quelli rappresentati nello 
        spazio elettorale di Herri Batasuna: segmenti della base di partiti quali 
        E.A. (Eusko Alkartasuna) sono favorevoli all'indipendenza e elementi di 
        altri partiti al socialismo.
 A tutto ciò lo Stato spagnolo risponde con una spietata repressione: 
        gli elementi che compongono le forze di occupazione spagnole (Guardia 
        Civil) e la polizia basca (Erzaintza) sono muniti di mezzi tecnici e tecnologici 
        da strategia bellica e, grazie alla reintegrazione dei codici franchisti, 
        dotati di un potere di azione praticamente illimitato; le squadre anti-sommossa, 
        utilizzate per reprimere cortei e manifestazioni, hanno in dotazione fucili 
        che sparano proiettili di gomma che causano frequentemente feriti gravi 
        ed in alcuni casi anche morti.
 Nel maggio 1994 esistevano 554 prigionieri politici baschi distribuiti 
        in carceri baschi, francesi e spagnoli, 150 dei quali in carcerazione 
        preventiva (situazione che può durare fino a quattro anni). È 
        opportuno ricordare che nel 1979 c'erano 120 prigionieri politici, dei 
        quali solo 5 risiedevano in carcere fuori da Euskal Herria. La situazione 
        dei prigionieri politici baschi supera qualsiasi concetto di violazione 
        dei diritti minimi e della legislazione vigente: 9 persone hanno perso 
        la vita in prigione (5 per mancanza di assistenza sanitaria) e vari soffrono 
        di malattie gravi, anche di carattere irreversibile, senza la necessaria 
        assistenza e con la negazione della libertà prevista dalla legge 
        in questi casi. La distribuzione dei detenuti in un numero elevato di 
        prigioni, l'allontanamento dai loro centri di residenza abituali, la privazione 
        dei contatti con la famiglia e con la società, il continuo trasferimento 
        da un carcere all'altro, oltre ad impedire una minima stabilità, 
        sono la copertura di continui pestaggi e lunghi periodi di isolamento. 
        Il non rispetto della legge impedisce a 79 persone di essere scarcerate 
        nonostante risultino soddisfatti i requisiti legali di compimento della 
        pena.
 A questo bisogna aggiungere l'esistenza di 50 persone (inizialmente 54 
        di cui 4 hanno perso la vita) deportati in diversi paesi dell'America 
        e dell'Africa, 48 persone assegnate al confino nello Stato francese, in 
        entrambi i casi senza personalità giuridica né diritto al 
        lavoro o di partecipazione al movimento. Inoltre 1500 persone si sono 
        viste obbligate ad abbandonare casa i lavoro per sfuggire alla repressione.
 A tutto questo si aggiunge il fatto che molte componenti delle forze dell'ordine 
        militano nelle file del GAL, gruppi di terroristi filofascisti che negli 
        ultimi anni hanno mietuto decine di vittime fra i militanti e simpatizzanti 
        del movimento di liberazione nazionale. La creazione di queste squadri 
        paramilitari, assieme al tentativo di fare dilagare nella popolazione 
        basca il problema della tossicodipendenza1 e all'uso della tortura sui 
        prigionieri politici2, costituisce il lato oscuro dell'opera reazionaria, 
        illegale, non riconosciuto, ma allo stesso tempo finanziato dallo Stato 
        spagnolo.
 La repressione, però, oltre a non riuscire a fiaccare la resistenza 
        basca, ricompatta, elevando il livello di scontro, le fila del movimento 
        indipendentista e ne rende più combattiva la militanza.
 È in questo clima che l'ETA ha dimostrato, demolendo le teorie 
        istituzionali che la definivano come un'organizzazione allo sbando politico, 
        la propria forza arrivando a colpire illustri membri della repressine 
        spagnola. Tutto ciò, assieme a decine di attacchi che, con scadenza 
        settimanale, hanno colpito e colpiscono caserme della Guardia Civil e 
        dell' Erzaintza, dimostra la vanificazione della repressione.
 È da questa posizione che il movimento basco ha rilanciato la propria 
        alternativa di pace (Alternativa Democratica) come unica e realistica 
        soluzione.
 Alternativa Democratica, di cui riporteremo nelle pagine seguenti ampi 
        stralci, è la prima proposta per la cessazione del sanguinoso conflitto 
        armato. Lo Stato spagnolo ha, però, risposto a questa mano tesa 
        con una forte repressione che ha portato all'arresto di quei membri dell'Herri 
        Batasuna che si erano impegnati nella diffusione di materiale informativo 
        riguardante la proposta di pace. Lo Stato spagnolo non si è limitato 
        quindi a bocciare l'Alternativa (fatto che già di per sé 
        dimostra la volontà spagnola di risolvere "il problema basco" 
        con la repressione e la violenza), ma ha reso illegale la pubblicazione, 
        la diffusine e il possesso del documento. Ha forse lo Stato spagnolo paura 
        che la conoscenza di Alternativa Democratica dimostri al mondo che i tanto 
        temuti "terroristi baschi" sanno avanzare proposte molto più 
        giuste del "democratico" Governo spagnolo.
 
 MANIFESTO 
        DELL' E.T.A. AD EUSKAL HERRIA  E.T.A., organizzazione rivoluzionaria socialista di liberazione nazionale, 
        con l'azione contro Jose Maria Aznar, presidente del Partito Popolare, 
        ha colpito uno dei maggiori rappresentanti della politica di oppressione 
        ai Paesi Baschi mettendo allo scoperto l'accentuata crisi politica ed 
        istituzionale dello Stato spagnolo.
 Il sistema repressivo, che da una falsa risposta al "problema basco" 
        negando al popolo i propri diritti e che rimane pianificato su codici 
        franchisti, è stato accettato di buon grado da tutte le forze politiche 
        dello stato spagnolo. Ora che il P.S.O.E. è barcollante, sotto 
        il peso degli scandali di corruzione e della "guerra sporca"3, 
        il Partito Popolare si appresta a prendere il potere pretendendo di far 
        bere al popolo basco un nuovo calice di sofferenze.
 Le forze politiche che accettarono lo "statuto di autonomia"4 
        hanno fatto pagare ai paesi baschi una cambiale di divisione istituzionale, 
        deculturizzazione e deindustrializzazione.
 Il popolo basco non dispone della possibilità e degli strumenti 
        che gli permettano di decidere il proprio futuro.
 Il conflitto politico continua invariato come risposta alle imposizioni 
        ad all' oppressione operata dallo Stato spagnolo.
 Per la costruzione della società basca i cittadini hanno la necessità 
        di impedire la divisione del nostro popolo; di imparare l' euskara recuperando 
        la nostra cultura; di lottare per l' autonomia economica prima che si 
        compia la deindustrializzazione di cui siamo oggetto.
 Questi i nostri obbiettivi in carcere, in esilio, nella società.
  
        ALTERNATIVA DEMOCRATICA PER I PAESI BASCHI
 
 Alternativa 
        democratica è la proposta base per il negoziato politico che nasce 
        dall'attualizzazione di "ALTERNATIVA K.A.S" e si basa sulla 
        compartecipazione di due differenti negoziati: uno fra E.T.A e stato spagnolo, 
        l'altra ,che spetta direttamente alla cittadinanza basca, per mezzo di 
        un processo democratico senza limiti e con la possibilità di scelta 
        su tutte le possibili opzioni. Obbiettivo del negoziato fra stato spagnolo 
        ed E.T.A è l'ottenimento del riconoscimento del POPOLO BASCO come 
        comunità cui spetteranno in forma indelegabile le ultime decisioni 
        sulla ridefinizione della società basca. Il completo riconoscimento 
        del nostro popolo e l'abolizione della frontiere giuridico-istituzionali 
        sono gli argomenti del tavolo di trattative tra Stato spagnolo ed E.T.A.; 
        niente più. Non spetta allo Stato, bensì al popolo, la scelta 
        del tipo di organizzazione interna ai Paesi Baschi, del rapporto tra le 
        sue due parti attualmente divise dalle frontiere franco-spagnole, dei 
        metodi di insegnamento della nostra lingua e della nostra cultura, ecc. 
        Allo stato spetta il dovere di rispettare le legittime decisioni della 
        cittadinanza. Tutti i temi che riguardano organizzazione ed il futuro 
        del nostro popolo saranno elaborati tramite la partecipazione diretta 
        di tutta la società. Questa proposta nasce come alternativa all' attuale conflitto armato e 
        quando lo stato la accetterà l' E.T.A. ordinerà un cessate 
        il fuoco.
 RICONOSCIMENTO DEL POPOLO BASCO E DEL DIRITTO AD 
        AUTODETERMINAZIONE ED UNITA' TERRITORIALE
 Il diritto all'autodeterminazione non è tanto una posizione politica 
        quanto un diritto che ci spetta come popolo.
 La decisione di come e con quali criteri questo diritto si attuerà 
        spetta ai cittadini baschi cui va ovviamente riconosciuto il diritto assoluto 
        di scelta sulle decisioni che riguardano il proprio futuro. Anche per 
        quel che riguarda la forma di concretizzazione dell'unità territoriale, 
        previo abbattimento delle attuali frontiere istituzionali, sarà 
        decisione sovrana del popolo basco.
 RISPETTO DEI RISULTATI DEL PROCESSO DEMOCRATICO
 
