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INTRODUZIONE

Nello studio della storia sul pensiero dei filosofi vengono sottovalutati molto spesso gli aspetti riguardanti la vita effettiva dell'autore andando a cogliere solamente l'aspetto teorico-filosofico, senza rivolgere lo sguardo sulla biografia che potrebbe far desumere le motivazioni di una certa cosa scritta dall'autore stesso. Come se con un dito si spingessero le tessere del domino, posizionate verticalmente, una accanto all'altra, l'equivoco primario origina altre inavvertite incomprensioni nella riflessione filosofica dell'autore portando ad una chiave di lettura storico-filosofica che distingue, in maniera dicotomica per quanto riguarda il campo nella filosofia contemporanea di Michel Foucault, due fasi fra loro totalmente separate, in un primo momento l'assoggettamento dei corpi attraverso l'azione plasmatrice dei dispositivi, in un secondo momento la possibile soggettivazione del sé attraverso la costituzione consapevole e volontaria del soggetto stesso. Talvolta ci si trova in situazioni imbarazzanti dove viene marginalizzata la vita e la filosofia politica dell'autore occultando un aspetto essenziale che potrebbe illuminare gli angoli bui e misteriosi del tempo intercorso fra due o più opere scritte.

Senza uno studio sul Gruppo d'Informazione sulle Prigioni non si riuscirebbe a cogliere il collegamento tra le due fasi; infatti sfogliando le pagine dei quattro opuscoli ci si accorge che numerose caratteristiche del pensiero della soprannominata

“seconda fase” sono già presenti: il discorso di verità della Volontà di sapere è applicato realmente, utilizzando differenti termini del linguaggio, nell'ambito delle prigioni. L'Hôpital général, a partire dal XVII secolo, nella Storia della follia, è espressione di un'istituzione morale che possiede la funzione di punizione, pretende di correggere “l'esilio immorale” dandosi un ordinamento etico attraverso i funzionari che posseggono il compito di correzione di una certa morale, esprimono la funzione giuridica e coercitiva dell'internamento degli oziosi. L'imprigionamento si è sempre espresso nella prassi come ordinamento pubblico dettato dalla classe sociale dominante permettendole di eliminare o marginalizzare gli individui eterogenei e deleteri per proteggere il proprio status.

Michel Foucault, grazie alle notevoli influenze di Nietzsche, si configura come

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filosofo della genealogia, mostrando la storia della nascita di ospedali, manicomi, scuole e prigioni.

Questo modesto lavoro di ricerca vuole essere un'elaborazione genealogica, vorrebbe in qualche modo risolvere da un lato la suddetta questione dicotomica per restituire un certo senso alla narrazione di vita del filosofo francese, oltre che riempire parzialmente lo spazio di tempo che si vuol tenere vuoto e far emergere quella microstoria così importante all'interno della quale si trova in ogni anfratto di roccia, una microscopica filosofia.

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FILOSOFIA E PRATICA

Il “Gruppo d'informazione sulla prigione” è stata l'esperienza che ha successivamente portato alla scrittura di Sorvegliare e punire ed ha segnato profondamente la fase del cambiamento nel pensiero di Michel Foucault e non solo. Si può vedere come il pensiero della filosofia, con tutti i suoi relativi personaggi, è sempre influenzato dalla pratica, dall' azione e, sicuramente, dall'epoca nella quale si è vissuti o si sta vivendo. Il punto di vista che si vuole proporre è quello di non separare la vita e il pensiero, intelletto e azione, teoria e pratica, perché facendo così si violenterebbe quella potenza intrinseca dei discorsi che non porterebbe ad una comprensione maggiore e più corretta del detto e non detto. Ulteriormente sbagliato sarebbe farsi trascinare in inutili astrazioni e isolamenti della teoria che porterebbero ad errori certi fino ad arrivare ad un 'interpretazione e descrizione che esula completamente dal significato della rete di parole intrecciate dall'autore. Con Foucault l'estrarre significati che neanche egli pensava è messa in pratica nella maggior parte dei casi. A questo punto sembra arrivato il momento di aprire un piccolo squarcio che possa far capire meglio cosa e come Foucault pensava il rapporto tra teoria e pratica, quale fosse il suo punto di vista, in palese disaccordo con Sartre, su cosa fosse l'intellettuale e che ruolo avesse all'interno dell' architettura del potere, sia in funzione di abbattimento che nel mantenimento della struttura. Possiamo trovare degli spunti interessanti a partire dalla conversazione tra Foucault e Deleuze “Gl'intellettuali e il potere” (1972), in

Microfisica del potere (1977). Questo confronto tra i due membri del G.i.p ci fa intuire non solo quanto siano distanti dai concetti tradizionali, ma anche la tensione permanente che spinge ad un continuo rinnovamento del pensiero sul reale instancabilmente in perpetua trasformazione.

Nella prima parte Deleuze intuisce che “ i rapporti teoria/pratica” sono cambiati e si vivono in una maniera diversa da come le cose stavano prima:

O si intendeva la pratica come un' applicazione della teoria, come una conseguenza, o al contrario, come quella che doveva ispirare la teoria, essere creatrice di una forma di teoria futura.

Ci si poneva chiaramente in una situazione dicotomica che teneva quasi totalmente i

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due campi separati, con un rapporto strettamente verticale che vedeva la pratica sempre subordinata alla teoria, portando a un chiaro procedimento caratteristico dell'ideologia, la quale tendeva sempre ad una visione dei rapporti “sotto la forma di un processo di totalizzazione in un senso o nell'altro”. Ma qual’è l'altra prospettiva? Cosa si contrappone alla concezione totalizzante? Senza dubbio la località:

Da una parte una teoria è sempre locale, relativa ad un piccolo settore, e può avere la sua applicazione in un altro campo, più o meno lontano.

Proprio per l'ambito circoscritto del locale la relazione dell'applicabilità non si basa mai sulla somiglianza, bensì si verifica quando “la teoria penetra nel proprio campo” incontrando molteplici ostacoli, o punti di scontro, che necessariamente andranno superati con il cambio di un altra tipologia di discorso trovandosi in un reciproco e continuo scambio che porterà ad un ripensamento di teoria e pratica:

La pratica è un insieme d'elementi di passaggio da un punto teorico ad un altro, e la teoria il passaggio da una pratica ad un'altra. Nessuna teoria può svilupparsi senza incontrare una specie di muro ed è necessaria la pratica per sfondarlo.

