From: mb.tiaz <mb.tiaz@libero.it> 
Subject: ricerca su CM 
To: cm-crew <cm-crew@inventati.org> 
Date: Sat, 14 Jun 2003 14:51:50 +0200

CIAO RAGAZZI 
QUESTA è UNA RICERCA 
FATTA PER UN MODULO DELL'ESAME DI ETNOGRAFIA 
ALLA FACOLTà DI SOCIOLOGIA BICOCCA.

::: Etnografia delle cose: la bicicletta.  
				
					Bianchi Mattia e Carioni Lorenzo 

"Sin dalla sua comparsa, 
la due ruote è sempre stata intimamente legata al concetto di libertà"
                                                               
					Matteo Guarnaccia

::: Introduzione, alcuni cenni sulla cosa:
 
 In una pagina del Codice Atlantico, Leonardo da Vinci tracciò uno
schizzo di velocipede con trasmissione a catena e demoltiplica, una
novità introdotta soltanto nel 1885. A Stoke Poges, nel
Buckingamshire, sulle vetrate di una chiesetta del 1642 è raffigurato
un angelo seduto su una trave a forma di cavalluccio marino,
appoggiata su due ruote. Nel 1791, Monsieur de Sivrac realizza un
rozzo prototipo di quella che sarà la bicicletta, si tratta del
celerifero, due ruote di legno a sei raggi congiunte da una trave: ci
si spingeva facendo leva con i piedi per terra. Intorno al 1840 il
fabbro scozzese Kirkpatrick Mac Millan elabora un veicolo con la ruota
posteriore motrice più alta di quella anteriore, con pedivelle
azionate dall'uomo seduto sulla ruota stessa. Intorno al 1880 Starley
ideò un modello più basso, molto simile alla moderna bicicletta.

 Questi sono alcuni dei passi che hanno favorito lo sviluppo della
``bicicletta" come noi ce la immaginiamo, poiché modello tipico delle
nostre generazioni, con le forme che la rendono caratteristica e che
difficilmente si modificheranno, se non per aumentarne la
commercializzazione o per migliorarne le prestazioni sportive (aspetti
che spesso vanno di pari passo come poi vedremo).

 Bisogna però sottolineare due miglioramenti rilevanti nel corso tempi
moderni: il primo vede la creazione della bici pieghevole e di
dimensioni ridotte (la versione italiana, la ``Graziella" della
Carnielli vendette un milione di esemplari). La seconda novità, grazie
anche ai migliori materiali, è tuttora in fase di espansione. Si
tratta del modello noto come ``rampichino" o anche ``mountain bike"
sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni ottanta e che sta avendo un
grosso successo anche in tutto il mondo.

 Questi due esempi sono solo alcuni dei tanti modelli che riempiono il
mercato, la bicicletta quindi non ha una definizione univoca, nel
senso che ci sono moltissimi aspetti che la rendono diversa dalle
altre modificando anche il rapporto che l'individuo instaura con il
mezzo. Allo stesso tempo per essere funzionale è composta di una serie
di elementi che non possono venire a mancare: due ruote, un manubrio,
un sellino, due pedali e un telaio che colleghi il tutto.

 Il telaio è l'anima della bici in quanto ne definisce l'uso, esistono
tipi differenti di tubi per telaio, a seconda del peso e della
qualità, naturalmente il suo modificarsi deve essere accompagnato dal
variare degli altri elementi strutturanti. Oltre a questi non possiamo
dimenticare gli accessori di una bici: batticatena (1), borracce e
portaborracce, campanello, carter, luci, nastro, parafanghi, pompa,
portapacchi, sedili.

 Tutti questi accessori danno la possibilità ai ciclisti di scegliere
il rapporto da tenere con la propria bici, ognuno è in grado di
personalizzarla a suo piacimento, la bici diventa quindi una ``protesi
umana" una parte di noi stessi, ma non solo grazie alle modifiche che
noi abbiamo voluto apportargli ma anche per il suo semplice
utilizzo. L'uomo e la bici diventano un tutt'uno, ognuno dipende
dall'altro per riuscire a coprire grandi e piccole distanze, suo fine
principale.

