APS Architettura e Urbanistica Sostenibili

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Tuscia chiama Ecotuscia

Oriolo Romano (VT) - 6 giugno 2004

 

ATTI

ASSEMBLEA TERRITORIALE........................................................Palazzo Altieri

Conclusioni dell'evento...........................................................................................A.U.S.S.

Introduzione all'assemblea.....................................................................................Sindaco di Oriolo Romano, Italo Carones

STATO DELL'ARTE

Ecovillaggi e prospettive urbanistiche...................................................................Arch. Amalia Bevilacqua

Criteri di sostenibilità nei P.R.G. e R.E.................................................................Arch. Maurizio Crocco

Sistema regolamento valutazione..........................................................................Arch. Alessandro Frezza

Energie tra piccole e grandi scelte: dalla guerra all’Iraq ai pannelli solari........Coop. T.E.R.R.E.

DALLA TUSCIA

Ecovillaggio Policentrico nella Bioregione della Valle del Treja.........................Paolo D'Arpini

Civitella Cesi esempio di fitodepurazione.............................................................Ing. Francesco Treta

Eolico e gruppi d’acquisto.......................................................................................Johannes Heger

Rifiuti: gestione e trasformazione............................................................................Dott. Fabio Musmeci

No alla centrale a carbone di Civitavecchia...........................................................Medico NOCOKE Mauro Mocci

PROPOSTE PER LA SOSTENIBILITA'

Dalla crescita delle cose allo sviluppo degli uomini..............................................Filosofo Esper Russo

Mentalità cittadina ed equilibrio ambientale...........................................................Dott. Daniela Rossellini

FIERA DELLE ARTI E MESTIERI ODIERNI...............................Piazza Umberto I°

La vita eterna del vetro raccolta, riciclaggio e riutilizzo.........................................Vetromaghie

Il riciclatorio.................................................................................................................Delia Modonesi

Santorsola..................................................................................................................Associazione culturale Frisigello

OFF ART....................................................................................................................Officina delle Arti

NOCOKE....................................................................................................................Comitato cittadino di Civitavecchia

Coordinamento per la tutela della salute e dell'ambiente......................................Comitato cittadino di Bracciano


CONCLUSIONI DELL’EVENTO

Una giornata pensata e realizzata per recuperare il tempo che nessuno ha più…il tempo necessario allo scambio di idee, conoscenze ed esperienze di vita.

Un luogo e un momento per riconoscersi tra chi, a fatica, sta costruendo un percorso di vita critico e libero; per conoscersi direttamente e creare i rapporti che di fatto costituiscono una rete territoriale.

Così assemblea territoriale e fiera delle arti e mestieri odierni sono stati lo strumento per mostrare aspetti diversi di un immaginario di vita sognato come via d’uscita al sistema dominante, contro la logica globale del profitto. Logica che spaccia guerre del petrolio come necessarie alla tranquillità di tutti; che ci organizza e confeziona l’esistenza illudendoci che sia la strada più facile da seguire per poi sperimentare sulla nostra pelle che cassa integrazione, disoccupazione e precarietà sono lo scotto che tocca pagare solo a noi; che si arricchisce impoverendo e inquinando le risorse naturali compromettendo il diritto di tutti alla salute.

Proposte di vita contro l’impotenza che ti assale quando salve due Simone italiane il tuo stile di vita continua ad uccidere altre Simone irachene.

La buona riuscita e l’interesse suscitato da questo evento ci spinge a proporlo come appuntamento annuale, magari itinerante per la Tuscia, per raccogliere e raccontare le esperienze di autodeterminazione affinché possano moltiplicarsi attraverso l’aggregazione, lo stimolo e l’incoraggiamento di chi sogna e cerca percorsi non tracciati.

A.U.S.S.


INTRODUZIONE ALL’ASSEMBLEA

Ringrazio l’Associazione A.U.S.S., e in particolar modo l’arch. A.Bevilacqua che costantemente e tenacemente ha portato a termine i lavori per questo Convegno; ringrazio la Provincia di Roma che ha contribuito, anche economicamente, alla realizzazione di questa manifestazione; voglio rivolgere i ringraziamenti alla Sovrintendenza del Lazio che ci ha consentito di svolgere questo Convegno all’interno di questo palazzo, Palazzo Altieri, e di inserirlo all’interno di una programmazione comune di interventi e iniziative tra Comune di Oriolo e Sovrintendenza per tutta la stagione estiva; per questo ringraziamo la direttrice del Museo di Palazzo Altieri, Grazia Rosa Cipollone e il sovrintendente ai monumenti del Lazio, Costantino Centroni.

Volevo brevemente sottolineare, nel ruolo di amministratore pubblico, l’importanza dei temi che oggi tratteremo in questo Convegno: l’importanza e l’attualità di tematiche delle quali sentiamo parlare spesso, quali la sostenibilità, la vivibilità, la bioarchitettura, che consentono al cittadino e alla comunità più in generale un più alto livello di qualità della vita.

Ci tengo a raccontare un fatto apparentemente casuale, nonostante i fatti dimostrino il contrario: oggi ci incontriamo qui a Oriolo Romano, in questo palazzo, su temi che 500 anni fa l’ideatore e fondatore di questo paese, Giorgio Santacroce, aveva già pensato fossero essenzialmente importanti per la vita.

Come molti di voi sapranno questo paese è stato costruito ex-novo su un disegno urbanistico e sulla intenzione utopistica di costruire la città felice.

Quindi Giorgio Santacroce, quando nella seconda metà del 1500 pensò di edificare, lo fece tenendo presente alcuni criteri, secondo cui i palazzi del potere non rappresentassero l’oppressione e la sottomissione del paese, ma venissero a far parte integrante del paese stesso, e secondo cui la costruzione di case avvenisse nel rispetto di criteri di salubrità e di igiene; questo è citato nelle scritture storiche qui rinvenute. Voglio, in questa sede, enfatizzare le frasi da lui sottolineate nell’antico Trattato di Giorgio Santacroce: “un paese all’uso degli uomini”, dove dava indicazione di come costruire il paese “in cui le case che si affacciano sulle vie debbono due facciate avere perché gli abitatori possono ristorarsi dei caldi come dei freddi per lungo e non per largo del sito”. 

Se voi tenete a mente il fatto che nel 1500 un signore illuminato abbia costruito un paese facendo capo a questi principi, potete ben capire quanto oggi, a 500 anni di distanza, sarebbe salutare se queste strategie fossero state portate avanti non solo da chi ci amministra, ma anche da chi ha contribuito a sviluppare l’architettura e l’ingegneria nel corso dei secoli.

Nella esaltazione di questi principi, dunque, non è casuale che un‘assemblea che abbraccia un territorio vasto che va dalla Tuscia romana a quella viterbese, possa riunirsi in questo paese, da subito dimostratosi pronto ad accogliere la proposta di ospitare la discussione su questi temi; e di questo possiamo andarne fieri.

Altro elemento che vale la pena sottolineare, per noi amministratori, è l’importanza della discussione, la conoscenza e la sensibilità su tematiche su cui siamo portati ad amministrare;cosa, peraltro, per nulla scontata.

Proprio a evidenziare l’importanza di queste tematiche, è stata firmata a Firenze, nel maggio scorso, una convenzione tra l’ANCI, Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia, e l’Associazione Nazionale delle Leghe delle Cooperative di Abitazione, sulla sostenibilità edilizia e urbanistica; una convenzione con cui l’ANCI  si impegna a sostenere le Cooperative edilizie che portano avanti, nei loro progetti, costruzioni che rientrano in questi criteri.

Ho voluto brevemente illustrare i principi suddetti, per dire che siamo stati felici di assumere questo impegno, spero possa essere il primo di tanti. Mi sono permesso di inviare inviti personali agli altri sindaci dei comuni limitrofi, la cui presenza,purtroppo, vedo che non c’è.

Io penso e credo che, portando avanti il dibattito, possiamo realmente far crescere la sensibilità su questi temi, e ciò, giova alla vita di tutti.

Italo Carones, sindaco di Oriolo Romano


ECOVILLAGGI E PROSPETTIVE URBANISTICHE

La definizione di sviluppo sostenibile ha avuto più volte bisogno di chiarimenti. La prima definizione data nel 1987– soddisfazione dei bisogni delle attuali generazioni senza compromettere quelli delle future generazioni – è stata criticata in quanto lascia spazio alla contraddizione dell’abbinamento dei  due termini “sostenibilità” e “crescita”, di cui il secondo ha un significato materiale e quantitativo. Nel 1991 viene definito come - soddisfacimento della qualità della vita mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi che ci contengono- caratterizzandolo con il rispetto dei limiti della natura.

Ma il dibattito è acceso e la definizione viene ancora messa in discussione fino a dimostrare l’incompatibilità tra gli stessi termini sviluppo e sostenibilità come riportato nel documento “fermiamo lo sviluppo del capitale” stilato a Cannitello nel 2003 in occasione del “1°Campeggio internazionale contro il ponte sullo stretto” - …oggi i movimenti ambientalisti, tutti coloro che sono contrari alla globalizzazione neoliberista, studiosi/e che credono nella eco-sotenibilità finalmente riflettono sulla contraddizione fra questi due termini inconciliabili: lo sviluppo ha a che vedere con l’espansione delle relazioni di capitale – la sostenibilità ha a che vedere con l’armonizzazione dei rapporti tra esseri umani e natura. Lo sviluppo mira al profitto di pochi, la sostenibilità all’autogestione delle risorse di tutti.-

Questo dibattito nasce da decenni di contestazione al sistema capitalista come testimonia la storica frase “pensa globalmente, agisci localmente” che sintetizza bene il concetto della sostenibilità e di una pratica d’azione che non può più fare confusione sull’agire in modo ecologico o meno: perché essere ecologici non è una scelta ma una condizione, noi siamo parte di questa terra, questo è l’ambiente che ci ospita, qui sono le risorse necessarie alla vita e una volta compromesse è finito tutto.

Nonostante la crescita della sensibilità e il susseguirsi di accordi internazionali -nel 1992 agenda 21, nel 1994 la Carta di Alboorg, nel 1996 HABITAT II, nel 1998 il trattato di Kyoto- tutto sembra rimanere sulla carta e alla contestazione di un paradigma socioeconomico se ne propone un altro deciso a tavolino e calato dall’alto.

Il cambiamento è reale quando è scelto e condiviso, ripensare un nuovo sistema implica cambiare il proprio stile di vita. Ancora una volta, come sempre è successo nella storia, le esperienze di autorganizzazione e libero pensiero esprimono il desiderio di un cambiamento che non si limiti alla sola contestazione ma che realizzi nel concreto un nuovo agire.

Comunità urbane, ecovillaggi e villaggi rurali non sono quindi isole felici ma scelte difficili, dove tutto va inventato e dove il percorso non ha prospettive certe o conosciute.

Sono realtà che hanno precedenti storici a partire dalle esperienze di comunitarismo e associazionismo spontaneo per arrivare al pensiero degli urbanisti utopici, che già nel XVIII e XIX sec. cercarono vie d’uscita al degrado urbano prodotto dalla rivoluzione industriale in Inghilterra; teorici che vennero accantonati dal prepotente avanzare dell’organizzazione centralizzata e di massa della nuova economia. Oggi le illusioni del positivismo declinano; la contingente precarietà del mondo del lavoro rende arduo anche il consueto percorso del sistema dominante….così precarietà per precarietà la scelta di inseguire nuove vie diventa sempre meno utopica.

La vita si rianima e tutto il quotidiano diventa sperimentazione: la riorganizzazione socio economica; l’uso di tecniche antiche e nuove di minor impatto ambientale in agricoltura e in edilizia; la costituzione di percorsi didattici non tradizionali; la riscoperta del mutuo appoggio; il recupero del rapporto città-campagna e uomo-natura.

San Tommaso D’Aquino dà il nome all’occupazione del 1995, a Roma, di un edificio della Regione Lazio abbandonato dagli anni 40 e ora abitato da studenti, famiglie, giovani coppie, immigrati e singles. Venne promossa da un’altra occupazione del 1990 a piazza Sonnino che voleva rilanciare la sua esperienza di autorecupero come percorso capace di coniugare salvaguardia ambientale, occasioni di lavoro e soluzioni al problema abitativo. “L’autorecupero può permettere di riportare residenza popolare in aree dove la terziarizzazione e il mercato della casa “di lusso” ha snaturato pezzi di città, e di ridarli a quei settori sociali che hanno pagato più pesantemente le ondate speculative” Coop “Vivere2000” di Piazza Sonnino .

Qualche mese dopo l’occupazione, S. Tommaso si è messo in contatto con il gruppo di cui facevo parte all’epoca, chiamato “Facoltà di Architettare”, un laboratorio autogestito di architettura ecocompatibile: autocostruzione, tecnologie appropriate e energie rinnovabili. Il laboratorio era nato dal dibattito interno al collettivo politico di architettura e dall’esigenza di praticare nuovi strumenti e modi di agire per ripensare l’architettura e la figura dell’architetto stesso.

L’interesse di San Tommaso era di caratterizzare il progetto di autocostruzione con il nostro tipo di approccio, così siamo entrati nell’occupazione anche noi e si sono messe in moto sinergie che hanno avuto interessanti risvolti nel campo della sperimentazione. La necessità di adeguare i materiali di recupero ad esigenze e funzioni specifiche ha reso fondamentale la sperimentazione di tecniche di lavorazione e installazione del tutto nuove, sia nei lavori primari che nelle successive finiture.