 Non 
        si può porre limiti alla parola del popolo, quindi lo stato spagnolo 
        dovrà accettare e rispettare lo svolgimento del processo democratico 
        ed i suoi risultati qualsiasi essi siano. Condizione minima per canalizzare il processo è che tutti i cittadini 
        vi possano partecipare senza alcuna pressione, si esige quindi un'amnistia 
        generale che permetta il rilascio dei detenuti ed il rientro degli esuli. 
        Si esige inoltre la creazione di mezzi che impediscano alle forza armate 
        spagnole di influenzare il processo.
 Un pò di chiarezza:
 Quando in febbraio vi abbiamo inviato la nostra ultima lettera stavamo 
        andando incontro ad un elezione legislativa che ha poi provocato un radicale 
        cambiamento nella mappa politica spagnola.
 La salita al potere del Partito Popolare, appoggiato dai partiti C.I.U., 
        P.N.V. e Coalizione Canaria6, ha aperto un nuovo capitolo della vita politica 
        dello Stato Spagnolo.
 Nonostante la nascita del governo di Aznar7 non abbia portato nessun sostanziale 
        cambiamento nella politica sociale, economica ed autonomistica dello Stato 
        Spagnolo, il partito popolare, con il potere che gli è conferito 
        dall'appoggio della borghesia basca, canaria e catalana, vuole far fronte 
        a quei problemi politico-economici che il P.S.O.E., con il suo governo, 
        non poteva affrontare a causa della propria debolezza e mancanza di credibilità.
 È in questo quadro che il P.P., nel tentativo di ottenere le condizioni 
        economiche imposte da Maastricht, inaugura una politica di privatizzazioni 
        e presupposti restrittivi che stabilisce un vero e proprio record per 
        quel che concerne l' attacco allo stato sociale ed ai diritti di lavoratori 
        e lavoratrici.
 La recente pianificazione di un dibattito per rendere illegale l'aborto, 
        le leggi peggiorative sul sistema scolastico, la volontà di piena 
        integrazione nell' O.TA.N., l'agevolazione dei rapporti economici con 
        il Marocco a discapito di quelli con Cuba, sebbene siano solo la continuazione 
        di una linea politica creata dal P.S.O.E. mostrano la chiara decisione 
        del nuovo governo di mantenere un posizione nettamente di destra.
 Tutto ciò rende necessaria una forte opposizione politica e sociale 
        che faccia fronte alla realizzazione dei progetti governativi, anche e 
        soprattutto in EUSKADI, dove si stanno per attuare pesantissimi piani 
        repressivi contro la sinistra patriottica.
 L'intensificazione della collaborazione tra stati, l'intento di inasprire 
        la legislazione attuale, il persistente uso della tortura, le ultime manovre 
        legali che colpiscono i prigionieri politici baschi, e la sempre maggiore 
        collaborazione fra Ertzaintza8 e le altre forze di polizia sono elementi 
        della strategia di governo che ottengono il pieno consenso del P.N.V. 
        e vengono appoggiati da tutti i partiti politici che sostengono l'attuale 
        regime.
 Senza esitazioni la sinistra patriottica basca si sta muovendo per far 
        fronte a questi attacchi intensificando la lotta per i diritti democratici 
        che spettano al Popolo Basco, ma non è tutto: giorno dopo giorno 
        il nostro lavoro è quello di muoversi negli spazi sociali e politici 
        per la costruzione nazionale; socio-economia, lingua basca, cultura, ecologia, 
        organizzazione dei giovani. Così, la sinistra abzerdale, sta ponendo 
        le solide basi del proprio progetto di costruzione patriottica e socialista.
 L' Alberri Eguna del 1996, la manifestazione unitaria fra E.L.A. e L.A.B9, 
        che si è tenuta il primo maggio ed i risultati delle ultime elezioni, 
        in cui Herri Batasuna ha ottenuto un notevole incremento di voti, mostrano 
        la solidità del progetto di liberazione basco. Si aggiunge a questo 
        la lotta sociale: sabotaggio e paralizzazione di Itoiz10, manifestazioni 
        a favore dell' insegnamento della lingua e della cultura basca, la salvaguardia 
        degli insumisio (obiettori al servizio militare), la lotta per il riavvicinamento 
        dei prigionieri politici alle proprie città d' origine, l'impulso 
        al movimento giovanile.
 Questa è l' espressione della forza e della determinazione di un 
        popolo che chiede di costruire il proprio futuro in libertà. Peraltro 
        l' E.T.A. nel comunicato del 23 giugno 1996 mostrava nuovamente la volontà 
        di superare il conflitto violento che imperversa fra Stato Spagnolo e 
        Popolo basco.
 E.T.A. offriva, ancora una volta, la chiave per la risoluzione del conflitto 
        ed, invitando il governo a prendere la via del negoziato, dichiarava la 
        sospensione, per una settimana, delle azioni armate per favorire l'inizio 
        del dialogo. Purtroppo, per l'ennesima volta, lo stato ed i partiti politici 
        ed esso fedeli hanno chiuso la porta davanti alla proposta di un negoziato 
        di pace.
 Nelle pagine seguenti questo ed altri aspetti verranno più chiaramente 
        analizzati.
 