Questa relazione mette ovviamente in crisi, rompendo la bolla di sapone della tradizione nella quale si è rinchiusi, il classico approccio dell'intellettuale alla realtà che vede il pensiero e l'azione strettamente separate senza che sia possibile immaginare un incontro, un collegamento. In questo ambito, quello della figura dell'intellettuale, Foucault prende in analisi due differenti prospettive che esistono in due epoche diverse perché la storia, o meglio l'architettura, cambia spostando le diverse travi per assumere un altra forma, mimetizzandosi cerca di sfuggire alla comprensione in funzione difensiva. In una prima fase, in particolar modo nei massimi sconvolgimenti storici come il dopo '48, dopo la Comune e il 1940,

l'intellettuale era respinto, perseguitato nel momento stesso in cui

le cose apparivano nella loro verità, nel momento in cui non

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bisognava dire che il re era nudo. L'intellettuale diceva il vero a quelli che non lo vedevano ancora ed in nome di quelli che non potevano dirlo.

Si trovava cioè, volontariamente o involontariamente, in una situazione dove poteva far prendere coscienza rispetto a chi non voleva o non riusciva e, nello stesso momento, si assumeva il compito di parlare per chi non poteva farlo. Per Foucault questo ruolo dell'intellettuale non ha più senso, anzi

gli intellettuali stessi fanno parte di questo sistema di potere, l'idea ch'essi siano gli agenti della coscienza e del discorso è parte di questo sistema.

Di sicuro il modo di porsi non può essere visto nell'avanguardia, cioè nel produrre un discorso totalizzante, e nemmeno nell'affiancare le così dette masse, ma sta in una nuova scoperta:

quel che gli intellettuali hanno scoperto a partire dalle esperienze politiche degli ultimi anni è che le masse non hanno bisogno di loro per sapere; sanno perfettamente, chiaramente, molto meglio di loro, e lo dicono bene.

Il ruolo della rappresentanza intellettuale viene a cadere perché le moltitudini si sanno rappresentare da sole senza che nessuno parli per conto loro. Qui si vuole semplicemente abbattere una pratica usata molto spesso in quegli anni da partiti (Pcf) e sindacati (Cgt) che promuoveva la riforma come unica soluzione possibile e che aveva come obiettivo la competizione e la distribuzione del potere. Di sicuro l'obiettivo del ruolo dell'intellettuale non era riformare il potere ma al contrario quello “ di lottare contro le forme di potere là dove ne è ad un tempo l'oggetto e lo strumento: nell' ordine del sapere, della verità, della coscienza, del discorso.” In questo senso per Foucault (e non in una deviazione) “il rapporto teoria/pratica” viene alla luce facendo togliere la maggior parte dei dubbi:

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La teoria non sarà l'espressione, la traduzione o l'applicazione d'una pratica, ma una pratica essa stessa. Locale o regionale: non totalizzante. Lotta contro il potere, lotta per farlo apparire e attaccarlo là dov'è più invisibile e più insidioso. Lotta non per una presa di coscienza, ma per minare e prendere il potere, a fianco e con tutti quelli che lottano per questo e non in disparte per illuminarli.

Il livello sul quale si sta procedendo è quello di fornire mezzi alla moltitudine come se si trattasse di una “cassetta degli attrezzi” da usare nei momenti e nelle situazioni ritenute opportune adoperandoli tutti assieme o una alla volta rispetto alla strategia adottata; ed è necessario che ci sia sempre qualcuno che abbia la volontà e la possibilità di prenderli in mano, senza quest'ultimo punto tutti gli strumenti sarebbero totalmente inutili. Come si è detto prima, l'intellettuale si rapporta in una dimensione locale, o meglio particolare, che porta a far vacillare la smania di totalità del potere. In questa ottica si può osservare l'opposizione profonda tra lotta particolare e volontà totalizzante dettata dalla vasta gamma di dispositivi messi in moto da diversi soggetti e strutture.

Date queste considerazioni si può dedurre che “il potere per natura opera delle totalizzazioni” e di conseguenza “ha necessariamente una visione totale o globale” delle cose, in sostanza si tratta di un vecchio procedimento: capire avendo la totalità delle visioni, includendo la propria, per plasmare ogni singolo oggetto.

Il problema adesso non è tanto chiedersi in dettaglio quali siano i meccanismi di cattura dell'arrogante universalizzazione, ma cercare cosa possa fornire dei possibili primi approcci di resistenza anche solo in forma di teoria, ed è a partire proprio da questo punto che s'incomincia a parlare di prigionieri e prigioni.

Quando i prigionieri si sono messi a parlare, avevano una loro teoria della prigione, della penalità, della giustizia. Questa specie di discorso contro il potere, questo controdiscorso fatto dai prigionieri o da quelli che sono chiamati delinquenti, è questo che conta, e non una teoria della delinquenza.

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Il detenuto vive continuamente la situazione della prigione ed è inutile che qualcun’altro parli al suo posto. Si è relegati all’interno del carcere per non avere dialoghi con l’esterno. Tutti i discorsi che si fanno all’interno della prigione non riescono a trovare una comunicazione col fuori, a meno che non intervenga un agente esterno che scateni la rottura simbolica delle barriere della prigione. I detenuti, per far conoscere la prigione, devono prendere in mano i propri discorsi e convogliarli in un canale diretto, verso l’agente che fornisce la comunicazione con l’esterno; quando ciò si verifica nasce una forma d’opposizione alla prigione sia in ambito teorico che pratico. Sarebbe un errore valutare la questione delle carceri come lotta totale, essa

“è un problema locale e marginale” eppure “ scuote la gente”, possiede questa potenza dettata dalle privazioni della condizione della quale si narra e si è costretti a subire:

Il sistema penale è la forma in cui il potere come tale si mostra nel modo più chiaro. Mettere qualcuno in prigione, tenercelo, privarlo del cibo, del riscaldamento, impedirgli di uscire, di fare l'amore...

ecc., è la manifestazione di potere più delirante che si possa immaginare.