Il valore sperimentale di queste pratiche è di evidente importanza, perché riguarda l’utilizzo di tecnologie appropriate all’interno di una iniziativa di autoristrutturazione che non si avvale di macchinari sofisticati e tanto meno di mano d’opera specializzata. E’ stato quindi un momento decisivo di verifica della applicabilità dell’ipotesi ecocompatibile in contesti finanziariamente carenti e di autogestione in genere.  

    

San Tommaso D'Aquino, lavori di autocostruzione nello spazio di Facoltà di Architettare

Altro strumento individuato da Piazza Sonnino per l’attuazione dell’autorecupero è stata la formulazione di una proposta di legge nazionale, una regionale e un bando pubblico comunale. Due anni fa è passata la legge regionale che ha permesso il riconoscimento dei lavori svolti e l’assegnazione, come case popolari, agli occupanti.

Altre sperimentazioni interessanti nel campo dell’autorecupero e uso di materiali naturali sono quelle realizzate nell’ecovillaggio di Upacchi, in provincia di Arezzo. Ma le sperimentazioni in questo caso riguardano una sfera più ampia: Upacchi è nato con “l’intento di una vita più semplice in armonia con la natura e con i vicini, pur mantenendo ognuno la propria autonomia economica ed individualità e di pensiero lontano da logiche di comunità o di setta” . Nel 1990 un piccolo gruppo iniziale ha comprato l’antico borgo e ha stilato lo statuto della cooperativa dove veniva richiesta, ai futuri soci, la condivisione del progetto di recupero ecologico dell’insediamento. Oggi tutte le case sono state vendute, gli abitanti lavorano fuori dell’ecovillaggio mentre vengono gestiti collettivamente l’acquedotto, la strada e la spazio aggregativo. L’impostazione privatistica ha forse permesso il veloce popolamento del villaggio, si sono insediate circa 13 famiglie nell’arco di 8 anni, ma pur avendo una gestione assembleare molti si lamentano della mancata realizzazione di progetti collettivi.

La Comune di Bagnaia, situata a 10 km da Siena, nasce nel 1979 dalla fusione di due piccole comuni. Inizialmente vivevano la casa colonica in modo distinto, poi il tempo e la condivisione della vita li ha portati a scegliere una organizzazione socio economica comunitaria. L’assemblea è il momento di discussione per le scelte da fare, di confronto sui problemi dei singoli e della collettività anche per quel che riguarda l’educazione dei figli, pur rimanendo nell’ambito familiare la scelta finale.

Anche nell’organizzazione degli spazi si riflette questa spinta alla vita comune, unita all’attenzione del rispetto per la sfera personale. Esistono spazi collettivi come la cucina, la sala, il giardino, la falegnameria, l’officina meccanica, la palestra-biblioteca. Ci sono le stanze personali e la casetta privata attrezzata con cucina, salotto con camino, e bagno; gli abitanti possono prenotarla quando vogliono avere un momento più intimo con la propria famiglia o con amici esterni alla Comune.

Collettiva è la proprietà della casa colonica e degli 80 ettari di terreno, parte degli abitanti lavora nella cooperativa agricola della Comune, gli altri lavorano fuori come insegnanti, bibliotecaria e scalpellino. Il reddito derivante da tutti i lavori va nella cassa comune con cui vengono pagate tutte le spese quotidiane (cibo, elettricità, gas, benzina etc), le spese sanitarie, spese scolastiche, una quota mensile per le spese personali di ogni abitante e una quota per un mese di vacanza all’anno.

Condividendo gli oneri comuni hanno trovato una strategia per diminuire i costi e l’impatto che avrebbero cinque nuclei famigliari con cinque cucine, cinque lavatrici, cinque frigoriferi, 5 o più macchine e via dicendo.

Altre realtà stanno tentando un percorso di liberazione individuando nel mondo rurale la possibilità di scegliere quello di cui hanno realmente bisogno. Realtà che si trovano in luoghi difficili da raggiungere, su montagne o in fondo a strade non battute: nei luoghi poco appetibili alla speculazione. Ruderi diroccati e terrazzamenti incolti diventano  economicamente accessibili a chi non vuole svendere la propria vita per un salario, per l’alienazione derivante dalla cecità del consueto ma che vuole sognare concretamente la libertà.

Così in Val Graveglia, a Cà Favale si sta rimettendo in piedi un borgo: tentando il mutuo appoggio con i ragazzi delle Ripe Rosse e coltivando i terreni per rispondere con la ruralità alla devastazione dell’ambiente.  

Borgo di Ca' Favale

Alla Verna, quattro anni fa, il gruppo di mutuo appoggio “maknovicina” ha dato una mano ad avviare il progetto rurale di Loris e Alla. Loro ora conoscono il territorio, le risorse a disposizione, il freddo, il vento….hanno un bell’orto, capre, buona parte del casale ristrutturato e aspettano nuovi abitanti per condividere la vita.  

Heliopolis - Chiusi della Verna

Da un anno, sulle Madonie, l’abbandonata Lanzeria rivive tra l’attività negli orti e i progetti con la vicina Palermo, dove la presenza di comunità di rifugiati mette sempre più in evidenza la condizione di sfruttamento di migranti e italiani. Sognando di riappropriarsi delle proprie vite, delle terre, della libertà, italiani e migranti hanno realizzato la cooperativa L.AR.CO. (Liberi ARtigiani COntadini) come strumento per gestire i beni confiscati alla mafia.  

Lanzeria sulle Madonie

Ho citato alcune realtà presenti in Italia come possono testimoniare gli indirizzari di due reti italiane: il R.I.V.E. e il C.I.R. nate per mettere in collegamento, in modo diverso, le tante esperienze. Spesso vengono considerate casi isolati, scelte drastiche, non risolutrici dei problemi di massa ma opporsi al sistema omologante significa anche rivoluzionare tempi e dimensioni di riferimento.

Voglio concludere con una frase dell’antropologa Margaret Mead “Non dubitare che un piccolo gruppo di cittadini riesca a cambiare il mondo; in effetti è, da sempre, l’unico modo per farlo.”

arch. Amalia Bevilacqua


CRITERI DI SOSTENIBILITA’ NEI PIANI REGOLATORI (P.R.G.) E NEI REGOLAMENTI EDILIZI (R.E.)

IL REGOLAMENTO EDILIZIO DEI COMUNI DI ARICCIA E VEZZANO LIGURE

Edilizia bioecologica - Regolamento prestazionale esigenziale - Certificato edilizio comunale di bioecologicità.

Il RE di Vezzano  approvato ed adottato fa seguito al RE di Ariccia e come questo, in modo più articolato, propone l’applicazione di un sistema organico di regole per la progettazione edilizia ecocompatibile.Il sistema di regole, attraverso gli indicatori di sostenibilita’, e’ strutturato in modo tale da permettere al progettista di individuare preventivamente tutti i settori su cui intervenire, per direzionare ogni singola scelta progettuale all’interno dei requisiti  di compatibilita’ ambientale.

OGGETTO E CONTENUTO DELLE  REGOLE EDILIZIE (R.E.)

  • Il Regolamento ha per oggetto qualsiasi attività di trasformazione urbana ed edilizia, nell'ambito del territorio comunale, le attività ad essa connesse, nonché quelle parti del processo di intervento che hanno influenza sulle procedure e sulla qualità del prodotto finale.

  • In particolare il R.E. definisce:

  • i requisiti e le specifiche di prestazione, cui devono rispondere le realizzazioni edilizie e le opere a verde

  • le caratteristiche delle schede tecniche descrittive e le modalità per la loro redazione, conservazione e aggiornamento.

INDICATORI E REGOLE FINALIZZATI ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Al fine di contenere fortemente i consumi energetici ed i livelli di inquinamento di aria ed acqua e di limitare lo spreco di suolo, è opportuno che il sistema delle regole, a tutti i livelli del processo edilizio, sia complessivamente ristrutturato.

Per definire il nuovo sistema delle regole è fondamentale individuare degli indicatori di sostenibilità, tramite i quali è possibile determinare i settori su cui intervenire, avendo contemporaneamente una misura del miglioramento della qualità ambientale.

In questo R E. vengono dettate delle nuove regole che servono a mitigare l’impatto sull’ambiente di alcuni funzioni urbane. Gli indicatori sui quali si interviene, come da direttiva CEE 89/106 sono quelli che misurano:

  • la sicurezza;

  • la qualità dell’ambiente, l’igiene e la salute;

  • la qualità dell’aria, emissioni e concentrazioni di inquinanti;

  • la protezione dal rumore.

La riduzione delle emissioni e delle concentrazioni di sostanze inquinanti è vantaggiosa sia all’ambiente che alla salute umana. La salvaguardia dell’ambiente favorisce il miglioramento della qualità della vita. La riduzione dell’uso delle risorse ambientali e la mitigazione dell’inquinamento sono alcune delle principali strategie da seguire per migliorare la qualità urbana.

 

CARATTERISTICHE TECNICHE DELLE OPERE OBIETTIVI GENERALI-PRESTAZIONI ESIGENZIALI- REQUISITI

Il Regolamento è redatto seguendo il principio "prestazionale" della norma ,che sostituisce alla norma di tipo "prescrittivo " e "descrittivo", la norma che fa riferimento a "requisiti di prestazione".

I requisiti sono raggruppati in “prestazioni esigenziali” in relazione alle esigenze al cui soddisfacimento fanno riferimento, secondo quanto disposto dalla direttiva CEE 89/106 sui prodotti da costruzione, a cui sono  stata aggiunte ulteriori “prestazioni esigenziale”

Le prestazioni esigenziali sono raggruppate in famiglie di obiettivi generali che il Regolamento vuol perseguire e sono:

  • QUALITA' MORFOLOGICA;

  • QUALITA' ECOSISTEMICA;

  • QUALITA' FRUITIVA;

  • SISTEMA QUALITA';

CONTENUTO DEL REQUISITO.

Ogni singolo requisito deve comprendere:

  • la definizione del requisito del tipo di intervento;

  • la scheda prestazionale del requisito, che è formulata attraverso:

    metodo di calcolo;

    metodo di verifica e di controllo di qualità del progetto;

    metodo di progettazione;

    attese di prestazione.

Le schede prestazionali del requisito del tipo di intervento si riferiscono alle funzioni correlate con i diversi tipi edilizi o destinazioni d’uso:

Tutti i metodi di calcolo e le prove, sia di laboratorio sia in opera, riportati nel Regolamento Edilizio, fanno riferimento a schemi sperimentati. Qualora esistono delle direttive o norme (CEE, CNR, UNI; ecc.) o altri studi di comprovata esperienza il progettista può farne uso citando espressamente i riferimenti progettuali.

CLASSIFICAZIONE DEL REQUISITO.

Elenco degli obiettivi delle prestazioni e dei requisiti:

  • QUALITA' MORFOLOGICA  

    Conservazione e valorizzazione degli spazi urbani tessuti ed edifici (storici, 4 requisiti); (esistenti, 4 requisiti);

    Qualità morfo-tipologica degli spazi urbani, tessuti ed edifici di progetto, 4 requisiti.

  • QUALITA' ECOSISTEMICA  

    Tutela del suolo, 6 requisiti;

    Salvaguardia formazione del verde, 7 requisiti e Allegato 1 Capitolato speciale tipo per appalti di opere a verde;

    Bioecologicità dei materiali, 5 requisiti;

    Igiene, salute e ambiente, 23 requisiti;

    Protezione da agenti inquinanti, 8 requisiti;

    Protezione dal rumore, 9 requisiti;

    Risparmio energetico e isolamento termico, 16 requisiti.

  • QUALITA' FRUITIVA

    Fruibilità di spazi e atttrezzature, 5 requisiti.

  • SISTEMA SICUREZZA  

    Resistenza meccanica e stabilità, 1 requisito;

    Sicurezza ai fini antincendio, 4 requisiti.

  • SISTEMA QUALITA'

    Regole e conduzione del processo edilizio, 2 requisiti.

I contenuti dei requisiti (specifiche e livelli di prestazione, metodi di calcolo e di misura, ecc.), sono stati elaborati in appositi allegati ai regolamenti di Ariccia e Vezzano Ligure prima citati.

Ogni requisito, è messo in relazione al proprio campo di applicazione individuato dalle destinazioni d’uso e/o dalle funzioni degli spazi edificati e dei quelli aperti e sistemati a verde.

Il progetto definisce nella relazione tecnica, quali requisiti, sono interessati dal progetto presentato in relazione alla destinazione d’uso, tipo di intervento e attività.

 

VALUTAZIONE DELLA QUALITA' GLOBALE, CERTIFICATO DI QUALITA’, INCENTIVI.

Il certificato è attribuito all'edificio quando siano stati applicati i requisiti, quelli dichiarati e presenti nella relazione tecnica allegata al progetto e siano verificati i parametri ambientali per la valutazione della Qualità Globale.

I requisiti, sono verificati in sede di collaudo, secondo i parametri e i metodi di verifica riportati per ogni requisito nelle schede tecniche allegate.

Il comune di Vezzano Ligure si prefigge di promuovere l’utilizzo di principi della bioedilizia nelle attività di edilizia su tutto il territorio comunale al fine di una tutela ambientale ed un incremento di qualità della vita negli ambienti confinati.

Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra scritti l’Amministrazione Comunale stabilisce un sistema di incentivi da applicare per tutti gli operatori che vogliano perseguire i principi del costruire ecologico ed ottenere così il certificato di qualità bioecologica

Per gli operatori che intendono acquisire il certificato di qualità bioecologica per tutte le destinazioni e quindi accedere agli incentivi previsti, il regolamento prevede corsie preferenziali nell’iter di approvazione dei progetti, scomputo sugli oneri concessori. attivazione di meccanismi per il reperimento di fondi di finanziamento con la partecipazione dell’ente pubblico.

