Indipendenza e Socialismo
EUSKAL HERRIA
PASSO DOPO PASSO
Servizio informativo di ASKAPENA
Nº 99


Campagna elettorale in un contesto di illegalizzazione

Il 14 marzo si sono svolte in tutto lo Stato le elezioni generali. Per la sinistra indipendentista basca queste elezioni sono sempre state una sfida che comportava serie contraddizioni: significava rafforzare la struttura politica di uno Stato che non riconosce i nostri diritti.

Di fronte a questa contraddizione di fondo, la sinistra indipendentista, in questi ultimi 30 anni ha assunto posizioni molto differenti nelle tornate elettorali precedenti: a volte si è presentata ed è andata al Congresso, altre, dopo essersi presentata, non ha partecipato ai lavori del Congresso, altre volte ha deciso di partecipare solo a sedute molto speciali... Nelle elezioni di quattro anni fa aveva optato per l’astensione, ma la congiuntura attuale era completamente diversa. In base alla Legge sui Partiti, questo settore della società basca è stato messo fuori legge e privato dei suoi diritti civili, fra gli altri, quello di potere partecipare alla contesa elettorale. Di conseguenza, il regime pluripartitico spagnolo è evoluto in una dittatura di bassa intensità.

In questo contesto di illegalizzazione, deludente è risultato l’atteggiamento adottato dalle altre formazioni politiche basche: hanno partecipato alla competizione elettorale in tutta normalità, senza assumere alcuna posizione di condanna rispetto alla messa fuori legge di una delle forze politiche; non hanno voluto capire che un degrado del sistema colpisce tutti coloro che ad esso partecipano.

Per quanto riguarda la sinistra indipendentista, ha deciso di partecipare nonostante la messa fuori legge; ha proposto all’elettorato di deporre nelle urne una scheda che rivendicasse il diritto alla libera determinazione dei popoli. Il suo obiettivo è stato duplice:

da una parte, socializzare ed ampliare la rivendicazione di questo diritto.
dall’altra, realizzare un esercizio collettivo di disobbedienza civile, rendendo evidente la sua esistenza anche nelle urne, nonostante si tratti di una forza ufficialmente inesistente.

Ritorno alla clandestinità

Coloro che rivendicano l’autodeterminazione hanno dovuto realizzare la campagna elettorale in condizione di clandestinità e, come nei peggiori tempi del franchismo, sviluppare la loro attività politica in un contesto di persecuzione poliziesca e legale asfissiante.

Il 29 febbraio, a Donostia, la Ertzaintza (Polizia Autonoma Basca, N.d.T.) ha proibito un atto elementare come l’affissione di manifesti, rituale con il quale le altre formazioni hanno inaugurato la loro campagna.
Ci sono state iniziative politiche, come quella di Lekeitio, disperse violentemente dalla stessa polizia basca; questo e molti altri paesi sono stati occupati dalle varie polizie, con ampi spiegamenti di forze, per evitare che le manifestazioni in favore dell’autodeterminazione potessero realizzarsi. La Polizia Nazionale a Burlada, la Guardia Civil a Gares, la Ertzaintza a Vitoria... tutte le polizie hanno agito per fare rispettare la stessa legalità e con durezza simile.
Iniziative come quella di La Casilla o la manifestazione di Donostia, erano autorizzate solo a condizione che non si facessero allusioni esplicite all’espressione di un determinato voto, che non fosse fra quelli che la Legge accettava.
In numerosi centri abitati, per esempio a Burlada, alla Txantrea, ad Alsasua... è stato necessario fare ricorso ai vecchi metodi imparati sotto il franchismo. Le manifestazioni sono state indette mediante il passaparola e la gente ha dovuto riunirsi in luoghi alternativi, clandestinamente ed intensificando le misure di sicurezza. I locali nei quali erano annunciate iniziative erano preventivamente presidiati dalle forze di polizia.