 HERRI 
        BATASUNA - LUGLIO 1996 
 AGGIORNAMENTI 
        SU "ALTERNATIVA DEMOCRATICA" 
 Nelle 
        pagine seguenti parleremo degli ultimi risvolti dell' "alternativa 
        democratica", ovvero la proposta di pace che l' E.T.A. realizzo il 
        26 aprile del '95. La sinistra patriottica, unendo i lavori fondamentali 
        di costruzione nazionale e sociale e stimolando tutte le forze sociali 
        e politiche che su questa strada si stanno muovendo, ha come obbiettivo 
        la creazione di un mezzo democratico per far ottenere al Popolo basco 
        il riconoscimento del diritto di scelta sul proprio futuro e tramite il 
        quale tutte le possibilità politiche sociali ed economiche possano 
        elevarsi alla pratica. Questo è un punto necessario per dare risposta alle rivendicazione 
        dei Paesi Baschi e per far si che la sinistra basca possa sviluppare il 
        proprio programma indipendentista e socialista. Deve essere la società 
        basca la protagonista di questa lotta democratica con un obbiettivo comune: 
        il riconoscimento del diritto di autodeterminazione ed unità territoriale.
 Herri Batasuna si è assunto il compito di rendere pubblica l' "alternativa 
        democratica" per stimolare la partecipazione di tutti i settori sociali 
        nella difesa di questa soluzione pacifica.
 Premettiamo che questo documento non corrisponde al programma politico 
        né dell' E.T.A., né della sinistra patriottica, ma è 
        patrimonio unico della società basca.
 Senza esitare, il governo spagnolo pretende di mettere sotto silenzio 
        la proposta di pace per impedire che i suoi contenuti democratici vengano 
        diffusi. Questa è la ragione dell' arresto, avvenuto il 21 febbraio 
        '96, di Jon Idigoras, storico dirigente patriottico e portavoce della 
        camera nazionale, ordinata dall' udienza nazionale sotto la pressione 
        del governo spagnolo.
 Lo stato, sia esso governato dal P.S.O.E. o dal P.P., pretende di cancellare 
        la voce della sinistra patriottica e di criminalizzare, a tal punto, le 
        sue posizioni che è arrivato al punto di minacciare di mettere 
        fuori legge il partito Herri Batasuna.
 Ovviamente, H.B. non ha ceduto a queste pressioni, ne ha modificato le 
        proprie posizioni sulla base di quelle che i giudici spagnoli vorrebbero 
        imporgli e per questo Herri Batasuna è stato punito con un ammenda 
        di 5 milioni di Pesetas (questa è stata la cifra necessaria per 
        il rilascio di Jon Idigoras).
 E.T.A. ha ribadito la propria volontà di dialogo, per il superamento 
        del conflitto armato, tramite un comunicato pubblicato il 23 giugno '96. 
        L' organizzazione manifesta, ancora una volta, la volontà di non 
        combattere con la Spagna e di non imporre niente né al popolo spagnolo 
        ne a quello basco, confermando che il proprio obbiettivo è l'ottenimento, 
        per la cittadinanza basca, del diritto di opzione sugli aspetti economici, 
        politici e sociali del proprio futuro.
 È per dimostrare tutto ciò che, nello stesso comunicato, 
        veniva proposto un "cessate il fuoco" della durata di una settimana. 
        Senza esitazione il governo, appoggiato dai partiti riuniti attorno alla 
        "mesa de Ajura Enea", rifiutava ogni dialogo con l' E.T.A..
 Il governo spagnolo, la destra spagnola, ma anche la sinistra (il documento 
        elaborato da Izquierda Unida mostra una squallida politica di allineamento 
        con la strategia dello stato) ed i partiti della destra basca ( E.A. e 
        P.N.V.) hanno avallato la linea repressiva senza considerare la possibilità 
        di un dialogo.
 Il primo luglio, dato il totale immobilismo da parte dello stato, E.T.A. 
        ha ritirato l'ordine di "cessate il fuoco", ma ribadiva la propria 
        disponibilità ad un negoziato di pace. Durante questa settimana 
        la società basca e l'opinione pubblica spagnola hanno potuto comprovare, 
        nonostante la propaganda e la manipolazione informativa operata dal governo, 
        la qualità politica del problema il perché del conflitto 
        armato e comprendere chi realmente vuole percorrere la strada della pace 
        e chi invece quella della repressione e della violenza.
 In questo senso è stata importante la presa di posizione dei due 
        sindacati maggioritari in Euskadi (E.L.A. e L.A.B.) che hanno giudicato 
        positivamente l'offerta dell' E.T.A. ed hanno chiamato il governo a rispondere 
        affermativamente.
 Herri Batasuna e tutta la sinistra patriottica continueranno a sviluppare 
        iniziative in favore del processo democratico, dando impulso all'implicazione 
        della società, di settori dello stato e della comunità internazionale.
 LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE
 Il governo del Partito Popolare, così come quello precedente, ha 
        come desiderio principale la risoluzione per via repressiva di quello 
        che chiamano "problema basco". Eludendo la motivazione politica 
        del conflitto ed ignorando la determinazione della sinistra patriottica, 
        il governo spagnolo ed i partiti che assumono la sua strategia di stato, 
        tenteranno di risolvere il problema con la violenza chiudendo la strada 
        all' unica vera soluzione democratica.
 Uno dei pilastri della linea repressiva è la collaborazione internazionale. 
        Lo stato spagnolo, tramite la pressione politica ed economica, implica 
        gli altri stati europei, ma anche latino-americani, nella propria strategia 
        reazionaria. La forza della sinistra basca, su tutti i fronti di lotta, 
        e l'incapacità dello stato di distruggere l'organizzazione armata 
        E.T.A., obbligano il governo spagnolo ad attaccare gli esponenti politici 
        più deboli ed indifesi: i rifugiati politici.
 Parigi è stata una delle prime destinazioni dei ministri degli 
        esteri e degli interni spagnoli e dello stesso Aznar. Lo stato Francese 
        si è immediatamente dimostrato un grande collaboratore nella compartecipazione 
        alla strategia reazionaria contro i paesi baschi ed i fatti lo dimostrano: 
        il compromesso di espellere e consegnare alle forze di polizia spagnole 
        i prigionieri politici attualmente detenuti in Francia, la creazione di 
        unità di polizia mista, il coordinamento "anti-terrorista", 
        l'attuazione di azioni di polizia fuori dai rispettivi confini, le iniziative 
        repressive congiunte sono prove inequivocabili. La vera punta di diamante 
        di questa strategia è la, recentemente approvata, legge Toubon 
        che pretende d'interrompere la solidarietà ai rifugiati punendo 
        pesantemente tutti coloro che aiutano l'immigrazione o il soggiorno irregolare 
        di presunti "terroristi". I mezzi del governo francese contro 
        i rifugiati, dei quali 214 sono stati consegnati da una polizia all'altra 
        negli ultimi 10 anni, sono completamente irregolari e violano la stessa 
        costituzione francese, la convenzione internazionale e i diritti umani 
        universalmente riconosciuti.
 Esempio recente, di quello che stiamo dicendo, è stata l'espulsione 
        di Josu Urrutikoetxea (rifugiato politico che fungeva da interlocutore 
        designato dall'E.T.A. per il negoziato), avvenuta il 4 maggio, che dopo 
        avere scontato la condanna impostagli nello Stato francese è stato 
        rimpatriato e incarcerato senza che la giustizia spagnola avesse cause 
        pendenti su di lui. Il governo francese ha pattuito di consegnare alla 
        polizia spagnola tutti i prigionieri baschi incarcerati nelle prigioni 
        francesi, violando il principio della "proibizione di doppia pena" 
        e il diritto di non espulsione dal paese in cui si è stati perseguiti.
 Ciò dimostra inoltre la persistente volontà, da parte degli 
        apparati legali francesi, di ignorare la sistematica pratica della tortura 
        e le violazioni dei diritti umani che vengono continuamente messe in atto 
        nelle carceri spagnole, come per altro è denunciato anche da organismi 
        internazionali.
 A questo riguardo, possiamo citare il caso del rifugiato politico Luis 
        Irruretagoiena che, mentre scontava la propria condanna in Francia, fu 
        consegnato alla guardia civil l'8 giugno. Nei tre giorni, in cui rimase 
        nelle mani delle autorità spagnole fu selvaggiamente torturato: 
        picchiato sulla testa e su tutto il resto del corpo, asfissiato, sottoposto 
        a scariche elettriche, ecc ecc.
 In seguito, il giudice dell' Udiencia Nacional ignorò la denuncia 
        di tortura ed incarcerò Luis con l'accusa di "appartenenza 
        a banda armata" (condanna per la quale, il rifugiato, aveva già 
        scontato la pena in territorio francese) decretando inoltre, il giorno 
        10 luglio, che il prigioniero non poteva tenere contatti con l'esterno 
        al fine di occultare all'opinione pubblica le barbarie da lui subite.
 Di particolare gravità è stato, inoltre, il rimpatrio e 
        la consegna alle autorità spagnole di sei deportati che, dopo più 
        di dieci anni di esilio in paesi dell'Africa e dell'America, avevano scelto 
        di tornare nel nord dell'Euskadi e che vivevano in una chiesa di Baiona. 
        Lo scopo del rientro degli esuli baschi, annunciato il primo di giugno, 
        era quello di denunciare la situazione che stavano vivendo; le deportazioni 
        furono decise, dieci anni fa, congiuntamente dai governi Spagnoli e Francesi 
        avevano coinvolto 55 militanti baschi dei quali 6 sono morti nei paesi 
        ospiti..
 Questo tipo di azioni, da parte dei due stati, sono state denunciate anche 
        dal sindacato della magistratura francese, dalla lega dei diritti umani 
        e dalla sezione francese di Amnesty International, che si sono mosse perché 
        cessasse questa campagna di arresti arbitrari.
 Adesso il governo spagnolo necessita di coinvolgere, nella propria politica 
        reazionaria, anche gli altri paesi dell'Unione Europea. L'assemblea su 
        Maastricht, che si è tenuta a Firenze il 21-22 giugno, ha dato 
        il via libera ad un nuovo trattato di estradizione fra i paesi dell'U.E.. 
        Il nuovo testo, che prima di entrare in vigore dovrà essere rettificato 
        dai paesi aderenti, prevede che siano fatti oggetto di estradizione i 
        colpevoli di "terrorismo", collaborazione per reati associativi 
        o appartenenza a banda armata; il trattato avrà, inoltre, carattere 
        retroattivo.
 Tutto ciò garantisce un ulteriore peggioramento delle garanzie 
        giuridiche attualmente esistenti e presuppone, da parte dei vari stati, 
        la pretesa di ovviare ai problemi politici non risolti in Europa dandogli 
        una risposta repressiva senza cercare alcuna soluzione democratica.
 Vogliamo, per concludere, menzionare alcuni fatti accaduti negli ultimi 
        mesi. Il 5 giugno fu estradato dalla Germania Benjamin Ramos su dichiarazione 
        del tribunale tedesco che non lo aveva riconosciuto come perseguitato 
        politico prima che fosse esaminata la sua richiesta di asilo. Il 28 maggio 
        fu arrestato a Bruxelles il rifugiato Enrike Pagoaga che aveva già 
        subito deportazioni in Algeria e Venezuela. All'inizio di maggio fu incarcerato 
        in Costa Rica il rifugiato Josetxo Zeberio, posto in libertà il 
        5 luglio.
 