Il progettista ed il costruttore certificano sotto la propria responsabilità per gli effetti di cui all’art. 481 del codice penale che le opere sono state progettate e verranno eseguite secondo i requisiti di bioecologicità di cui alle prestazione  raccomandate di bioecologicità contenute negli obiettivi prima elencati.

Arch. Maurizio Crocco


SR+V   SISTEMA REGOLAMENTO+VALUTAZIONE

Il sistema denominato SR+V si compone di un Regolamento Edilizio abbinato ad uno Strumento di Valutazione [VSA] e costituisce una piattaforma completa e semplice per una efficace protezione ambientale sia a livello preventivo che sul costruito esistente. Attualmente approvato ed in fase di sperimentazione nel comune di Vezzano Ligure (Sp). La metodologia e’ stata illustrata in occasione del Seminario di Studi “Verso un Nuovo Regolamento Edilizio” CNR, Bari nel 2001  [ http://www.iris.ba.cnr.it ] e nella sezione Assessment Tools della “Sustainable Building ‘02” International Conference, Oslo, Norvegia. [ http://www.sb02.com

 

Il RE di Vezzano fa seguito al RE di Ariccia e come questo, in modo più articolato, propone, per il raggiungimento degli obiettivi prefissi dall’Agenda 21 locale, un insieme di regole che definiscono chiaramente tutti gli aspetti per una progettazione edilizia ecocompatibile, parallelamente ad uno strumento di valutazione che possa restituire con chiarezza la complessita’ dei fattori coinvolti in questo ambito.

L’insieme di regole compone un RE strutturato come strategia di intervento preventivo, ed investe in primo luogo la preservazione del capitale naturale ed in un secondo la salute e la sicurezza dell’uomo per quanto riguarda il settore urbanistico, e piu’ in particolare quello dell’edilizia.

Il Regolamento è redatto seguendo il principio "prestazionale" della norma, che sostituisce alla norma di tipo "prescrittivo " e "descrittivo", la norma che fa riferimento a "requisiti di prestazione".

I requisiti sono raggruppati in "prestazioni esigenziali" in relazione alle esigenze al cui soddisfacimento fanno riferimento, secondo quanto disposto dalla direttiva CEE 89/106 sui prodotti da costruzione, e sono raggruppate in famiglie di obbiettivi generali che il Regolamento vuol perseguire. Il certificato è attribuito all'edificio quando siano stati applicati i requisiti, quelli dichiarati e presenti nella relazione tecnica allegata al progetto e siano verificati i parametri ambientali per la valutazione della Qualità Globale.

Lo strumento di valutazione VSAValutazione di Sostenibilità Ambientale - e’ stato sviluppato come proseguimento ed insieme miglioramento delle altre metodologie esistenti a livello mondiale quali il BREEAM nel Regno Unito, il TWIN in Olanda, il LEEDS negli USA  ed il recente CASBEE in Giappone.

Con la consapevolezza rivolta alla criticità della fase di verifica all’interno di un processo volto ad agevolare quelle costruzioni che complessivamente riducano il totale delle emissioni e con la volontà di considerare quindi tutte le sorgenti estese all’intero ciclo di vita dell’organismo edilizio, la VSA si prefigge lo scopo di valutare, dal punto di vista preventivo (da parte del progettista) e di verifica (da parte dell’autorità), l’insieme dei fattori che contribuiscono al danno ambientale tramite un indice sintetico finale che può fungere da termine di paragone tra diversi edifici, essendo riferito al metro cubo costruito.

Il quadro metodologico

La struttura della Valutazione di Sostenibilità Ambientale – VSA, ricalca quella oramai consolidata del Ciclo Vitale, analizzando i flussi generati dal costruito durante ogni momento della vita utile del manufatto. Inizialmente vengono, dunque, individuati tutti i materiali da costruzione (P’) necessari per la costruzione e la manutenzione dell’edificio, influenzati dai coefficienti relativi la loro ‘scarsità, ‘rinnovabilita’ e ‘tossicita’, poi le componenti assemblate derivate da ciascuna connotante strutturale (fondazioni, strutture primarie, secondarie, coperture, etc.) composte dagli stessi materiali ma a seconda della tipologia di aggregazione determinano due ulteriori coefficienti medi relativi la ‘durabilita’ (d’) e il ‘riuso/riciclaggio’ (rr’), che modificheranno nuovamente il valore precedente. Successivamente si aggiungeranno a questo totale, tutte le risorse accessorie (A’), per raggiungere il valore finale Rt.  

Inputs (comprensivi di outputs) relativi il manufatto edilizio.

I valori dell’energia inglobata (ei), che esprimono il contenuto energetico per unità di peso dei materiali, vengono sommati fra loro ed aggiunti al fabbisogno energetico medio annuo della nuova costruzione (E), per derivare il totale Et. I costi relativi i materiali come prodotti finiti, si sommano al costo della manodopera per le fasi di costruzione e manutenzione, poi al costo della gestione (come spesa media annua) ed infine ai costi di demolizione e smaltimento per ottenere Ct.

L’indice di sostenibilità ambientale

Il progettista deve poter avere la possibilità di verificare che l’insieme delle soluzioni costruttive e prestazionali diano complessivamente un risultato positivo, anche più volte durante l’iter progettuale, ed ancor di più, di individuare eventualmente quali sono i fattori di squilibrio del sistema.

Una volta ricavati i valori delle risorse R, dell’energia E, e dei costi C saranno inserirli nel diagramma REC (Fig. 2) dove, individueranno un punto x,y,z la cui distanza dall’origine rappresenta l’indice di sostenibilità ambientale relativo al sistema in questione. Questo valore verrà rapportato ai metri cubi totali del costruito ricavando un valore finale per mc, creando in questo modo una base comparativa tra costruzioni di differente entità ma con destinazioni simili. Il metro cubo medio potrà essere costruito utilizzando non più di una data quantità di R-E-C (Sm).  Minore questa grandezza, che nel diagramma risulta come la diagonale del parallelepipedo creatosi, maggiore il grado di sostenibilità.

La rappresentazione grafica permette comunque, oltre ad individuare l’indice aggregato ed i possibili sbilanciamenti verso uno o l’altro asse, di vedere i risultati parziali rispetto ad ogni fase del ciclo vitale.

Diagramma REC per l'individuazione dell'indice di sostenibilità ambientale - isa

 

Una caratteristica importante di tale diagramma e’ la flessibilità che concede al progettista di gestire i tre fattori liberamente con l’unico vincolo dettato dalla distanza dell’isa dall’origine. E’ possibile in questo modo individuare differenti settori con distanze decrescenti verso l’origine per applicare così un sistema di incentivi economici/fiscali.

Conclusioni

Il controllo tramite l’analisi dei flussi rappresenta sempre più una esperienza fondamentale ed imprescindibile nel processo progettuale. In questo senso e’importante arricchire il concetto di qualità edilizia con contenuti di rinnovata compatibilità ambientale, che investano l’insieme di tutte le risorse che compongono e rendono operativo l’organismo architettonico, e, da non dimenticare, quelle necessarie per il suo smaltimento.

La Valutazione di Sostenibilità Ambientale – VSA e’, dunque, una risposta alle attuali restrizioni culturali che mantengono il pensiero ecologico distante dalla progettazione. Essa si propone di:

-          Ottimizzare lo sfruttamento delle risorse, dalla produzione allo smaltimento del costruito e dei suoi componenti, al bilancio energetico totale, parallelamente ai relativi costi.

-          Dirigere le scelte progettuali verso un utilizzo più consistente delle fonti rinnovabili, sia nell’ambito dei materiali da costruzione, che nelle caratteristiche bio-climatiche dell’edificio.

-          Incentivare l’uso di materiali a bassa energia inglobata, e bassa tossicità durante l’intero ciclo vitale relativo al singolo materiale.

-          Integrare la fase di smaltimento delle componenti dell’edificio nelle competenze del progettista, tendendo verso materiali e componenti edilizie riciclabili o riutilizzabili, e quindi di facile smantellamento.

Arch. Alessandro Frezza


ENERGIA TRA PICCOLE E GRANDI SCELTE : DALLA GUERRA IN IRAQ AI PANNELLI SOLARI

Un’occhiata alle riserve ed al consumo di energia nel mondo è uno strumento molto utile per immaginare il futuro a breve termine. I paesi che (stime ENI del 2003)  detengono le maggiori riserve di petrolio sono Medio Oriente, Africa centro orientale, America latina e Cina insieme dispongono del 93 % dei 1000 miliardi di barili che consideriamo ancora disponibili. La situazione di squilibrio è schiacciante se si confronta questo dato con quello dei consumi di energia pro-capite nel mondo. Oltre il sessanta per cento dell’energia viene consuma in aree che sono quasi del tutto prive di riserve di petrolio: Giappone, Europa e America Settentrionale.

Considerando che a livello mondiale il petrolio copre oggi il 36 % delle fonti di energia e che la situazione di squilibrio non varia molto se aggiungiamo il gas, è chiaro che la fornitura di energia nel prossimo futuro sarà estremamente instabile.

Un equilibrio che rischia di precipitare appena i rapporti di forza presentano piccole modifiche.  

        

 

Mantenere invariata questa situazione è uno degli obiettivi su cui i paesi industrializzati oggi investono la maggior parte delle loro ricchezze.

Due elementi raffigurano la situazione in maniera molto sintetica: la quantità di risorse dedicate annualmente alle spese militari e la percentuale sul totale delle testate nucleari nei paesi ricchi e l’elenco delle ultime guerre combattute sullo scenario internazionale.

Gli Stati Uniti d’America ,ad esempio,  sono il paese leader 38,8 % delle spese militari mondiali ed il 48,8% delle  testate nucleari ; una scelta chiara  se si calcola l’autonomia in termini di energia che avrebbero gli Stati Uniti se facessero riferimento per coprire i propri consumi alle sole riserve interne: 3 anni, a fronte dei circa 650 per l’Iraq.

Per quanto riguarda le ultime guerre (terminate o in corso), elencando solo quelle legate indiscutibilmente  alla fornitura di combustibili fossili si ha una lista già piuttosto lunga: Angola 1975, Sudan 1983, Iran-Iraq 1980-1988, Congo Brazzaville 1992, Nigeria 1993, Iraq 1991, Cecenia 1994 Rep. Democratica Congo 1998, Afganistan 2001, Iraq 2003.

Su questi temi la soluzione militare è stata finora la strada predominante: si è cercata invece una trattativa internazionale su un’altra questione strettamente legata all’uso dei combustibili fossili, l’effetto serra. La combustione degli idrocarburi, divenuta centrale con la rivoluzione industriale, sta determinando in due o tre secoli la liberazione in atmosfera di tutta l’anidride carbonica, che era stata fissata con la fotosintesi in decine di milioni di anni. La variazione di concentrazione di questo gas in atmosfera ha come effetto, riconosciuto ormai da buona parte della comunità scientifica, un graduale surriscaldamento del pianeta.

Questo effetto è il meccanismo che ha permesso sinora la vita sulla Terra: infatti la temperatura media del pianeta è di circa 15 gradi e non è di circa - 20 °C , appunto per la presenza di gas in atmosfera che tendono a catturare l’energia contenuta nella radiazione solare. La variazione della loro concentrazione può portare variazioni climatiche difficilmente prevedibili ma comunque disastrose: l’acqua degli oceani  surriscaldandosi aumenta di volume, facendo innalzare il livello dei mari; i ghiacciai tendono a sciogliersi, la desertificazione avanza, i fenomeni estremi si moltiplicano, le specie animali e vegetali migrano o si estinguono. Nonostante queste questioni siano state individuate e confermate da oltre un decennio di lavori e studi sul tema, il protocollo di Kyoto subisce continuamente ritardi e violazioni.

Le misure che il protocollo prevede sono limitatissime rispetto alla reale necessità di intervento: riduzioni delle emissioni di gas serra del 5,2 % rispetto ai livelli del 1990. Un obiettivo dieci volte maggiore potrebbe forse avere un risultato commisurato con il problema.

 

Ma anche su scala ridotta sembra impossibile imporre alla nostra economia una inversione che preveda la riduzione di emissioni di anidride carbonica.

La questione di fondo è che questa richiesta equivale a quella di bloccare il ritmo di crescita e produzione del sistema capitalista: non esistono miglioramenti dell’efficienza dei sistemi produttivi o misure di contenimento delle dispersioni che tengano, riportare la concentrazione di CO2 indietro significa interrompere la crescita esponenziale che l’utilizzo dei combustibili fossili ha permesso. E all’oggi non esiste una risposta tecnologica che permetta di sostituire in tempi rapidi e con costi ragionevoli  un’altra risorsa energetica agli idrocarburi, mantenendo inalterato il ritmo di consumo.

Nel tentativo di dare una soluzione alle crisi cui andiamo incontro, la strada che a noi sembra obbligata è mettere in discussione il sistema economico attuale per arrivare al più presto a:

•          L’arresto della crescita mondiale del consumo di energia e alla sua progressiva riduzione

•           La trasformazione del modello produttivo e di consumo

•           La redistribuzione mondiale del consumo di energia

•           La scelta di un modello energetico che bandisca  combustibili fossili e nucleare

•           La programmazione dei consumi energetici sul potenziale del sole

 

L’analisi tracciata molto rapidamente (per esigenze di spazio) e l’urgenza nel proporre pubblicamente  questi argomenti, sono tema di discussione nella nostra cooperativa da qualche anno.