 Prima della diffusione dell'automobile o ai suoi albori la bicicletta
veniva usata come unico mezzo di trasporto e di lavoro, i nostri nonni
e genitori hanno ben impresse le immagini dei prestinai, degli
arrotini che giravano per la città con bici che trainavano carretti
carichi ``del loro lavoro". Non dimentichiamoci che la bici è stata il
mezzo di trasporto più usato in Italia (e non solo) fino al boom
economico degli anni '60. L'immortalità della due ruote forse è anche
legata ad una sorta di gratitudine per i benefici apportati alla
società civile e principalmente a coloro che potevano permettersi solo
questo pezzo di ferraglia: ``il primo mezzo di trasporto non si scorda
mai".

 Le evoluzioni tecnologiche che hanno investito la bici e il cambiare
del contesto storico-sociale hanno ampliato gli orizzonti di utilizzo
della bicicletta, trasformandola in un surplus per l'individuo che
vede la sua attenzione catalizzata dall'automobile e suoi derivati. Lo
stesso sport è stato fondamentale per lo sviluppo e l'evoluzione della
bici e del suo rapporto con l'individuo, ci sono vari tipi di bici: le
mountain bike bici estremamente versatili con piccoli telai e ruote
molto resistenti inizialmente impiegate per attraversare boschi e
strade dissestate con varie pendenze, le bici da cross usate nelle
gare ciclocampestri per superare difficoltà derivanti dall'asperità
del terreno, le bici da pista che non hanno freni e marce con un
telaio corto e pedali che non toccano il terreno (gare su pista sono
quelle di velocità, il giro o chilometro a cronometro con partenza da
fermo etc.) e da corsa usate per gare su strada dove il telaio è più
leggero e le ruote molto sottili.

 Ognuna di queste bici si differenzia nella struttura e quindi nel
rapporto che va ad instaurare con l'individuo, difatti la
commercializzazione di questi modelli ha dato la possibilità di
ampliare gli orizzonti di scelta dei consumatori che ora come ora sono
in grado di scegliere il mezzo in base all'utilizzo che ne devono
compiere. Inoltre la vasta gamma di scelta ha dato la possibilità alla
stessa bici di mantenere l'attenzione che i mezzi a motore le hanno
strappato, andando incontro ai gusti ed alle esigenze del ciclista.

 Chiedendo ai ciclisti che si possono incontrare in ogni dove si
capisce come per ogni bici sia collegata una fase della loro vita, si
parte da bambini con bici piccole munite di piccole ruote agganciate
alla ruota posteriore per permettere maggiore
stabilità. Successivamente per chi non è stato ``colpito" dalla
diffusione della mountain bike (la classe 1981 potrebbe essere una
delle ultime a godere della diffusione di questi modelli) ci sono le
bici con le marce, le famose Atala, spesso sorrisi e occhi lucidi
accompagnano i resoconti dei ragazzi, soprattutto maschi, poi c'è chi
è passato sempre nel periodo adolescenziale alla BMX, bici spesso
usata dai più spericolati poiché capace di compiere numerosi ``trick"
come direbbe uno di loro. Poi col passare degli anni sembra quasi che
l'attenzione per la bicicletta scemi sempre più, e i mezzi di
spostamento diventano altri. Non è difficile incontrare persone che
ammettono di usare la bici ormai per pochi spostamenti anche se da
piccoli ne erano innamorati, d'altronde è l'effetto della novità
dell'imparare un qualcosa di nuovo è difficile riuscire a mantenere
integro lo stesso entusiasmo, sono loro a dirci che la pigrizia
metropolitana prima o poi ti viene a prendere....a casa. Qualcuno però
che quelle emozione le prova ogni volta che sale in sella c'è,
Critical Mass ce lo insegna e non solo.

 Come abbiamo precedentemente sottolineato, l'evoluzione della bici è
influenzata dal contesto storico-sociale all'interno del quale viene a
trovarsi e con l'avvento della modernità all'interno delle città
italiane e del mondo la bici ha modificato ancora una volta il suo
valore simbolico. La bici è diventata un'alternativa dovuta alla
nascita di nuovi mezzi di locomozione privati e pubblici. L'espansione
delle civiltà urbana a discapito di quella rurale ha portato ad un
utilizzo smodato di cemento per rendere il più confortevole possibile
il viaggio in macchina o motorino, la bicicletta è rimasta estromessa
dalla nuova progettazione metropolitana ma grazie alla sua forza,
rappresentata dal volere individuale, è riuscita ancora una volta a
salire alla ribalta o per lo meno a dimostrare di esistere ancora e
soprattutto di essere fondamentale per il benessere del cittadino.

