Gara > Idatzia > Euskal Herria 2006-10-03
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Txapartegi identifica il capo dei "periti" come uno dei suoi torturatori
Il comandante della Guardia Civil che fa da capo dei "periti" che dichiarano questi giorni nella Casa de Campos è stato identificato da Nekane Txapartegi come una delle persone che la torturò. Lo stesso che tolse il cappuccio a Mikel Egibar che pure denunciò aver subito torture, affinché vedesse chi l'aveva interrogato.

MADRID

Appena incominciata la fase peritale, Nekane Txapartegi identificò il capo della guardia civil che dichiarano in qualità di "periti" come una delle persone che la torturò e interrogò durante la sua detenzione con l'intervento dell'istituto militare spagnolo. Txapartegi, processata nel troncone di Xaki, raccontò alla Sala durante il suo turno di intervento come durante il periodo di incomunicabilità fu torturata selvaggiamente con l'intervento dei suoi catturatori che arrivarono perfino a violentarla.
Ieri, l’avvocato Kepa Landa spiegò al tribunale che la sua assistita riconobbe l'agente G-96330-W, maggiore della Guardia Civil lo stesso che si assentò un giorno dalla vista senza avvisare nessuno come uno dei responsabili del suo calvario.
Durante il suo interrogatorio, l'avvocato della difesa cercò di domandare a questa persona sulla questione, se conosceva la Txapartegi, se aveva partecipato agli interrogatori...), ma la presidentessa, Angela Murillo, non gli permise di fare nessuna domanda. "Non c'è posto", rispose la magistrata davanti alla batteria di domande.
Landa argomentò che questo guardia civil non può esercitare il lavoro peritale che presuppone imparzialità e la cui funzione è apportare al tribunale una conoscenza tecnico-scientifica che questo non possiede, quando è uno di quanti torturarono la Txapartegi, e sollecitò un faccia a faccia tra la sua difesa ed il dichiarante per comprovare la credibilità di quest’ultimo, come contempla l'articolo 451 della Legge di Procedimento giudiziario Criminale.
"Non procede il faccia a faccia", tornò a tagliare la presidentessa senza dare altre argomentazioni, davanti alla qual cosa Landa interpose la conseguente protesta e denunciò che si nuoce al diritto di Nekane Txapartegi ad un giudizio con tutte le garanzie ed al suo diritto alla difesa."

"Per inimicizia manifesta"

Su questo stesso "perito" ritornò durante il suo turno Jone Goirizelaia che gli domandò se conosceva a Mikel Egibar e se sapeva che era stato fermato dalla Guardia Civil. Gli domandò anche se egli era stato chi elaborò l'attestato di quella detenzione. "Non procede la domanda", tornò ad interrompere Murillo, al che l'avvocato replicò che pretendeva di dimostrare l'interesse manifesto che questo guardia civil ha nella causa.
Goirizelaia aggregò che la perizia di questo agente dell'istituto militare spagnolo si basa quasi in esclusiva sulle dichiarazioni effettuate da Egibar durante la sua cattività.
Quando dovette dichiarare, anche Egibar raccontò al tribunale le forti torture rassegnate durante la sua detenzione, fino al punto che quando entrò in prigione lo fece vestendo una tuta bianca perché i suoi vestiti erano sconquassati ed insanguinati. Ieri, il suo avvocato spiegò che, terminando l'interrogatorio con l'intervento della Guardia Civil, uno dei suoi interrogatori ordinò che si togliesse il cappuccio col quale tutto il tempo aveva coperta la testa, affinché vedesse chi l'aveva interrogato.
Stremato come era, non potè farlo, e fu il suo catturatore che lo fece. Era lo stesso agente G-96330-W.
La presidentessa non lasciò Goirizelaia domandargli niente al riguardo, e l'avvocato protestò, sottolineando che in questo modo ostacolava la possibilità di ricusare il "perito" per "inimicizia manifesta" verso il suo difeso.