T.E.R.R.E. , Tecnologie ad Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico, nasce nel 1999 , con l’obiettivo di fornire un reddito ed un luogo di crescita e  sperimentazione (individuale e collettiva)  ai suoi soci .

La cooperativa, e si occupa di:

  • Progettazione, realizzazione, installazione ed assistenza tecnica di sistemi alimentati da energia rinnovabile e misure per il risparmio energetico

  • Attività didattica e formazione professionale nei campi energetico e ambientale

  • Promozione ed informazione su sviluppo sostenibile ed uso appropriato delle risorse.

Abbiamo scelto la nostra sede operativa in un centro sociale , ‘La Torre’, perché condividiamo con i centri sociali una critica radicale dell’esistente che ci porta a sperimentare nell’autogestione la possibilità di incidere sulla realtà.

Dal punto di vista dell’organizzazione interna, T.E.R.R.E. è un continuo esperimento: all’inizio abbiamo stabilito degli obiettivi condivisi (produrre reddito in maniera non ‘sommersa’, lavorare sulle tematiche ambientali ed energetiche, condividere le conoscenze e le responsabilità, lavorare anche su temi e in contesti che non producessero reddito ma pieni per noi di senso)  e dei criteri condivisi (no alle gerarchie, no alla settorializzazione, scelta collettiva dei lavori cui partecipare). Periodicamente modifichiamo regole interne, tempi e modi per provare a centrare gli obiettivi che ci diamo.

Abbiamo allestito un centro dimostrativo per le tecnologie da fonte rinnovabile nel Casale che ospita il centro sociale (lavoro ancora in fase di realizzazione ed ampliamento): è stata un’occasione per sperimentare e monitorare alcune tecnologie ed un utile strumento di didattica con le scuole e non solo.

Cooperativa T.E.R.R.E.


ECOVILLAGGIO POLICENTRICO NELLA BIOREGIONE DELLA VALLE DEL TREJA

Attualmente il 70% della popolazione laziale vive nella città di Roma, ciò implica un serio squilibrio nella program-mazione dello sviluppo economico delle entità territoriali comprese nella Regione. Occorre un riequilibrio, sia nella suddivisione delle competenze che delle strutture come pure nella delimitazione amministrativo-geografica delle varie realtà e comunità provinciali. L'occasione per questo riassetto funzionale viene offerta dall'imminente attuazione di una nuova entità regionale per l'Area Metropolitana di Roma che può condurre alla riaggregazione (su base di affinità cultur-ale, economica ed ambientale) delle restanti province storiche del Lazio. Ad esempio, in chiave bioregionale, si può oper-are l'integrazione della provincia viterbese allargandola a tutta l'area storica della Tuscia (compresa l'area attualmente rica-dente in provincia di Roma) mantenendo capoluogo Viterbo e ripartendo competenze amministrative decentrate a Civitavecchia e Civita Castellana. Questo ampliamento e decentramento, in piena omogeneità territoriale economica e ambientale, darebbe alla Tuscia quel valore aggiunto necessario ad un serio sviluppo progettuale e sociale. La chiave bioregionale aprirebbe la porta d'ingresso di una nuova realtà provinciale basata su una identità territoriale specifica fornendola inoltre della capacita di rapportarsi a Roma ed all'arca metropolitana con maggiore incidenza collaborativa. Nella prospettiva di un necessario riassetto generale del Lazio (sia per la Tuscia, che per le altre territorialità la della Sabina, Ciociaria e Agro Pontino) le idee bioregionali trovano sempre più adepti e hanno trovato il favore di vari studiosi e tec-nici, esse sono facilmente condivise anche dai nuovi movimenti ecologisti e di pensiero tra cui la Rete Bioregionale Italiana sorta per promuovere una visione ecologica dell'abitare il proprio luogo integrando diritti civili, valori umani e identità locale con il contesto naturale.

Ed ora una chiarificazione relativa al signifi-cato del termine 'Bioregionalismo'. Questa parola sovente risulta ostica ed incomprensibile (a chi non vi e avvezzo) e come ogni neologismo chiede un po’ di tempo per entrare nella consuetudine lessicale. Bioregionalismo (dal greco Bios/vita e dal latino Regere/governare) sta ad indicare la capacità dell'uomo di rapportarsi all'habitat, in simbiosi mutualistica con tutti i suoi abitanti ed dementi, in un criterio di ecologia e di relazione, nella reciproca appartenenza al luogo. Quindi nulla a che vedere con l'etnia delle popolazioni (che e un aspetto specifico della società umana). Infatti, per la compartecipazione bioregionale di un certo territorio viene richiesta la sola presenza ed esistenza. Dico ciò per chiarire che il Bioregionalismo non promuove campanilismi o xenofobie. Per fare un esempio più concreto prendo in prestito quanto espresso da Menenio Agrippa che comparo le molteplici funzioni dello stato agli organi del corpo umano (stomaco, fegato, arti, etc.)- Tutti questi organi (che territorialmente sono le bioregioni) -assieme- provvedono al buon funzionamento della vita (1'habitat) e delle strutture sociali (istituzioni). In tale sinergia decade ogni nota di 'preferenza'. Essendovi solo una semplice differenziazione funzionale dei diversi compiti. "Le multinazionali alimentari negano a miliardi di esseri umani il naturale diritto alla liberta, alla vita ed alla salute con-dannandoli ad un perenne stato di intossicazione causata dalla malnutrizione dell'abbondanza", Massimo Andellini.

Paolo D'Arpini


CIVITELLA CESI ESEMPIO DI FITODEPURAZIONE

L’accettabilità sociale delle opere di impiantistica ambientale passa attraverso una progettazione che contemperi le esigenze di un buon rendimento depurativo con la massima riduzione delle emissioni, dei rumori e con un’adeguata qualità architettonica.  

Questa operazione deve nascere da una lettura attenta delle qualità del luogo prescelto e dal riconoscimento dei suoi valori ambientali. Gli aspetti visivi di un luogo, infatti, devono essere riletti attraverso le specificità geomorfologiche, naturalistiche e quelle dovute al sovrapporsi delle trasformazioni operate dall’uomo nelle diverse epoche.

Come stabilito dall’art.31, comma 2 del D.Lgs. 152/99 e successive modifiche e integrazioni, gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 A.E. e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione marino-costiere devono essere sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’Allegato 5 dello stesso Decreto.

I trattamenti appropriati includono sia tecnologie di tipo naturale (quali fitodepurazione e lagunaggio) sia altre tecnologie a gestione semplice (quali i filtri percolatori o gli impianti ad ossidazione totale).

La fitodepurazione è un sistema di trattamento a ridotto impatto ambientale, definito anche di tipo “naturale”, basato principalmente su processi biologici. Gli impianti di fitodepurazione sono costituiti da ambienti umidi riprodotti artificialmente in bacini impermeabilizzati, attraversati, con diversi regimi di flusso, dalle acque reflue opportunamente collettate. Anche se realizzati con materiali tecnologici, tali impianti hanno l’aspetto di stagni e canneti e consentono quindi un buon inserimento ambientale purché progettati con attenzione rispetto al contesto paesaggistico. Tali sistemi sono caratterizzati dalla presenza di specie vegetali tipiche delle zone umide (macrofite igrofile), radicate ad un substrato di crescita o flottanti sullo specchio d’acqua. Le piante e, soprattutto, le comunità microbiche che si sviluppano all’interno del sistema sono responsabili del processo depurativo.

La fitodepurazione può essere applicata a reflui di diversa tipologia (domestica, industriale, agricola, ecc.) e può essere utilizzata per il trattamento secondario e terziario dei reflui urbani. Il suo funzionamento è caratterizzato da un’elevata tolleranza alle oscillazioni di carico organico ed idraulico, per cui risulta adatta anche per il trattamento dei reflui provenienti da agglomerati con popolazione fluttuante.

E’ possibile distinguere i sistemi di fitodepurazione in:

• sistemi con macrofite galleggianti;

• sistemi con macrofite radicate sommerse;

• sistemi con macrofite radicate emergenti:

    – a flusso superficiale;

    – a flusso sub-superficiale (orizzontale o verticale).

La superficie richiesta per A.E., che scaturisce dall’applicazione dei calcoli di dimensionamento, dipende dalle caratteristiche del refluo da trattare, dalla tipologia di impianto prescelta, dalle caratteristiche meteoclimatiche e ambientali del sito di ubicazione e dal livello di abbattimento delle sostanze inquinanti che si intende perseguire.

Gli impianti di fitodepurazione una volta realizzati permettono modeste possibilità di regolazione, pertanto risulta di fondamentale importanza eseguire con cura le fasi di progettazione e dimensionamento.

Gli impianti di fitodepurazione sono sistemi caratterizzati da una estrema semplicità gestionale, elevata flessibilità funzionale (nei confronti del carico organico e idraulico) e da bassissimi consumi energetici.

I sistemi più diffusi in Italia sono quelli a flusso sub-superficiale, in quanto, rispetto alle altre tipologie impiantistiche, presentano numerosi vantaggi, quali: il più facile inserimento ambientale; l’elevata efficienza depurativa anche nei mesi invernali (soprattutto in relazione all’abbattimento dei solidi sospesi, del carico organico e della carica batterica); la maggiore semplicità di gestione e manutenzione; l’assenza di problemi legati all’insorgenza di cattivi odori e alla presenza di insetti.

I sistemi di fitodepurazione presentano tuttavia alcune limitazioni che devono essere valutate a livello di scelta progettuale e gestite con accortezza.  

 

Scavo delle vasche di fitodepurazione

Vasche con le canne palustri cresciute

Ing. Francesco Treta


EOLICO E GRUPPI D’ACQUISTO

Gruppo Autoproduttori Energia Eolica

sul Lago di Bracciano (Roma)

Per un'energia sostenibile senza guerre e distruzione dell'ambiente

Obiettivo

Il Gruppo Autoproduttori Energia Eolica ha come obiettivo l'acquisto, l'allestimento e la gestione di piccoli impianti di generazione elettrica attraverso l'energia eolica, a scala domestica, per tutti gli aderenti. Vuole promuovere una cultura alternativa al consumo energetico (senza rubare le risorse ad altre popolazioni e privarne le generazioni future, senza dover scatenare guerre, senza dover distruggere l'ambiente, senza dover tappezzare il paese con elettrodotti, producendo l'energia sul posto di consumo).  

Agire in gruppo ha i seguenti vantaggi:

  • ottenere migliori condizioni di prezzo per il macchinario attraverso acquisti collettivi

  • scambiarsi informazioni pratiche su tecnologie e problemi di istallazione/gestione

  • ottenere condizioni favorevoli per prestiti relativi all'investimento in energie alternative

  • trattare in gruppo con le imprese per l'elettricità (ENEL) per ottenere il netmeetering come già previsto dalla normativa europea.

  • trovare maggior ascolto presso gli enti locali sui temi dell'energia sostenibile

Gli aderenti al gruppo intendono dotarsi di un piccolo impianto eolico sul proprio terreno per produrre energia elettrica in modo autonomo. E' necessario disporre di un lotto di terreno non urbano (turbolenze da altri palazzi, fastidio visivo per i vicini) e ovviamente sufficientemente ventilato.
Vento
Per sapere se l'energia dal vento è sufficiente nelle propria zona non servono, per un piccolo impianto, costose misurazioni. Basta osservare il portamento degli alberi.

Nella figura affianco: Da zona II (4-5 m/s) le risorse di vento sono interessanti ai fini di uno sfruttamento.

 

 

 

 

Uso dell'energia

L'energia eolica non è disponibile sempre, ma solo quando soffia (abbastanza) vento. E' quindi necessario immagazzinarla: in batterie, riscaldando acqua o pompandola in un serbatoio oppure immettendo l’energia elettrica in rete. Oltre alla generazione dell'energia per il carico di batterie (nel caso di abitazioni isolate dalla rete) sono oggi tecnologicamente mature tre applicazioni:

il pompaggio di acqua dal pozzo

Il generatore viene collegato direttamente ad una pompa elettrica. Simile ai vecchi mulini con pompa, tanto diffuse anche nella Tuscia, quando c’è vento l’acqua viene sollevata ed immagazzinata in un serbatoio. Due i vantaggi principali rispetto ai vechi impianti meccanici: 1- la pala non deve trovarsi necessariamente sopra il pozzo, ma può essere collocata in un punto del terreno con migliore ventilazione. 2 – I generatori moderni con le pale aerodinamiche sono molto più efficienti rispetto ai vecchi mulini, hanno meno parti meccaniche (nessun ingranaggio). Hanno quindi bisogno di meno manutenzione e si girano automaticamente fuori dal vento in caso di tempesta.

il riscaldamento dell'acqua calda

L'energia elettrica riscalda una serpentina in un boiler. Quest'istallazione è particolarmente semplice, necessita tuttavia di qualche dispositivo di regolazione (inverter e controllore di carico). Funziona del tutto slegata dalla rete elettrica e si abbina anche bene ad impianti solari termici, considerando che il vento è presente maggiormente nella stagione invernale, ovvero quando c'è meno sole.  

il netmeetering

Consiste nella immissione in rete della corrente generata dal vento, attraverso un secondo contatore montato dall'ENEL. L'energia guadagnata non può - nel conguaglio annuo - superare quella erogata, ovvero - in linea di massima si arriva ad una bolletta della luce con spesa 0. Per ora questa normativa è prevista solo per gli impianti fotovoltaici, ma viene applicata in maniera ufficiosa anche al piccolo eolico. E' necessario un inverter/stabilizzatore omologato che produce corrente "pulita" per l'immissione in rete ed un secondo contatore montato dall'ENEL (costa attualmente € 60,00/anno)

Il generatore (turbina eolica)

I piccoli generatori eolici hanno generalmente tre pale, diametri tipici da 2-3 m e producono, a secondo il modello dai 900 W - ai 1500 W nei venti forti (28-30 mph), ma è più importante conoscere la loro produzione mensile ad una velocità media del vento. A seconda la ventilazione dell'area di istallazione e l'uso intelligente dell'energia, con un piccolo impianto (diametro pale di 3 m) si riesce a coprire dal 50% al 100% del fabbisogno di energia elettrica di una casa unifamiliare. Esistono vari modelli di turbine in commercio. I prodotti americani hanno un buon rapporto prezzo/qualità, avendo negli Stati Uniti il piccolo eolico una tradizione ventennale alle spalle.

