PER ORA IL NUOVO ESECUTIVO SPAGNOLO PARE PROSEGUIRE LA POLITICA DEL PP


by xxx Monday May 03, 2004 at 04:16 PM
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almeno per quanto riguarda la sospensione della democrazia nel Paese Basco

dal quotidiano GARA del 02.05.2004

Mikel JAUREGI
IN RELAZIONE AD EUSKAL HERRIA, IL PSOE GESTISCE L'EREDITÀ DEL PP
Giovedì scorso erano passati due anni dall'operazione ordinata da Baltasar Garzón contro le "herriko tabernas" (locali sociali della sinistra indipendentista basca, simili alle “case del popolo”, N.d.T.). Rufi Etxeberria e Jon Gorrotxategi, arrestati insieme ad altre nove persone in quell'operazione, definiscono la causa "assolutamente inspiegabile" e la inquadrano nella "strategia repressiva" dello Stato spagnolo.

Sono usciti in libertà condizionata dietro pagamento di cauzioni di 30.000 euro il 22 aprile, quando mancavano loro sette giorni per compiere due anni di prigione. La privazione di libertà non ha impedito loro di seguire da vicino l'attualità politica basca. Gorrotxategi ed Etxeberria, con un'ampia traiettoria politica alle sue spalle entrambi sono stati membri della mesa Nacional (organismo dirigente della sinistra indipendentista basca, N.d.T.), fanno appello alla "responsabilità di tutti" per risolvere il conflitto.

Sono passati due anni da quando vi hanno arrestati per ordine di Baltasar Garzón. Con la prospettiva che dà il tempo trascorso, che valutazione fate di quella retata?

RUFI ETXEBERRIA: Quella retata e molte altre hanno un denominatore comune: la strategia che segue lo Stato spagnolo. Una strategia che storicamente è stata segnata dalla politica repressiva e che si basa sulla negazione di una realtà nazionale, come è quella di Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.), e sulla conculcazione dei diritti che ci spettano come popolo. Orbene, l'azione politico-poliziesca contro le herriko tabernas va intesa come primo passo per poi arrivare alla messa fuori legge di Batasuna. È anche vero che le herriko tabernas sviluppano un lavoro politico-sociale che ha una portata importante, e con quell'azione si cercava anche di stroncare questo.

JON GORROTXATEGI: È stato un tentativo di decapitazione del lavoro politico che sviluppa la sinistra indipendentista basca. Ma la sinistra indipendentista basca ha continuato a lavorare a dispetto della persecuzione poliziesca, giudiziaria e legislativa. Continua ad essere un punto di riferimento per il tentativo di disinnescare il conflitto e costruire il nostro paese.

Con l'accusa di configurare "una rete di imprese dirette da ETA", furono arrestate undici persone, delle quali cinque sono ancora in prigione. C’è qualche spiegazione per tutto ciò?

R.E: Ciò che davvero è inspiegabile è che il procedimento contro le herriko tabernas si sia aperto, sviluppato e che si continui a tenere cinque compagni in prigione. Come tutte le organizzazioni politiche hanno le loro sedi sociali ed infrastrutture, Batasuna si dotava delle herriko tabernas. Questa è la realtà, nulla di più. In realtà, non esistendo nessuna base giuridica, il procedimento contro le herrikos non si è assolutamente mosso.

J.G: Cercare alcuno spiegazione logica a tutto questo è un esercizio inutile. Lo Stato agisce con assoluta impunità.

Avete detto che l'operazione costituì un primo passo per la successiva messa fuori legge di Batasuna. Che cosa ha comportato questa situazione di illiceità?

R.E: La strategia di cercare di togliere dalla circolazione Batasuna è fallita. E questo fallimento, quello della strategia seguita contro Euskal Herria e concretamente contro la sinistra indipendentista basca, Aznar se lo è portato dietro il 14 marzo. Batasuna, nonostante difficoltà di ogni genere, sta superando una situazione molto complicata. Una congiuntura davanti alla quale dobbiamo denunciare l'atteggiamento di tutta la classe politica, che formalmente respinge la Legge sui Partiti ma che non sviluppa nessun lavoro attivo contro questa realtà e, al contrario, cerca di approfittarne.

È possibile mantenere, in questa situazione, l'attività politica a medio o lungo termine?

J.G: Bisogna riconoscere che le azioni poliziesche, giudiziarie e legislative promosse dallo Stato, alle quali bisogna aggiungere l'implicazione delle istituzioni pubbliche che abbiamo in Euskal Herria, rappresentano una difficoltà per l'attività della sinistra indipendentista basca. Ma la domanda è: chi è l'ultima vittima di questa strategia? Il cittadino. Se è possibile continuare a lavorare in questa situazione? È difficile saperlo, perché non è possibile prevedere cosa continueranno a fare per cercare di eliminare la presenza della sinistra indipendentista basca dal panorama politico, sociale ed istituzionale.

Con l'arrivo del PSOE al Governo spagnolo, sono molte le voci che sollecitano il Gabinetto Zapatero a fare retromarcia rispetto al taglio di libertà e diritti, parlando persino di deroga della Legge sui Partiti.