In questo luogo il potere stesso non si maschera, ma si mostra come puro dominio sui corpi dei carcerati entrando nei dettagli più sottili dei desideri, dei bisogni fisici e mentali per cercare di tagliare tutto ciò che prima era presente, in modo tale che il singolo si senta circondato al punto da vietarsi l'immaginazione di un fuori per la salvaguardia della sua psiche. Un altro punto da notare è che all’esterno del carcere si utilizzano gli argomenti morali (es. “ho ben ragione di punire poiché è scorretto rubare”), il cui obiettivo consiste nel giustificare moralmente l’esistenza della prigione. All’interno delle mura della prigione il potere di giustificazione morale non si manifesta, ma è praticato il dominio più crudo

la prigione è il solo luogo in cui il potere può manifestarsi allo stato bruto, nelle

sue dimensioni più eccessive, e giustificarsi

[all’esterno] come potere morale.

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Il potere nella prigione “non si nasconde, non si maschera”, ma “si mostra come tirannia” sui corpi degli imprigionati e può permettersi di compiere gli atti più crudeli perché, nello stesso tempo, si trova “ giustificato” dal potere morale:“ la tirannia bruta [della prigione] appare allora come dominazione serena del Bene sul Male”.

La giustificazione della prigione è messa in pratica dal potere morale, il cui compito è quello di creare nella popolazione consenso o paura del dispositivo carcere. Per far avvenire tutto questo è necessario che la prigione risulti come uno spazio dove quel che accade al suo interno deve essere segreto. Quando ci si trova vicino ad una prigione è impossibile al detenuto far sentire la propria voce e far vedere il proprio viso perché deve rimanere separato dal mondo. Se la separazione e la segretezza della prigione in una situazione di rivolta iniziasse a disgregarsi, il dispositivo carcere crollerebbe su se stesso come un castello di carte.

Sicuramente il Gruppo d’informazione sulle prigioni, in particolar modo Foucault, teneva bene in mente questo aspetto della separazione provando a rompere in qualsiasi maniera la barriera interno/esterno, mettendo in pratica un sapere che non fa molto riferimento ai libri, come Foucault ci ricorda in Poteri e strategie: la politica

“è un problema di gruppi, d’impegno personale e fisico; non si è radicali perché si è pronunciata qualche parola. No, la radicalità è fisica, la radicalità è quella dell’esistenza”.

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G.I.P E GAUCHE PROLETARIÉNNE

Il GIP e la Gauche Prolétarienne sono due gruppi che operarono all'incirca nello stesso periodo, il primo dal 1971 al 1973, anno della disgregazione, il secondo dall'autunno del 1968 al 27 febbraio 1970, giorno in cui il ministro Raymond Marcellin ne impose la dissoluzione forzata, dopo la quale proseguì comunque la sua attività in clandestinità. Il GIP entrò quindi in relazione con la Gauche Prolétarienne, ma mantenne sempre una certa distanza sia metodologica che di prassi politica. La Gauche Prolétarienne era un partito d'estrema sinistra nato dalla fusione tra il Movimento Libertario del 22 marzo e la frangia maoista dell'UJCML (Unione dei giovani comunisti marxisti-leninisti), movimenti fioriti entrambi durante l’esperienza del ‘68, unificatisi in seguito per affinità politiche a livello contenutistico-ideologico e con simili metodologie d'azione. Il sopracitato ministro degli interni in carica, Raymond Marcellin, emise un decreto che dichiarava il partito di ultrasinistra fuori legge, insieme ai suoi vari organi d'informazione, tra cui il principale giornale La Cause du peuple, traendo in arresto quasi tutti i redattori e direttori. Nello stesso periodo, nell’intento repressivo di dare una risposta legalitaria agli avvenimenti del

'68, gli apparati statali appesantirono la mano e dichiararono una sorta di stato di polizia con l'istituzione della conosciuta legge anti-casseurs promossa dal ministro della giustizia René Pleven, varata dal Parlamento il 4 giugno 1970 ed entrata in vigore solo quattro giorni dopo. La legge prevedeva di punire “i nuovi modi d'azione, individuali e di gruppo, permettendo di giudicare in flagranza di reato, rendendo gli individui responsabili finanziariamente dei danni, stabilendo il delitto d'incitazione a manifestare, perseguendo le violenze dei capi e le occupazioni di stabilimenti pubblici”. Questo provvedimento, seguito poi da altri finalizzati al perfezionamento del primo, ebbe come effetto primario e tempestivo il riempimento delle carceri della

Francia di una nuova tipologia di detenuto, non più il criminale “semplice”, bensì il criminale “politico”, condizione non riconosciuta dal diritto penale francese. In questo momento cruciale dello sviluppo storico contemporaneo si iniziarono ad attuare, come strumenti di protesta e di lotta politica, gli scioperi della fame, il cui obiettivo era ottenere il riconoscimento dello status di prigioniero politico. Questo tipo di rivendicazione costituì il punto fondamentale della lotta di Alain Geismar,