 LA 
        LOTTA DEI PRIGIONIERI POLITICI 
        
 Quando, 
        il 15 gennaio, i prigionieri politici baschi iniziarono la lotta contro 
        la dispersione e la violazione dei propri diritti umani, esigendo il riconoscimento 
        dello "status" di prigionieri politici ed il raggruppamento 
        dentro ai confini baschi, la coscienza e la pressione dell'opinione pubblica 
        basca è andata sempre più aumentando. I quasi 600 prigionieri baschi sanno che questa lotta sarà lunga 
        e ardua, ma hanno dimostrato la propria intenzione di non cedere finché 
        non sarà applicata la legislazione vigente (che prevede che i detenuti 
        scontino la propria condanna in carceri vicini ai propri ambienti sociali 
        e familiari) e finché non cesseranno le violazioni ai diritti umani, 
        sbandierati nei testi legali e nei comizi degli uomini politici, ma costantemente 
        violati fra le mura delle carceri.
 La sinistra patriottica e la società basca non devono lasciare 
        nelle sole mani dei compagni incarcerati queste rivendicazioni giuste 
        e democratiche. La partecipazione di tutti i baschi, la solidarietà 
        e la pressione esterna sono elementi necessari da unire alla lotta dei 
        prigionieri per raggiungere questi obbiettivi.
 Il 16 giugno, i prigionieri politici iniziarono una nuova fase di lotta 
        consistente in un txapeo (una sorta di auto- isolamento all'interno delle 
        proprie celle) permanente, a rotazione fra due gruppi. Il giorno stesso 
        un gruppo di ex-detenuti politici iniziarono una settimana di sciopero 
        della fame in solidarietà con lo sciopero dei compagni in carcere 
        ed in appoggio alle loro rivendicazioni.
 A questo proposito dobbiamo anche ricordare che sta continuando tuttora 
        la sciopero della fame, a rotazione settimanale, che iniziò il 
        18 dicembre 1995. A questa forma di protesta ha preso parte, nella settimana 
        6-13 luglio, anche un gruppo solidale di cittadini dell'Andalusia.
 Ricordiamo inoltre che il 22 giugno si è svolta a Donostia (San 
        Sebastian n.d.t.) una colossale manifestazione in favore del raggruppamento 
        dei prigionieri all'interno dei confini baschi
 Di fronte alle richieste dei collettivi dei detenuti ed alle mobilitazioni 
        sociali in loro sostegno, il governo del Partito Popolare, unito al P.N.V., 
        ha elaborato una strategia per rimodernare la politica penitenziaria, 
        senza eliminare la dispersione e le violazioni dei diritti umani. Il primo 
        punto di tale strategia è stato il propagandato "avvicinamento", 
        di 42 prigionieri, nei confini baschi, manovra che fu ipotizzata, nell'ultimo 
        giorno della tregua proclamata dall'E.T.A., per dimostrare al gruppo armato 
        una "buona volontà" del governo, che si è poi 
        dimostrata totalmente falsa. Dei 42 prigionieri che dovevano essere oggetto 
        dell' "avvicinamento" 5 hanno subito trasferimenti carcerari 
        senza alcuna variazione di distanza rispetto ai Paesi Baschi (fra essi 
        vi è anche una compagna che secondo legge dovrebbe già essere 
        in libertà), 8 hanno subito un allontanamento, e, dei 24 che sono 
        stati trasferiti in prigioni più vicine, 12 avrebbero diritto alla 
        libertà secondo la legislazione vigente.
 Solo tre prigionieri sono stati realmente trasferiti in luoghi di detenzione 
        situati nei Paesi Baschi come prevedrebbe la legge.
 Alla luce di tutto ciò appare chiaro che, questa manovra di "avvicinamento" 
        è un ipocrita bugia che il governo sta utilizzando per manipolare 
        l'opinione pubblica e indebolire, così, il movimento sociale in 
        favore delle richieste dei detenuti politici.
 Senza tanti scrupoli, la stampa e tutti i mezzi di comunicazione hanno 
        dato eco a questa propaganda governativa presentando la manovra come un 
        reale riavvicinamento nonché come una prova di disponibilità 
        da parte del governo.
 Il collettivo dei prigionieri politici ha voluto rendere pubblica la legittimità 
        dei propri obbiettivi e la volontà di proseguire la lotta fino 
        al loro conseguimento. Il 10 luglio venivano esposte, mediante un comunicato, 
        dai sette detenuti designati come interlocutori nelle trattative con lo 
        stato, le seguenti rivendicazioni: rispetto dei diritti umani, fine delle 
        aggressioni e dei pestaggi, scarcerazione di coloro che, per legge, dovrebbero 
        già essere in libertà o che soffrono di malattie gravi o 
        incurabili, riconoscimento del carattere politico del collettivo e raggruppamento 
        dei prigionieri in carceri interne ai confini baschi. Come si può 
        vedere, quelle che lo Stato si rifiuta di accettare, sono rivendicazioni 
        democratiche e conformi alle stesse leggi spagnole. Non dimentichiamo, 
        inoltre, che la libertà del funzionario delle prigioni José 
        Antonio Ortega, attualmente in mano all'E.T.A., dipende solo dall'applicazione, 
        da parte da parte del governo, di tali leggi.
 Annunciamo inoltre che è previsto per l'autunno (probabilmente 
        in settembre) uno sciopero della fame di 550 volontari, uno per ogni prigioniero 
        politico incarcerato fuori dai confini baschi, in tutta Europa. L'iniziativa 
        è stata organizzata dal Senideak (associazione di familiari di 
        prigionieri rifugiati e deportati baschi) e ha come obbiettivi l'evidenziare 
        all'opinione pubblica europea il carattere politico dei perseguiti e denunciare 
        la situazione di ingiustizia a cui sono soggetti.
 
