dal quotidiano GARA del 17.04.2004


processo per lo spionaggio a Herri Batasuna
IL TRIBUNALE SUPREMO ASSOLVE I CAPI DAL CESID E DICE CHE SPIARE HERRI BATASUNA «NON PUÒ RICHIAMARE L'ATTENZIONE»
il senso della sentenza obbliga a sostituire il relatore che era favorevole a confermare le condanne

La Corte suprema ha ieri reso pubblica una sentenza nella quale non solo assolve gli ex direttori del Cesid (servizio segreto spagnolo, N.d.T.) Emilio Alonso Manglano e Javier Calderón nella causa per lo spionaggio alla sede di HB di Gasteiz, ma afferma, inoltre, che «neppure il fatto che si sottoponesse ad osservazione e vigilanza, in quella ed in altre sedi, Herri Batasuna, può richiamare l'attenzione». Il relatore del caso ha dovuto essere sostituito nella stesura della sentenza perché non è d'accordo con il voto dei suoi due colleghi e perché considera provata l'implicazione di entrambi i direttori nell'atto criminale.

Iñaki IRIONDO


GASTEIZ

Gli ex direttori del Cesid, Emilio Alonso Manglano e Javier Calderón, sono ora assolti della loro partecipazione allo spionaggio alla sede di Herri Batasuna di Gasteiz. Si è raggiunto l'obiettivo fissato fin dall’inizio della vicenda dal Governo spagnolo e che ha portato il pubblico ministero generale a non accogliere le richieste della giunta dei pubblici ministeri del Tribunale Provinciale.
Il lavoro per ottenere l'assoluzione non è stato facile. È stato necessario superare l'azione della Sezione Seconda del Tribunale Provinciale di Araba, il cui presidente non ebbe esitazione a fare tacere Manglano durante l’audizione, richiesta dalla parte civile, nonostante l'inazione della Procura. Ed è anche stato necessario sostituire il relatore della stessa Corte suprema, che considera provata l'implicazione dei due ex direttori del Cesid nelle intercettazioni illegali.

Emilio Alonso Manglano e Javier Calderón erano stati condannati a tre anni di prigione ed otto anni di interdizione assoluta. L'agente Mario Cantero, a due anni e sei mesi di prigione ed a sei anni di interdizione assoluta: stessa sentenza per l'agente Francisco Buján, oggi deceduto.

La Corte suprema ha ieri reso pubblico l'accoglimento dei ricorsi di Manglano, Calderón e Buján, per avere ritenuto che la loro partecipazione ai fatti non era sufficientemente provata per annullare la presunzione di innocenza. Confermate, invece, la condanna contro l'agente Cantero e la responsabilità civile dello Stato spagnolo.

I magistrati Carlos Granato Pérez e Francisco Monterde Ferrer, del Tribunale Penale della Corte suprema, sostengono, per assolvere i due ex direttori dal Cesid, che questi non necessariamente dovevano essere al corrente o avere autorizzato espressamente un’operazione di spionaggio alla sede di una formazione politica legale, durata dal 1992 al 1998.

Il Tribunale Provinciale di Araba, aveva evidenziato nella sua sentenza di condanna, che «gli agenti che materialmente realizzarono le intercettazioni delle conversazioni telefoniche appartenevano ad un'organizzazione militare, chiaramente strutturata e gerarchizzata, e ciò ha permesso di sostentare il dominio funzionale dei direttori del Centro su ciò che facevano i loro subordinati e la loro conseguente individuazione come da compartecipi dei fatti loro imputati ».

Ma la Corte suprema segnala che questo concetto è applicabile «quando si tratta di organizzazioni criminali la cui struttura, nel suo insieme, si trova fuori della legalità», ma che «ciò non può in alcun modo essere affermato rispetto al Cesid, organismo che ha come missione essenziale la difesa dello Stato».

L'Alto Tribunale sostiene che il mero fatto di essere stato direttore del Cesid non può essere considerato indizio incriminatorio perché, in realtà, nessuno ha accusato di alcun reato i due direttori a capo del servizio di spionaggio tra i mandati di Manglano e Calderón.

Fonti della parte civile hanno ieri chiarito a GARA che se non si erano potuti giudicare quei due direttori è stato perché gli intralci ufficiali hanno ostacolato questa possibilità nella fase di istruzione.

La sentenza del Tribunale di Araba sosteneva che l'istruzione del caso era risultata «molto complicata, oltre che lenta e poco fruttuosa». Esplicitava che «l'istruzione era stata bloccata continuamente con il pretesto che tutto ciò che si riferiva al Cesid era segreto ed era classificato».

La Corte suprema considera che non ci sono prove, dirette o indiziarie, che possano confermare che i due direttori accusati abbiano partecipato per azione od omissione ai fatti in questione, né che ne fossero a conoscenza o che li abbiano appoggiati in alcun momento.