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membro della Guache Prolétarienne arrestato il 25 giugno 1970 e condannato una prima volta il 28 luglio per “ricostituzione della lega disciolta” ed una seconda alla fine del 1971 dalla Corte di Sicurezza di Stato istituita da René Pleven e distinta dall'apparato giudiziario normale. La lotta contro il carcere si indirizzò quindi verso un solo argomento, quello del riconoscimento dello status di prigioniero politico; gli altri detenuti criminali “semplici” non vengono presi in considerazione. Perciò questo tipo di critica al carcere può riferirsi unicamente ai militanti della Gauche Prolétarienne e a tutti quei gruppi affini come il Fronte di liberazione bretone e il Fronte della liberazione della gioventù: si può parlare di lotta marginalizzante. L'idea dello sciopero della fame, e la sua conseguente rivendicazione, era stata tratta dalle vicende del conflitto della Guerra d'Algeria del 1960, dove i militanti del Fronte di liberazione nazionale algerino riuscirono ad ottenere il riconoscimento dello status di prigioniero politico. Tornando alla questione dell’organizzazione della lotta nelle carceri, si rese necessaria la costituzione di un organismo o gruppo che desse la possibilità di difesa legale (fornitura di avvocati) e appoggio solidale ai militanti incarcerati: il 26 giugno 1970 nacque il Soccorso Rosso, una “associazione democratica, legalmente costituita, indipendente da ogni organizzazione, e aperta a tutti; il suo obiettivo essenziale sarà quello di garantire la difesa politica e giuridica delle vittime della repressione e di offrire loro ed alle loro famiglie un sostegno materiale e morale senza alcuna esclusività”. Interpretando, la Gauche Prolétarienne, doveva trovare una sua ricostituzione legale che superasse il problema della clandestinità forzata. Nell’intento di costruire una cinta protettiva, coinvolse tutta quella parte d'intellettuali che poteva fornire un sostegno non indifferente nella difesa e nell'arricchimento del pensiero del movimento. Queste esigenze diedero la spinta propulsiva alla costituzione dell'Associazione degli amici di La cause du peuple, la cui presidenza fu affidata a Simone de Beauvoir. Nello stesso tempo il noto filosofo Jean-Paul Sartre divenne il direttore dei giornali di partito. Tutti questi sforzi fatti a scopo protettivo favorirono uno scambio e una tensione continua che unificò diverse generazioni: chi aveva partecipato alla resistenza antifascista, chi aveva combattuto contro il colonialismo, arrivando a coinvolgere i giovani “antagonisti” che si collocavano nell'immensa area di sinistra radicale extraparlamentare. Un ulteriore allacciamento alla realtà storico-sociale coeva, forse quello più significante,

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consisteva nella tessitura e nella sintesi di diverse ideologie apparentemente distanti fra loro: si andava dai cattolici per passare ai marxisti e liberali fino ad arrivare agli anarchici. La stretta della morsa delle manovre del governo francese riuscì a far scandalizzare anche molti soggetti “benpensanti”, portando all’inaspettata situazione in cui molti giornalisti non radicali facevano inchieste: si diffuse così una comune percezione di una particolare “ossessione dell'ordine e disprezzo del disordine, la volontà di segnare il territorio della città attraverso una griglia poliziesca permanente, la moltiplicazione della sorveglianza e del controllo”. Dalle intuizioni che diedero vita a questi articoli giornalistici scottanti nacque il quotidiano

Libération, in seguito diretto da Serge July, dove si vide l'incontro del cattolico Maurice Clavel e Michel Foucault. E' a partire da questo momento che Michel Foucault e Daniel Defert decidono di coinvolgere tutti i conoscenti che avessero una certa relazione o ostilità verso la prigione, sia a livello di pensiero sia a livello del lavoro svolto dai singoli, e fu indetta una riunione alla fine del dicembre 1970 a casa del filosofo stesso: medici, psichiatri, avvocati, giornalisti erano tra i partecipanti.

Uno dei punti principali che quest’incontro mise all’ordine del giorno fu quello di far parlare i detenuti della propria condizione d'imprigionamento, con la loro stessa voce, pubblicando su giornali e riviste, anche non militanti, per far scoprire il mondo di violenza del carcere, del quale fino ad allora non si era voluto parlare. Differenti erano gli obiettivi della cellula della Gauche Prolétarienne sulla questione delle prigioni, conosciuta come OPP (Organizzazione dei Prigionieri Politici), la quale si prefiggeva il compito di creare dei tribunali popolari con gruppi d'inchiesta guidati da esperti sui singoli casi dei prigionieri politici. Il GIP voleva invece mantenersi indipendente rispetto a questo percorso, conferendo però una precisa importanza alla contro-inchiesta, che possedeva la capacità di svelare tutte le falsità che venivano raccontate nelle aule dei tribunali di stato francesi e che erano riferite come verità dall'informazione dei media.

TRIBUNALI E GIUSTIZIA

Proprio sulla questione dei tribunali popolari ci fu un lungo dibattito che iniziò nel 1970, e si protrasse fino al 1975. L'esigenza principale era quella di dare vita a un sistema di “giustizia popolare” come metodo di lotta, contrastando la giustizia di

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stato giudicata troppo parziale. Questa metodologia non nasceva dal nulla ma da una proposta di Daniel Cohn Bendit nel maggio del 1968, animato dall’obiettivo di scoprire, capire e interpretare i massacri della guerra in Vietnam; egli fu ispirato dall'immagine del tribunale Russell. L'obiettivo del tribunale popolare era quello di mettere sul tavolo i contro-fatti giudicando la polizia negli episodi di violenza durante le manifestazioni. Il primo esempio di applicazione pratica è rinvenibile nel tribunale popolare di Lens organizzato dal Soccorso Rosso il 12 dicembre 1970, creatosi per dare una risposta alla morte di sedici minatori provocata da una esplosione di gas il 4 febbraio 1970; in seguito a questa tragedia nove militanti della Gauche Prolétarienne vennero arrestati perché accusati del lancio di bottiglie molotov contro gli uffici della direzione della miniera di carbone a Henin-Beaumont. Nello stesso periodo dei nove arresti si tenne la seduta del tribunale popolare di Lens, presieduto da Jean-Paul Sartre, il quale invitò un centinaio di studenti d’ingegneria a svolgere una contro-inchiesta, che infine attribuì la responsabilità dell'incidente alla direzione delle miniere. Henri Leclerc, uno dei militanti arrestati, non era comunque d'accordo con questa modalità di lotta: ”La nozione di tribunale non è interessante perché è direttamente legata alla nozione di potere”. Come si può notare Jean-Paul Sartre non aveva l'unanimità all'interno della Gauche Prolétarienne e si trovava in contrasto con Michel Foucault, il quale considerava la forma stessa del tribunale come “burocrazia della giustizia” separata totalmente “dalla pratica di giustizia popolare”. Su questo punto è necessario insistere per capire al meglio le differenze filosofiche che, da una parte caratterizzavano Sartre e tutta l'area maoista e dall'altra la maggior parte dei membri del GIP. Significativa è l'intervista-confronto “Sulla giustizia popolare: dibattito con i maoisti” del 1971 in Microfisica del potere, tra Victor il convinto maoista e Michel Foucault, nella quale troviamo i punti di contrasto salienti per quanto riguarda la forma-contenuto del tribunale popolare e la pratica di giustizia popolare. Si può notare innanzitutto che il problema messo sul tavolo da Foucault è cruciale per definire il punto di partenza:

Mi sembra che non si debba partire dalla forma del tribunale e poi chiedersi come e a che condizione possa esserci un tribunale popolare, ma partire dalla giustizia popolare, dagli atti di giustizia popolare, e chiedersi che posto un tribunale possa occuparvi.