 GUERRA 
        SPORCA 
        
 Uno 
        dei temi abituali delle nostre lettere è la "guerra sporca". 
        Riportiamo i nuovi dati recentemente venuti alla luce che confermano ciò 
        che, già in molte occasioni, avevamo affermato: i G.A.L. 1 e le 
        azioni terroristiche di "guerra sporca" sono state create e 
        dirette dallo stato spagnolo e sono tasselli di una strategia più 
        ampia che mira ad eliminare la resistenza in Euskadi e ad assimilare la 
        realtà basca nel "progetto Spagna". Iniziamo con l'avvenimento di maggior rilevanza, verificatosi il 23 maggio, 
        quando il giudice Gomez De Liañd ha ordinato l'arresto del Generale 
        della Guardia Civil Enrique Rodriguez Galindo, comandante della caserma 
        di Intxaurrondo, con l'accusa di aver ordinato ed eseguito il sequestro 
        e l'omicidio (tramite tortura) dei rifugiati politici Josan Lasa e Joxi 
        Zabala.
 Tre giorni prima erano stati arrestati , come esecutori materiali del 
        delitto, i membri di polizia Enrique Dorado e Felipe Bayo e, il giorno 
        seguente, il Tenente della Guardia Civil Pedro Gomez Nieto per partecipazione 
        negli stessi omicidi.
 Il giorno dell'arresto di Rodriguez Galindo, i ministri degli Interni 
        Jose Barrionuevo e Luis Corcera, insieme al Segretario di Stato per la 
        sicurezza, convocarono una conferenza stampa per solidarizzare con il 
        generale arrestato e assumersi "le responsabilità che derivano 
        dall'esecuzione di ordini da loro formulati" tanto da affermare di 
        voler dividere la prigione con Galindo.
 Qualche giorno dopo lo stesso presidente del P.S.O.E., Gonzal
 PARTE 
        2 by 
        morfeo Monday September 09, 2002 at 10:09 AM Qualche 
        giorno dopo lo stesso presidente del P.S.O.E., Gonzales, dichiarava il 
        proprio appoggio al generale. Senza dubbio, Galindo non è il solo alto esponente della polizia 
        e dell'esercito implicato nella "guerra sporca". I generali 
        Antonio Saenz De Santamaria e Andres Cassinelo sono stati imputati di 
        partecipazione negli omicidi di vari rifugiati e di cittadini baschi. 
        Essi sono stati i massimi dirigenti della Guardia Civil e della "lotta 
        anti- terrorismo".
 Inoltre, infomazioni giornalistiche ricordano che il CESID (servizi segreti 
        militari) fu il pianificatore e l'organizzatore dell'omicidio del deputato 
        di Herri Batasuna, Joso Muguruza, materialmente eseguito dal militante 
        dell'ultra-destra neo-fascista Juan De Dios Rubio nel 1989.
 Inoltre, grazie alle dichiarazioni di Luis Roland, ex-direttore della 
        Guardia Civil, si è appreso che altre azioni di terrorismo, come 
        l'invio di pacchi-bomba ai simpatizzanti e ai militanti della sinistra 
        patriottica, erano pianificati dal ministero degli interni ed eseguiti 
        dalla polizia.
 Queste azioni, che non furono mai rivendicate e che causarono la morte 
        di molte persone, furono attribuite da stampa e polizia all'E.T.A. con 
        lo scopo di fare propaganda "contro-insurrezionale".
 Più recentemente, il 19 giugno, è stato incarcerato l'ex-dirigente 
        del P.S.O.E., nonché governatore civile di Gipuzkoa, Julien Elgorriega, 
        per partecipazione nel caso "Lasa Zabala".
 Tenendo presente questi avvenimenti si giunge ad una serie di conclusioni 
        che vanno confermandosi.
 In primo luogo, è evidente l'implicazione degli apparati dello 
        Stato nella "guerra sporca" contro il movimento di liberazione 
        nazionale basco; il terrorismo di stato è una strategia condivisa 
        dai responsabili del governo, dell'esercito, della polizia e degli altri 
        organi statali ed è coadiuvato da partiti politici e mezzi di comunicazione.
 In secondo luogo, si rende evidente la partecipazione del P.S.O.E. nella 
        programmazione e nello sviluppo della "guerra sporca"; le imputazioni 
        a carico degli esponenti di partito, l'arresto di molti di essi e le dichiarazioni 
        degli inquisiti, mostrano le responsabilità politiche e criminali 
        dei dirigenti del P.S.O.E. incluso il presidente Felipe Gonzales.
 È da ricordare l'impunità della quale hanno goduto i responsabili 
        di terrorismo di stato e di corruzione sui finanziamenti della lotta anti-terrorista. 
        Da una parte, i fondi deviati ( denaro senza controllo destinato alla 
        lotta anti-E.T.A.) a vantaggio di singole persone o gruppi paramilitari, 
        dall'altra, l'implicazione dei responsabili della "guerra sporca" 
        in traffici di droga, prostituzione, delinquenza organizzata, sono stati 
        facili guadagni per chi sapeva di godere di totale impunità.
 È, inoltre, necessario porre l'attenzione sull'implicazione della 
        polizia francese nella "guerra sporca"; essa forniva dati a 
        riguardo dei rifugiati politici baschi alla polizia spagnola, per far 
        si che, quest'ultima, attuasse gli attentati.
 É questo il caso dell'omicidio di Juan Carlos Garcia Goena, avvenuto 
        nel luglio dell'87, il cui nome era stato fornito dalla Gendarmeria francese 
        all' allora governatore civile di Gipuzcoa.
 É inoltre evidente che la realtà delle esecuzioni e delle 
        torture extra-giudiziarie hanno come protagonisti le forze dell'ordine; 
        i nuovi dati sulla morte per tortura di Michel Zabala che la polizia ed 
        i mezzi di comunicazione propagandarono come morte per annegamento in 
        un fiume, dimostrano la realtà della pratica della tortura nello 
        Stato spagnolo, già molte volte denunciata anche da organizzazioni 
        internazionali.
 Inoltre le prove sulla morte di Lucia Orgaiza, assassinata con un colpo 
        di pistola alla tempia, ricorda la morte di decine di militanti dell'E.T.A. 
        presentati, come in questo caso, come risultato di scontro a fuoco e che 
        furono in realtà esecuzioni sommarie operate dalla polizia.
 Innanzi tutto dobbiamo domandarci se le indagini saranno portate sino 
        in fondo arrivando ai massimi responsabili della "guerra sporca". 
        Riguardo a ciò i fatti ci rendono pessimisti; l'insabbiamento delle 
        indagini da parte delle forze dell'ordine e la corruzione dei giudici 
        ci fanno temere che le inchieste non verranno approfondite. Inoltre lo 
        stato ed i suoi apparati non permettono in nessun modo che abbiano risposta 
        domande fondamentali: chi decise politicamente e militarmente le azioni 
        di terrorismo?, chi, nella cupola dello Stato, tuttora le pianifica?
 A questo proposito, i rappresentanti dell'attuale governo democristiano 
        hanno già dichiarato che "le indagini sui G.A.L. non sono 
        prioritarie" ed hanno impedito che si istituisse una commissione 
        di inchiesta parlamentare dimostrando di voler sorvolare il tema della 
        "guerra sporca".
 I fatti ci fanno inoltre temere che tutto ciò sia un preludio ad 
        un'altra ondata di terrorismo di stato in funzione della strategia repressiva 
        di cui non si è mai smesso di fare uso. Tutt'oggi gli apparati 
        statali utilizzano sequestri dei beni dei militanti baschi, detenzioni 
        ed interrogatori illegali, aggressioni di "incontrollabili", 
        ecc.
 Così mentre lo stato continua ad impegnarsi nelle soluzioni repressive 
        prepara gli altri strumenti che tiene nelle proprie mani.
 SENIDEAK
 