Di querelanti a periti

La magistrata si dedicò durante tutta la sessione a fare lavoro di contenimento per la parte accusatoria davanti agli argomenti esposti dalla difesa per screditare il carattere peritale dei dichiaranti e delle loro relazioni.
Oltre alla mancanza di neutralità dei guardia civil che è rimasta chiara anche in altre sessioni, gli avvocati misero in solfa l'abilitazione professionale e la caratterizzazione "scientifica" che la Procura attribuisce loro.
Per esempio, Landa fece che venisse loro esposta una delle relazioni che constano nel sommario e chiese loro dell'origine di quel documento. La risposta fu che si trattava di una denuncia poliziesca.
"E quando decidete voi che non sono più persone che fanno denunce e che si trasformano in periti?", domandò l'avvocato, ricordando che una denuncia poliziesca non è in nessun caso un elemento di prova in un procedimento giudiziario e che quanti hanno comunicato nelle diligenze anteriori al giudizio non possono deporre come "periti."
"È il giudice istruttore che decide quello?", seguì Landa, al che l'interrogato rispose, attribuendosi la funzione della presidentessa che "credo che quella domanda non sia conforme." L'avvocato seguì: "È il giudice istruttore che dice loro che dichiarano come periti?." "Non c'è posto alla domanda." In questa occasione rispose Murillo.
Landa replicò a sua volta che praticamente tutte le relazioni peritali sono "mere relazioni di denunce", pertanto senza valore probatorio, e concluse che "questi non sono periti, sono poliziotti che ratificano relazioni poliziesche."
Questo stesso avvocato si riferì anche ad una relazione elaborata da questi "esperti" polizieschi il 13 di gennaio di questo stesso anno, nel quale si incorpora per la prima volta un appunto nel quale si dice che "tutti i dati sono stati sottoposti ad un processo tecnico-scientifico."
Risulta che, come notò Landa, quella relazione si redasse giusto dopo che la stessa Sala che sta giudicando questo sommario dettasse una sentenza nella quale si respinge che i membri delle FSE siano considerati periti. Criterio che si è saltato in questo giudizio, appena alcuni mesi dopo.
"Non sarà che la Guardia Civil si rese conto che le sue relazioni non erano peritali?", domandò l'avvocato, alla qual cosa l'agente rispose che "quella è un'interpretazione ingiusta della realtà."

Vázquez Montalbán e Javier Sádaba, nella lista di "accusati"
MADRID. I carabinieri che dichiarano come periti elaborarono una relazione nella quale appare una "relazione di individui contro la quale si dirigono imputazioni concrete." In quell'elenco, oltre a vari dei processati, appaiono nomi come quello dello scrittore Manuel Vázquez Montalbán deceduto nel 2003, il filosofo Javier Sádaba o la scrittrice Eva Forest, tra molti altri. "Sanno se queste persone sono incriminate?", domandò Iruin. Non gli seppero rispondere.

Le riunioni del Tavolo Nazionale di HB erano "clandestine"
MADRID. Analizzando il funzionamento di Herri Batasuna che non era stata ancora messa fuorilegge, uno dei "periti" affermò che le riunioni del Tavolo Nazionale "erano clandestine, si celebravano con grandi misure di sicurezza e con contro vigilanza di militanti di HB." Aggregò, per dare appoggio a questa argomentazione che non poteva assistersi alle stesse come ad una partita di calcio o un plenum di un Municipio." Non spiegò in che formazione politica si può.

"Confusione" tra il Tavolo Nazionale e l'Assemblea Nazionale
MADRID. I guardia sostengono che "Eneko", uno dei nomi che appaiono in documenti suppostamente sequestrati ad ETA, è Joxe Mari Olarra. Per ciò, hanno argomentato, tra le altre cose, che si deduce dai documenti che era membro del Tavolo Nazionale di Herri Batasuna. Ieri dovettero riconoscere, su domanda di Iñigo Iruin che si menziona l'Assemblea Nazionale della formazione indipendentista basca in quei documenti. "Un errore di traduzione", argomentarono.

I processati continuano a partecipare ad atti a Madrid
MADRID. Da quando si desse inizio al giudizio, già più di dieci mesi fa, i processati hanno partecipato a vari atti, conferenze e colloqui organizzati da diversi collettivi solidali di Madrid. Ieri, il Comitato di Solidarietà con Euskal Herria di questa città organizzò una conferenza-colloquio sul sommario 18/98 e la situazione delle persone processuali. L'atto si celebrò nel bar Grándola, del quartiere di Lavapiés, e parteciparono Xabier Alegría e Nekane Txapartegi.