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Bisogna domandarsi se questi atti di giustizia popolare possano o

no ordinarsi sotto la forma di un tribunale.

Il tribunale, visto come forma, deve pronunciare la sentenza facendola apparire come un discorso di verità inconfutabile. La giustizia popolare è vista come atto di ribellione popolare e non può essere assorbita dalla giurisdizione del tribunale. Sarà proprio su questo punto che sussisterà la totale contraddizione, in un primo momento basata su una supposizione ed in un secondo momento fondata quasi come certezza su motivazioni storiche:

Ora la mia ipotesi è che il tribunale non sia l'espressione naturale della giustizia popolare, ma ch'abbia piuttosto la funzione storica di recuperarla, controllarla, strozzarla, reiscrivendola all'interno d'istituzioni caratteristiche dell'apparato di stato.

Dalla spaccatura della crosta terrestre fuoriesce violentemente un qualcosa che scuote gli spiriti, la potente spinta che provoca un terremoto verrà subito ri-plasmata in modi e forme già più volte reiterati. Tutta questa metafora sottolinea il carattere storico, percepito come quasi naturale, del compito di riassorbimento e messa in recinto dalla mobilitazione statale generale del tribunale. Esattamente come accadde nel 1792 il controllo è una macchina di recupero che fagocita gli atti nuovi per circoscriverli nella normalità. Durante la rivoluzione, appena fatta notare, gli operai di Parigi chiamati in guerra per andare a farsi ammazzare preferirono non partire, e invece rimasero per combattere i nemici interni perché sapevano benissimo che al loro ritorno avrebbero stabilito il vecchio ordine. Dunque a settembre dello stesso anno ci furono delle esecuzioni, lette nello stesso tempo in due modi:

Erano insieme un atto di guerra contro i nemici interni, un atto politico contro le manovre degli uomini al potere, ed un atto di vendetta contro le classi che li opprimevano. In un periodo di lotta rivoluzionaria violenta non era questo un atto di giustizia popolare[...]?

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L’azione di giustizia comporta la fusione di due aspetti: quello politico che si scontra con l’interesse della classe al potere e quello vendicativo che nasce dall’odio di classe. Come s'impedì l'atto di giustizia popolare delle esecuzioni? La municipalità parigina riuscì a porre un terzo organismo con il compito d'intervenire nei singoli casi mediando tra gli accusatori (la popolazione insorta) e gli accusati, ciò fa notare l’inizio di un qualcosa:

Non si vede apparire qui l'embrione seppure fragile d'un apparato

di Stato? La possibilità d'una oppressione di classe?

Il tribunale è una forma neutrale che ha lo scopo di addolcire gli animi popolari e che ha la funzione di distinguere il vero dal falso, il giusto dallo sbagliato; attraverso questo processo, il tribunale finisce per soffocare il libero atto di giustizia popolare e consolida un conflitto apparente:

Ecco perché mi chiedo se il tribunale, invece di essere una forma

della giustizia popolare, non è la prima deformazione.

Agli occhi di Victor l’esempio storico riportato da Foucault è tipico di una rivoluzione borghese. Identifica, invece, in una rivoluzione proletaria la rivoluzione cinese:

Prendi la Cina: la prima tappa, è la rivoluzionarizzazione ideologica delle masse, i villaggi che si sollevano, gli atti giusti delle masse contadine contro i loro nemici.

Per il maoista questo è il primo stadio della rivoluzione vista come innesco della rivolta. Si dovrà poi immaginare qualcosa che non sia solo l’espressione di una rabbia popolare, ma che porti alla creazione di una nuova istituzione (es. l’armata rossa):

Ma quando arriva uno stadio ulteriore, al momento della

formazione dell'armata rossa, non ci sono più semplicemente le

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masse che si sollevano da un lato ed i loro nemici che si sollevano dall'altro, ma le masse, i loro nemici ed uno strumento d'unificazione delle masse che è l'Armata Rossa. A questo punto, tutti gli atti di giustizia popolare sono sostenuti e disciplinati.

Foucault, al contrario di Victor, non è per niente convinto che l’armata rossa sia una terza istanza:

Direi che sono le masse stesse che si sono poste come intermediario fra qualcuno che si sarebbe staccato dalle masse, dalla loro volontà, per soddisfare una vendetta individuale e qualcuno che sarebbe stato [certamente] il nemico del popolo , ma non sarebbe preso di mira dall'altro se non come nemico personale..

Se prendiamo in esame la rivoluzione del 1792, il tribunale era composto dalla piccola borghesia parigina, quindi posizionata tra la borghesia e la plebe. Proprio per la condizione appena enunciata era la terza classe che aveva preso in mano le redini del tribunale dandogli un preciso valore ideologico. Victor pensa che il tribunale sia semplicemente un mezzo a disposizione delle varie classi, distinguendo il tribunale borghese da quello proletario. Foucault non sta sul piano del tribunale perché intende bene che “l'atto di giustizia popolare [è] profondamente antigiudiziario, ed opposto alla forma stessa del tribunale”, il quale è riconosciuto dalla giustizia popolare come un mezzo che fa parte della macchina statale: il tribunale è uno strumento d’oppressione di classe. Gli atti di giustizia popolare sfuggono continuamente dal tribunale per una storia della giustizia ben precisa riscontrata in Francia:

Ogni volta che la borghesia ha voluto imporre alla sommossa popolare la costrizione d'un apparato di stato, si [è] instaurato un tribunale: un tavolo, un presidente , degli assessori, e di fronte i due avversari. Così il giudiziario riappare.