 Il cittadino moderno è diventato pigro, sia fisicamente che
mentalmente, adattandosi a ciò che gli viene posto dall'alto, poche
persone hanno ancora voglia di effettuare uno sforzo fisico per
spostarsi quando c'è la possibilità di scegliere qualcosa di più
comodo. La due ruote diventa un corpo estraneo, guardando la nostra
città, Milano, notiamo come le piste ciclabili siano delle vere e
proprie ``oasi", difficili da scorgere e spesso sconnesse o senza
senso. Le strade sono delle macchine.

 L'interesse nei confronti delle bici da parte degli organi
istituzionali è nato nel momento in cui si è notato che le città
stavano diventando delle vere e proprie ``camere a gas", gli scarichi
delle macchine e dei motorini hanno reso le città invivibili così sono
nate delle iniziative chiamate ``Domeniche a piedi" dove per un giorno
usare la macchina è un reato e la bici è la vera padrona della città.

 Oltre a queste sporadiche probabilmente inutili se non ridicole
iniziative istituzionalizzate è nato un movimento diffuso in tutto il
mondo che fa della bici il suo mezzo di protesta. Critical Mass è il
suo nome, nasce da pochi fedelissimi in California per poi diffondersi
a macchia d'olio ad una cerchia sempre più vasta di persone, queste
non necessariamente vedono nella bicicletta uno stile di vita,
avvertono però questa situazione di disagio all'interno della città
dandole così una particolare valenza simbolica.

 L'aspetto che intendiamo analizzare nella nostra etnografia e proprio
il variare del significato attribuito dall'uomo alla bicicletta, vista
come uno strumento di critica e protesta nei confronti del logorio dei
tempi moderni che ci coinvolge in prima persona. Non tutti vogliono
accorgersene poiché i danni fisici saranno rilevabili solo più avanti,
alcuni credono che tutto si possa fare senza limite e senza recare
alcun danno all'ecosistema altri proprio si disinteressano dei
problemi.

 La bici si carica quindi di valori importanti cercando di ritagliarsi
quello spazio che da suo è diventato estraneo, nella nostra ricerca
andremmo ad analizzare proprio questa ``nuova" (Critical Mass nasce in
California nel 1992) realtà all'interno della nostra città Milano, qui
invece il movimento nasce nel 2002, andando ad intervistare coloro che
partecipano a queste manifestazioni di protesta e inoltre ci
addentreremo all'interno di una realtà appena nata e sempre legata al
movimento che è la ciclofficina del centro sociale milanese Deposito
Bulk. Le nostre interviste inoltre coinvolgeranno anche semplici
ciclisti, cercando di andare a scoprire quelle che possono essere le
loro sensazioni e i motivi che li portano ad usare la bicicletta.
 
L'esperienza sul campo tra Critical Mass e la Ciclofficina:

 Nella prima ``massa" (termine gergale per definire il movimento) in
cui ci siamo cimentati ormai un mese fa, abbiamo subito capito che
stavamo avendo a che fare con una parte della popolazione milanese che
aveva qualcosa di differente dagli altri ``critical mass....è una
coincidenza un improvviso incontro di ciclisti in/micro/polverati nel
mezzo delle masse automobilistiche cittadine"(2).

 Naturalmente non possiamo generalizzare senza alcuna base empirica, è
vero però che dopo qualche intervista e osservazione di ciò che
succedeva intorno a noi abbiamo notato un ``sentire comune". La massa
critica che ogni giovedì alle 22 parte da piazza Mercanti (zona
centro) ha voglia di mostrare le proprie bici, non vuole tenerle in
cantina, anche a costo di andare incontro alla pigrizia del mondo
metropolitano che ormai a macchia d'olio si è diffusa e che solo da
poco sta iniziando ad incontrare qualche resistenza. Questa
opposizione al ``mostro-macchina", immagine che meglio si adatta al
pensiero dei ciclisti, alcune volte è auto imposta dall'individuo che
inizia a consumare criticamente macchine, motorini etc.etc. Sarebbe
ipocrita sostenere che ogni persona partecipante a critical-mass non
usi la macchina, la cosa importante e sapere cosa si sta usando, cosa
si sta provocando, cosa si potrebbe evitare, questa è il pensiero
comune che staziona nelle menti della massa critica.