 Nel 
        1991, è stata creata nel Paese Basco-Euskal Herria l'associazione 
        dei familiari dei prigionieri, rifugiati e deportati politici baschi, 
        SENIDEAK. Dal 1992, tale associazione è scritta presso il registro 
        della Comunità Autonoma Basca e della Comunità Autonoma 
        Navarra. Obiettivi di SENIDEAK sono: l'assistenza giuridica, sanitaria e morale 
        ai prigionieri, agli esiliati e ai loro familiari; l'informazione e la 
        denuncia della situazione nella quale versano queste persone; l'attività 
        legale volta al conseguimento del rispetto dei Diritti Umani e delle libertà 
        dei prigionieri, degli esiliati e dei loro familiari; la denuncia delle 
        violazioni degli stessi e delle leggi fondamentali riconosciute dalla 
        legislazione spagnola e dai diversi trattati internazionali ratificati 
        o dalle norme sul trattamento dei prigionieri elaborate come raccomandazioni 
        da diversi organismi internazionali.
 SENIDEAK è un'associazione umanitaria, nata per far fronte alle 
        diverse violazioni dei Diritti Umani registrate nei confronti di detenuti 
        politici baschi nelle carceri francesi e spagnole. I membri di questa 
        associazione sono accomunati unicamente dalla relazione familiare con 
        i detenuti politici baschi, esistendo, all'interno della stessa associazione, 
        ideologie differenti tra i diversi componenti e talvolta anche contrapposte.
 Il lavoro di SENIDEAK consiste nel denunciare queste situazioni tramite 
        l'azione legale e la mobilitazione sociale, allo scopo di sensibilizzare 
        l'opinione pubblica e le istituzioni sulla situazione della violazione 
        dei Diritti Umani dei prigionieri ed esiliati politici baschi.
 SENIDEAK elenca alcune delle violazioni ricorrenti nelle carceri spagnole 
        quali: pestaggi, isolamenti prolungati, vessazioni, lontananza dalla famiglia 
        e dal proprio ambiente sociale ed affettivo, censura e controllo delle 
        comunicazioni orali e scritte, morte di due prigionieri per mancanza di 
        assistenza medica, strumentalizzazione delle malattie come forma di pressione...
 Contro questa situazione i familiari dei prigionieri politici baschi hanno 
        attuato uno sciopero della fame a staffetta e ad oltranza -della durata 
        di una settimana per ciascun gruppo- dal 18 dicembre del 1995 nella cattedrale 
        del Buon Pastore di San Sebastian.
 Anche i prigionieri, dopo numerose lotte nel corso di lunghi anni di carcere 
        e repressione, hanno dato vita nel gennaio del 1996 a una protesta ad 
        oltranza con scioperi della fame e "txapeos" (rifiuto dei colloqui 
        e rifiuto di sottomissione al regime carcerario). Il 9 settembre è 
        iniziata una nuova fase di lotta nelle carceri: 20 prigionieri politici 
        baschi hanno nuovamente iniziato uno sciopero della fame a tempo indeterminato.
 La società basca -i sindacati maggioritari, diversi Comuni e istituzioni, 
        gli organismi di difesa dei Diritti Umani, comprese numerose associazioni 
        cittadine- hanno detto NO alla dispersione dei prigionieri baschi. Ciò 
        nonostante il Governo spagnolo e quello francese continuano con la loro 
        politica di dispersione, violando la legalità statale e le norme 
        di diritto internazionale.
 La situazione di cui sono oggetto i prigionieri politici baschi è 
        la seguente:
 1) DISPERSIONE
 Attualmente (sebbene la situazione cambi quotidianamente) ci sono 543 
        prigionieri politici baschi disseminati in 62 carceri dello Stato spagnolo 
        (464 prigionieri) e in 14 carceri dello Stato francese (59 prigionieri).
 Obiettivo della dispersione è sottoporre i prigionieri a una condizione 
        limite di isolamento, aggressione e mancanza di qualunque difesa per ottenere 
        che crollino sia umanamente che politicamente. La strategia della dispersione 
        è diretta anche contro i familiari, il cui obiettivo è quello 
        di trasformarci, toccando i limiti della crudeltà e della disumanità, 
        attraverso elementi di ricatto e pressione messi in atto contro i nostri 
        congiunti. Per questo sosteniamo che la dispersione è all'origine 
        di gravi violazioni dei diritti fondamentali.
 Sebbene la Costituzione spagnola e la Legge Generale Penitenziaria (che 
        regola gli istituti di prevenzione e pena) stabiliscono per i prigionieri 
        obiettivi di rieducazione sociale, accesso alla cultura, sviluppo integrale 
        della personalità e integrazione nella società, tutto ciò 
        resta lettera morta per i prigionieri politici baschi.
 Le regole penitenziarie adottate dal Consiglio d'Europa stabiliscono il 
        diritto a comunicare con i propri familiari e l'obbligo di mantenere e 
        rafforzare i vincoli con la famiglia ed il mondo esterno (regole 43 e 
        65).
 La violazione di Diritti Umani, insita nella dispersione, ha portato molti 
        organismi internazionali a raccomandare allo Stato spagnolo il trasferimento 
        dei prigionieri politici nelle carceri più vicine ai luoghi di 
        origine: Rapporto del Human Rights Watch (aprile 1992), Comitato Europeo 
        per la Prevenzione della Tortura (rapporti sulle inchieste 1991 e 1994), 
        Rapporto 1994 e 1995 dell'Osservatorio Internazionali delle Prigioni.
 Il Parlamento europeo nella sua Risoluzione B4-0043 e 0065/96 ha mostrato 
        preoccupazione per l'allontanamento dei prigionieri dalle loro famiglie 
        e ha chiesto agli Stati della Unione Europea che "vengano applicate 
        rigorosamente le Norme Minime del Consiglio d'Europa in tutte le prigioni". 
        E il Parlamento basco con sede Vitoria-Geistaz ha approvato il 28 dicembre 
        del 1996 una Risoluzione chiedendo che "tutte le persone di cittadinanza 
        basca private della libertà scontino le loro pene in Euskal Herria".
 2) ISOLAMENTO
 I prigionieri politici baschi vengono separati da ogni contesto sociale 
        e culturale dal quale provengono (isolamento sociale) ed inoltre sono 
        costretti all'isolamento carcerario (isolamento dal gruppo).
 Gli stessi sono incarcerati in prigioni lontane centinaia o migliaia di 
        chilometri dalle loro famiglie (sebbene la legge prescriva di evitare 
        lo sradicamento dei detenuti). Le visite -in molti casi- sono proibite 
        agli amici e sono durata breve (alcune unicamente di dieci minuti), i 
        colloqui sono di applicazione arbitraria, entrambi si svolgono sotto controllo 
        e sono registrati. La corrispondenza privata è limitata, la stampa 
        e le pubblicazioni di tipo politico sono ristrette o addirittura proibite.
 I prigionieri sono isolati nelle loro celle, a questo si aggiunge la privazione 
        continua del sonno, la temperatura sfavorevole e le cattive condizioni 
        alimentari che causano angustia e sfinitezza. Tutto questo produce difficoltà 
        nel prigioniero, soprattutto al suo equilibrio psicofisico.
 3)DIRITTO ALLA SALUTE
 I prigionieri politici baschi hanno difficoltà a ricevere un'assistenza 
        sanitaria adeguata da parte dei medici penitenziari. In particolar modo, 
        sono assai gravi i casi di prigionieri con infermità psichica. 
        Inoltre i prigionieri baschi non vengono separati dai detenuti che presentano 
        malattie infettive e contagiose.
 Nè l'amministrazione francese ne quella spagnola permettono l'assistenza 
        di medici esterni al carcere, sebbene questo sia un diritto previsto dalla 
        legge.
 Attualmente 3 prigionieri baschi presentano malattie gravi ed incurabili 
        , secondo gli articoli di legge (art.60 del Reglamento Peninciario) essi 
        dovrebbero essere scarcerati. Tuttavia, malgrado la loro grave situazione, 
        il Governo Spagnolo rifiuta di applicare questa legge nei loro confronti.
 4)TRASFERIMENTO DEI PRIGIONIERI
 I prigionieri sono sottoposti a continui trasferimenti. Solo nel 1995 
        sono stati registrati più di 600 trasferimenti da un carcere all'altro, 
        o da cella a cella senza alcun tipo di motivazione. L'obiettivo è 
        quello di mantenere il prigioniero costantemente sotto pressione e di 
        romperne la stabilità e l'equilibrio. Noi, in quanto familiari, 
        siamo seriamente preoccupati per i problemi psichici che tutto questo 
        provoca ai prigionieri.
 Inoltre noi familiari non veniamo informati dei trasferimenti, delle situazioni 
        dei nostri cari, e questo aumenta i nostri problemi e ci procura una grave 
        tensione.
 5)LIBERTA' CONDIZIONALE
 Il codice penale spagnolo prevede che scontati 3/4 della condanna, il 
        restante quarto sia portato a termine in regime di libertà vigilata, 
        ciò nonostante 125 prigionieri politici baschi continuano a languire 
        in prigione sebbene dovrebbero essere in libertà, seppure vigilata.
 6)DIRITTO ALLA DIFESA
 La Costituzione spagnola ed il Codice di Procedura Penale, così 
        come gli Accordi Internazionali, prevedono che il diritto alla difesa 
        è un diritto fondamentale.
 La dispersione dei nostri familiari provoca la violazione di fatto di 
        questo diritto fondamentale. In condizione di dispersione dei prigionieri 
        è impossibile una strategia comune di difesa. Tra l'altro, tutte 
        le conversazioni tra avvocati e prigionieri vengono registrate.
 CONCLUSIONI GENERALI
 Il Governo spagnolo e quello francese utilizzano la sofferenza dei nostri 
        familiari per raggiungere i loro obiettivi politici, usando la violazione 
        dei diritti fondamentali nei confronti dei prigionieri nel contesto di 
        una strategia politica.
 Non possiamo, come familiari dei prigionieri politici baschi, accettare 
        questa situazione, rifiutata dalla stessa società basca.
 Il nostro obiettivo è che la legge e i Diritti Umani siano rispettati, 
        per questo motivo chiediamo:
 - trasferimento dei prigionieri nelle carceri basche
 - libertà per i prigionieri colpiti da infermità gravi e 
        irreversibili, come previsto dalla legge
 - libertà per i 125 prigionieri che, secondo quanto prevede la 
        legge spagnola, dovrebbero già essere liberati per scadenza termini
 - rispetto dei Diritti Umani nelle carceri
 SENIDEAK - GUREAK
 LA MAL DENOMINATA"VIOLENZA DI STRADA"
 