Esistono anche modelli di fabbricazione africana (dallo Zimbabwe), eccellenti per robustezza e affidabilità e con ottime valutazioni nei test di performance, tanto da essere largamente  esportati negli Stati Uniti ed anche in Europa. Un ottimo esempio per la globalizzazione “invertita”.

Torre

Per captare bene il vento è necessario montare il generatore su una torre, di altezza non inferiore a 10 m (meglio 15-30 m). Più alto si va, più forte sarà il vento, meno forte le turbolenze. E' bene sapere che con il raddoppio della velocità del vento l'energia in esso contenuta aumenta al cubo. Non conviene montare il generatore su un edificio, dato che può trasmettere vibrazioni con venti forti e l'edificio crea turbolenze che sollecitano a dismisura il generatore.

Le torri possono essere comprate "pronte all'uso" oppure auto-costruite. I modelli più economici già pronti all'uso sono torri strallate (con tiranti) che possono essere montate senza particolari macchinari a mano da due persone (fino a 20 m di altezza).

Le torri a traliccio sono in genere più costose, se costruite a forma di piramide non necessitno però di tiranti. In alcuni casi potrebbe essere conveniente adattare e riutilizzare le vecchie torri a traliccio dei mulini per il pompaggio dell’acqua.

Istallazione

La turbina viene fornita pronta per essere montata sul supporto (torre). Occorre qualche dimestichezza di bricolage per il montaggio. E' necessario comunicare l'istallazione al Comune, ma non dovrebbe essere soggetta a concessione (può variare da comune a comune).

L'impianto

A secondo l'uso prefigurato cambia il tipo di impianto. Per l'autocostruzione è richiesta dimestichezza con gli impianti elettrici. In caso di interconnessione con la rete è necessario che l'allaccio dell'inverter/stabilizzatore venga eseguito da un perito tecnico abilitato. Oltre alla combinazione solare termico/riscaldamento integrativo dell'acqua calda sanitario e/o del circuito di riscaldamento mediante generatore eolico, è possibile abbinare l'eolico con i panelli fotovoltaici. In questo modo è possibile sfruttare alcuni componenti (inverter/stabilizzatore per l'immisione in rete) per ambedue le fonti.

Costi

Alcuni esempi, a titolo indicativo

articolo

produzione

prezzo indicativo incl.IVA

Turbina diametro 2,10 m, produzione mensile 55 kWh con velocità media del vento di 3,5 m/s (7,8 mph)

USA

1800 Euro*

Torre strallata 10 m

Italia

600 Euro

Inverter per la connessione in rete (potenza nominale in uscita 1200 W)

Germania

2400 Euro

Inverter semi-sinusoidale, potenza nominale in uscita 1000 W

Germania

500 Euro

* soggetto a modifiche del cambio Euro/dollaro

Agevolazioni

Non sono previsti finanziamenti particolari per gli impianti eolici domestici (a differenza del fotovoltaico). Tuttavia, trattandosi di impiego di fonti energetici rinnovabili, si può usufruire della detrazione IRPEF del 36%, inoltre l'IVA dovrebbe essere del 10%. Diverse banche, fra le quali la banca etica e le banche di credito cooperativo concedono prestiti particolari per i progetti di fonti energetiche rinnovabili.

Conviene l'eolico domestico?

I costi dell'energia eolica sono inferiori a quelli degli impianti fotovoltaici e possono, in un luogo con venti sostenuti, ripagare la spesa dell'investimento in ca. 10 anni (la durata di vita di un generatore eolico va dai 20 ai 30 anni). Più è grande l'impianto, più conviene (a differenza del fotovoltaico, dove il costo è proporzionale alla superficie dei panelli). Proibitivo ancora il costo degll'inverter per l'immissione in rete. Unico modo per aggirarlo: installare un impianto misto eolico/fotovoltaico, ove il costo dell'inverter viene sostenuto in buona parte dal finanziamento pubblico.

La convenienza dell’eolico aumenta però nel tempo:

·    contrariamente alle risorse energetiche fossili, il vento non tende ad esaurirsi ma aumenta su scala globale per effetto dei cambiamenti climatici

·    la ristrettezza dell’energia fossile e il bisogno sempre crescente di energia fa salire i prezzi dell’elettricità

Purtroppo l'attuale politica energetica italiana non incoraggia l'uso dell'energia eolica su piccola scala, avendo favorito i megaparchi dell'eolico. Questa logica è in contrasto con i vantaggi principali dell'energia eolica: produrre l'energia dove serve, e con mezzi disponibili un po' ovunque. Serve quindi anche uno spirito pionieristico e la voglia di cambiare le cose partendo dalle mura domestiche.

Johannes Heger

Sito WEB del Gruppo Autoproduttori Energia Eolica www.badgir.it

Altri siti WEB sul tema

ISES Italia - Sezione Italiana dell'International Solar Energy Society http://www.isesitalia.it/

Mailing List internazionale sul piccolo eolico (awea wind home) http://www.yahoogroups.com/list/awea-wind-home

Scoraig Wind Electric (Scozia) http://homepages.enterprise.net/hugh0piggott/

Dati meteoroligici Vigna di Valle http://web.tiscali.it/anbareh/vigna_di_valle_dati.html

Libri Paul Gipe, Eletttricità dal vento, Impianti di piccola scala, Franco Muzio Editore, 2002, Euro 16,50  

Disciplina scambio energia http://web.tiscali.it/anbareh/pdf/disciplina_scambio_energia.pdf  (pdf)
Introduzione al piccolo eolico http://web.tiscali.it/anbareh/pdf/small_wind_electric_systems.pdf (in inglese, pdf)

Contatti

Per maggiori informazioni, per partecipare e per aderire al progetto contatta info@badgir.it tel. 06/45221067


RIFIUTI: GESTIONE E TRASFORMAZIONE

Parlando di rifiuti non si può fare a meno di effettuare una riflessione più generale sullo stato dell’ambiente e sui meccanismi che generano pressioni una volta inimmaginabili.

Pressioni che sono il motore di quello che ormai è conosciuto come il problema della insostenibilità dell’attuale modello di produzione e di consumo.

Non è infatti solo la disponibilità di risorse che minacciano la nostra società,  come si pensava all’epoca del famoso libro del MIT “i limiti dello sviluppo” del 1970, ma le conseguenze ecologiche del flusso di materiali indotto dall’uomo.

Le società moderne estraggono e metabolizzano, infatti, ingenti quantità di materiali molto maggiori di quanto non facciano le eruzioni vulcaniche o le erosioni prodotte dal clima.

Gli individui consumano direttamente cibo, vestiario e altro materiale. In  modo meno indiretto viene consumato materiale per le abitazioni, la fornitura d’energia, per viaggiare e comunicare, per l’agricoltura e l’industria. Negli Stati Uniti vengono utilizzate circa 80 Tonnellate di materiale annue a testa. Per l’Europa dei 15 questa cifra è superiore alle 45 Tonnellate annue a testa.  Direttamente o indirettamente questa messa in circolazione di materiali è causa di molteplici alterazioni dell’ambiente. All’ambiente è richiesto di raccogliere le migliaia e migliaia di tonnellate che ci lasciamo dietro sotto forma rifiuti ed emissioni in atmosfera. Possiamo parlare dell’attuale crisi come di una crisi metabolica. Tra i problemi generati dalla messa in circolazione e la trasformazione di grandi quantità di materiali vi è certamente il problema dei rifiuti nei paesi industrializzati.

L’uso di materiale può essere considerato una prima approssimazione della pressione esercitata sull’ambiente.

L’obiettivo della riduzione dei flussi dei materiali non si riferisce ad un particolare sintomo o danno ambientale ma ha un impatto globale sul sistema. Nei paesi in via di sviluppo si prevedono aumenti dei flussi dei materiali conseguenti ai cambiamenti tecnologici e strutturale del decollo economico. Nei paesi industrializzati le opportunità di aumento dell’efficienza e il principio di equità fanno della dematerializzazione dell’economia un percorso chiave.

Negli ultimi anni si è purtroppo imposto una sorta di pensiero unico, comune a diverse appartenenze politiche neoliberiste di destra e anche alcune aree della sinistra, secondo cui la nostra felicità deve per forza passare per l’aumento delle crescita, della produttività del potere di acquisto e quindi dei consumi. E’ questo pensiero il motore principale che, insieme all’aumento dei flussi materiali, genera iniquità, guerre e squilibri di ogni genere.

La difesa dell’ambiente si è in un certo senso occupata fino a tempi recenti dei nanogrammi, cioè di quei processi che ponevano in gioco piccole quantità, mentre è ora arrivata l’ora di occuparsi delle megatonellate, dei processi cioè che, per le quantità in gioco, minacciano la sopravvivenza del pianeta come oggi lo conosciamo.

L’obiettivo deve essere invece quello di rompere l’accoppiamento tra aumento della ricchezza (PIL) con l’aumento dei consumi materiali.

Manteniamo e ampliamo quindi le campagne di misura e di monitoraggio ma occupiamoci anche, e soprattutto, degli enormi flussi materiali che attiviamo.

Per ogni bene o servizio esiste una quantità di materiale utilizzata per la sua produzione che supera, a volte di molto, il peso del bene stesso. Si calcola, per esempio, che un automobile richieda almeno 8 volte il proprio peso in materiale (ed energia) utilizzato per essere prodotta. Questo peso rappresenta l’Input di materiale necessario nel processo produttivo. La differenza tra questo peso e quello del prodotto stesso è denominata “fardello ecologico” del prodotto. Il confronto dell’input di materiale richiesto per prodotti che forniscono lo stesso servizio può essere utilizzato per valutarne la compatibilità ambientale. Nelle valutazioni circa la riduzione dell’input materiale l’intero fardello ecologico deve essere considerato.

Obiettivo fondamentale della dematerializzazione è la riduzione di un fattore 10  nei prossimi decenni dei flussi di materiali ed energia che gli uomini sottraggono alla natura. La natura non conosce rifiuti, intesi come materiali che non possano venire costruttivamente assorbiti e riutilizzati in qualche altro posto del sistema naturale, ora o in futuro. Come nella natura i “rifiuti” di una specie vengono continuamente trasformati con un dispendio minimo in sostanze nutritive riutilizzabili da altri esseri viventi, così in un sistema economico sostenibile moltissimi rifiuti possono essere materiali preziosi per altri processi produttivi. Sulla base di questo principio  è possibile ridurre l’intensità di materiali e di energia dei processi di produzione e di consumo, chiudere progressivamente i cicli dei materiali e utilizzare le tecnologie che lavorano con i sistemi naturali e non contro di essi (come purtroppo troppo spesso oggi accade).

Ma attenzione: bisogna distinguere due tipi di cicli. Cicli dei materiali veri e propri (riciclaggio) e cicli dei prodotti (allungamento della durata della loro vita e dell’utilizzo).

Entrambe mirano alla riduzione della domanda di materie prime dalla parte dell’input e del volume di rifiuti alla fine del processo economico e produttivo. Dal punto di vista delle conseguenze per la insostenibilità, della scelta delle tecnologie e dell’economicità, vi sono però delle differenze fondamentali. Attualmente la discussione sui rifiuti si concentra essenzialmente sulla selezione e sul riutilizzo dei materiali, non sulla loro riduzione. Una società meno insostenibile richiede una decisa limitazione e un deciso rallentamento dei flussi dei materiali e di energia o del loro utilizzo nella produzione e nel consumo. La differenza di economicità fra riciclaggio da una parte e riutilizzo o utilizzo prolungato dei prodotti è quindi basilare. Dal riutilizzo dei prodotti deriva maggior valore mentre dal riciclaggio derivano materie prime spesso meno pregiate e il fardello ecologico va grandemente perso. Ancora peggio accade con il cosiddetto “recupero energetico” che spesso si limita al mero incenerimento dei rifiuti.

A tale riguardo si sottolinea come la “Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti” non si pone lo scopo di incentivare le pratiche di incenerimento e coincenerimento ma, al contrario, nel dichiarare la conclamata pericolosità di detti impianti e le precauzioni necessarie circa la loro localizzazione e il loro esercizio. Ribadisce a chiari lettere come la “strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti assegna priorità assoluta alla prevenzione dei rifiuti”, facendola seguire dal riutilizzo  dal recupero e solo in ultima istanza dallo smaltimento in condizioni di sicurezza. Nella risoluzione del 24 febbraio 1997, concernente la strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti, il Consiglio ribadisce che la prevenzione dovrebbe logicamente costituire la priorità assoluta delle politiche in materia di rifiuti nell’ottica di minimizzazare la produzione e le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti.