Nella sentenza si aggiunge che non esiste neanche dichiarazione o documento alcuno che evidenzi che fossero a conoscenza dei fatti, ma, al contrario, entrambi i direttori hanno negato questa circostanza.

I due magistrati favorevoli all'assoluzione, non considerano come indizio sufficiente della partecipazione dei direttori neppure la spesa di più di undici milioni di pesetas per l'acquisto e sistemazione dell'appartamento dal quale si realizzavano le intercettazioni, neppure il fatto che i capi dei raggruppamenti operativi abbiano dichiarato che trattavano con il direttore le questioni importanti e che il ministro della Difesa abbia riferito al Congresso che «da quell’appartamento si sono ottenute informazioni preziose nella lotta contro il terrorismo». In realtà e nonostante le intercettazioni siano state provate, la Corte suprema sostiene nella sua sentenza che il ministro della Difesa, nella sua comparizione davanti al Congresso, «non si riferisce espressamente ad intercettazioni telefoniche».

I magistrati segnalano anche che «l'acquisizione di un appartamento da parte dei Servizi, non può in alcun modo essere considerata un indizio incriminatorio e tanto meno se il suo unico fine è stato l’accertamento di condotte criminali». Bisogna ricordare che in quell’appartamento è stato scoperto un sistema di intercettazioni telefoniche alla sede del partito politico che aveva sede nell’appartamento sottostante.

Particolarmente sorprendente è un'affermazione dalla sentenza, nella quale si segnala testualmente che «neppure il fatto che si sottoponesse ad osservazione e vigilanza, in quella ed in altre sedi, Herri Batasuna, per i sospetti che mantenesse contatti con l'organizzazione terrorista ETA può richiamare l'attenzione, come è stato dichiarato successivamente in giudizio».

È necessario chiarire che negli anni nei quali è stato operativo il sistema di spionaggio, HB era una formazione legale e che è stato in realtà accertato (la stessa Corte suprema mantiene la condanna contro l'agente Mario Cantero González) che le intercettazioni sono state realizzate senza alcun tipo di autorizzazione giudiziaria e che sono sempre state illegali e criminali.

TRIBUNALI AL SERVIZIO DELLA RAGION DI STATO



La sentenza emessa dalla Corte suprema spagnola, che assolve gli ex direttori del Cesid Emilio Alonso Manglano e Javier Calderón per il caso delle intercettazioni illegali alla sede di Herri Batasuna di Gasteiz, è un esempio da manuale di come una risoluzione giudiziaria può mettersi al servizio della ragion di Stato. Dalla lettura del testo assolutorio si può solo dedurre che in qualche istanza superiore si era deciso in anticipo che i capi dello spionaggio spagnolo dovevano rimanere affrancati da questa macchia e nella sentenza si cercarono gli elementi, anche se contrari alla logica, per soddisfare questo desiderio. E ciò fino al punto che il relatore che proponeva di respingere i ricorsi dei direttori, perché considera inequivocabilmente provato che la massima direzione del Cesid conosceva l'operazione criminale in corso contro la sede politica, è stato sollevato dal suo incarico, vedendosi obbligato ad esprimere la sua opinione, diametralmente opposta alla sentenza finale, attraverso un voto particolare che appare legalmente molto meglio motivato della sentenza.

Il processo giudiziario per questo caso è stato una costante corsa ad ostacoli per la parte civile, che non ha dovuto solo affrontare l'azione ostile alle indagini che hanno mantenuto sia il Cesid, sia il Governo spagnolo, ma si sono dovuti superare anche la passività e gli ostacoli frapposti dalla Procura che, in realtà, ha lavorato come difesa dei direttori dello spionaggio. È necessario segnalare che questo ostruzionismo è stato denunciato persino dallo stesso Tribunale Provinciale di Araba nella sua sentenza di condanna e che è stato determinante per questa assoluzione. Il Tribunale Supremo, come prova che il mero esercizio della Direzione del Cesid non può essere considerato un indizio incriminatorio, segnala che né il pubblico ministero, né le parti civili hanno indicato responsabilità dei due direttori che hanno occupato la carica fra i mandati di Manglano e Calderón. Tuttavia, la verità è che se l'accusa non c’è stata è perché la si è ostacolata formalmente nella fase di istruzione.

E si arriva all’autentico scandalo con il fatto che la Corte suprema affermi che «neppure il fatto che si sottoponesse ad osservazione e vigilanza, in quella ed in altre sedi, Herri Batasuna, per i sospetti che mantenesse contatti con l'organizzazione terrorista ETA può richiamare l'attenzione», quando è stato provato che detto spionaggio è stato realizzato senza autorizzazione giudiziaria ed è stato chiaramente criminale, come dimostra il fatto che si conferma la condanna alla spia implicata.

 

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