Leggendo ciò si potrebbe interpretare questi passi in senso nichilista, ma sarebbe

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errato, perché l'autore non vuol far cadere tutto nella banalità senza trovare una soluzione per fuoriuscire dal tribunale, come si vedrà alla fine del dibattito. Scorrendo le pagine possiamo identificare i vari punti di vista dell'analisi di Foucault per quanto riguarda i tribunali, i quali fanno intuire il metodo di comprensione dei vari dispositivi, indagati in Sorvegliare e punire. Qui si parte da un punto di vista che fa comprendere il senso della disposizione spaziale di un'aula di tribunale:

Che cos'è questa disposizione? Un tavolo, dietro questo tavolo, che li mette a distanza dai due contendenti, dei terzi che sono i giudici; la loro posizione indica innanzitutto che sono neutri l'uno rispetto all'altro, poi implica che il loro giudizio non è determinato in anticipo, ma che si definirà dopo l'inchiesta attraverso l'audizione delle due parti, in funzione d'una certa norma di verità.

Lo spazio: caratteristica principale del pensiero di Foucault, l'occhio che osserva come le sedie e gli sguardi sono rivolti per ricavarne un preciso comportamento interpersonale. Oltre a questo aspetto ne è presente un altro, il quale ha la funzione di dividere la plebe:

Il sistema penale ha avuto la funzione d'introdurre un certo numero di contraddizioni in seno alle masse, ed una contraddizione principale è la seguente: opporre le une alle altre le plebi proletarizzate e le plebi non proletarizzate.

Questo è il primo compito del sistema penale che si ramifica nell'applicazione secondo tre pilastri basilari usati in modo preventivo: “giustizia-polizia-prigione”; uno dei tre, a seconda delle epoche storiche, è prevalente rispetto agli altri. Da una parte il sistema penale cerca di proletarizzare, ovvero costringe ad accettare la propria condizione di classe e contemporaneamente incarcera le persone che considera pericolose in modo da giustificare la prigione ed impedisce che queste partecipino ai gruppi di resistenza popolare. L'altra direzione è quella di far percepire ai proletari la plebe non proletarizzata come “feccia” o “teppa”. Ultima funzione di separazione è quella riguardante la borghesia che si serve di elementi della plebe non

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proletarizzata dirigendoli contro lo stesso proletariato sotto forma di “soldati, poliziotti, trafficanti, sgherri”. Tutto ciò è finalizzato all'impedimento della sedizione, vista dalla borghesia come pericolo principale. La giustizia è stata creata proprio dalla classe antisediziosa, cioè la borghesia, ed è questo il motivo per cui la lotta dovrà essere antigiudiziaria. Foucault identifica due forme che non dovranno costituirsi nell'”apparato rivoluzionario”:

La burocrazia e l'apparato giudiziario; come non ci dev'essere burocrazia, così non deve esserci tribunale; il tribunale è la burocrazia della giustizia. Se si burocratizza la giustizia popolare le si dà la forma del tribunale.

Victor, in riferimento alla burocratizzazione statale, è dall'altra parte della strada perché vede nello stato una possibile stabilizzazione positiva del processo rivoluzionario. Lo stato, secondo il maoista, assume il ruolo di arbitro tra popolo e nemici del popolo ed interviene per risolvere gli interessi discordanti nelle masse, a costo di reprimerle. Questa idea di rivoluzione, chiamata da Victor “ideologia del proletariato”, non riesce ad avvicinarsi al piano di libera creazione proposto da Foucault. Quando Victor chiede al filosofo quale possa essere l’organismo che avrà la funzione di giudicare, Foucault risponde:

Bisogna inventarlo [...] Le masse troveranno un modo di regolare il problema dei loro nemici, di coloro che, individualmente o collettivamente, hanno fatto subire loro dei danni, dei metodi di risposta che andranno dalla punizione alla rieducazione, senza passare per la forma del tribunale che […] è da evitare.

L'istituzione del tribunale non deve esserci nel processo di liberazione perché può funzionare da strumento per dividere la plebe proletarizzata dalla plebe non proletarizzata. Nell'ultima parte del testo si cercano di riassumere i punti accennati in precedenza, ma, durante il riepilogo, sorgono altre problematiche riguardanti il concetto di giustizia popolare, che dovrà svolgersi in forma organizzata, non spontanea, tramite un organismo controllato dalle masse stesse. La guerriglia

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antigiudiziaria si pone in conflitto col meccanismo divide et impera della borghesia e

“contro il potere della giustizia”; “sfuggire alla polizia, schernire un tribunale, andare a chiedere i conti ad un giudice” sono atti antigiudiziari. Tutti questi atti non si possono relegare nella zona di contro-giustizia perché:

la contro-giustizia sarebbe poter esercitare, nei confronti di qualcuno che sfugge di solito alla giustizia, un atto giudiziario, cioè impadronirsi della sua persona, tradurlo dinanzi ad un tribunale, mettere un giudice che lo giudichi riferendosi a certe forme di equità e lo condanni realmente ad una pena che l'altro sarebbe obbligato a scontare. Così si prenderebbe esattamente il posto della giustizia.

Questa lunga citazione porta sicuramente a pensare che la forma della contro- giustizia non può esserci e Foucault lo conferma dicendo : ”io penso che non possa esserci contro-giustizia in senso stretto”. Nel tribunale popolare di Lens, per il filosofo, non si è esercitata la contro-giustizia ma un “potere d'informazione”, strappando, in primo luogo “agli ingegneri, delle informazioni che rifiutavano alle masse” ed , in secondo luogo,

dal momento che il potere detiene i mezzi per trasmettere l'informazione, il tribunale popolare ha permesso di superare questo monopolio dell'informazione. Si son dunque esercitati due poteri importanti, quello di sapere la verità e quello di diffonderla. E' molto importante ma non è un potere di giudicare.

Al contrario Victor non dà molta importanza al potere del sapere, ma sottolinea il fatto che “l'idea Houilleères, assassini” (dirigenti delle miniere assassini) diventi preponderante rispetto ai lanci delle molotov contro la direzione delle miniere, togliendo gli artefici dal gioco mediatico colpevolizzante: “quelli che hanno lanciato le molotov sono colpevoli”. Infine il maoista assume la propria posizione sul tribunale di Lens:

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Dico che questo potere di pronunciare una sentenza che non può essere eseguita è un potere reale che si traduce materialmente in un rovesciamento ideologico nella testa della gente cui si destinava.

