4 giovani baschi passano 2 anni imprigionati, per autoaccuse ottenute mediante torture.


Ainara Gorostiaga, la giovane di Pamplona lasciato in libertà il martedì scorso dopo esser stato due anni in prigione accusata di appartenenza a banda armata ed assassinio, denunciò a suo tempo davanti al giudice di istruzione dell'Udienza Nazionale, Guillermo Ruiz Polanco, che era stata vittima di presunte torture e maltrattamenti durante i 10 giorni che rimase isolata, in virtù della legislazione antiterrorista spagnola. Gorostiaga, dopo aver sofferto questo calvario, acconsentì a firmare una dichiarazione poliziesca nella quale si autoincolpava dell'assassinio di José Javier Mújika, consigliere comunale di Leiza per Unione del Paese Navarrese (UPN), destra, vittima il 14 Luglio del 2001 di un attentato con bomba ventosa che fu attribuito all'organizzazione armata basca ETA. La citata dichiarazione poliziesca fu l'unica prova su cui si basò la giustizia spagnola per mantenere in prigione Gorostiaga ed altri tre giovani baschi, Mikel Soto, Aurken Sola e Jorge Txokarro, tutti già in libertà dopo che due membri di ETA che furono fermati in Francia, si assumessero l'attentato. Nell'attestazione che presentò davanti al giudice, Gorostiaga fece un particolareggiato racconto degli interrogatori nei commissariati": Quando arriviamo al quartiere della Guardia Civil di Castellón che non potei vedere se veramente era il quartiere, lo supposi perché dalla prigione al paese sono circa 10 chilometri e ci mettemmo poco ad arrivare, mi misero contro la parete ammanettata davanti ad un calendario che mi servì per memorizzare i tre o cinque giorni che potevo stare con loro. Potei vedere solo il viso della donna che mi perquisì nella prigione, agli altri non gliela vidi. Calcolo che rimasi in piedi tipo quattro ore contro la parete ammanettata all'indietro e con i polsi dolenti.Quella stessa notte fu trasportata a Madrid insieme a Mikel Soto, il suo compagno, con cui leaveva proibito di comunicare. Gorostiaga narrò nella sua attestazione che" appena arrivati mi misero una maschera sugli occhi con la quale stetti quasi tutto il tempo per cinque giorni; non potei vedere nessuna stanza del quartiere salvo la cella, il bagno, la sala del medico legale e la sala della dichiarazione poliziesca. Non vidi il viso a nessuno salvo ai due poliziotti che mi presero le dichiarazioni ed a due medici legali." Gorostiaga spiegò che" l'incubo" incominciò quando la trasportarono in una stanza dove le ordinarono che si denudasse": mi denudai dall'alto in basso, e dato che non dicevo niente, si arrabbiarono e si misero a gridare come pazzi, incominciarono a mettermi la borsa, metodo di tortura che consiste nel coprire il viso della persona con una borsa di plastica che provoca l'asfissia, io ero seduta in una sedia completamente nuda, ogni volta che rompeva la borsa mi battevano fortemente nella testa con la mano aperta e con giornali.
"Non so quante volte mi misero la borsa, ma io credo che molte, ascoltava le grida di Mikel, stavano torturandolo molto, ogni tanto mi facevano gridare affinché egli mi sentisse, e se non gridava come essi mi dicevano, mi battevano più, io ero isterica, erano continue le minacce, le umiliazioni ed i colpi, incominciai ad inventarmi cuci perché era l'unica uscita che vedeva affinché quello fermasse, mi portarono abbastanza forte alla cella con un attacco di isteria. Quello giorno mi lasciarono abbattermi un momento."
"Intensi interrogatori"
Gorostiaga ricordò che quello giorno l'interrogarono tra quattro cinque volte, in una di quelle sessioni assicura che gli sbatterono" cavi e mi misero i piedi in un secchio di acqua, ma non arrivarono a collegarmi li, stava disperata anche."
La giovane basca assicura nella sua attestazione che forma parte della denuncia presentata davanti alla giustizia per chiarire la sua detenzione": mi dicevano che andavano a mettere il palo per il culo, me l'arrivarono a sfiorare, dovetti sopportare ogni tipo di vessazioni sessuali, che se andava ad avere un figlio di carabiniere che se stava mettendo loro scherzosi che Mikel glielo faceva con altre che se il mio corpo era non so come, mi erano avvicinato di dietro come se me l'andassero a mettere no sé, fueron continuos comentarios, también me amenazaban con la bañera".
