Dal quotidiano GARA del 16.10.2003


INTERVISTA A ETA
«IL PIANO IBARRETXE COMPRENDE ELEMENTI DELLA SOLUZIONE; NON RISOLVE L’EQUAZIONE»

La notizia è uscita il 4 ottobre: poche ore prima che fossero trasmessi quattro minuti di un’intervista realizzata da Rui Pereira a due portavoce di ETA, responsabili della catena televisiva privata SIC hanno telefonato al giornalista portoghese per comunicargli che la trasmissione sarebbe stata sospesa. L’emittente ha fatto riferimento a «questioni deontologiche» ma, fonti diplomatiche citate dall’agenzia Europa Press hanno riferito dell’intervento delle autorità spagnole. «Ciò che più mi ha sorpreso è l’effetto di legittimazione che ha avuto l’azione censoria di SIC su altri media che, davanti all’offerta che ho avanzato, hanno anch’essi rifiutato di trasmettere l’intervista», ha detto ieri a GARA lo stesso Pereira.

Ciononostante, l’offerta ha ricevuto risposta positiva da altri media. Il quotidiano portoghese “24 horas” ha ieri pubblicato l’intervista. «Oltre ad un titolo in prima pagina, le ha dedicato due pagine nella sezione Internazionale, nelle quali è riportata anche la storia del conflitto e la valutazione della situazione nel Paese Basco da parte di un ex ministro degli Interni portoghese», ha spiegato il giornalista, il quale ha anche anticipato che l’intervista sarà pblicata su un giornale svizzero e se ne darà conto in una catena radiofonica italiana.

Questa è la riproduzione integrale dell’intervista a due portavoce di ETA:

Rui Pereira

- Ritenete che quanto detto il 26 settembre (data di presentazione ufficiale del “Piano Ibarretxe” per la soluzione del conflitto basco, N.d.T.) alla Camera di Gasteiz (sede del Parlamento Autonomo Basco, N.d.T.) sia qualcosa di nuovo nella congiuntura politica basca o, piuttosto, lo ritenete qualcosa di meramente tattico o addirittura retorico, nonostante Ibarretxe (presidente del Parlamento Autonomo Basco, N.d.T.) reclami cose che sembrano essere vecchie rivendicazioni di ETA, come il diritto di autodeterminazione e la consultazione popolare?

- Chiaro che è una cosa nuova! Stiamo assistendo ad un momento politico molto importante per il nostro popolo. Stiamo assistendo alla dipartita dello statuto della Moncloa. Ora è il momento di affrontare coraggiosamente la risoluzione del conflitto ed il recupero dei diritti di Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.). Purtroppo, Ibarretxe non sta dimostrando la statura da statista che la situazione richiede. Ora è il momento di consolidare le fondamenta della Euskal Herria di domani. È arrivato il momento di impostare un processo di autodeterminazione che, a sua volta, sia in grado di risolvere tutti i punti del conflitto senza lasciare per altre generazioni i semi di nuovi conflitti o ferite non rimarginate. Il cosiddetto Piano Ibarretxe, che ora si presenta come una riforma dello Statuto, passa in un solco già percorso, senza uscita, che propone di ripetere un ciclo di guerra e di dipendenza, per mezzo di un piano che è parziale, escludente e chiuso nella sua concezione.

- ETA ha tentato, con la sua iniziativa politca del 1998, di fare ciò che considerava una sintesi della sua proposta, l’Alternativa Democratica, con la volontà di costruzione nazionale che è stata alla base dell’Accordo di Lizarra. È fallita. Ora arriva il piano del lehendakari (presidente, in lingua basca, N.d.T.). In quale misura uno è conseguenza dell’altra? Ritenete possibile riprendere ora quel processo di sintesi, fra Alternativa Democratica / Lizarra – Garazi e l’attuale Piano Ibarretxe?