Non è un potere giudiziario [...], perché non può esserci un contro- potere giudiziario. Ma c'è un contro-tribunale che funziona a livello della rivoluzione ideologica.

D'altronde Foucault se non si trova totalmente d'accordo con Victor però riconosce che :

Il tribunale di Lens rappresenta una forma di lotta antigiudiziaria. Ha giocato un ruolo importante: si è svolto infatti nello stesso momento in cui aveva luogo un altro processo dove la borghesia esercitava il suo potere di giudicare com'essa può esercitarlo. In quel momento stesso, si è potuto prendere parola per parola, fatto per fatto, tutto quel che era detto in quel tribunale per farne venir fuori l'altra faccia. Il tribunale di Lens era il rovescio di quel che si faceva nel tribunale borghese; faceva apparire in bianco quel che là era nero.

I due protagonisti della discussione su Lens si trovano d'accordo sul momento pratico, però conferiscono un senso leggermente diverso al “che cos'é stato” e che cosa ha significato questo episodio, seppur piccolo, molto importante per capire a livello filosofico le differenti posizioni: quella di Victor molto dottrinale, mentre quella di Foucault si pone sul piano d'abbattimento delle forme di “giustizia e ideologia morale” del tribunale , le quali dovranno diventare “il bersaglio della nostra lotta attuale”.

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INCHIESTA E PRIGIONI

Il Gruppo d'Informazione sulle Prigioni (GIP) nacque sull'onda della proclamazione di diversi scioperi della fame portati avanti da prigionieri politicizzati. Questa lotta non aveva come obiettivo il riconoscimento dello status di prigioniero politico, ma l'intenzione di combattere insieme ai detenuti comuni per ottenere un miglioramento delle condizioni penitenziarie. L'8 febbraio 1971, nella conferenza stampa svoltasi nella cappella di Saint-Bernard a Montparnasse, gli avvocati Henri Leclerc e Georges Kiejman annunciarono la sospensione dello sciopero della fame dei prigionieri durato 34 giorni. Dopo l'intervento dei due avvocati, presero la parola tre noti personaggi come membri del neo-costituito GIP: Michel Foucault, Pierre Vidal Naquet, conosciuto per aver denunciato in precedenza le pratiche di tortura commesse dall'esercito francese nella Guerra d'Algeria e Jean Marie Domenach, membro della Resistenza e direttore della rivista cattolica L'esprit. Fu in questo frangente che Michel Foucault lesse per la prima volta il Manifesto del GIP :

Nessuno di noi è sicuro di poter sfuggire alla prigione. Oggi meno che mai. Nella vita di tutti i giorni il quadrillage poliziesco si rafforza: nelle vie e lungo le strade; intorno agli stranieri e ai giovani; è riapparso il reato d'opinione; le misure antidroga moltiplicano l'arbitrio. Siamo sotto il segno del “fermo di polizia”.

Ci dicono che la giustizia è debordata. Lo vediamo chiaramente. Ma se fosse la polizia ad averla superata? Ci dicono che le prigioni sono sovrappopolate. Ma se fosse la popolazione ad essere sovraincarcerata? Si pubblicano poche informazioni sulle prigioni: è una delle regioni nascoste del nostro sistema sociale, uno dei buchi neri della nostra vita. Abbiamo il diritto di sapere, vogliamo sapere. Ecco perché, con alcuni magistrati, avvocati, giornalisti, medici e psicologi, abbiamo formato un Gruppo d'Informazione sulle Prigioni. Noi ci proponiamo di far sapere che cosa è la prigione: chi ci va; come e perché ci si entra; cosa vi succede; quale è la vita dei prigionieri e anche quella del personale di sorveglianza; quali sono gli edifici, il cibo, l'igiene; come funziona il regolamento interno, il controllo medico, i laboratori; come se ne esce e cosa significa, nella nostra società, essere uno di quelli che ne sono usciti. Non troveremo queste informazioni nei rapporti ufficiali. Noi le richiediamo a coloro i quali, a qualunque titolo, hanno un'esperienza della prigione o un qualche rapporto con essa. Li preghiamo di prendere contatto con noi e di comunicarci quel che sanno. E' stato redatto un questionario, che ci può essere richiesto. Appena saranno abbastanza numerosi, ne diffonderemo i risultati. Non spetta a noi suggerire una riforma. Vogliamo solo far

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conoscere la realtà. E farla conoscere immediatamente, quasi giorno per giorno; perché il tempo stringe. Si tratta di avvisare l'opinione pubblica e tenerla in allerta. Cercheremo di usare tutti i mezzi di informazione, quotidiani, settimanali, mensili. Facciamo dunque appello a tutte le tribune possibili. Infine, è opportuno sapere come difendersi. Uno dei nostri primi obiettivi sarà quello di pubblicare un piccolo Manuale del perfetto arrestato, accompagnato naturalmente da un Avviso a chi arresta. Tutti coloro i quali vogliono informare, essere informati o partecipare al lavoro possono scrivere al G.I.P., 285 Rue de Vaugirard Paris XV

Per il Gruppo di Informazione sulle Prigioni

Jean-Marie Domenach

Michel Foucault

Pierre Vidal-Naquet

Il fine che il GIP voleva ottenere rendendo pubblico questo ciclostilato, era quello di diffondere i questionari citati da Foucault nel Manifesto. Tali questionari, rivolti sia ai detenuti nelle carceri francesi, sia alle famiglie, volevano essere la base di un'inchiesta il cui scopo era quello di far emergere al di fuori delle prigioni tutti i soprusi che avvenivano all'interno di esse. La situazione era infatti arrivata al limite dell'accettabilità:

La situazione nelle prigioni è intollerabile. Si fa condurre ai detenuti una vita indegna di un essere umano. I diritti che hanno non sono rispettati. Vogliamo portare questo scandalo alla luce del sole.

