Indipendenza e Socialismo
EUSKAL HERRIA
PASSO DOPO PASSO
Servizio informativo di ASKAPENA
Nº 108

Disobbedienza civile ad una giustizia poliziesca
La Giustizia è uno dei poteri dello Stato e risponde ai sui interessi. Quando uno Stato si impegna a negare ad un popolo i suoi diritti, ricorre anche all'apparato giudiziario per difendere i suoi interessi. Gli Stati spagnolo e francese hanno fatto della giustizia uno dei loro strumenti più efficaci per reprimere la dissidenza basca. A questa, rimangono due opzioni: piegarsi e sottomettersi o resistere; uno dei metodi più universali di resistenza, è il ricorso alla disobbedienza civile di fronte alle ingiuste decisioni dei giudici-poliziotti. Il processo che stiamo vivendo è pieno di mobilitazioni popolari per fare valere i diritti di fronte ad una giustizia coartata dal potere; in questo bollettino riportiamo alcune delle esperienze più recenti.
La giornata elettorale del 13 giugno
Nel bollettino precedente abbiamo dato conto della campagna elettorale sviluppata dalla lista messa fuori legge; tutta la campagna è stata un' esperienza collettiva di disobbedienza civile ad una decisione giudiziaria ingiusta: la mesa fuori legge di un'opzione politica. Nella giornata elettorale, gli atti di protesta civile si sono moltiplicati: Persone con cartelli che denunciano la messa fuori legge accompagnano determinati politici, che hanno avuto responsabilità nella stessa. Molti elettori hanno indossato magliette uguali che facevano riferimento a HZ (Herritarren Zerrenda, la lista della Sinistra indipendentista messa
fuori legge, N.d.T.); molti di loro, obbligati dalla polizia, hanno votato a torso nudo. Molte persone hanno votato utilizzando, per la loro identificazione, il Documento di Identità Basco (non riconosciuto legalmente). In molti seggi elettorali, anche al di fuori di Euskal Herria, gli elettori solidali hanno inserito nelle urne, insieme alle schede legali, schede con le quali votavano HZ.


