A::
"mail list Co. Euskadi bari" <Paesibaschiliberi@autistici.org>

Oggetto:
[Paesibaschiliberi] il Paese Basco a Cancun

Data:
Mon, 15 Sep 2003 12:02:15 +0200 (CEST)

dal quotidiano GARA del 15.09.2003

IL PAESE BASCO A CANCUN
di Karlo Raveli e Pablo Martín Galiana – partecipanti al Forum Sociale di Euskal Herria (Paese Basco,
N.d.T.)

Nell’ultima fase di globalizzazione di questo sistema stanno nascendo proposte e risposte popolari per il miglioramento dello sviluppo umano più complesse e complete della precedente resistenza anticapitalista dei Secoli XIX° e XX°. I danni sempre maggiori che questo modo di produzione infligge al pianeta ed all’umanità, hanno generato questa maturazione. In tutti i paesi, i movimenti sociali hanno iniziato a sviluppare nuove tattiche e strategie per raggiungere quell’«altro mondo possibile e necessario» che finora è stato solo la speranza o l’utopia di pochissimi.È stato il terribile sviluppo della capacità distruttrice e di impoverimento del sistema ciò che ha
portato a scoprire orizzonti più ampi e profondi. Il concetto di biodiversità si sta trasformando nell’asse fondamentale per molte lotte: contadine, nazionali, sociali, culturali, ecologiste…

Chi avrebbe immaginato, solo fino a pochi anni fa, l’eventualità di una risposta sociale tanto importante ed estesa ai piani criminali dell’allora quasi clandestina Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC)? Non è il frutto di una maturazione crescente di molti settori sociali, che stanno raccogliendo le nuove sfide lanciate dalle oligarchie mondiali ai popoli ed alla natura?

La risposta popolare all’OMC si riassume ora nello slogan «Sovranità alimentare per tutti i popoli», ma sul fronte di lotta troviamo, insieme a popoli e nazioni oppressi, i sindacati, i movimenti delle donne, settori culturali, contadini, ecologisti, educatori… Dunque, cosa sta succedendo, realmente?

Prima di Cancun, c’era stata un’altra riunione importante dell’OMC, che rappresenta, con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), uno dei principali esecutivi mondiali del potere economico. È stata l’Assemblea OMC di Seattle (1999), in occasione della quale ha brillato, con tutta la sua potenza, il nuovo movimento «no global», riuscendo, con manifestazioni di massa, a bloccare e rendere momentaneamente inutilizzabile la potente istituzione. Lì, nacque anche Indymedia, il più efficace strumento di comunicazione popolare nazionale ed internazionale che
sia mai esistito.

Da allora, la fiamma delle mobilitazioni planetarie si è estesa senza sosta contro le altre istituzioni
capitaliste: FMI, G8, NATO… e si è coniugata con un altro tipo di fenomeno sociale mondiale, i forum, integrando ogni tipo di lotte e proposte sociali riformiste o rivoluzionarie. È un movimento che il 15 febbraio di quest’anno ha messo in evidenza la sua importanza ed il suo spessore. Per la prima volta nella storia, si è generata una mobilitazione spontanea mondiale, in tutte le città, contro la guerra in Iraq, senza organizzazioni, partiti o strutture stabili che la dirigessero.

Inoltre, bisogna sottolineare un’altra grande novità: in questi ultimi anni, ogni tipo di lotta sociale e
culturale, si sta progressivamente connettendo a tutte le altre. Intanto, le lotte nazionali indigene stanno assumendo un protagonismo senza precedenti, al di là delle molte e conosciute resistenze di vecchie sinistre che ancora esistono. La sovranità alimentare è, logicamente, una delle componenti fondamentali dei processi indipendentisti e di autodeterminazione e le vecchie formule, chiuse, di lotta di classe, con le loro zuppe di internazionalismo statalista, devono passare a miglior vita.

La sovranità è possibile solo se ciascun popolo ha la sovranità sul suo ecosistema, sulla sua biodiversità naturale e culturale, in definitiva, se può essere indipendente socialmente e politicamente. Giustamente, il nuovo internazionalismo popolare sta superando anche le arcaiche ideologie stato-nazionaliste e trova nella biodiversità culturale e naturale il suo asse elementare di riferimento.

Contro tutto questo si ergono i centralismi degli stati, base di ogni imperialismo. Da quelli grandi,
USA, Russia e Cina, fino a quelli di terza categoria, come Turchia e Spagna. Questo tipo di nazionalismo si rivela come uno strumento essenziale di oppressione ed asservimento dei vecchi stati. Così come noi diciamo Euskal Herria = Euskaldunon Herria (Paese Basco = Paese di coloro che parlano il basco, N.d.T.), tutti i popoli vogliono costruire comunità sovane sulla base
della loro cultura, della diversità bioregionale, delle tradizioni e modi propri di vivere e produrre in
ciascun territorio. La biodiversità, per i popoli, è inseparabile dalla cultura.

Con l’unità di azione fra i movimenti sociali del mondo, crediamo davvero che stiamo assistendo non solo ad un nuovo fenomeno sociale di grande portata, ma anche alla vera possibilità di cambiare in positivo i modelli di sviluppo dell’umanità. Cominciando dall’autodeterminazione di tutti i popoli, grandi e piccoli, che è anch’essa una condizione indispensabile per rompere l’egemonia dei grandi monopoli transnazionali. Non è concepibile un miglioramento sociale mantenendo in piedi stati oppressori di interi
popoli!

A Cancun e dopo Cancun, speriamo che tutto questo risulterà ancora più chiaro. Come abbiamo riassunto nel Primo Forum Sociale del mese di giugno, a Gasteiz, un’altra Euskal Herria non solo è necessaria, ma è possibile. Con gli altri popoli indigeni e con tutti i movimenti popolari anticapitalisti, saremo e siamo contro l’OMC, una delle più nefaste istituzioni delle quali si sono dotate le poche centinaia di famiglie dell’oligarchia che domina il pianeta. E i cui servi, non dimentichiamolo, sono anche in casa nostra, per quanto nazionalisti baschi e democratici si
proclamino...

 

Atzera (indietro)