| dal quotidiano GARA del 02.01.2004 intervista a Félix Soto, uno dei fondatori 
        del movimento pro amnistia 
 "NELLE PRIGIONI CI SONO RESTRIZIONI CHE NON ESISTEVANO NEPPURE AI 
        TEMPI DI FRANCO"
 Il movimento pro amnistia ha considerato concluso, un paio di settimane 
        fa, il processo di riflessione intrapreso a novembre. Nella manifestazione 
        finale del Kursaal di San Sebastián, per domani è stato 
        indetto un corteo a Bilbao. Per Félix Soto, uno dei fondatori di 
        questo movimento, la situazione nelle prigioni è più cruda 
        ora che negli anni 70.
 
 Félix Soto, una delle 27 persone che fondarono negli anni ‘70 
        il movimento pro amnistia, ritiene che la politica penitenziaria attuale 
        sia più dura di quella di allora. Anima la gente ad accorrere alla 
        manifestazione di domani come primo passo per rafforzare il lavoro in 
        favore dei prigionieri.
 Quali sono le ragioni che hanno spinto il 
        movimento pro amnistia ad organizzare ora questo processo di riflessione 
        sulla situazione dei prigionieri? La situazione attuale è molto 
        grave. Bisognava spingere un'iniziativa di questo tipo per cercare di 
        resistere, perché in questi momenti stiamo andando chiaramente 
        all’indietro. Il fatto che si accaniscano sui prigionieri è 
        impensabile in qualunque situazione, perfino tra nemici. Si è creata 
        una politica miserabile. Quello che risulta inconcepibile è che 
        il PSOE ne sia pienamente partecipe. 
 A cosa attribuisce l'atteggiamento di questo partito? Parlano di 
        coloro che sono minacciati, dicono che sono 40.000. Io credo di no, credo 
        che siamo due milioni e mezzo di persone, ad essere minacciate. Ti arrivano 
        a casa di buon mattino e, dopo aver tirato due calci nella porta, si portano 
        via il figlio, il padre o chiunque e li tengono imprigionati per mesi 
        o anni, persino senza giudicarli. Non bisogna neanche dimenticare che 
        esistettero il GAL ed il Battaglione Basco Spagnolo (formazioni paramilitari 
        al servizio dei governi spagnoli nella guerra sporca contro la dissidenza 
        basca, N.d.T.). Quello che succede è che ora hanno il loro GAL 
        nella magistratura. Ora fanno le cose in modo più discreto.
 
 Che valutazione si fa di questo processo di riflessione, che grado 
        di partecipazione si è avuto? La partecipazione è stata 
        buona. Inoltre, a differenza di tempi passati, hanno partecipato anche 
        i prigionieri. Vogliono essere soggetti attivi su questo tema e nella 
        risoluzione del conflitto, una cosa logica. Sarebbe assurdo emarginare 
        la parte più coinvolta.
 
 Le riunioni hanno visto la presenza di circa sessanta soggetti politici, 
        sociali e sindacali. Si è sentita la mancanza di qualcuno? Si sente 
        la mancanza della gente che a suo tempo stava a fianco dei prigionieri 
        e che in questi momenti dice che la situazione è cambiata. Si vede 
        chiaramente che non lottavano per i diritti umani, ma per una situazione 
        politica nella quale si sono accomodati.
 
 Una volta terminato, che conclusioni trae dal processo? In questi 
        momenti vi sono violazioni di ogni tipo, compresi casi che prima non si 
        verificavano. La dispersione, prima, non era tanto generalizzata. Inoltre, 
        si sono fatti esperimenti di ogni tipo, raggruppando i prigionieri per 
        poi disperderli di nuovo. Erano tempi di Múgica Herzog e di Ardanza, 
        un soggetto impresentabile sia a livello politico, sia a livello sociale. 
        Alla dispersione vanno aggiunti il dissanguamento economico e la pericolosità 
        negli spostamenti. Si stanno riducendo anche le visite e molti altri diritti. 
        Stiamo parlando di restrizioni che non si verificavano neppure ai tempi 
        di Franco.
 
 In questo contesto, su quali aspetti insisterà il movimento 
        pro amnistia? Appoggerà la richiesta di avvicinamento dei prigionieri 
        ai loro luoghi di residenza. Cosa ha fatto il Governo Basco al riguardo? 
        Una dichiarazione e basta. Inoltre, insulta coloro che lavorano in favore 
        dei diritti umani. Dimostra un'ipocrisia totale: è molto diverso 
        morire perché ETA agisce o perché uno "si è 
        dimenticato di respirare" in una caserma della Guardia Civil o in 
        un commissariato. Lavoreremo sul tema dell'avvicinamento, con l'obiettivo 
        che la gente si impegni, al di là di una semplice dichiarazione. 
        Io cercherei di ottenereun “sì” o un “no”. 
        Quello che non può accadere è che la gente si assopisca 
        e la questione si sgonfi. Forse che ci sbagliamo ed i diritti umani esistono 
        solo per i boia o per chi sta al potere?
 