 Non 
        c'è dubbio, negli ultimi anni la lotta popolare, che si svolge 
        nelle nostre città, ha raggiunto una nuova dimenzione. I continui 
        attacchi e provocazioni da parte dei vari corpi repressivi, le condizioni 
        a cui sono sottoposti i prigionieri politici, la mancanza di libertà, 
        la criminalizzazione della gioventù, la grave situazione economica, 
        il controllo sociale , hanno trovato risposta. È ovvio che in tutta la società, e facendo un ripasso di 
        storia possiamo osservarlo chiaramente, la gioventù è stata 
        una dei principali protagonisti delle lotte per i cambiamenti sociali 
        e per la libertà. I movimenti giovanili baschi, in questo senso 
        non fanno eccezione. E' il settore sociale più coinvolto nella 
        lotta, il settore che sta organizzando risposte immediate, è la 
        gioventù.
 Ovviamente questo fenomeno preoccupa lo stato il quale, invece di analizzare 
        le ragioni politiche che portano un settore giovanile a lottare con i 
        mezzi di cui dispone, preferisce criminalizzarlo tramite varie (e sempre 
        errate) analisi strumentali.
 Definiscono "violenza di strada" la risposta organizzata che 
        questo ampio settore sociale basco sta applicando contro i continui attacchi 
        dello Stato spagnolo e dei suoi alleati regionalisti. Parlano di ragazzi 
        emarginati e disorganizzati, ma tutte le volte che uno di essi viene arrestato 
        centinaia di amici e familiari si mobilitano per la sua liberazione.
 Tentano di dimostrare, manipolando le informazioni sociologiche, che questi 
        giovani non hanno alcuna ideologia e che si tratta di un semplice fenomeno 
        delinquenziale, ma dietro ogni loro azione vi è rivendicazione 
        politica concreta e giusta.
 Sappiamo che è pratica comune di qualsiasi stato il tentativo di 
        togliere prestigio al nemico per negare il fatto che le proprie istanze 
        di potere (poliziesche, giuridiche e politiche) sono rimaste disorientate 
        da una nuova realtà di lotta: la risposta popolare nelle strade 
        ad ognuno dei soprusi commessi, ad ogni provocazione.
 Vogliamo menzionare in special modo i continui attacchi che l'organizzazione 
        giovanile basca Jarrai sta subendo. La mancanza di risultati giuridici, 
        unito all'effettività di questo tipo di lotta di strada, porta 
        lo Stato ad operare risposte repressive contro la gioventù organizzata.Ciò 
        che lo preoccupa enormemente è che la gioventù basca prenda 
        coscienza dei problemi che li affliggono e che lottino per il loro superamento.
 Vogliamo ricordare i continui soprusi repressivi che tutti i giovani baschi 
        stanno subendo. Viene continuamente criminalizzato chiunque abbia la fame 
        di contestatario, ma anche chi si trovi a passare nel posto sbagliato 
        al momento sbagliato.
 Sono già decine i casi di giovani che, senza avere niente a che 
        fare con la lotta basca, sono detenuti in alcuni casi giudicati ed in 
        altri incarcerati, senza prove, con l'unica colpa di essere giovani e 
        la sola testimonianza della polizia. Ciò avviene in un ambiente 
        nel quale i politici ed i mezzi di comunicazione giudicano senza avere 
        prove e prima che si esprimani i giudici quali viene data, in questo modo, 
        una piattaforma perfetta per incarcerare qualsiasi ragazzo.
 I giovani baschi, oggi, non hanno presunzione di innocenza.
 LA LEGA NORD ED IL PROPRIO PROGETTO DI "PADANIA"
 
 Quando 
        esigiamo il diritto, che appartiene a tutto il Popolo, di poter decidere 
        senza ingerenze per il proprio presente e futuro, per la costruzione del 
        proprio destino e delle proprie relazioni interne ed esterne, ci riferiamo 
        a processi in cui la partecipazione della società ed il rispetto 
        delle decisioni popolari sono condizioni imprescindibili ed insostituibili. 
        L'essenza di un popolo deriva soprattutto dalle caratteristiche mille 
        volte menzionate: l'identità di se stessi, la volontà di 
        essere un "popolo", la coscienza e la dinamica della propria 
        costruzione nazionale. Il valore di un progetto storico di costruzione 
        nazionale esiste quando, in questo obbiettivo, la maggioranza della società 
        possa vedervi riflessi i propri interessi come singole persone e come 
        popolo.
 Non è certo utile l'ambiguità nè l'astrazione; non 
        serve a niente dire "tutti i popoli hanno il diritto inalienabile 
        all'indipendenza" e nel nome di frasi come queste presentare, come 
        fatto consumato, un progetto per il quale non si è saputo ( o voluto) 
        creare un' identificazione sociale che lo legittimasse, soprattutto se 
        chi presenta tale progetto non ha intenzione di sviluppare una struttura 
        sociale diversa da quella che attualmente esiste.
 Quel che è certo è che le contraddizioni esistenti si stanno 
        acuendo e stanno divenendo "aggressive"; fra esse vi è 
        anche quella secessionista che cavalca aspirazioni nazionali e popolari. 
        Tali desideri sociali vengono strumentalizzati da un separatismo statalista 
        i cui progetti corrispondono sospettosamente con quelli dei governi centrali.
 La mappa dell'Europa è ancora molto lontana dall'essere una realtà 
        stabile ed armonica, l' esistenza e l'evoluzione delle coscienze dei popoli, 
        che mancano di mezzi propri, mettono in contraddizione l'attuale modello 
        di costruzione europea, e ne consegue un accrescersi delle tensioni interne.
 Questo è un problema reale. L'Unione Europea è un modello 
        concepito da Stati che si auto-considerano, eccetto quando la realtà 
        immediata non lo smentisca, inamovibili ed immutabili. Tutto ciò 
        è in stretto accordo con gli interessi capitalistici. In tal senso 
        il progetto dell'Europa della regioni, proposto dalla Lega, è parallelo 
        a quello dell' unione degli Stati, poichè entrambe si contrappongono 
        all'Europa dei popoli.
 In un'ambiguità calcolata si muove la Lega Nord, appoggiando l'attuale 
        modello di Unione Europea apportandovi delle innovazioni di facciata. 
        L'Europa della regioni, da essa proposta, non è incompatibile, 
        nè migliore di quella degli Stati.
 Essendo tale progetto puramente al servizio del capitalismo, lo sono anche 
        le proprie premesse e le proprie conseguenze: l'autoritarismo degli stati 
        polizieschi che minano le libertà democratiche, la crescente xenofobia 
        ed il "protezionismo" verso i paesi poveri, l'appartenenza dei 
        propri membri alla NATO ed all'ONU, la svendita delle conquiste sociali 
        in nome della modernità e della convergenza economica ne sono la 
        prova.
 La politica neoliberista che la Lega Nord propone, come quella attualmente 
        in voga nel così detto "mondo occidentale", non ci permette 
        di sperare che la "Padania" abbandoni l'apparato politico militare 
        e ricacci la politica di sicurezza europea (manovra che ha la finalita 
        di annichilire le figure politiche dello scontro contro il sistema attuale 
        etichettandole come terroriste), rinunci all' attuale politica estera 
        che trasformerà la "Padania" nella nuova frontiera sud-europea 
        (che servirà a proteggere gli stati più ricchi dalle eventuali 
        rivendicazioni delle zone povere che abbondano nella parte d'Italia dalla 
        quale i leghisti intendono separarsi), propugni la difesa dello stato 
        di diritto e del benessere comune.
 L'indipendenza della Padania ed il proprio desiderio di inserirsi nell'attuale 
        Unione Europea obbedisce alle stesse ragioni sulle quali l'UE nasce: ragioni 
        economiche di appropriazione della ricchezza, non con finalità 
        giuste, bensì per accordo con le premesse economico-sociali del 
        Neoliberismo. La traduzione pratica di tutto ciò è garantire 
        e permettere un maggiore margine di beneficio ad una classe dominante 
        poderosa e ricca (quella nord-italiana) che vede minacciate le proprie 
        possibilità di accordo dalla sperequazione esistente nello stato 
        italiano e dalle distanze abissali presenti fra le regioni del nord ricco 
        e quelle del sud povero.
 È in questa prospettiva che si deve intendere questo progetto economico-secessionista. 
        I poderosi capitali industriali e finanziari forzano dinamiche e pressioni 
        per favorire i propri interessi, vista l'incapacità che il centralismo 
        ha dimostrato nella gestione di tale linea.
 La separazione non è, per il grande capitale nord italiano, un 
        obbiettivo, ma uno strumento di pressione.
 L'evoluzione del consenso sarà un mezzo per soddisfare le proprie 
        aspirazioni; la grande borghesia sarà a posteriori l'unico beneficiario 
        di questa situazione. Per questo è giusto far prudenza nel momento 
        in cui si allude all'attuale appoggio socio-elettorale, derivato da svariate 
        ragioni sociologiche, poichè esso non significa un'approvazione 
        dei progetti leghisti, ma dà soltanto un buon esempio di ciò 
        che demagogia e populismo riescono a fare.
 Un progetto dal punto di vista dello svolgimento delle condizioni popolari, 
        per raggiungere un modello nazionale globalmente definito non esiste nella 
        proposta della Lega Nord. Mancano le necessarie basi che definiscono una 
        comunanza di identità e la coerenza sociale sufficientemente omogenea 
        per quello che riguarda gli obbiettivi essenziali dell'auto affermazione 
        nazionale, sociale, culturale, territoriale, linguistica, ecc. ecc.
 La stessa modificazione dello spazio territoriale che la Lega Nord ha 
        operato dimostrano l'assenza di caratterizzazioni naturali. Le risorse 
        culturali e linguistiche esistenti (presenza del francese, tedesco,dialetti 
        gallici e naturalmente dell'italiano), la presenza di rivendicazioni diverse 
        in Friuli e Valle d'Aosta, evidenziano ancora una volta la debolezza dei 
        progetti sopra descritti.
 È accertato il concetto di "nazionalismo economico" applicato 
        nel caso padano, viste le caratteristiche che lo conformano, ma in nessun 
        caso chi lo pratica è autorizzato ad intenderlo come un progetto 
        di liberazione nazionale e, tanto meno, tale progetto si profila differente 
        dai nazionalismi applicati dagli stati dell'attuale Europa. Esso è 
        un modello di organizzazione ed articolazione interna del corpo economico, 
        di relazioni sociali di dominio, di aspirazioni espansionistiche (la Lega 
        Nord sta già facendo passi in questo senso), di configurazioni 
        coercitive per disputarsi aree a spese di altri popoli e soprattutto di 
        quelli più poveri e indifesi, il tutto basato sul neo liberalismo 
        come pilastro ideologico politico ed economico. È il blocco capitalista 
        che anima le aspirazioni della Lega Nord nella creazione della Repubblica 
        della Padania e non la volontà di un autogoverno né il desiderio 
        di autogestire i propri destini.
 Noi definiamo il progetto leghista come tutto il contrario del modello 
        di liberazione nazionale e sociale rivendicato dalla sinistra patriottica. 
        È per questo che non è possibile ritrovare requisiti di 
        accesso ad un futuro, che ci parli di libertà e progresso, nella 
        regione che s'intende secessionare.
 La nostra solidarietà va, come sempre, agli uomini e alle donne 
        della Padania, ai lavoratori e emarginati, giovani e oppressi ma non a 
        progetti come quelli della Lega Nord.
 L'Herri Batasuna fu invitata al Convegno del 15 settembre, e la nostra 
        decisione fu di non andarci.
 HERRI BATASUNA - NOVEMBRE 96
 LETTERA DI HERRI BATASUNA SULLE INIZIATIVE ANTI-MAASTRICHT DI GIUGNO 1996
 
