dal quotidiano GARA del 06.02.2004


ADDIO A MIO PADRE

Come una famiglia qualsiasi, passata negli ultimi giorni per l’angoscia di perdere un essere amato, vogliamo esprimere attraverso questa lettera come si vive il fatto che ad un figlio imprigionato in Francia non sia permesso salutare suo padre, né chiamare sua madre per dirle una parola di consolazione.

Vi raccontiamo questo perché crediamo che, nonostante le differenze, l'amore e la morte siano i due grandi punti di unione tra le persone e, pertanto, tra gli abitanti di un paese.

È nei momenti difficili che i grandi e piccoli gesti sono è l'unica consolazione che ricevi per percorrere la via del dolore, quando questo è ormai inevitabile. La nostra gratitudine va a tutti i gruppi del Municipio di Tafalla per il gran gesto con il quale hanno decideso di inviare al procuratore di Pau la richiesta di avvicinare Josu al suo paese oppure che gli permettessero di parlare telefonicamente con suo padre, malgrado non abbia avuto effetto e non abbiamo ricevuto nessun tipo di risposta. Vada il nostro più sincero riconoscimento al loro lavoro come rappresentanti di un paese. La stessa gratitudine per un piccolo gesto, ma non per ciò meno importante, di una religiosa anonima, originaria di Tafalla, residente a Parigi che ha tradotto in francese le nostre parole ­«comunicategli che è morto suo padre»­ e che ha chiamato l'assistente sociale della prigione, che ha svolto il ruolo di unico portavoce indifferente, freddo ed anonimo. Sono stati i prigionieri gli unici a tendere la mano a nostro figlio, nel conoscere il motivo del suo dolore.

A oggi, il nostro congiunto continua a sollecitare per via legale una chiamata telefonica a casa sua e non ha ottenuto risposta. Sono state le sue parole, espresse nella sua lettera di condoglianze, a spingerci a scrivere questa lettera: "Oggi mi sono ricordato di mio padre e ripenso a quando andavo in campagna con lui e a quello che mi insegnava e mi dispiace non avere potuto salutarlo per questa ingiustizia tanto grande che ci stanno facendo".

Vogliamo mettere giustizia in questa fine di una vita senza l'addio di suo figlio. L'unico che è mancato alla sua funzione funebre. Siano, dunque, l’ultimo addio le parole che ci ha chiesto di mettere accanto alla lapide di suo padre, affinché l'accompagnino sempre: "Fosti uomo semplice / lavoratore ed onesto, / tutto vedevi, tutto pensavi, / ma non dicevi mai niente, / te lo tenevi per te, / come voglio che conservi / queste mie parole. / Agur aita (Addio padre)".

Grazie alle persone che ci hanno accompagnati e, soprattutto, a quanti ci hanno confermato che i diritti umani, o sono universali, cioè per tutti, o non sono tali.


Emili Bravo - a nome della famiglia di Josu Bravo, prigioniero politico basco nel carcere di Toulouse


 

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