R.E: Il PSOE va al Governo dopo essere stato uno dei promotori della Legge sui Partiti; non solo, ma i nuovi ministri manifestano chiaramente la necessità di mantenere ed applicare detta legge. Ciò a cui bisogna dargli valore è quello che il PSOE ha fatto negli ultimi tempi: nei 13 anni del Governo di González e all'opposizione. Ed in questo ultimo periodo, ha dato la sua approvazione al taglio di libertà portato avanti dal Governo del PP. In realtà, è andato al Governo facendo sua l'eredità del PP e manifestando che continuerà a gestirla per quanto riguarda ad Euskal Herria.

J.G: Trattandosi di un cambiamento di Governo inaspettato, si sono create alcune aspettative. Ma c'è un interesse ad alimentare queste aspettative da parte di forze politiche come Partito Nazionalista Basco (PNV), Eusko Alkartasuna (EA) ed Aralar, sempre per giustificare una nuova politica di alleanze e la possibilità di ripetere formule già fallite. Tutto ciò, malgrado l'attuale momento sia di grande importanza e richieda il riconoscimento di Euskal Herria come paese sovrano. Questa è l’unica cosa che può creare aspettative reali di cambiamento e soluzione.


Mentre c’è chi guarda a Madrid chiedendo gesti, la sinistra indipendentista basca sottolinea la necessità del lavoro “di cucina” tra le forze indipendentiste basche. Ma, sono pronti gli ingredienti? Ed i cuochi?

J.G: Crediamo che la cucina possa essere pronta, che possa esserci volontà, ma ciò che ha davvero valore è sapere quale piatto si vuole cucinare. Quello che non bisogna fare è darsi come obiettivo questo lavoro di cucina, ma avere chiaro che questo lavoro ed i suoi ritmi non devono essere permanentemente condizionati da dubbi, sfiducia, mancanza di volontà ed altro.

Il fatto che il PNV abbia già messo sul tavolo il suo progetto, il piano Ibarretxe, favorisce o pregiudica quello possibile lavoro tra indipendentisti baschi?

R.E: Il progetto del PNV è ben conosciuto, è lo Statuto. La sua scommessa, negli ultimi 25 anni, è passata per la gestione dello Stato delle Autonomie. Oggi, col piano Ibarretxe, quella che si propone allo Stato è una ristrutturazione dello Statuto per tre province. Un progetto col quale non possiamo identificarci, perché c'è una realtà molto più complessa, che è la negazione sistematica, da parte dello Stato, di Euskal Herria. Il problema di fondo da risolvere è questo. Il PNV può sostenere il suo progetto, come la sinistra indipendentista basca ha e sostiene il suo, ma dovrebbe agire in consonanza col problema storico che vive Euskal Herria e dare la priorità alla soluzione al conflitto politico, mentre il piano Ibarretxe manca di una formula per risolverlo. Inoltre, negli ultimi tempi, dal PNV arrivano manifestazioni di rifiuto della partecipazione al Foro di Dibattito Nazionale, mentre si propone la creazione del Tavolo per risolvere il conflitto. Tutto ciò costituisce una doccia fredda per tutti coloro che confidano nel fatto che possa esserci una politica differente da parte del PNV, improntata alla ricerca, insieme a settori diversi, di una formula di consenso che possa aprire una nuova via.

Avete entrambi conosciuto di prima mano ciò che fu il Foro d'Irlanda ed il successivo Accordo di Lizarra- Garazi (Accordo che portò, fra l’altro, ad una tregua unilaterale di ETA, durata 14 mesi e mai rispettata dal Governo spagnolo, N.d.T.). Che cosa può essere utilizzato, di quell'esperienza, nella congiuntura attuale? Che cosa bisognerebbe aggiungervi?

R.E: Esiste, ed il Foro di Dibattito Nazionale ne è una chiara dimostrazione, una volontà ampia e plurale di dare un impulso a quell'iniziativa del 1998, che consideriamo ancora viva. Accade, però, che attualmente il PNV non solo non promuove, ma silura un processo che ha l’obiettivo di realizzare un lavoro serio ed importante, che consolidi un processo che, a medio o lungo termine, dia frutto.

In quale campo si trova la palla?

J.G: Ognuno ha il suo campo e la sua palla. Gli stati hanno nel loro campo la palla della democratizzazione, nel senso che devono accettare la volontà di questo paese. Ed in Euskal Herria, ogni soggetto che partecipa al conflitto ha la sua parte di responsabilità e deve apportare parte della soluzione. I soggetti politici, sociali e sindacali che hanno la volontà di fare un percorso verso la sovranità, hanno la responsabilità di promuovere spazi comuni di lavoro che, da una parte, forzino gli stati a cambiare atteggiamento e, dall’altra, facciano sì che coloro che oggi hanno ancora dubbi, si decidano in un senso o in un altro.

R.E: Io credo che la palla abbia un nome: impegno. La questione è a cosa è disposto ognuno per giungere ad un accordo comune, per iniziare una nuova strada. Ed in questa situazione, invece di sperare che la palla cada in un campo o in un altro, ciò che ogni parte deve fare è dire chiaramente "io mi impegno a questo". Sono convinto che, in questo modo, si giungerà ad un accordo minimo nella ricerca di una nuova situazione per questo paese.

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