Per quanto attiene alla Direttiva 20001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, nel mercato interno dell’elettricità appare del tutto evidente la volontà del legislatore europeo di non includere i rifiuti tra le fonti energetiche rinnovabili, se non per la frazione organica (biomassa). Inoltre l’articolo 2 della direttiva 2001/77 definisce le “fonti energetiche rinnovabili” come “le fonti energetiche  non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso e delle maree, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di lavorazione e biogas). La biomassa stessa è definita come “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dalll’agricoltura (comprendente sostanze animali e vegetali) e dalla silvicoltura e dalle industri connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. I bruciatori poi utilizzano come combustibile proprio quelle frazioni merceologiche (carta, plastica ecc.) che sono obiettivo della raccolta differenziata. La loro installazione sul territorio, in particolar modo prima che siano raggiunte elevate quote di raccolta differenziata, rappresenta una seria minaccia alla praticabilità del riciclo. Si noti come gli impianti di preselezione dei rifiuti indifferenziati siano uno dei presupposti per l’impianto dei bruciatori. La selezione effettuata da questi impianti non è infatti adatta al riciclo ma alla produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR). Si noti come una comunità che si doti prima di un impianto di selezione e poi conseguentemente di un bruciatore non potrà mai avviare una raccolta differenziata destinata al riciclo pena la perdita degli impianti realizzati e quindi di degli investimenti effettuati.

Uno strumento importante per la riduzione dei flussi materiali e la richiesta dell’assunzione di responsabilità del produttore in modo che accanto ai cicli di prodotti e materiali vi siano corrispondenti cicli di responsabilità, in modo che i prodotti e i materiali alla fine del ciclo di utilizzo vengano ritirati dal venditore o dal produttore che avevano avuto un interesse economico per immetterli sul mercato.  Essi stessi o altri dovrebbero riutilizzare i materiali resi, riparando o migliorando i prodotti usati o producendo nuovi prodotti con i vecchi componenti. Naturalmente anche il prodotto più durevole prima o poi arriva alla fine e deve quindi essere riciclato. I due cicli di materiali così si integrano. Il ciclo di riciclaggio dei materiali è però sempre collegato a quello dell’allungamento della durata e dell’utilizzo dei prodotti.

Il tema dei rifiuti riguarda i nostri modi di vita e di relazione, le nostre opzioni e le nostre preferenze. La raccolta differenziata esige un mutamento significativo, in qualche caso radicale, negli stili di vita e nei comportamenti dei singoli, delle famiglie, delle comunità locali. Un cambiamento nelle abitudini tradizionali e nelle forme di vita sedimentate, che concretamente significa prestare attenzione ai gesti quotidiani, alle attività domestiche, alle piccole scelte che, ogni giorno, contribuiscono ad incrementare o a ridurre la quantità di rifiuti prodotti da ognuno e infine da tutti.

L’attenzione al comportamento dei consumatori e alle politiche volte alla minimizzazione dei rifiuti rivestono pertanto un ruolo fondamentale e richiedono nuovi impegni in termini di ricerca sociale e politica. Un ruolo importante può essere svolto dalla formazione sia nelle scuole sia con iniziative di “formazione permanente” dei cittadini.

Nel corso degli anni ’90 sono iniziati in vari paesi azioni concertate e politiche mirate esplicitamente a favorire la riduzione dei rifiuti agendo su 4 livelli:

 ·       Misure di tipo economico dirette (tasse e tariffe) o indirette (incentivi, esenzioni). A Kassel  l’uso di un piatto usa e getta viene tassato. La tariffazione a volume o a peso dei rifiuti ha come conseguenza la riduzione della produzione anche del 20-30%.

·       misure amministrative che limitano il consumo e la distribuzione di determinati tipi di prodotti o l’impiego d sostanze o la qualità dei rifiuti. In questa linea possono essere incluse le cauzioni, l’obbligo di ritiro a fine vita ecc.

·       Accordi di programma col sistema delle imprese e della distribuzione.  Gli accordi volontari possono essere sostitutivi di misure economiche o amministrative.

·       Politiche di prodotto con l’utilizzo del principio di responsabilità del produttore, misure di promozione (ecolabel) e attività di formazione sociale e del consenso finalizzata a incoraggiare stili di vita e prodotti ecologicamente meno insostenibili. Le politiche di prodotto, dell’ allungamento della vita di questo,  sono oggi considerate un elemento costitutivo di una nuova generazione di politiche ambientali.

Le tradizionali strategie di gestione dei rifiuti si sono basate principalmente sulla raccolta seguita da trattamento e smaltimento. Una strategia di prevenzione dei rifiuti non solo migliora la protezione dell’ambiente ma spesso implica benefici economici.

Dobbiamo allora anche rivendicare il ruolo pubblico per la gestione delle discariche. Come può infatti una società con fini di lucro, pagata per la quantità di rifiuti accettati, essere un nodo congruente con quanto finora illustrato?

Anche la ricerca è stata succube del pensiero unico e coloro che si occupano di rifiuti assumono la produzione di questi come un dato assegnato del problema. Si tratta invece di affrontare il problema nella sua interezza, con quello che viene spesso chiamato un approccio “olistico”. Un approccio che prenda in considerazione il sistema di produzione, consumo e smaltimento come un unico, come un tutto.  

Dott. Fabio Musmeci – ENEA. Coordinatore osservatorio provinciale sui rifiuti


NO ALLA CENTRALE A CARBONE DI CIVITAVECCHIA

Il mio intervento a questa assemblea territoriale non era previsto, ma volevo portare a conoscenza delle azioni di protesta in corso, in questo momento, alla sede ENEL di Civitavecchia, che oggi ha avuto l’ardire di aprire la centrale ai bambini e farli giocare sotto ai camini.

Non so se siete a conoscenza di quello che sta succedendo a Civitavecchia; i fatti  riguardano non solo il Comprensorio, ma la Provincia, la Regione, l’Europa e il mondo: a Civitavecchia si vuole costruire una  centrale a carbone, il che significa non aver capito come muoversi nel futuro, e significa andare verso qualcosa che contrasta con le aspettative della cittadinanza; proporre un combustibile fossile nel 2006, data in cui inizierà a funzionare la centrale, vuol dire che qualcosa sta andando come non dovrebbe andare; vuol dire che, come al solito, prevalgono gli interessi economici su quelli di tutela della salute, perché il carbone è ormai completamente fuori da qualsiasi logica.

Vorrei chiarirvi le motivazioni di questo regresso, illustrarvi il perché in Italia si vuole tornare a dar valore al carbone costruendo delle centrali a combustibile fossile. Il sottoscritto è responsabile di un gruppo di medici, presentatosi in audizione al Senato per inoltrare richiesta di un Programma Energetico Nazionale. In Italia, però, non è lo Stato che detta le regole, bensì sono i produttori di energia che decidono il modo di produrre energia. Bisogna invertire questa logica non solo sull’energia, ma anche sull’agricoltura, sulla produzione dei materiali da costruzione, bisogna che lo Stato ritorni a capo delle direttive, come succede per la Comunità Europea, decidendo se e come si deve produrre.

Sorge anche il dubbio, fondato, sulla effettiva necessità dell’Italia di energia aggiunta, quesito posto alla Conferenza Nazionale, alla quale partecipano anche ENEL e gli altri grandi produttori di energia, dove si stabilisce, una volta per tutte, il reale fabbisogno energetico del paese.

Noi siamo certi del fatto che, in Italia, altra energia non serva, ma che piuttosto questa aiuti il superamento di un deficit dovuto ad uno spreco energetico: attualmente si perde il 20% dell’energia prodotta nella distribuzione. Il caso di Terni ne é un chiaro esempio; la sua decadenza è dovuta al fatto che per anni non è stata spesa una lira per la manutenzione interna e ora ne sono state messe in vendita le azioni. Le linee esistenti sono vecchie. I problemi  a cui far fronte sono:

-ristrutturare le vecchie centrali esistenti utilizzando gas, al momento il combustibile meno inquinante, escludendo l’ipotesi di costruzioni ex-novo, a cui si è contrari. Nel Lazio si è riusciti a bloccare la costruzione di dodici centrali a gas, mentre, in data 12 Dicembre 2003, è riuscita ad ottenere autorizzazione la costruzione della centrale di Civitavecchia, pochi giorni prima della sua scadenza il 30 dicembre2003.

Le proposte fatte al Senato:

  • Creare un programma energetico

  • migliorare la trasmissione di energia

  • verificare se c’è o meno la possibilità di produrre energia

  • se ci fosse bisogno di produrre energia, andare, come dice la EU, verso energie pulite.

E’ una falsità sostenere che con il carbone si inquina meno, ed è una falsità sostenere che produzione di energia significhi per forza inquinamento,  la verità è che l’inquinamento si può evitare, anzi, si ha l’obbligo di farlo.

A Civitavecchia il Comprensorio non ne è immune perché è dimostrato che le polveri arrivano fino ad una distanza di 300 Km in 24 ore, quindi non si pensi che la questione riguardi solo Civitavecchia o il suo Comprensorio.  Non a caso Roma ha firmato e approvato all’unanimità (centro destra e centro sinistra) una delibera contro la centrale a carbone di Civitavecchia, perché con i venti prevalenti tutte queste polveri, in particolar modo il famigerato timio, si riverseranno su tutto il territorio di Roma e limitrofi, comprendendo anche l’aria territoriale intorno a Oriolo.

Noi diciamo che questa centrale va smantellata perché è esaurita. Io dico che anche i cittadini sono esauriti e che questo è il polo energetico più grosso d’Europa.

Voi avete qui, a 30 Km in linea d’aria, un polo energetico che  produce 7000Mj; più in là  a 7/8 km in linea d’aria c’è la Centrale di Montalto di Castro da 3300 Watts.

Bisogna dire basta all’inquinamento perché l’80/90% dei tumori sono dovuti ad esso come risulta da uno studio di 22 ricercatori eseguito su richiesta specifica di Chirach.

E’ inutile allora fare prevenzione primaria; anche sul TM10, famoso a Roma perché tutti sanno che ogni tanto devono lasciare a casa la macchina, i dati sono inconfutabili: con la centrale a carbone la macchina a casa si dovrà lasciare tutti i giorni, poichè Roma produce da sola circa 650 tonnellate di TM10 all’anno, e questa centrale ne produrrà 750 t/a.

Da una indagine dell’Apea, effettuato su 29 città italiane si rileva che per ogni aumento di  5 Kg/min  di TM10 muoiono tre persone in più; perché il TM10, il particolato micron delle micropolveri, in modo particolare quello molto sottile, riesce a penetrare negli alveoli a un livello tale che nemmeno il polmone riesce a filtrarlo, entra nel sangue e produce infarti, rendendo alta la percentuale di mortalità. Tanti infarti, tante morti cardiache che magari sono state attribuite a morti occasionali eccezionali; se si fa una verifica, è possibile che questi decessi siano avvenuti in giorni in cui si è poi registrato un aumento di TM10 o del TM2,5 e altri particolati talmente alti da provocare il decesso. Nell’aria di Civitavecchia, analizzata più volte da Legambiente e dall’Enel stessa, sono stati raggiunti picchi molto elevati.

Quindi per non produrre TM10 non bisogna bruciare, poichè ogni volta che si brucia qualche sostanza, gas compreso, questo inquinante , definito “killer”, si sprigiona.

Nonostante sia stata ampiamente dimostrata la sua tossicità, in Italia esso non viene misurato, e l’Europa ci ha già messo in mora per il problema di Civitavecchia; vale a dire che nel polo energetico più grande d’Europa  non si misura il TM10 . Non contenta di ciò, l’Italia ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia, perché, nonostante sia stata messa in mora, non vuole recepire questa direttiva. Ora, l’unica speranza nostra è l’Europa, perché più sensibile e più attenta.  Una direttiva del 2001/77 promuove le fonti energetiche e rinnovabili, senza citare la produzione di energia con il carbone o con olio combustibile,eppure qualcuno vuole farci credere che brucia immondizia per fare energia pulita. I  termovalorizzatori, sia chiaro, sono solo combustori che liberano diossina ed altre sostanze tossiche.

L’Italia non produce né gas, né olio,  né tanto meno carbone, se non in piccolissime quantità; per ridurre l’impatto sull’ambiente e  limitare l’incertezza della dipendenza energetica bisogna andare verso fonti energetiche alternative, e giungere entro il 2010 con fonti energetiche rinnovabili.

Il problema di emissione di CO2(anidride carbonica), effetto dovuto alla combustione di queste sostanze, riguarda il concetto, ormai più che dimostrato, di surriscaldamento del pianeta, e tutto questo implica anche un aumento di malattie, tra le quali alcune a noi ancora sconosciute, come la malaria, o altre patologie del genere. Il comportamento del CO2 si spiega con un effetto di rimbalzo a terra, che impedisce agli infrarossi di tornare fuori, e quindi di surriscaldamento.

Il caso Germania: da un sondaggio non aggiornato ma esplicativo, risulta che, con l’eolico, la Germania è passata da 2878 MgW installati a 12000 MgW in soli 4 anni, e oggi è a 14000 MgW; alcuni giorni fa, in Germania si è tenuta una grande conferenza, in cui il coraggioso governo tedesco ha detto “BASTA! Incominciamo ad andare verso le energie alternative”. Oggi la Germania ha installato 14000MgW, l’America risulta ancora arretrata, la Spagna ha fatto passi da gigante, da 800MgW è passata a 4000 MgW, e oggi è a 6000 MgW, la Danimarca e persino l’India sono più avanti dell’Italia, la quale nel sondaggio è a quota 785 MgW e oggi a 800MgW, di cui soltanto uno è installato nel Lazio. Questo da sottolineare non perché noi vogliamo l’eolico qui nel Lazio, dove abbiamo già una  alta produzione di energia, ma per farvi capire quanto siamo arretrati.Ogni impianto eolico è l’equivalente di 7 centrali al carbone, quindi in Germania hanno installato 7 centrali da 2000 MgW l’una; per la questione “impatto ambientale” , in Germania e Danimarca il problema è stato risolto: gli impianti sono stati installati off-shore, in mare aperto, posizionati sulle chiatte dei pozzi, dove nessuno li vede, e dove non creano disturbo; e quindi verso questa strada dobbiamo andare, non perché l’eolico sia il futuro, in fondo esso è soltanto il domani, al dopodomani dobbiamo arrivarci; ci arriveremo piano piano.