 La ``massa" pedala per 3,5-4 chilometri intorno alla città di Milano,
il percorso è deciso al momento quando i ragazzi si riuniscono e poi
via, l'atmosfera diventa boriosa, la gente si conosce chiacchiera,
vengono scambiate opinioni sul mondo che ci circonda, si parla delle
cose più futili insomma si interagisce ``perché più di una
manifestazione è la dimostrazione pratica e reale di come un'altra
città sia possibile, bella e divertente".

 L'andatura classica non è in fila indiana, perché il movimento è
comunque deciso nel suo intento, la strada bisogna occuparla, le
macchine non devono passare, la bici per 2 o 3 ore deve impossessarsi
della strada. Il fondatore di Critical Mass Chris Carlsson è chiaro:
``Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico"
(3). Centinaia di persone che pedalano per la città, indubbiamente è
coinvolgente un ``movimento in movimento" potremmo definirlo.

 Gli automobilisti come reagiscono, la loro frustrazione all'interno
della scocca che ben li ripara isolandoli dal mondo esterno è alle
stelle quando passano i ciclisti, la libertà delle due ruote si
contrappone alla ``claustrofobia" automobilistica. Clacson, strilla,
volano parole grosse il nervosismo e palpabile, la gente in bici ride
scherza, due mondi contrapposti e purtroppo in conflitto si trovano
faccia a faccia per strada. Recentemente su un giornale è uscito un
articolo: ``Il giovedì delle biciclette sfiora la rissa" (4), poi
quando chiediamo ad alcuni partecipanti le risposte sono vaghe, non
tutti hanno visto cosa è successo e chi era nei dintorni non si
preoccupa, catalogandolo come il solito ``mini-tafferuglio" che
inevitabilmente ogni giovedì si sfiora.

 Da un po' di tempo un strana presenza si aggira a chiudere il corteo,
la macchina della Polizia Municipale. Questa ci ha un po' stupiti,
poiché credevamo che ci si potesse organizzare anche senza il loro
aiuto invece poi andandoci a informare più nel dettaglio abbiamo
scoperto che è stata più imposta che voluta. E' Pesce a parlarcene,
uno di quelli che si è fatto le gambe sulla sua bici, che era tra i
primi 10-15 ``pirla" come lui stesso ci dice (fossero tutti così i
pirla aggiungiamo noi) che giravano per Milano, il 22-02-2002, nella
classica disposizione a ventaglio tipica del movimento. ``All'inizio
ci beccavamo avvertendoci tramite e-mail, sms e altro poi una sera
incontriamo una giornalista del Corriere della sera che ci chiede
qualche informazione e il giorno dopo pubblica un articolo su di
noi. La volta successiva la presenza inizia a moltiplicarsi, già di
per se un problema di ordine pubblico, successivamente verrà scritto
un ulteriore articolo su Il Manifesto, questa volta però la reazione è
differente. Oltre a nuovi ciclisti si presenta la Digos, vuole sapere
se siamo dei bravi ragazzi e non dei comunisti, da quel momento la
macchina della municipale è una costante ostruendo inoltre anche i
partecipanti. Personalmente non mi disturba la loro presenza, può
risolvere qualche controversia con gli automobilisti e poi non
possiamo farci molto."

 I ragazzi sono tranquilli sulle loro bici, si sentono invulnerabili
su quegli ammassi di ferraglia, perché di bici ce ne sono una miriade,
credo che alcune si possano vedere solo in queste
occasioni. Assemblati di bici con forme ``astratte", la stravaganza è
d'obbligo, siamo in una ``piazza" l'individuo si esprime mostrando
lati del proprio sé che emergono in situazioni condivise, in cui si è
trascinati dall'altro che da forza, vigore e coscienza alle nostre
idee, l'altro che in questo caso sventola una bandiera della pace,
siamo in tempo di guerra, non possiamo dimenticarcelo. Bici libertà e
pace, Critical Mass può essere anche questo. ``+bici, +kaos, +libertà"
questo è la penultima frase con cui termina il manifesto (5) del
movimento italiano.