Mantengono un perito la cui identità non concorda
MADRID. L'avvocato Jone Goirizelaia evidenziò che uno dei "periti" che ha dichiarato riguardo varie relazioni non ha sottoscritto nessuna di esse e che, in realtà, il numero di identificazione che consta in esse non era il suo, né quello di nessun altro dichiarante. Per ciò, sollecitò che questo guardia civil fosse estratto del processo e che queste relazioni non fossero prese in considerazione. "Il perito non sparisce e rimane qui, tranquillo", rispose la presidentessa.

Un metodo di lavoro "scientifico" imparato in 3º Liceo
MADRID

"Che cosa è il metodo induttivo? In che università si studia? C'è qualche titolo che accrediti la sua conoscenza?." Kepa Landa lanciò questa serie di domande ad uno dei "periti" in relazione al metodo che questi hanno esposto come sistema utilizzato nel loro lavoro il cui carattere scientifico hanno difeso tanto essi come la Procura.
L'agente si arrischiò a spiegare che il metodo induttivo "parte da un elemento o dato concreto che si integra con altri elementi, e dal cui studio si creano alcuni modelli o ipotesi che dopo si confrontano." L'oppose al metodo deduttivo "che parte da alcune premesse generali per arrivare alla cosa concreta."
Aggregò che essi combinano entrambi i metodi per giungere alle loro conclusioni.
"Ma, è un metodo scientifico? C'è qualche titolo?", insistette l'avvocato, domandando sulla sua abilitazione professionale.
Il "perito" affermò allora, come pilastro al quale attaccarsi che "è il metodo accettato ed utilizzato da tutti i servizi di informazione del mondo." Il suo capo, l'agente G-96330-W, prese allora la parola, senza che nessuno lo avesse domandato, e segnalò che "quello si studia in 3º Liceo, in Filosofia."
“Già” assentì Landa, “ma allora, che cosa ha di' metodo scientifico di lavoro' se gli alunni di 3º Liceo lo conoscono? Che conoscenza tecnica apportate voi?", aggregò, segnalando anche che "è come il trattamento di testi che lo fanno i bambini di dieci anni. Che cosa avete voi di scientifico?."
Il "perito" si difese affermando che "il segreto sta nella fase dell'interpretazione." "Il valore aggiunto è la conoscenza acquisita in molti anni, l'esperienza diretta ed il lavoro in squadra", aggiunse, insistendo su quella del lavoro in squadra.
Rimase accettata la spiegazione, e continuò l'interrogatorio.
Ma quando arrivò il turno di Jone Goirizelaia, questa insistette sul tema e domandò agli "esperti lavoratori in squadra" se conoscevano "il metodo di interazione razionale." Spiegò che era un conosciuto sistema scientifico di lavoro in squadra. Nessuno aveva sentito parlare di ciò.
G-96330-W tornò a prendere la parola e disse che "forse l'abbiamo applicato e "non lo conosciamo." La presidentessa dovette chiedere silenzio nella Sala.
Goirizelaia continuò ad enumerare sistemi di lavoro in squadra: "Il metodo dell'equilibrio scientifico; la teoria dell'impossibilità; il gioco della negoziazione; l'identificazione prospettiva; il pensiero correttivo...." "Subito, su due piedi, non lo conosco", rispose l'unico che lo fece.

Periti che non hanno firmato una relazione possono dichiarare su essa

Prima che si desse inizio all'interrogatorio della difesa, Iñigo Iruin trasportò nella Sala la struttura che gli avvocati proponevano per questo atto del giudizio, affinché i giudici dessero il loro visto. Tra altre questioni, annunciò che su ognuna delle relazioni che sono state esposte gli avvocati farebbero domande agli autori di dette relazioni che constano con la loro firma e che si sono ratificati nel loro contenuto. Dettagliò che fino ad ora si era prodotta un'irregolarità, poiché tutti i periti hanno parlato di tutte le relazioni, appoggiandosi mutuamente. E quello stesso continueranno facendo, poiché la presidentessa diede loro ieri permesso per ciò. -

 

 

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