 Da notare anche che andare verso fonti di energie alternative, energie pulite, non è soltanto qualcosa di culturalmente avanzato, di tutela della salute, ma è anche fattore di economia, e parecchi lo dimenticano: in  Germania dove stanno facendo record sugli impianti ad energia solare, sono stati creati nuovi 100 posti di lavoro. A proposito di solare, altro dato rilevante comunica una inferiorità di superficie per impianti termici dell’Italia, di 1/7  rispetto all’Austria, meno soleggiata e più piccola in superficie d’Italia.

Addirittura la Banca Mondiale, tutt’altro che sostenitrice degli ambientalisti, ha intimato di fermare immediatamente il finanziamento a tutti i progetti di estrazione del carbone e di abbandonare entro i prossimi 5 anni quelli relativi al petrolio. Tutto questo è ampliamente dimostrato da riferimenti bibliografici; sono documenti, dati.

Secondo fonti Enel l’utilizzo di centrali al carbone  è aspetto “strategico ed economico”; strategico in quanto il carbone è di facile reperibilità, economico perché costa  poco. Ma questi due termini, che male si sposano con il concetto di prevenzione della salute, si riferiscono all’ente Enel, non ai cittadini, perché i costi delle esternalità,15 centesimi per Kwh, che rappresentano il  costo dell’impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo, non li paga l’Enel; dunque il carbone è economico per chi lo produce ma non lo è per chi lo consuma. Un altro lavoro, denominato ESTERNE, svolto dalla Comunità Europea e durato 10 anni, è arrivato alle stesse conclusioni : se noi vogliamo veramente capire cosa costa un Kwh non dobbiamo andare a vedere ciò che sta scritto sulla bolletta, ma dovremo includere l’esternalità, solo allora potremo dire che il carbone e l’olio combustibile non sono economici, ma che lo sono il vento e il sole, e non solo sono economici, ma danno anche posti di lavoro puliti. C’è da aggiungere che accanto alle centrali a carbone cresceranno altre discariche, perché le polveri delle centrali a carbone hanno bisogno di filtri speciali, e quindi vanno smaltite in modo speciale; il problema, dunque, non riguarda solo la combustione delle tonnellate di sostanze che usciranno da lì…

Infine, ultimo dato degno di nota:  sul retro della bolletta dell’Enel, notate, vi è scritto: “costruzione impianti fonti rinnovabili:5,73 euro” ,e lo paghiamo tutti…oltre al danno, la beffa. Paghiamo un centesimo ogni Kwh di energia consumata. L’Enel guadagna con questo 5000 miliardi l’anno. Sono sei anni che fa questo scherzo. Perché noi del territorio che stiamo pagando, ci aspetteremmo che questi soldi vengano utilizzati per produrre davvero impianti di fonti rinnovabili, e invece no, ci fanno il carbone.

Dott. Mauro Mocci, medico del movimento NOCOKE


DALLA CRESCITA DELLE COSE ALLO SVILUPPO DEGLI UOMINI

Il termine ecologia, come tutti ben sanno, deriva dalla lingua greca (oikos: casa).

Jung, nel suo studio sui simboli identificava la casa con l’anima; di questa simbolica noi ne facciamo una reale esperienza, infatti quando si entra in una casa immediatamente sentiamo se quell’ambiente favorisce un nostro benessere o viceversa e ciò dipende dalla persona che l’abita. Questo parallelismo lo si può trasferire nel rapporto tra l’uomo e il suo ambiente facendo così conseguire il principio che la terra sarà  ordinata, bella e sana se sarà abitata da un’anima altrettanto ordinata, bella e sana.

Accettato questo pensiero, quando parliamo di ecologia si deve necessariamente parlare di coscienza ecologica, si deve tenere conto dell’uomo e della sua educazione etica e morale per un suo ordinato rapporto con la natura.

In questo senso la formazione e l’educazione di un’anima passa attraverso funzioni culturali e di studio ed è per questo motivo che ritengo importante che incontri per la diffusione della cultura ecologica, come “Tuscia chiama ecoTuscia”, non debbano essere svolti e partecipati da un ambiente ristretto ai simpatizzanti, agli addetti ai lavori e operatori, ma organizzati soprattutto all’interno delle scuole, dove si possono e si devono formare coscienze ecologiche. Nella nostra zona esiste l’unico Liceo del territorio “I. Vian”, in questo lavoro educativo tutti i comuni dovrebbero prenderlo come riferimento per collaborare e coniugare risorse.

E’ necessario riabilitare quei valori che fondano la dignità dell’uomo che sono stati travolti dalla macchina del benessere, con i suoi motori della tecnica e del mercato, miscela che sotto l’aspetto socio-politico si è rivelata nei suoi effetti collaterali devastante, dando luogo ad indifferenza sociale, impoverimento culturale, futilità ludiche e produzioni di beni privati che hanno degradato il patrimonio dei beni pubblici, ambientali. E’ venuto il momento di urlare alle società ricche di spostare la loro potenza, dalla crescita delle cose allo sviluppo degli uomini e la scelta potrà essere fatta non più su basi scientifiche, ma da opzioni propriamente morali ed esistenziali.

Un altro atteggiamento importante che le amministrazioni locali dovrebbero assumere, per favorire una sensibilità ai temi importanti della vita dell’uomo, sarebbe quello di sostenere le associazioni culturali ed artistiche del territorio; il loro lavoro svolto attraverso manifestazioni, incontri, convegni, spettacoli, mira all’edificazione dell’essere umano. Esistono realtà molto interessanti: “Il Salto” a Oriolo, “Officina delle Arti” a Viterbo, “Il Pentagramma” a Bracciano, “Le Vignacce” a Canale, “Archè” ad Anguillara, “Quantestorie” a Manziana ed altre. Tutte impegnate attraverso la musica, il teatro, il cinema, la poesia, le arti visive, a stimolare la popolazione, per avvicinarla alla cultura, per renderla consapevole della propria possibilità alla conoscenza.

Il compito urgente della politica deve essere quello d’innescare nella società la paura per le minacce ecologiche, la passione dei sentimenti umani di comunanza e di solidarietà e la ragione, potenzialità dell’innovazione politica.

E’ necessario che questa conversione delle intelligenze politiche sia avviata al più presto, attraverso una sensibilizzazione e una nuova partecipazione personale ed attiva alla Cosa Pubblica.

Se l’umanità deve cambiare rotta, il presupposto è un cambiamento di rotta delle coscienze, per riconoscersi nelle grandi leggi cosmiche naturali e soprattutto ridonare dignità e senso alla persona umana, alla sua esistenza, alle quali dedicarsi con tutte le energie e l’amore possibili.

Filosofo Esper Russo


MENTALITA’ CITTADINA ED EQUILIBRIO AMBIENTALE

I cittadini si trasferiscono in campagna per allontanarsi dallo smog e dallo stress, i Comuni si trovano a concedere sempre più licenze edilizie, e sempre più estese zone naturali perdono quell'equilibrio che è necessario e fondamentale per ogni forma di vita.

Il cittadino, ignaro e inconsapevole dei meccanismi vitali che  la regolano, tende a voler usufruire dei benefici della campagna senza rispettarne le regole, ma inserendo il modo consumistico nel vivere quotidiano, in varie forme. Una di queste è la "pulizia" dell'ambiente, come ormai è abituato a fare in casa e nelle strade, con l'immissione di massice dosi di prodotti chimici per combattere gli insetti che gli danno fastidio, le zanzare, le vespe,  le formiche e, in genere anche tutti quelli che non conosce. Risultato:

- insetti supersiti più aggressivi resistenti e, ora sì, potenzialmente pericolosi (vedi api e vespe killer)

- territorio pieno di veleni che contaminano i prodotti: ortaggi, frutta, latte, uova carni, ecc.

- falde acquifere inquinate

- morte di tutta una serie di esseri viventi dalle api, alle lucciole agli uccelli ed altri, con gravi ripercussioni sull'ecosistema e quindi sul genere umano

- problemi di salute per le persone più sensibili, anche dopo vari anni.  

Qualcuno nega questa realtà, (anche se, storicamente, la pratica di chiudere gli occhi ha provocato sempre disastri) e molti  vi si adagiano e vi si adattano, dandola per scontata, ma fortunatamente non è così. E' possibile fare molto per prevenire tutto questo. Con la volontà e la Cultura (intesa come conoscenza dei fatti e dei rimedi meno invasivi) si può riuscire non solo ad eliminare i problemi, ma addirittura ad evitarli.

Oggi questo è possibile: la vera CIVILTA' è, infatti, la PREVENZIONE.  

Vivendo nella campagna limitrofa a Roma, in un villaggio abitato da cittadini, ho preso atto del problema e, come comunicatrice, ho sentito il dovere di impegnarmi personalmente per dare informazioni riguardo a ciò che si può fare per vivere meglio, in ambienti incontaminati e quindi più sani. Mi sono purtroppo accorta che c'è ancora molta ignoranza in merito, ma sono anche sempre di più le persone che ricercano il benessere in modo naturale e desiderano sapere come ottenerlo. Il dovere di noi rappresentanti dei Media è quindi non solo quello di ottenere audience mediante scoops, ma di fungere da ponti tra la gente e tutto ciò che attualmente è disponibile per vivere meglio. E l'ascolto non manca, l'ho constatato direttamente nell'esperienza di giornalista in RAI. Da qui, le ricerche per sviscerare i problemi e le soluzioni. Attualmente posso dire di essere divenuta un'esperta nella lotta veramente biologica alle zanzare e sto divulgando un metodo naturale e realmente efficace, che risolve il problema e non inquina l'ambiente. Ho raccolto in proposito, dati, esperienze, testimonianze e proposte.

Tutto è iniziato con un'intervista al dott. Lauro Marchetti, sovrintendente e curatore dei Giardini di Ninfa, il meraviglioso parco in provincia di Latina, dove l'estate scorsa le zanzare sono state debellate. Ho perciò raccontato l'esperienza al Sindaco di Formello, Comune nel Parco naturale di Veio, fornendo alcuni suggerimenti, per intervenire in modo non dannoso sul territorio, che pare abbiano avuto favorevole accoglienza.

La lotta alle zanzare, partita dalla realtà del mio villaggio, si sta ora allargando a livello nazionale. Ovunque le informazioni da me raccolte destano molto interesse e, volentieri, i Media le diffondono.

Acquisendo dati su ciò che viene fatto dagli Enti pubblici nelle varie  regioni, so che ci sono  leggi che già tutelano e favoriscono con contributi chi ricorra ad interventi innocui per l'ambiente. Anche nel Lazio sono in preparazione  proposte regionali in tal senso.

Poiché il rimedio naturale contro le zanzare, di cui parlerò, è valido sia nei centri abitati che in campagna, stavolta sarà la NATURA ad andare in città a bonificare l'ambiente.

dott. Daniela Rosellini


 LA VITA ETERNA DEL VETRO: RACCOLTA, RICICLAGGIO E RIUTILIZZO

In natura nulla viene sprecato! Quando un animale mangia una mela aiuta la mela a produrre un albero,tutti i rifiuti del suo pasto vengono riutilizzati e riciclati dall’ ambiente circostante. Anche le sue feci daranno nutrimento alle piante che mangera’ l’anno seguente. Gli uomini sono usciti da questo ritmo naturale, producendo una quantita’e qualita’ di rifiuti che né l’uomo né la natura possono smaltire. L'equilibrio è stato sconvolto. Stiamo avvelenando il nostro stesso piatto.

 Vetromaghie dà il suo contributo utilizzando 100% vetro riciclato differenziato.

Questo e’ possibile recuperando le bottiglie intere con il metodo cosiddetto “porta a porta”, dividendole per tipologia di bottiglia e fondendo i vari colori separatamente.

Se la raccolta fosse piu’ accurata le industrie potrebbero utilizzare fino a 90% di vetro riciclato.

Riciclare il vetro e’ una scelta importante, eccone le ragioni:

Il vetro non e’ tossico per l’ ambiente ma si biodegrada in milioni di anni.

Il vetro puo’ essere riutilizzato per molte volte senza bisogno di modifiche; il metodo del vuoto a rendere e’ un ottimo modo per riciclare.

Il vetro utilizzato dalle vetrerie proviene da cave di sabbia che scompaiono a vista d’occhio distruggendo interi ecosistemi.

Il vetro riciclato essendo gia’ vetro si squaglia senza piu’ trasformarsi chimicamente quindi fondere rottame di vetro vuol dire utilizzare una quantita’ minore di combustibile e non immettere nell’ ambiente gas tossici dovuti alla trasformazione dei componenti chimici in vetro.

Vetromaghie  utilizza vetro riciclato per creare oggetti d’arte sperimentale improvvisata unici ed irripetibili, utilizzando la tecnica della soffiatura libera, la termofusione di bottiglie e di oggetti soffiati, la colatura su stampi naturali fatti di materiali organici, la tecnica a cera persa. In altre parole liberiamo il vetro le bottiglie dalla costrizione della forma stampata industriale.