Gorostiaga ricordò che malgrado si rifiutasse di mangiare e bere i primi giorni per paura di essere" avvelenata" o" impasticcata", ma dopo fu obbligata a mangiare un po'": una mela e la salsiccia o il prosciutto dei panini guardando se vedeva dentro qualcosa di raro e senza nessuna voglia. Pensai anche che se non mangiava niente non c'era chi sopportasse quello, e nel tono nel che me lo dissero preferii mangiare per il mio conto a che mi desse di mangiare alla forza con la maschera e senza vedere quello che mi davano."
Come segnala nella sua attestazione, il peggiore giorno della sua detenzione fu quando fu sommessa a quattro" intensi interrogatori con riposi molto brevi e senza potere dormire né abbattermi nel letto, salvo quando cadevo, allora mi lasciavano essere seduta nel letto cinque minuti."
In quella giornata, Gorostiaga recensì che" essendo completamente nuda, mi legarono ad una sedia sottomettendomi le braccia con piombatura e gomma schiuma, mi collocarono innumerabili volte la borsa, quando la rompeva mi battevano nella testa e me la giravano a collocare, mi arrivarono a mettere tre o quattro borse giunte Yo lo único que quería era desmayarme y perder el conocimiento, pero cuando estaba a punto, me levantaban un poco la bolsa y otra vez vuelta a empezar. Mi dicevano, io credo che per darmi forzi, benché non lo riuscissero che era molto forte e che stava sopportando molto che poca gente sopportava quell'e cantava tutto il mondo che io mi sapevo molto bene il ma-nual della tortura, e che chi ha scritto quello manuale non è stato torturato."
Anche Gorostiaga ricorda che" in quattro occasioni mi collocarono gli elettrodi, per lo meno quell'essi dicevano, ma non li arrivarono ad attivare salvo in un'occasione che dissero che li attivavano ma che non potevano aumentare la potenza perché avevano una macchina nuova che faceva saltare i fusibili. Mi fecero collocarmi due cavi nella schiena bagnata e me suolo notai un solleticamento, ma la sensazione anteriore, pensare agli elettrodi, fu un incubo. In quelle quattro occasioni mi collocarono cavi che sembravano essere di telefono nelle braccia, nel petto e nella schiena. In un'occasione mi misero un apparato rotondo nella mano che non seppi quello che era."
Anche l'attestazione della giovane basca emerge che" in tre occasioni mi misero una pistola nella mano. Mi fecero capire che era quella che ammazzò il consigliere comunale di Leitza e che stava nelle mie mani avere un'accusa per collaborazione o per assassinio. Inoltre mi minacciavano molte volte con che non andava a potere avere figli o se li aveva andavano ad essere del Carabiniere."
Gorostiaga, prima che finalmente accedesse a firmare la dichiarazione poliziesca, spiegò che in quelli momenti" dissi loro che mi ammazzassero se volevano, e mi dissero che essi non avevano detto quello. A me mi davo già ugualmente quello che mi facessero, voleva solo finire con tutto quello, non poteva più, diceva loro che facesse quello che volessero col mio corpo che non aveva niente per contarloro. La cosa più duro fu quello, ricevere pali senza sapere che cosa volevano ascoltare, doveva stare tutto il momento dandolo rovesciate alla testa pensando a storie inventate (genitori) contrassegni, lettere, gente. Inventai alcune quattro storie differenti, ogni volta che credeva che quell'era la buona, nel seguente interrogatorio incominciavano di zero le torture, mi battevano più per bugiarda e più ancora per tacere. Mi risultava molto difficile inventarmi cucia che "non aveva vissuto."
In un'altra sessione di interrogatori, Gorostiaga ricorda che l'avvolsero" in coperte e quando era seduta mi afferrarono dappertutto, questa volta vestita, legata alla sedia. Mi misero alla fine contemporaneamente tre o quattro borse, mi coprirono il naso e la bocca ed alla fine, sul punto dello svenimento, mi orinai nei pantaloni con tanta forza che quasi li spruzzo. Dovetti rimanere il resto dei giorni coi pantaloni completamente orinati."
Alle 1.30 ore" realizzai la prima dichiarazione davanti alla polizia; io non potevo vedere l'avvocato, in nessun momento mi insegnò il carnet di identificazione, feci la dichiarazione come l'avevamo preparata, e di seguito mi lasciarono dormire. Io calcolo che avrebbe dormito alcune quattro ore, le uniche in cinque giorni", secondo l'attestazione di Ainara Gorostiaga.

 

Atzera (indietro)