- Il processo politico aperto nel 1998 è ancora vivo. Quell’anno le coordinate politiche cambiarono radicalmente e tutti i cambiamenti, proposte, progressi che si stanno verificando, compresa la controffensiva fascista dello Stato spagnolo, vanno interpretati a partire da questo punto di inflessione. Da questo punto di vista, possiamo dire che il Piano Ibarretxe, fra l’altro, è in sé stesso la controproposta alla proposta che ETA fece al Partito Nazionalista Basco (PNV) e a Eusko Alkartasuna (EA) nell’estate del 1999. Affinché ci sia un progresso sia nel processo di costruzione nazionale, sia in quello di risoluzione del conflitto, ogni proposta che voglia essere positiva nell’attuale situazione politica deve essere aperta ed includente. La chiave per superare il conflitto è il rispetto dei diritti di Euskal Herria in tutta Euskal Herria (che si compone di sette province, tre sotto amministrazione spagnola e quattro sotto amministrazione francese, N.d.T.).

- Nel Partito Nazionalista Basco, che sostiene il lehendakari, ci si schermisce dietro il cosiddetto «realismo politico». Vale a dire, «più di questo, non è possibile». Dunque, le proposte di ETA per la risoluzione del cosiddetto conflitto basco sarebbero «non realiste». Per voi, le proposte di Ibarretxe, sono troppo «possibiliste». Come si esce dall’impasse politico fra le correnti nazionaliste basche?

- Secondo noi, oggi, potendo affrontare la risoluzione del conflitto in termini democratici e di giustizia, lasciare consapevolmente il conflitto aperto per le generazioni future è la cosa criminale. Questo tipo di realismo è tipico dei gestori di destra, che con le soluzioni di oggi preparano i conflitti del domani. Come si esce dall’impasse? Ebbene, come in tutto il mondo, parlando, dialogando e mettendosi d’accordo. La mano di ETA è chiusa a pugno per lottare contro coloro che opprimono questo popolo, ma la mano di ETA continua ad essere tesa per il dialogo e per l’accordo.

- Da Madrid si è detto che il Piano Ibarretxe sarebbe in qualche modo un’eredità di ETA e che il documento sarebbe stato preceduto da qualche accordo fra indipendentisti, compresa ETA. Ci sono stati contatti, negoziazione, qualche tipo di accordo che ha coinvolto la sinistra indipendentista e il nazionalismo istituzionale in questo processo?

- Dobbiamo smentire nettamente queste voci. I canali di contatto esistenti fra ETA e PNV non sono stati utilizzati in questi ultimi tempi. I tentativi di stabilire un contatto non sono andati a buon fine. È vero che Ibarretxe ha incluso nel suo piano-controproposta idee che la sinistra indipendentista ha sempre rivendicato, ma esse non sono patrimonio della sinistra indipendentista, ma chiavi per il superamento del conflitto: fondamentalmente, Euskal Herria nella sua interezza ed il diritto di autodeterminazione esercitato in una consultazione popolare. Il Piano Ibarretxe comprende molti degli elementi della soluzione del conflitto, ma non risolve l’equazione correttamente. Ed è perché gli mancano la volontà e la determinazione per farlo.

- Una consultazione popolare, secondo lo stesso lehendakari, implica una situazione di assenza di violenza, il che fa immediatamente pensare ad una tregua di ETA. Che significato attribuite all’espressione «assenza di violenza»? E come vedete la possibilità di una tregua che faciliti il cammino dell’iniziativa di Ibarretxe e, in definitiva, della consultazione popolare?

- Assenza di violenza è uno stato che ignoriamo, specialmente noi baschi che lottiamo. Assenza di violenza sarebbe poter vivere in libertà nel nostro paese, essendo noi stessi, senza essere obbligati ad impugnare le armi per difendere i nostri diritti. L’obiettivo della nostra lotta è che il popolo basco possa esprimersi liberamente e che ciò che decida sia rispettato dagli stati francese e spagnolo e dall’insieme della comunità internazionale. Per un processo di questo tipo, Euskadi Ta Askatasuna (Paese Basco e Libertà, ETA, N.d.T.), afferma di avere una disposizione al dialogo e volontà di accordo totali. Una tregua unilaterale di ETA non sarebbe assenza di violenza. Questo è già successo altre volte e la violenza degli stati è continuata. Il PNV dice che è la violenza di ETA che impedisce al popolo basco di esprimersi liberamente e democraticamente, quando è vero il contrario: è perché gli stati calpestano violentemente tutti i diritti del nostro popolo che ETA utilizza la lotta armata.

 

 

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