 Come detto il rapporto con gli automobilisti non è idilliaco, non
bisogna generalizzare però il bello del contesto che queste bici in
movimento creano è anche composto dai clacson amici, dalle urla di
gioia di condivisione, applausi, fischi dei passanti di chi si trova
sul percorso. Non è difficile vedere automobilisti che fermano le
macchine spengono i motori stando ad osservare la marea di biciclette
che passano, ``le persone che guidano queste macchine mortali non sono
mostri. Tutti loro sono stati pedoni e sono andati in giro in
bici[...]"

 Prima di intraprendere questa ricerca, era capitato di trovarmi sul
ciglio della strada proprio al passaggio della ``massa" e insieme a
loro c'era anche una bici enorme su un piedistallo che veniva trainata
dai ciclisti, indubbiamente la sensazione è stata molto piacevole,
quasi emozionante. Le mani hanno iniziato a prudere, non si poteva non
applaudire, loro ci credono veramente ad un altro mondo e noi? I
ciclisti sorridono, salutano, applaudono probabilmente è in
quell'attimo che ci siamo avvicinati al mondo della bici, con
l'intenzione di approfondirne la nostra conoscenza.

 All'interno dei vari incontri non è stato difficile ricavare
informazioni, chiedere pareri o in generale riuscire ad avere un
contatto con la realtà da studiare. Occorre avere una bici,
nient'altro.  L'ambiente è molto cordiale per quanto sia coeso in
alcune sue parti data la presenza dei ``vecchi" che formano gruppo e
si isolano dagli altri rendendo più complesso l'inserimento per una
interazione. In generale con il passaparola che costituisce la fonte
di diffusione per nuovi partecipanti, il movimento è divenuto sempre
più ampio rendendo più facile la ricerca di informazioni.

 L'intervista in bicicletta è stata una sorta di ``nuova amicizia"
potremmo dire, è capitato che si interagisse con qualcuno anche per
pochi secondi chiedendo le cose che ci interessavano per ricavare
materiale ma poi aumentando la pedalata ci si staccava salutando e
ringraziando. Più spesso ci si sceglieva il compagno di viaggio con
cui fare due chiacchiere come Igor nostro fedele compare nei viaggi
all'interno della Milano notturna. Difficilmente ci portavamo con noi
carta e penna, bene o male non è stato difficile ricordarsi le serate
e le esperienze in cui eravamo coinvolti.  La mattina dopo comunque,
si cercava i ricostruire il tutto nel modo più dettagliato possibile.

  Ritornando ai nostri incontri con la massa critica, l'esperienza più
forte l'abbiamo vissuto in un giovedì che sembrava come tanti altri,
sempre accompagnati da Igor. Dopo aver portato a termine le solite
routine partiamo per il nostro tour milanese, dopo non molto ci
troviamo vicino alla stazione centrale dove era allestito uno ``skate
park", non ci vuole molto a capire che l'avremmo simbolicamente
occupato e ben presto ci troviamo nel mezzo di rampe e ``trick" (6)
vari. Persone di ogni età entrano e cercano di affrontare
razionalmente gli ostacoli posti di fronte a loro, non sono pochi
quelli che tirano dritto dato che alcune bici sono veramente vecchie o
strane. Questo aggettivo potremmo dire ripetersi spesso nei nostri
sguardi all'interno del gruppo, le persone si liberano delle loro
inibizioni e all'interno si comportano come in un mondo a se. Ci sono
bici veramente incredibili, per loro è un diletto mettersi in cantina
oppure andare alla ciclofficina nata da poco e sempre collegata a
Critical Mass e costruire delle vere opere d'arte. Poi ci dicono, dopo
tutta la fatica fatta per assemblarle vederle muoversi è una questione
di orgoglio personale, il sorriso difatti è una costante.

 Tornando al resoconto della ``massa" appena introdotta, durante il
viaggio capitava di notare ragazzi che da ponti o vicino ai semafori
contavano i partecipanti, poiché anche loro hanno bisogno di conoscere
che diffusione sta avendo il movimento che hanno iniziato. I risultati
non vengono riferiti, se li tengono per loro tanto il numero è
importante ma relativamente, ``potremmo andare anche in 10 e avere lo
stesso effetto" afferma Igor. Lui come altri ci fanno notare che il
movimento sta avendo un aumento di partecipazioni, sicuramente anche
in coincidenza della bella stagione...siamo tutti umani.