Improvvisazione, sperimentazione vuol dire non usare stampi per dare forma ai nostri oggetti, ma solo le mani (coperte da tappettini di giornali bagnati) e la forza di gravita’ e stampi organici trovati in Natura; vuol dire giocare con il vetro, lasciare che questo materiale primordiale si esprima attraverso i nostri corpi, facendoci danzare in un ballo passionale.

In questo modo il vetro non si stressa e le sue molecole possono muoversi all’ interno degli oggetti con piu’ naturalezza. In questo modo il vetro puo’ trasmetterci armonia ed insegnarci il continuo movimento spiraleggiante della vita.

I nostri prodotti vanno dal ciondolo alla lampada, dalla tazza alla brocca, dall’ istallazione artistica luminosa al mosaico di materiali riciclati

Comprando i nostri oggetti ci aiutate a riciclare di piu’...

CORSI

Il vetro e’ un materiale da sempre affascinante e misterioso ed e’ un grande terapeuta naturale.

Il vetro ci insegna ad essere fluidi, ad adattarci alle cose della vita, a non lottare con noi stessi per rietrare in stampi che non ci si addicono, ad accettare il cambiamento continuo che subisce il nostro animo. Molti disordini mentali e sociali dipendono dalle rigide regole che alcuni uomini troppo razionali, continuano ad applicare alla vita naturale. Come mettere una balena appena nata in una vaschetta per pesci rossi!!!!!

Vetromaghie propone corsi di vari livelli per gli amanti e i professionisti del vetro. Il corso consiste nel lasciarsi guidare dal vetro nel suo mondo fluido, imparando ad essere gentili ed armonici nei movimenti, imparando le tecniche di lavorazione di base se si e’ principianti o approfondendo alcune tecniche di lavorazione piu’ di altre per chi ha gia’ esperienza con il vetro. Il corso minimo dura mezza giornata e va bene per chi vuole solo provare a toccare questa materia incandescente. Il corso che noi consigliamo dura due giorni (solitamente un fine settimana) e da’ la possibilita’ ai partecipanti di conoscere il vetro e di creare oggetti vari, dalla tazza al fermacarte alle decorazioni per la casa, per se o per i propri amici.

Vetromaghie collabora con l’associazione culturale L’Occhio del Riciclone per diffondere informazioni e sensibilizzare sul tema del riciclaggio e del rispetto dell’ambiente.

CONTATTI: Vetromaghie Via V. Petroli, 190 Testa di Lepre (Roma) tel. 06/6687166 info@vetromaghie.it    www.vetromaghie.it


IL RICICLATORIO

Facciamo insieme la carta, il misirizzi, case di cartone, pupazzi, macchinine, strumenti musicali  ..

..e tutto quello che vi viene in mente.

Qui non si butta niente!!

Il riciclatorio è un laboratorio di riciclaggio per bambini e non.
E’ un luogo e un tempo per mettere in gioco fantasia, creatività e manualità per costruirsi da soli i propri piccoli giocattoli, a partire da materiale povero, comune e di scarto.

Utilizzare materiale povero o di recupero per realizzare giochi è un modo intelligente per sperimentare, giocando, che anche la spazzatura può essere ancora una risorsa, che ci si può divertire con niente e che ogni oggetto o materiale ha sempre un valore e mille usi da inventare.

Nel riciclatorio recuperiamo i materiali e recuperiamo anche la capacità di giocare!

Costruiamo il nostro giocattolo per scoprire che con quasi niente e un po’ di fantasia possiamo fare cose bellissime.

Da anni mi occupo di gioco ed educazione. Ho scoperto la mia essenza più profonda diventando madre ed è stato inevitabile farne la mia vita. Ho inventato il mio lavoro che è progettare e realizzare giochi educativi con piccoli e grandi, a scuola, nei parchi, in biblioteca, nei musei, per strada .. dovunque, perché dovunque è possibile giocare, accendere la fantasia, la voglia di stare insieme, di mettersi alla prova e di imparare.

Lavoro meraviglioso e difficile, atipico e precario, da inventare continuamente.

E’ stato bello trovare una piazza piena di persone che provano ogni giorno a rendere concreto quello in cui credono, una piazza per scambiarsi esperienze e confrontarsi, una piazza per giocare e per mettersi in gioco.

Delia Modonesi  deliamodonesi@libero.it


 L’ASSOCIAZIONE CULTURALE FRISIGELLO

 

Si occupa di promuovere attività creative di ricerca: teatro, danza, musica, poesia, cinema e arti figurative.

 

Sede dell’ associazione è la ex Chiesa di S. Orsola, sconsacrata, centro permanente di vita associativa. Lo spazio, del milleduecento è aperto a registi, gruppi teatrali, artisti di strada, autori, poeti, musicisti, danzatori, fulminati e illuminati, a tutte le persone che “cercano”.

L’ associazione vive un territorio ricco di storia, ma povero di attività in metamorfosi.

 

La Chiesa è aperta alle voci sconosciute, al “fuori catalogo”, al “fuori commercio”, alle dissonanze, alle consonanze, ai “senza senso”, alle risposte senza domande e alle domande senza risposte, ai fantasmi e ai briganti.

 

All’ arte.

 Circolo culturale Frisigello     Ex chiesa di S.Orsola  Via S. Pietro, 2   01100 Viterbo

Email: santorsola2@libero.it   www.santorsolati.it  


RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO TEMPO  

Se si potesse definire la realtà del mondo contemporaneo con un unico aggettivo questo potrebbe essere: velocità. La nostra cultura ci costringe a correre senza possibilità di riflettere o di guardare indietro: obiettivi, progetti, proiezioni, pianificazioni, statistiche, piani a lungo termine. Il sistema industriale ha modificato la percezione del tempo e dello spazio: informazioni, immagini e modelli si avvicendano a velocità folle omologando coscienze e allineando comportamenti. La globalizzazione crea alienazione se porta con se sperequazioni, tensioni, scontri e guerre; può essere invece una grande opportunità e occasione di crescita se produce confronto e scambio tra culture, valori e tradizioni diverse. La massificazione dei sistemi entro i parametri consumistici della domanda e dell’offerta, del capitale e del profitto ha condotto l’uomo in uno spazio/tempo che non gli appartiene più rendendolo solo in mezzo ad una folla di uomini soli che corrono e corrono senza mai guardarsi in faccia. La corrente postmoderna ha delineato la crisi dell’uomo contemporaneo e il fallimento del progetto moderno come promessa di emancipazione.

Impegnati in questa folle e disumana corsa quanto tempo ci rimane da dedicare a noi stessi? Tempo per amare, per riflettere, per conoscersi e per conoscere, per capire, per costruire, per confrontarci, per viaggiare, per ascoltare, per dialogare, per coltivare interessi, per leggere un libro, per crescere, per fermarsi a pensare?

Riappropriamoci del nostro tempo e del nostro spazio.

Camminare.

Camminare assecondando il ritmo dei nostri piedi e il battito del nostro cuore.

Piedi nudi sulla nuda terra per recuperare un equilibrio e un’identità, piedi nudi sulla nuda terra per sentire nuovamente il legame con la nostra madre, piedi nudi per riguadagnare il passo di un moto naturale e costruire un cammino di conoscenza.

“Voi lavorate per tenere il passo con la terra e con l’animo della terra. […] E io vi dico che davvero la vita è tenebre se non vi è slancio, e ogni slancio è cieco se non vi è conoscenza. [...] E non dimenticate che la terra ama sentire i vostri piedi nudi e che al vento piace scherzare con i vostri capelli”.(Gibran)

Paolo Fortugno


www.nocoke.org  

Nasce dall'esigenza e dalle esperienze di un gruppo di attivisti che, unendosi nella lotta contro la riconversione a carbone di TVN, vuole sperimentare forme di comunicazione capaci di rompere la cappa di silenzio dei media ufficiali.

Così se da un lato complicità e silenzio si fondono per pilotare le coscienze, tutt'intorno si innescano i meccanismi dell'interazione e della mobilitazione dal basso. Questo, anche se con milioni di sfumature, rispecchia fedelmente quella rivoluzione culturale postmoderna che vuole la sensibilità collettiva molto più attenta alle questioni ambientali, alla tutela della salute e dell'ecosistema in generale.

Ormai, soprattutto nel ricco occidente, nulla passa inosservato. Comitati, osservatòri, gruppi d'inchiesta, medici, professori e semplici cittadini analizzano simultaneamente l'altra faccia del progresso riuscendo ad influenzare, non solo l'opinione pubblica mondiale, ma anche le scelte di alcune importanti conferenze internazionali. Senza entrare nel merito, appare evidente che il trattato di Kyoto sia figlio legittimo delle contraddizioni esplose grazie al dilagare di questa neonata sensibilità.
Certo, non sono ancora i movimenti a determinare certe scelte, ma oggi, grazie all'effervescenza delle battaglie che animano molti territori, gli alfieri del libero mercato giocano a carte scoperte e mostrano tutta la loro fragilità. Gli affari sono affari e la logica del profitto, dopo aver messo in crisi lo stato nazione, si sbarazza della democrazia trasformandola in una nuova e più efficace oligarchia.

Detto questo il discorso diventa assai complesso perché, ovviamente, non si limita più all'analisi di una singola specificità (inquinamento, salute, tutela dell'ecosistema), ma ci segnala un incredibile passaggio storico. Se è vero che i governi nazionali non sono più così incisivi, se gli organismi transnazionali nati dagli accordi di Bretton Woods (1944) sono, insieme a pochi altri, gli unici dove si decidono le sorti dell'umanità allora, probabilmente, il meccanismo della rappresentanza istituzionale non ha più alcun valore. E' per questo che molti "rappresentanti", nascosti dietro il labaro di una falsa democrazia, sono distanti anni luce dai desideri, dalle speranze e dalle ambizioni della società che li circonda. Questi personaggi, proprio come accade oggi a Civitavecchia, sono sordi e silenti davanti alla volontà popolare. Così, mentre burattini e burattinai giocano la loro partita, nuove esperienze cominciano a mettere radici sperimentando, dalla metropoli alle periferie, inedite forme di comunicazione, socialità e conflitto.

La battaglia contro il carbone è l'inizio di un percorso che ha - per quanto ci riguarda - l'intenzione di allargarsi a tutti quei conflitti contrapposti ai meccanismi economici, politici e culturali che giustificano e/o sponsorizzano il business delle nocività: scorie, veleni, polveri, onde elettromagnetiche... In questo senso creare connessioni diventa assolutamente necessario. Questo non solo perché la contaminazione regala input alla conflittualità, ma anche perché nessun territorio può limitare la sua analisi alla propria vertenza.

L'archivio storico della vicenda intorno alla riconversiona a carbone della centrale Torre Valdaliga Nord è in costante costruzione e ri-costruzione.

Il sito www.nocoke.org nasce (purtroppo) molto dopo l'inizio di questa battaglia; ti chiediamo pertanto di aiutarci, segnalando errori, date salienti ed eventi importanti eventualmente omessi dalle parti per ora completate di questo lungo elenco.


COORDINAMENTO PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELL'AMBIENTE

Il Comitato Cittadino di Bracciano, protagonista delle mobilitazioni di Bracciano sul problema della discarica di Cupinoro negli anni '90, ha visto affievolirsi la partecipazione sul tema della gestione della discarica. Ciò era determinato dalla convinzione diffusa a Bracciano che ormai la discarica si sarebbe esaurita. Ma così non è stato. Con il parere favorevole della passata Amministrazione Comunale si predisponeva il raddoppio della discarica di Cupinoro e ciò senza la minima informazione alla cittadinanza.
Il Comitato Cittadino nel dicembre del 2002 ha chiesto alle forze politiche ed associative presenti sul territorio di incontrarsi e decidere come intervenire sulla questione. All'invito hanno risposto in modo positivo la Legambiente, il Wwf, il Prc.

Associazioni e partiti dopo alcuni mesi hanno costituito il Coordinamento per la tutela dell'ambiente e della salute a cui hanno successivamente aderito Pdci e Fiamma.

Il Coordinamento ha inoltrato un esposto alla Magistratura per ciò che concerne gli eventi della discarica di Cupinoro e si è posto con continuità come interlocutore dell'Amministrazione segnalando tutte le situazioni non trasparenti che venivano di volta in volta rilevate.

A settembre del 2003 il Coordinamento è venuto a conoscenza di un ulteriore progetto di discarica. Tale progetto è stato subito definito "Malagrotta 2" essendo proposto dall'attuale gestore della discarica di Roma. Al Consiglio Comunale si chiedeva di esprimere parere sfavorevole sia sul raddoppio di Cupinoro che sull'avvio di Malagrotta 2. Il Consiglio Comunale all'unanimità ha espresso tale parere.

Il Coordinamento si è allora proposto di informare la cittadinanza consapevole che solo una mobilitazione di tutti i cittadini può modificare le decisioni della Regione Lazio: è stata organizzata una mostra sulle discariche ed un convegno il 21 dicembre con il sindaco ed un esponente di Legambiente.

Il resto è la storia che stiamo vivendo; ora le riunioni del Coordinamento vedono la presenza attiva di numerose altre persone, non necessariamente legate alle Associazioni e ai partiti che hanno dato vita al Coordinamento. Si sta perciò anche ridefinendo la sua struttura organizzativa; a questo processo democratico invitiamo tutti i cittadini che condividono i nostri contenuti:

  • stop alle discariche sul territorio comunale

  • fine dell'emergenza

  • programmazione da parte dei Comuni del comprensorio dello smaltimento dei rifiuti

Pertanto invitiamo associazioni, partiti, singoli cittadini, a contattarci, a confrontarsi e ad organizzarsi.

www.sosbracciano.it


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