 Innanzi 
        tutto vogliamo ringraziare il Centro Popolare Autogestito Fi-Sud per averci 
        invitato a partecipare alle attività organizzate per opporsi al 
        grande show della calunnia intergovernamentale: il meeting di giugno dell'Unione 
        Europea. Riguardo a ciò vogliamo utilizzare queste righe per lanciare due 
        messaggi molto chiari.
 1) evitando di lasciarci ingannare dal sistema, dai suoi mezzi di comunicazione 
        e dai suoi intellettuali dobbiamo smascherare i veri obbiettivi della 
        "costruzione europea".
 La pratica quotidiana ci dimostra che questa è l'Europa della divisione 
        in ricchi e poveri fatta su misura dalle multinazionali, dai grandi gruppi 
        finanziari, industriali. È l'Europa della grande scala e della 
        disuguaglianza, dei 50 milioni di poveri e dei 20 milioni di disoccupati 
        (in special modo donne e giovani).
 È l'Europa della privatizzazione e del lavoro precario in cui le 
        decisioni si allontanano sempre più dal volere del popolo, in cui 
        si chiudono le frontiere e si promuove razzismo e xenofobia, in cui si 
        prosegue a sfruttare il terzo mondo e ad appoggiare regimi fascisti come 
        quelli marocchino e turco.
 Non dimentichiamoci che nell'Unione Europea si continua ad incarcerare 
        chi diserta il servizio militare e ad utilizzare la tortura come pratica 
        quotidiana nelle carceri e nei commissariati, come dimostrano le indagini 
        di Amnesty International.
 È in questo quadro che si continua a negare ai popoli il diritto 
        di autodeterminazione.
 2) Il nostro compito è ricercare il cambiamento attraverso la lotta, 
        il lavoro ed il compromesso quotidiano, poichè le capacità 
        ed i mezzi del sistema dimostrano che è da illusi tentare di modificare 
        questa realtà "dal suo interno", i gruppi che propongono 
        questa via o stanno cercando una scusa per integrarsi nel sistema o non 
        si sono resi conto dei rischi di "assimilazione" alle stesso.
 Per questo non valgono a niente le riforme ed i cambiamenti intermedi 
        al trattato di Maastricht, dobbiamo costruire un punto di riferimento 
        fuori dal trattato che ricerchi una società alternativa, progressista 
        e solidale. Per questo dobbiamo lottare, a livello ideologico ed organizzativo, 
        sviluppando solide alternative e medio e lungo termine organizzando punti 
        di incontro come quello che abbiamo celebrato a Firenze.
 Avanzare verso un futuro più degno per l'umanità è, 
        da Herri Batasuna, la nostra scommessa ed il nostro compromesso di lotta.
 NOTE
 1. Ernesto Galindo, capo dell'antiterrorismo ad Irun, ed altri membri 
        illustri della Guardia Civil sono stati riconosciuti responsabili del 
        traffico di droga nelle proprie giurisdizioni. Le indagini non hanno portato 
        a nessun tipo di condanna.
  
        2. La tortura ha assunto un ruolo di sistematicità che porta anche 
        alla morte: nel giro di un mese tre cittadini baschi sono morti in tre 
        commissariati di diversi corpi polizieschi a causa dei trattamenti ricevuti.
 3. Viene definita guerra sporca la creazione da parte del governo spagnolo, 
        ed in particolare da alti membri del P.S.O.E., di gruppi terroristici 
        paramilitari denominati G.A.L. Questi gruppi, ufficialmente illegali, 
        ma di fatto finanziati dallo Stato, hanno mietuto decine di vittime nel 
        movimento basco
 4. Lo statuto di autonomia è un accordo di facciata firmato fra 
        i partiti della destra basca (P.N.V. ecc)e lo stato spagnolo che in realtà 
        non concede nessun potere autonomo ai Paesi Baschi.
 5. Alternativa K.A.S. era il piano che definiva le direttrici su cui tutte 
        le forze, legali ed illegali, del movimento di liberazione nazionale si 
        muovevano.
 6. C.I.U., P.N.V. e Coalizione Canaria sono, rispettivamente, i partiti 
        di centro destra catalano, basco e canarico.
 
 7. 
        Aznar è il presidente del partito popolare. T 
 8. 
        Ertzaintza è la polizia autonoma basca 
 9. 
        E.L.A. e L.A.B sono i due sindacati operai maggioritari della sinistra 
        nei Paesi Baschi. 
 10. 
        Itoiz : progetto di costruzione di una discarica la cui costruzione è 
        stata soggetta ad un azione di sabotaggio da parte di ecologisti baschi 
        che ha bloccato i lavori per un anno.   |  |