 Dopo aver attraversato lo skate-park (7) ci aspettano un altro paio
di azioni simboliche volte ad aumentare la coesione e il piacere dello
stare insieme, dapprima si occupa per 15-20 minuti una delle corsie
taxi, successivamente in un momento di pausa generale scatta la foto,
tutti o quasi (solo alcuni ci riescono) alzano le bici sopra la testa,
l'effetto è piacevole il risultato anche. Azioni di questo genere
avvengono quasi sempre, ``l'estate scorsa il caldo era estenuante,
passiamo vicino ad una grossa fontana, non c'è stato bisogno di dire
niente, è stata subito assalita e il bagno ha dato piacevoli
sensazioni" ricorda Igor.

 La serata finisce torniamo tutti a casa, salutiamo Igor dato che
potrebbe essere una delle ultime volte che ci troveremo, la sua bici
però ha qualche problema, non può più proseguire. Ci fa capire che non
può rimanere senza, allora appuntamento a domenica in ciclofficina
altra realtà nata dalla passione di questi ciclisti-critici.

 La ciclofficina nasce un anno fa ed è ancora in via di sviluppo,
l'idea arriva da coloro che della bici non ne fanno un semplice mezzo
di trasporto ma uno stile di vita. Potremmo definirla una costola di
Critical Mass, dato che ``i gestori", ci tengono a precisare la
mancanza di un direttivo, sono anche coloro che da tempo frequentano
il movimento.

 Alla ciclofficina ci siamo stati svariate volte, all'inizio è stato
un po' complicato addentrarsi nella realtà, sia noi non eravamo ancora
pronti a comprendere bene come avremmo dovuto raccogliere informazioni
sia perché c'era un po' di scetticismo nei nostri confronti. Entri
nella tua ciclofficina e vedi due ragazzi che seduti ad un tavolo, con
carta, penna e fogli sparsi continuano a scrivere anche senza fare
domande. Fortunatamente superate le prime barriere comportamentali,
abbiamo fatto le prime conoscenze e tutto è divenuto più
semplice. Abbiamo anche spiegato ad alcuni ciò che stavamo facendo e
subito ci è stato indicato Nino, lui è il nostro primo informatore
colui al quale ci rivolgiamo per chiedere le informazioni necessarie
per la nostra ricerca.

 All'interno del locale adibito alla manodopera abbiamo la fortuna di
avere tutto sotto controllo. Siamo in una stanza abbiamo sedie e
scrivania sulla quale disporre il nostro materiale prendendo appunti e
scrivendo ciò che avviene e ci viene detto.

 Questa realtà si trova all'interno del centro sociale milanese
Deposito Bulk, situato nella zona del Cimitero Monumentale, i ragazzi
tendono a sottolineare come le due realtà siano separate poiché la il
loro intento è di cambiare un attimo la visione del centro sociale in
questione, allontanandolo dalla funzione di luogo aperto solo nel caso
di serate con concerti. L'intento è quello di renderlo una realtà in
cui possa esserci spazio per una più vasta cerchia di persone, credono
che così si possano aprire gli orizzonti del Bulk rendendolo più alla
portata di tutti.

 La ciclofficina apre la domenica dalle 15:00 alle 18:00, l'orario è
piuttosto variabile, la prima volta che siamo andati l'apertura della
porta ha necessitato una cesoia per rompere la catena-antifurto
ritardandone l'apertura. Entrati abbiamo al piano terreno,
praticamente un sottoscala, una serie di ``carcasse", nome gergale per
definire le bici in disuso pronte all'intervento riparatore. Salendo
arriviamo al primo piano dove i locali che incontriamo sono tre: un
bagno molto grosso, una specie di magazzino e infine l'officina vera e
propria.

 All'interno del magazzino ci sono una serie di bici aggiustate ancora
da riparare con alcuni scaffali contenenti alcuni pezzi di ricambio o
strumenti di lavoro, questo è un luogo di passaggio in quanto situato
in cima alla rampa di scale e nel corridoio per entrare
nell'officina. Le mura sono tappezzate di articoli, volantini o
comunque messaggi propagandistici, il tema ricorrente è quello di un
mondo migliore possibile senza troppi sforzi ma con una bici in
più. L'ambiente è piuttosto buio e fresco.