In altri centri abitati, come Bermeo (la Ertzaintza) o Aribe (la Guardia Civil), gli agenti hanno impedito l’utilizzo di locali del Comune, nonostante i rispettivi Municipi avessero autorizzato le riunioni. In perfetto stile da regime poliziesco, le decisioni dei comandanti delle operazioni hanno prevalso sugli accordi o permessi delle Istituzioni civili.
Tutte le polizie hanno represso persone sorprese ad affiggere manifesti o distribuire schede elettorali; in numerose occasioni hanno confiscato materiali e beni della forza perseguita. La Polizia Nazionale ha sequestrato bacheche, tavolini, sedie e manifesti ai sindacalisti che intendevano dare una conferenza stampa a Iruñea. La Guardia Civil ha gettato nella spazzatura, in modo plateale, tutte le schede elettorali sequestrate a Zornotza. A Donostia e Bilbao è stata la Ertzaintza a sequestrare veicoli dai quali si diffondevano messaggi con un impianto di amplificazione.

Le persone che distribuivano propaganda, lo facevano intensificando le misure di sicurezza, dato che correvano un grave rischio; nonostante le cautele, molte di esse sono state identificate e, successivamente, denunciate. A Burlada, diverse persone che diffondevano propaganda, sono state arrestate dalla Polizia Municipale e consegnate alla Polizia Nazionale.
Ovviamente, ai seggi non erano in distribuzione le schede di cui abbiamo detto in precedenza, pertanto è stato necessario realizzare preventivamente tutto il lavoro di distribuzione, con grande cautela; siccome in molti luoghi non erano disponibili locali, i militanti stessi si sono portati il materiale a casa, per prepararlo ed altre persone hanno fatto arrivare le schede in migliaia di cassette postali, correndo gravi rischi per fare campagna in favore dell’autodeterminazione.

Il peggio doveva ancora arrivare

In questo contesto di persecuzione, si verificano i tragici fatti di Madrid. Coloro che avevano promosso la criminalizzazione della sinistra indipendentista, hanno approfittato della convulsione sociale prodotta dall’attentato per incitare al linciaggio di questo settore sociale. Prima ancora che lo stesso Governo prendesse posizione, è stato il Lehendakari (Presidente del Governo, N.d.T.) basco, Ibarretxe, a scrivere una delle sue pagine più nere. In un discorso viscerale, carico di rabbia e fanatismo, si è scagliato contro ETA e, indirettamente, contro la sinistra indipendentista. Il suo errore è stato talmente grave che, opportunamente consigliato, è tornato a rivolgersi al pubblico il giorno seguente, per giustificarsi: "ho agito in buona fede e tenendo conto dei dati che forniva il Ministero degli Interni spagnolo". Anche le altre formazioni basche hanno ripetuto lo stesso discorso, dimostrandosi penosamente supine rispetto al PP e, naturalmente, il Governo spagnolo ha ripetuto fino alla nausea e senza alcun dubbio che la paternità dell’attentato era di ETA.

Tutti questi interventi hanno destato una feroce visceralità, costata due nuove vittime.

Il 13 marzo, un agente della Polizia Nazionale ha ucciso, ad Iruñea, un negoziante che si rifiutava di affiggere nel suo esercizio un manifesto contro ETA, come gli aveva chiesto la moglie del poliziotto. Davanti al rifiuto, l’agente ha sparato a bruciapelo contro il piccolo commerciante ed il figlio dello stesso poliziotto lo ha accoltellato.
Nella manifestazione di protesta per questa morte, svoltasi a Hernani il 14, la Ertzaintza ha caricato i manifestanti; una signora anziana che partecipava alla mobilitazione non ha retto alla tensione ed è morta, vittima di un infarto.

Questo è stato il clima di persecuzione nel quale si sono svolte le scorse elezioni. Nel prossimo bollettino forniremo una valutazione di risultati.