Ciao, da Torturaren Kontrako Taldea di Santurtzi, vi mandiamo il resoconto di quanto successo a questo cittadino di Donosti e residente attualmente in Urruña, è il poco che è stato reso pubblico per mezzo dell'organismo antirepressivo Askatasuna e pubblicato dai mezzi di comunicazione Berria e Gara. Spero che vi serva per vedere veramente quello che succede nelle caserme e commissariati della polizia spagnola ed ultimamente ogni volta di
più della polizia francese.

FINIRLA CON LA TORTURA È RESPONSABILITÀ DI TUTTI/E.

Peio Alcantarilla cercò di suicidarsi in seguito alle torture della Guardia Civil spagnola.

Peio Alcantarilla, fermato la passata domenica 3 di Ottobre dalla Guardia Civil, raccontò ieri, 7 Ottobre, davanti al giudice dell'Udienza Nazionale Fernando Andreu che cercò di suicidarsi soffocandosi col suo proprio correttore dentale per evitare che la Guardia Civil continuasse a "massacrarlo di botte."
L'abitante di San Sebastián, residente in Urruña, è rimasto isolato in mani dell'istituto armato dal momento del suo arresto fino a mezzogiorno di ieri, quando comparve davanti ad Andreu accompagnato dal suo avvocato di fiducia, col quale non ha avuto contatto in tutti quei giorni.
Quando il magistrato cominciò a leggere i diritti del cittadino basco, questo cominciò a piangere, fatto raccolto perfino da agenzie di informazione statali, e dichiarò che gli avevano praticato "autentiche bestialità."
Alcantarilla segnalò che lo avevano "massacrato di botte", come riferito da Askatasuna in un racconto particolareggiato dei fatti. In quello momento, il medico forense indicò che il detenuto fu ricoverato quel primo giorno in un ospedale a causa di "una crisi di ansietà." Questo dato fu smentito da Alcantarilla che spiegò che in realtà aveva tentato di suicidarsi.
In seguito, Alcantarilla ricominciò a piangere quando passò a narrare la sua detenzione, e davanti a questa situazione il suo avvocato sollecitò una proroga. Il giudice acconsentì, ma tornò ad isolare il detenuto. Ore più tardi, nella sua seconda comparizione, il detenuto si appellò al diritto di non rispondere.
Andreu decretò prigione incondizionata e lo inviò a Soto del Real (carcere speciale, NdT).

"Sei col nemico”

Già in cella, l'abitante di San Sebastián raccontò al suo avvocato i dettagli dei suoi cinque giorni d’isolamento. Come dichiarò, appena fermato gli collocarono le manette ed una maschera e l'introdussero in un'automobile con musica molto alta. Gli agenti cominciarono allora a spiegargli i differenti tipi di torture che esistono.
Negando qualunque relazione con ETA, una guardia disse che "tutti dicono lo stesso, ma ora sei col nemico e vedrai cosa significa" . Le minacce furono continue durante tutto il viaggio fino a Madrid.
Una volta nella cella, un agente entrò dicendo: "O canti tutto o ti schiacceremo." Alcantarilla riconobbe la sua adesione indipendentista basca ma insistette sul fatto che non aveva relazione con l'organizzazione armata. In quello momento, lo tirarono fuori della sua cella e lo portarono ad un'altra stanza. In cui prosegue il racconto di Askatasuna c'erano cinque uomini, tutti con guanti di lattice e manganelli coperti di carta di alluminio. Cominciò "una pioggia di colpi, insulti e minacce. Mi spremevano i testicoli e tiravano verso l'alto." Gli mettevano anche un sacchetto di plastica in testa e gli dicevano che quella era "paura scenica." Di ritorno alla cella dietro quella prima sessione, Peio Alcantarilla afferma che cercò di ingoiare l'apparecchio che porta nella bocca per soffocarsi ed evitare nuove torture. Il correttore gli rimase di traverso nella gola e cominciò a vomitare e sputare sangue.
Tre agenti notarono la situazione ed entrarono alla cella, gli misero le dita nella gola e gli tirarono fuori l'apparecchio, mentre gli dicevano: "non essere figlio di puttana, stai ingannandoci."
Peio Alcantarilla racconta che fu trasportato ad un centro medico. Durante quel tragitto, i guardia civil lo minacciavano: vedrai ora quello che si "aspetta." Una volta di fronte al medico e le infermiere, denunciò che lo stavano "massacrando." Tuttavia, spiegò che questi si mostrarono indifferenti.

Seconda sessione di colpi

Di ritorno alla cella, un guardia civilgli assicurò che avrebbe visto "quello che è soffrire." Subito dopo arrivarono più colpi. In un momento determinato, Alcantarilla indicò che avrebbe detto tutto quello che volevano purché la smettessero.
Il secondo giorno, il lunedì, fu un continuo interrogatorio, mentre il terzo ed il quarto risultarono "più tranquilli." Ieri, prima di uscire verso l'Udienza Nazionale, i guardia civil gli assicurarono che se non ripeteva la sua dichiarazione davanti al giudice sarebbe tornato alle loro celle.
Nella sua comparizione, chiese informazione in proposito al giudice Andreu che gli replicò "al principio, no." L'avvocato di Alcantarilla farà una denuncia per questi fatti e ha sollecitato il segretario giudiziario che ottenga il maglione che portava suo difeso nella cella, per analizzare i resti di vomito e sangue.

 

 

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