 Passati dal magazzino si entra in un'altra saletta adibita alla
riparazione delle biciclette, questa è il cuore della ciclofficina, la
luminosità si contrappone al buio del locale adiacente, qui dentro è
necessario vedere cosa si sta facendo essendo la stanza in cui le
persone stazionano più a lungo come vedremo non solo per riparare le
proprie due-ruote. Dentro questa stanza c'era il nostro studio, una
scrivania e due sedie, bastava restare seduti ed osservare per
ricavare più informazioni possibili, il contatto ravvicinato dava la
possibilità almeno inizialmente di poter immagazzinare notizie
indirettamente, ascoltando le conversazioni.

 La stanza sembra più grande di quanto lo sia realmente, il soffitto è
molto alto e per quanto sia un locale spesso chiuso ci sono grosse
finestre in cima ad una parete che facilitano il ricambio d'aria. Lo
spazio centrale è libero, ci sono tre tavoli da lavoro mobili, anche
una sedia può ricoprire questa funzione senza problemi, su due pareti
ci sono scaffali con dentro la vita della ciclofficina, pezzi di
ricambio di ogni tipo da una parte e ruote, copertoni, sellini,
cerchioni, telai di bici sull'altra parete. In basso alla parete degli
attrezzi c'è una panca su cui le persone possono sedersi, difatti
mentre ci sono coloro che lavorano non mancano gli amici che seduti
parlano tra loro tra una birra e una canna. Anche loro hanno
conoscenze a riguardo, difatti spesso intervengono dando consigli o
semplicemente esponendo il proprio parere su una questione sollevata
dai ragazzi che lavorano.

 Il materiale che si trova negli scaffali è portato dai ragazzi che
gestiscono il luogo, la ``spedizione" viene fatta ogni tanto quando le
richieste di ritiro carcasse o pezzi di ricambio iniziano a essere
molte, un ragazzo ci dice che recentemente un padre di un suo amico
aveva chiuso una ciclofficina e tutti i pezzi che erano rimasti sono
stati presi e portati qua. Una domenica avevamo assistito ad una di
queste ``spedizioni", i ragazzi tornavano con scatole di ricambi e
dato che il disordine è una parola d'ordine ``il bello è il casino"
bisogna trovare anche un'allocazione ``Rocco...lo spazio forcelle è da
adibire? o c'è un posto dove metterle?". Nel momento in cui arrivano i
pezzi di ricambio (ruote, portapacchi, ingranaggi vari, forcelle) la
scena è incredibile, tutti si accalcano sulle scatole emozionandosi,
qualcuno dalle retrovia dice ``guarda come si arrapano". Le persone
che vivono la ciclofficina hanno un rapporto intimo con la due ruote,
questa suscita emozioni e sensazioni. Non tutti la vivono come
esperienza personale, poiché sono pochi coloro che la gestiscono, la
aprono tenendola nel modo migliore e organizzando serate, e per quanto
si ostinino a rinnegare un scala gerarchica c'è chi conta più di altri
o chi si ``sbatte" più di altri.

 Ritornando alla composizione dell'ambiente abbiamo sotto i finestroni
un tavolo da lavoro ricco di strumenti come chiavi inglesi, viti,
bulloni, seghetti e tutto ciò che può servire a chi deve mettere a
posto una bici. Su quel tavolo per un'ora e mezza abbiamo lavorato
come dei dannati per aggiustare miracolosamente la bici del nostro
amico Igor sollevando l'entusiasmo di Nino, come detto nostro
``Cicerone" e di un altro ragazzo che più di altri possiede conoscenze
ciclistiche.

 La ciclofficina non è solo un luogo di lavoro, di fronte alla parete
con le finestre abbiamo due banconi che vengono utilizzati come bar
quando vengono organizzate delle serate. I giorni di apertura oltre
alla domenica ed il mercoledì vedono un venerdì dove vengono
organizzati aperitivi con musicisti dal vivo. All'interno del locale
principale c'è anche un pianoforte che si nasconde o per lo meno
difficilmente si riesce a focalizzare poiché elemento estraneo dal
contesto in cui si trova. Le persone che arrivano il venerdì sono
spesso anche inseriti all'interno di Critical Mass, Nino ci spiega
come il venerdì sia anche utilizzato per organizzare assemblee
informali dove viene organizzata le gestione dell'officina e vengono
esposti anche problemi o difficoltà di gestione, le assemblee sono
aperte a tutti e chiunque può intervenire.