Lottando contro il mandato d'arresto europeo
Il giudice Garzón si mostra infaticabile; ha perseguito senza sosta militanti politici baschi in territorio spagnolo, ma questo ambito gli è divenuto stretto. Tenta di trasferire in tutta Europa la sua teoria, secondo la quale tutta la militanza politica in favore dell'indipendenza è ETA. In base al mandato d'arresto europeo, qualsiasi Stato europeo si impegna a consegnare suoi cittadini ad un altro Stato dell'Unione la cui magistratura ne faccia richiesta. Approfittando dell'entrata in vigore del mandato d'arresto europeo, la Audiencia Nacional (Tribunale speciale, N.d.T.) spagnola ha chiesto allo Stato francese la consegna alla giustizia spagnola di tre militanti baschi, attualmente di nazionalità francese e membri dell'organizzazione giovanile Segi; il reato del quale sono accusati è di appartenere ad un'organizzazione che la Spagna ha messo fuori legge e che la Francia continua a considerare legale. Se Garzón raggiunge il suo obiettivo, tutta l'Europa sarà scenario dei suoi spropositi. La polizia francese, il 12 maggio, ha arrestato i tre giovani che, però, sono stati rimessi in libertà lo stesso giorno, immediatamente si sono avviati i contatti con ampi settori sociali e le mobilitazioni popolari contro il mandato d'arresto europeo. Il 29 maggio si è svolta, a Baiona, una manifestazione molto partecipata, che ha avuto l'appoggio di numerosi organismi: 14 movimenti politici, 8 sindacati, 37 movimenti sociali, 19 movimenti giovanili, 28 gruppi musicali, 12 sindaci, 80 consiglieri comunali e numerose personalità hanno aderito alla manifestazione.
Il 1° giugno, data nella quale doveva pronunciarsi la Corte di Giustizia di Pau, si sono realizzati numerosi concentramenti.
Il 7 giugno, si svolge un'assemblea aperta a Sampere, con la partecipazione di tutti gli organismi che hanno partecipato alle manifestazioni contro il mandato d'arresto europeo.
Il 24 giugno, si realizzano numerosi concentramenti, poiché l'8 luglio la Corte di Cassazione di Parigi deve decidere in merito al ricorso presentato dall'Avvocatura dello Stato francese.
Il 25 maggio, alla Corte d'Appello di Pau, si è celebrata la prima udienza di questo caso; il Pubblico Ministero si è dichiarato favorevole all' accoglimento della richiesta spagnola, tuttavia, sette giorni dopo, il 1° giugno, la Corte di Pau si pronuncia e respinge la richiesta di consegna dei tre giovani. Per l'organizzazione giovanile Segi "La sentenza è il riflesso della risposta dei cittadini all'ingiustizia che comporta il mandato d'arresto europeo. L'ampio appoggio ottenuto dalla manifestazione del 29, a Baiona, ha frenato, per il momento, la consegna. Dato che lo Stato francese ha assunto una decisione politica favorevole all'estradizione, ci troverà ad affrontarlo". L'organismo in favore dei diritti dei prigionieri, Askatasuna, lancia un appello a non abbassare la guardia, perché lo Stato spagnolo ha subito un forte colpo e reagirà; per Amaia Rekarte, una delle giovani sotto
processo "Bisogna continuare a lottare. La campagna di interpellanze, come le mobilitazioni, ha dato i suoi frutti. Vale la pena lottare" Effettivamente, la Spagna non abbandona il suo impegno e sollecita la Procura francese a presentare ricorso contro la decisione del Tribunale di Pau. Per fare fronte a questa minaccia, che può riguardare molte altre persone, il 16 giugno si costituisce un nuovo collettivo; questo nuovo organismo, nasce con una duplice finalità: impedire che si attui l'ordine di estradizione che pende sui tre giovani di Lapurdi (provincia basca sotto amministrazione francese, N.d.T.) e, in secondo luogo, evitare a breve e medio termine che lo stesso accada ad altre persone. L'irresistibile solidariietà del popolo argentino
Josu Lariz è un rifugiato politico basco che risiedeva in Uruguay; il 30 luglio 2002, è stato arrestato in base ad una richiesta di estradizione presentata dallo Stato spagnolo. Il 22 novembre dello stesso anno, l'Uruguay ha respinto la richiesta ma, cedendo alle pressioni spagnole, lo stesso giorno, ha espulso Josu Lariz verso l'Argentina, dove è stato arrestato ed incarcerato.
In questi anni, la solidarietà del popolo argentino verso il prigioniero basco è stata esemplare ed è andata crescendo; l'8 e 9 giugno, si è svolta l 'udienza contro Josu Lariz: il Pubblico Ministero ha considerato prescritte le imputazioni dello Stato spagnolo e, contemporaneamente, ha espresso indignazione e preoccupazione per il modo nel quale Lariz era giunto in Argentina. Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace nel 1980, ha deposto, come testimone, al processo e ha chiesto che l'Argentina concedesse asilo politico a Lariz "dato che il conflitto fra lo Stato spagnolo ed i baschi è politico".
Mentre nei tribunali avveniva questo, fuori si mobilitavano duemila persone, fra le quali deputati, rappresentanti politici e semplici cittadini con una grande sensibilità internazionalista. Il 17 giugno, il Giudice argentino Claudio Bonadío considera contraria al Diritto la consegna di Lariz; 500 persone si riuniscono davanti al Tribunale per esprimere solidarietà a Josu e applausi sono scoppiati quando si è conosciuto il verdetto contrario all'estradizione. La solidarietà internazionalista aveva appena vinto una nuova battaglia.


Manu Azkarate, libero
Il 17 giugno, Manu Azkarate era rimesso in libertà. Da molto tempo avrebbe dovuto essere scarcerato se si fosse tenuto conto della grave malattia dalla quale è afflitto; con moltissimo ritardo, il Giudice di Sorveglianza gli ha concesso la libertà a condizione che gli si applicasse un bracciale elettronico per tenerlo sempre sotto controllo. Manu ha rifiutato questa condizione e le mobilitazioni popolari che reclamavano la sua scarcerazione sono aumentate; il 17 giugno, inaspettatamente, il Giudice ha cambiato parere e gli ha concesso la libertà. La valutazione di Manu è risoluta: "La pressione sociale è lo strumento che li spinge a muoversi. Nel mio caso, la pressione sociale ha dato i suoi frutti e, se sono libero, è in gran parte merito suo".