 Si prevede qualche dinamica concreta per il futuro? Si deciderà 
        man mano. Non sono d’accordo nel limitare il tema a conferenze stampa 
        e televisioni. Questo non serve a niente e, inoltre, lì c’è 
        il nemico e lo spazio che ti concede è pochissimo. Bisogna fare 
        qualcosa di più, qualcosa che possa condizionarli. Quando abbiamo 
        lavorato per esigere la scarcerazione di un prigioniero di Egia, che aveva 
        scontato i tre quarti della sua pena, andammo di porta in porta. Significa 
        molto lavoro, ma c'è gente che non sa quello che succede.
 
 Com’è il morale dei parenti dei prigionieri? Io credo 
        che ad essere forti, in qualche modo, siano i prigionieri. Se in qualche 
        modo esistono movimento e resistenza all’immondezzaio di Madrid 
        è proprio grazie ai prigionieri. Sono loro che trasmettono forza 
        e vitalità ai parenti. La cosa importante è che non faccia 
        breccia in noi la cultura della sottomissione che trasmettono la gerarchia 
        ecclesiastica e quelli che stanno comodamente nel Governo Basco.
 
 Riassumendo, quasi trenta anni dopo la nascita del movimento in favore 
        dei prigionieri, a che punto è la questione? Al giorno d’oggi, 
        molto peggio. Per strada, i parenti, prima avevano l'aiuto della Chiesa, 
        si facevano collette.... La situazione nelle carceri è peggiore, 
        se teniamo conto delle provocazioni, delle punizioni e delle aggressioni 
        che subiscono. Questo tipo di situazioni non si verificavano, prima. Le 
        prigioni di Franco erano stabilimenti balneari, paragonate con quelle 
        di ora. E anche negli arresti c'è abbastanza differenza. In "democrazia" 
        io sono stato in isolamento assoluto sette giorni; con Franco, invece, 
        48 ore.
 MIGLIAIA DI PERSONE APPOGGIANO I PRIGIONIERI A CAPODANNO
 ·Fine delle reclusioni volontarie, manifestazioni e brindisi di 
        buon mattino, tra altre azioni
 
 Mercoledì, ultimo giorno dell'anno, numerose iniziative hanno ricordato 
        la situazione che vivono i prigionieri politici baschi chiesto il rispetto 
        dei loro diritti. Migliaia di persone sono scese in piazza, in Euskal 
        Herria, rispondendo all'appuntamento annuale con le vittime della repressione.
 BILBAO 
 Approfittando della festività dell'ultimo giorno dell'anno, numerose 
        mobilitazioni hanno reclamato, mercoledì, il rispetto dei diritti 
        dei prigionieri politici baschi e ricordato la dura situazione che vivono 
        i prigionieri. Così, migliaia di persone sono scese in piazza per 
        partecipare alle manifestazioni organizzate in varie località di 
        Euskal Herria.
 A Bilbao, 600 persone hanno percorso le strade della città per 
        reclamare il rispetto dei diritti dei prigionieri baschi. La marcia era 
        aperta da quattro solidali con i prigionieri,e vi hanno preso parte le 
        persone che sono rimaste rinchiuse nella chiesa di San Nikolas per diversi 
        giorni. Diversi, fra reclusioni volontarie e digiuni iniziati lo scorso 
        fine settimana in numerose località si sono prolungati quasi fino 
        alla conclusione del 2003.
 
 Ad Azpeitia si sono riunite 600 persone, ed altre 500 hanno partecipato 
        ad una marcia tra Zizurkil e Billabona. A Lasarte 500 persone hanno preso 
        parte ad una manifestazione, ed a Zumaia 300 abitanti si sono concentrati 
        per lo stesso motivo, come ad Azkoitia, dove alla mobilitazione del mercoledì 
        si è aggiunta la marcia che ieri, varie persone, hanno realizzato 
        fino al monte Kakueta.
 
 A Itziar, un gruppo di abitanti è passato per i casali della zona, 
        cantando davanti ai loro abitanti e suonando la trikitixa (strumento tipico 
        basco, simile alla fisarmonica, N.d.T.), accompagnati per un particolare 
        Olentzero (Il carbonaio, personaggio natalizio della tradizione basca, 
        N.d.T.) che reclamava il rispetto dei diritti dei prigionieri.
 
 Anche la classica corsa di San Silvestro, Memorial Satza, che si corre 
        ogni fine di anno a San Sebastian, è stata scenario di questa sentita 
        rivendicazione, poiché numerosi corridori portavano magliette che 
        facevano riferimento ai prigionieri politici. A Iruñea, circa 200 
        persone si sono concentrate davanti al Municipio.Ad Antsoain, 100 persone 
        si sono radunate per manifestare contro la dispersione e hanno ricordato 
        le persone morte per colpa di questa politica. Ci sono state mobilitazioni 
        anche ad Eibar (115), Agoitz (130), Zaldibi (120), Orio (85), Otxandio 
        (80), Otsagabia (70), Ataun (70), Lesaka (60), Olazti (55), Deba (50), 
        Mañaria (40), Sondika, (32) e Derio (30).
 
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