 Le serate del venerdì sera contribuiscono ad aumentare il grado di
socializzazione e continua interazione che anima lo spirito della
ciclofficina. Una delle grosse preoccupazioni dei promotori è infatti
quella di non poterla tenere aperta tutti i giorni, per riuscire ad
avere un maggiore contatto con i ciclisti che possono essere
interessate da un posto di questo tipo.

 Dal primo giorno che siamo arrivati alla ciclofficina, è subito
emerso come questa fosse una realtà a parte totalmente incentrata
sulla bicicletta. Stando al suo interno non era difficile carpire i
discorsi tra le persone, dai quali emergevano termini specifici che
indicavano sia una buona conoscenza dei lavori manuali, uno dei
ragazzi faceva il falegname, sia la coniazione di alcuni neologismi o
parole con una traslazione di significato, per esempio le bici
abbandonate sono le ``carcasse da cannibalizzare" o anche
``cadaveri". All'interno di questo luogo c'è un gergo alternativo.

 Le carcasse le trovano per Milano, i partecipanti alla ``massa" del
giovedì spesso e volentieri li chiamano appena notano una bici in
disuso, ogni cosa riesce ad essere riutilizzata per ripararne altre,
Nino mi dice che spesso chiamano persone che lui non conosce, magari
riescono ad avere il numero telefonico e non si fanno problemi a
contattarli, per esempio adesso c'è una certa Paola che lo sta
chiamando. Questo per lui non è un problema, la bicicletta è la via di
fuga dai problemi di ogni giorno, riuscire a dare vita ad una
bicicletta per loro è fonte di grande gratificazione.

 Quando andammo in ciclofficina per aggiustare la bicicletta di Igor,
ci rimanemmo per quasi due ore. Noi eravamo in tre più Nino e un altro
ragazzo che possiede le conoscenze sulla meccanica e in generale su
come muoversi con gli attrezzi. Il problema inizialmente sembrava
impossibile da risolvere poi proprio per la sfida che si veniva a
creare, la difficoltà ha stimolato un po' tutti dandoci la forza e le
idee per porre rimedio al danno. Bisognava cambiare la forcella,
l'unico modo è trovarne una di dimensioni uguali, ecco a cosa servono
le carcasse, l'abbiamo asportata e cannibalizzata sulla nostra bici
dopo averla accorciata con il seghetto e un po' di fortuna ci dicono
gli intenditori. Le reazioni ad ogni buona nuova erano di sincera
felicità, Nino alla fine dell'opera dice ``son cose" perché spesso non
si riescono a dare spiegazioni a ciò che viene compiuto sulle
biciclette, ogni volta può succedere qualcosa di nuovo e incredibile
difatti ci mostra subito una bici molto particolare, su cui stava
lavorando, illuminandoci sulle sue stranezze e particolarità. Alla
fine della nostra operazione ce ne andiamo, loro non chiedono dei
soldi sei tu che spontaneamente fai un offerta, ci spiegano che solo
se il pezzo di recupero è da comprare questo diventa il prezzo del
lavoro ``se qualcuno vuole una bici dall'oggi al domani, noi gliela
forniamo e poi gli chiediamo un'offerta, quello che può offrirci,
solitamente sono molto generosi".

 Noi siamo arrivati alle 15:30 e siamo usciti per le 17-17:30, nel
frattempo arrivava gente e quindi più la stanza si riempiva più si
interagiva, ogni bici diventava la propria sulle quali discorrere,
consigliare, c'è una continua interazione per riparare le bici, si
chiedono informazioni, ci si aiuta. Si prova piacere nel ricostruire
una bicicletta in compagnia, l'ambiente è molto aperto, favorito anche
dalla presenza in maggior numero di ragazzi. Nino ci dice ``nel
momento in cui metti a posto la bici sei parte dell'officina".

 Come detto il moto all'interno dell'officina è perpetuo, secondo loro
le persone che vengono sono varie ``la domenica spesso ci sono molte
persone, adesso non ce ne sono molte per via del ponte
feriale....vengono anche bambini con genitori". A noi non ci è mai
capitato di vedere persone oltre i 40 o sotto i 18, anche per...