Indipendenza e Socialismo

EUSKAL HERRIA

PASSO DOPO PASSO

Servizio informativo di ASKAPENA

Nº 89


La società basca dimostra una grande sensibilità rispetto ai prigionieri politici baschi. Non potrebbe essere diversamente, dati la dimensione del fenomeno ed il significato politico ed umano dello stesso. È appena stato pubblicato un libro significativo: "Una mappa (incompiuta) della sofferenza". Secondo questo studio, in Euskal Herria, dal 1968 ad oggi, si sono registrati 30.000 arrestati per motivi politici.

Durante questi anni, tutta macchina propagandistica del sistema ha tentato di degradarli, spogliandoli della dimensione politica. Questo tentativo di distorsione è fallito; tutti sanno che i 700 prigionieri attualmente detenuti, come anche le migliaia di rifugiati all’estero e deportati, sono la cruda espressione di un conflitto politico non risolto.

Inasprimento delle misure

Lo Stato spagnolo ha fallito nella sua pretesa di farla finita con ETA in cinque anni. La sua rappresaglia si è proiettata sulle carceri. Giorno dopo giorno si inaspriscono le misure contro i prigionieri politici baschi, trasformati in ostaggi:

Si proibiscono le visite degli ex compagni di prigionia, ora in libertà e di molte altre persone attualmente sotto accusa (ora, qualsiasi persona organizzata appartiene a ETA).
Da marzo, la lista di amici che possono richiedere visite, è stata ridotta a 10 persone. Anche il concetto di "famigliare" è stato ristretto.
Dal mese di maggio, si sopprime la figura del Giudice di Vigilanza penitenziaria e questa funzione resta centralizzata in un solo Tribunale di Vigilanza penitenziaria, interno alla Audiencia Nacional (Tribunale speciale per i reati di terrorismo).
Intensificazione delle punizioni: si ricorre frequentemente alla sanzione della cella d’isolamento totale nei fine settimana, il che rende impossibile la realizzazione delle visite dei famigliari programmate.
Obbligo di scontare integralmente le pene.
Si nega la scarcerazione ai prigionieri ammalati.
Il numero di prigionieri è il più alto da sempre.

Il diritto dei prigionieri a poter seguire corsi di studio

Una delle misure più rigorose adottate dall’Esecutivo spagnolo è impedire che i prigionieri baschi continuino ad essere iscritti all’Università del Paese Basco. Questa misura obbliga molti ad abbandonare gli studi che stavano seguendo, a perdere il corso già iniziato, a non poter studiare in euskera.

Questo tema ha dato luogo a prese di posizione contrapposte:

4 ottobre, la Camera del Parlamento Autonomo Basco approva una risoluzione nella quale esige che tutti i prigionieri possano studiare dove vogliono.
14 novembre, la Professoressa Universitaria Goztone Mora, nota militante socialista e della piattaforma Basta Ya, manifesta la sua soddisfazione per il fatto che i prigionieri non possono studiare.
20 novembre, l’associazione di famigliari dei prigionieri politici baschi, Etxerat, chiede appoggio per rivendicare il diritto dei prigionieri a studiare dove vogliono.
25 novembre, Sozialista Abertzaleak reclama alla Consigliera alla Cultura del Governo Basco maggiore impegno, affinché i prigionieri possano studiare.

La dispersione continua ad uccidere

Il 25 ottobre, due amici di Aurken Sola subiscono un grave incidente mentre tornano da una visita in carcere.
Il 1° novembre, due amici di Javier Lazkano subiscono un altro incidente durante il viaggio verso Ciudad Real. Le conseguenze dell’incidente sono gravi.

Il 29 novembre, un altro tragico incidente provoca la morte di Sara Fernández e lesioni molto gravi a Izaskun Urkijo, mentre erano in viaggio per fare visita ai loro rispettivi compagni, incarcerati a centinaia di chilometri dalle loro località di origine. Sia l’accoglienza della salma di Sara, sia le cerimonie di omaggio che le sono state tributate, sono state represse, a Iruñea, dalla Polizia nazionale.
Il 20 dicembre, cinque famigliari, durante un viaggio di mille chilometri per realizzare una visita, subiscono un altro grave incidente.
Il 28 dicembre si verifica una altro grave incidente a famigliari che viaggiavano verso la prigione di Ocaña, a 530 chilometri dal Paese Basco.

Pentimento o morte

Il Giudice centrale di Vigilanza Penitenziaria della Audiencia Nacional, Javier Gómez Bermúdez, ha respinto la promozione al terzo grado di detenzione di quasi un centinaio di prigionieri politici baschi che l’avevano richiesta, dato che "nessuno di loro soddisfa i requisiti previsti dalla legge: il pentimento ed il risarcimento dei danni causati, oltre alla richiesta di perdono alle vittime".

Invito alla riflessione

Il 31 ottobre, il Movimento pro Amnistia ha avviato un processo di riflessione collettiva sulla situazione dei prigionieri baschi: carattere politico della questione, i recenti cambiamenti legislativi volti ad indurire il regime penitenziario... Si ritiene che la riflessione sia urgente e che sia necessario gettare le basi per promuovere una partecipazione più attiva e per un movimento più solido. Si è ricordato che, il 31 ottobre 2001, quattordici persone legate al mondo della rivendicazione dell’amnistia sono state incarcerate per ordine del giudice Garzón: "Era evidente che si volevano criminalizzare gli organismi solidali con i prigionieri politici e diffondere la paura per frenarli e paralizzarli".

Il 21 dicembre, un’Assemblea Nazionale considera chiuso questo processo di riflessione, che si riassume in una breve Dichiarazione che indica "Francia Spagna come responsabili della negazione del diritto a decidere, negazione che ha come conseguenza l’esistenza di prigionieri politici". Prigionieri che sono intervenuti e che reclamano il diritto a continuare ad intervenire a favore di Euskal Herria dal carcere, costituiti in Collettivo e con una modalità di lotta specifica. Riconosce che "qualsiasi uscita dal conflitto in chiave di giustizia e democratica deve dare risposta alla situazione di tutte le vittime della repressione basche, giungendo ad un’amnistia totale".

Si susseguono le iniziative in difesa dei diritti dei prigionieri politici

Ai primi di dicembre, una rappresentanza di ex prigionieri viaggia per l’Europa e intrattiene numerosi contatti con rappresentanti politici ed istituzionali, fornisce informazioni di prima mano sul dibattito che il Collettivo dei prigionieri ha sviluppato negli ultimi anni, sulla loro situazione e su quella di Euskal Herria.

Il 20 dicembre, alcuni solidali con i prigionieri scalano il muro di cinta della prigione di Poissy, nella periferia di Parigi. Suonano musica basca per un’ora e mezza, fino a quando non sono tirati giù dal muro ed arrestati.
Durante le festività natalizie, le iniziative a favore dei prigionieri sono state innumerevoli: scioperi della fame, reclusioni volontarie, esibizioni di cartelli, manifestazioni, marce, carovane di automobili, dibattiti… che si sono ripetuti a capodanno.
Il 3 gennaio, 18.000 persone manifestano, a Bilbao, reclamando il rimpatrio dei prigionieri politici baschi.
Il 4 gennaio, 150 persone legate al movimento dei famigliari di prigionieri, Etxerat, iniziano un tour di una settimana per l’Europa, per far conoscere le condizioni nelle quali stanno vivendo i loro famigliari.