PIANO PER CREARE ANSIETA’ PERMANENTE

 

La presenza dei brigatisti (Internazionalisti baschi, N.d.T.) a Baghdad offre la possibilità di conoscere a fondo tutti quei dettagli che l’asse della guerra cerca di occultare all’opinione pubblica. In questa cronaca raccontano diverse esperienze che li portano ad affermare che Washington vuole creare uno stato di ansietà permanente fra gli irakeni.

 

Carlos Varea (membro del Comitato di Solidarietà con la Causa Araba)

 

 

Gli USA intensificano la strategia pianificata di provocare il terrore nella popolazione civile dell’Iraq. Tredici civili morti e decine di feriti sono le ultime vittime conosciute a Baghdad degli attacchi «precisi e chirurgici» lanciati nella mattinata di ieri, in pieno giorno, fra le 11,00 e le 11,30 ora locale, nel quartiere popolare di Sa’ab, alla periferia nord di Baghdad, dove si sono portati i brigatisti appena ricevuta la notizia  dell’attacco. Questo quartiere era già stato bombardato due giorni fa dall’aviazione statunitense, che ha provocato feriti.

 

Martedì notte, i brigatisti hanno potuto ascoltare dal loro rifugio la forte esplosione di tre missili in prossimità del quartiere dove abitano. La mattina di mercoledì hanno saputo che l’attacco statunitense era diretto contro l’edificio che ospita la televisione irakena, situato sulla riva destra del fiume Tigri, in una zona completamente urbanizzata e abitata dalla popolazione civile; le trasmissioni sono rimaste interrotte, anche se sono riprese durante la mattinata.

 

I brigatisti hanno comprovato sul posto che l’impatto dei tre missili statunitensi hanno causato, oltre che gravi danni all’edificio della televisione, la completa distruzione di un altro edificio, situato sull’altra sponda del fiume, vicino al ponte Al  Ahdar, dove si trovavano gli uffici amministrativi della Compagni Elettrica Nazionale.

 

I brigatisti sono tornati a ribadire, nella loro cronaca, che il sorvolo di aerei da combattimento e cacciabombardieri statunitensi è continuo, sopra Baghdad, in quella che costituisce una tattica per creare allarme ed ansietà permanente nella sua popolazione civile, per terrorizzarla.

 

Allo stesso modo, gli attacchi con bombe e missili si verificano in modo intermittente a qualsiasi ora del giorno e della notte.

 

Oggi, mercoledì, come tutti i giorni e dalle prime ore del mattino, si è continuato ad ascoltare deflagrazioni in diversi punti della città. I bombardamenti si succedono, non solo nella notte, ma sorprendono gli abitanti in qualsiasi momento, alla luce del giorno ed in qualsiasi luogo. La mattina del mercoledì, mentre la Brigata visitava il quartiere di Bab Ma’adam ed i suoi componenti conversavano con gli abitanti, al mercato, mentre facevano le loro compere, si è tornati a sentire il rumore di esplosioni molto vicine, che hanno provocato allarme immediato fra le persone che passavano vicino al mercato e rotto nuovamente il già alterato ritmo della vita quotidiana che, nonostante l’invasione militare e le bome, devono continuare a seguire tutti gli abitanti dell’Iraq.

 

Come il lunedì e martedì, fra le rovine di una casa di Addamiyya, distrutta da un missile, si diffondeva alle intemperie la testimonianza intima e privata di coloro che la abitavano, fra oggetti e suppellettili domestici, fotografie famigliari, un Corano, libri e quaderni di scuola: vita distrutta colpi di missile. Fra la gente che contemplava, indignata e triste, il disastro prodotto dal missile, il dottor Husan, abitante del quartiere, professore universitario d’arte, pittore e che parla castigliano, ci trasmetteva  il sentire generale della popolazione di Baghdad: «non capisco perché il presidente Aznar appoggia questa brutale aggressione contro il nostro Paese e contro il nostro popolo. Guardate: noi abitanti di questo quartiere siamo gente lavoratrice, della classe media. È vergognoso». Nessun gesto ostile verso i brigatisti, nessun rancore, nonostante in Iraq tutti sappiano che il Governo spagnolo è complice di questa aggressione e delle stragi che si verificano fra la popolazione.

 

Come nei giorni precedenti, i cittadini di Baghdad distinguono perfettamente, e ringraziano per la testimonianza di solidarietà che esprime la presenza della Brigata, a fronte del rifiuto manifesto verso il Governo di Aznar, la cui posizione non comprendono, provenendo essa proprio da un Paese che, nell’immaginario collettivo degli Arabi, rappresenta lo splendore del loro passato storico. Dimostrazioni di affetto, anche nella desolazione, di un popolo che continua, nonostante tutto, ad avere il morale intatto e l’orgoglio accresciuto dalla forza della ragione contro la barbarie delle bombe e degli aerei statunitensi.

 

Baghdad è una cupola chiusa, nel cielo, dal fumo delle bombe e del petrolio bruciato nei fossati della città e dalla polvere sollevata da una forte tempesta di sabbia. Fa freddo e c’è molto vento. Piove fango. In città, la popolazione continua con la sua vita violata, ma non interrotta. Questo popolo, già temprato da dodici anni nei quali ha quotidianamente sopportato situazioni estreme, conserva un morale molto alto ed un orgoglio intatto, nonostante gli orrori della guerra; civili, miliziani e soldati scavano trincee e cunicoli per resistere a quella che sanno che sarà una battaglia sanguinosa, quando le truppe di invasione di Stati Uniti e Gran Bretagna arrivassero in città e si giungesse allo scontro corpo a corpo. Difendere Baghdad e resistere è una consegna collettiva che nasce dalla coscienza popolare.

 

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