La parola chiave dell'inchiesta era: intolleranza. Proprio a partire da questa parola, infatti, nacque la volontà di portare avanti una campagna di lotta diffondendo i questionari in diversi istituti penitenziari della Francia. Fin dall'annuncio della propria costituzione a Montparnasse, il GIP aveva, inoltre, la necessità di farsi conoscere e spiegare cos'era l'inchiesta-intolleranza, utilizzando tutti i canali d'informazione possibili. In virtù di questo, numerosi articoli e interviste videro la luce su vari quotidiani e riviste non solo militanti.

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COS' E' L'INCHIESTA

Il metodo dell'inchiesta non era stato scelto a caso, infatti traeva ispirazione dalle inchieste operaie marxiste dei Quaderni Rossi che cercavano di comprendere i cambiamenti socio-economici degli anni '60. Il problema era che il GIP non aveva l'intenzione di lavorare sulla comprensione dei grandi cambiamenti storico- economici, non ritenendolo necessario alla questione contingente che voleva affrontare. Serviva, infatti, un'interpretazione della prigione, nonché della giustizia, che fornisse gli strumenti necessari a scoprire ciò che avveniva all'interno delle mura delle carceri e che veniva celato dall'apparato statale (secondini, giudici, magistrati e alcuni avvocati). A partire da questo bisogno del gruppo, Michel Foucault entrò in gioco in quanto poteva essere considerato colui che, più di tutti, aveva contribuito allo sviluppo della questione sulla prigione con numerosi scritti e interviste.

L'istituzione prigione è come un iceberg. La parte visibile funziona come giustificazione: “ci vogliono delle prigioni perché ci sono dei criminali”. La parte nascosta è però la più importante, la più temibile: la prigione è uno strumento di repressione sociale.

La parte oscura doveva (e ancora oggi deve) essere tenuta segreta. Questo perché lo stato aveva, e ha, la necessità di rendere visibile solo la parte meno cruenta, nascondendo all'esterno la feroce repressione che si concretizzava, e si concretizza, all'interno delle mura degli istituti penitenziari. La detenzione all'esterno era vista come “la privazione della libertà d'uscire, della libertà di agire quotidianamente all'interno della propria famiglia e del proprio ambiente di lavoro”, mentre quel che accadeva all'interno era persino peggiore rispetto a quanto ci si poteva immaginare, perché

sotto il pretesto della detenzione, si [privavano] le persone di un certo numero di altre libertà, o di un certo numero di altri diritti fondamentali, come ad esempio il diritto all'informazione, o il diritto al lavoro, o in ogni caso, il diritto alla giusta remunerazione legittima del lavoro, persino il diritto alla vita sessuale

. Nelle carceri francesi, ad esempio, i detenuti non potevano leggere giornali che contenessero informazioni politiche, era solo permesso leggere riviste come Jours de France, che trattava esclusivamente di gossip. Le condizioni di lavoro dei detenuti

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erano a dir poco sconcertanti: se si lavorava 8 ore al giorno per 22 giorni, la paga mensile era di 15 franchi, ma solo 3 franchi andavano nelle tasche del detenuto perché la prigione tratteneva una serie di spese supplementari. La repressione sessuale, della quale i detenuti facevano fatica a parlare, era ai massimi livelli: oltre a non essere tollerata l'omosessualità, era molto difficile per il prigioniero praticare la masturbazione tanto che si arrivava al punto di compierla nella sala dei colloqui dopo che si chiedeva alla propria donna di mostrare il seno. Era necessario che l'esterno conoscesse questa orribile condizione d'imprigionamento. La soluzione venne riconosciuta nella formulazione di un questionario che potesse dare “il diritto di parola” a tutti i detenuti, i quali, in un certo modo, “erano esclusi dal discorso e dalla parola.”

Abbiamo redatto un questionario assai preciso sulle condizioni della detenzione. Lo facciamo pervenire ai detenuti e domandiamo loro di raccontarci la loro vita di prigionieri con il maggior numero di dettagli. Così, abbiamo preso numerosi contatti; attraverso questa scorciatoia, abbiamo ricevuto delle autobiografie, dei diari personali e dei frammenti di racconto.

Le domande dei questionari erano state scritte con l'aiuto di ex-detenuti e riguardavano una serie di argomenti presenti nella vita quotidiana del carcere: visite (frequenza, durata, facilità nell'ottenere i permessi), lettere (spedite e inviate), godimento dei diritti rispetto al regolamento penitenziario, condizioni della cella (igiene, assenza o presenza della toilette), ora d'aria, alimentazione (costo, qualità e quantità del cibo), svaghi (cinema, sport, radio, studio), lavoro (tipologia, paga, infortuni), assistenza sanitaria, disciplina (violenze dei sorveglianti, punizioni con l'isolamento, relazioni con i prigionieri politici, autolesionismo). L'inchiesta- intolleranza aveva l'intento di “dare la parola ai detenuti”, i quali non avevano bisogno di “prendere coscienza” perché sapevano benissimo a cosa serviva il carcere e qual era il loro nemico. I membri del GIP non erano degli sprovveduti, infatti si erano dati degli obiettivi chiari e precisi.

Il Gruppo d'Informazione sulle Prigioni avvia la sua prima inchiesta. Non è un'inchiesta di sociologi. Si tratta di lasciare la parola a coloro che hanno esperienza della prigione. Non che abbiano bisogno di essere aiutati a “prendere coscienza”: la

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coscienza dell'oppressione è perfettamente chiara, ben consapevole di chi sia il nemico. Ma il sistema attuale le nega le possibilità di formularsi, di organizzarsi.

L'intento non era quello di divertirsi a fare una “commissione d'inchiesta” giornalistica, né quello di svolgere una ricerca a carattere scientifico o accademico.

L’obiettivo era quello di abbattere l'isolamento delle rivolte che si era manifestato negli anni precedenti in diversi istituti penitenziari, per non “lasciare più in pace le prigioni”; si voleva far mutare “in sapere comune e in pratica coordinata” le esperienze e i tumulti nelle carceri. Se si aveva il progetto di “infrangere le barriere del ghetto”, per andare nella direzione di una collettivizzazione delle sommosse, era necessario che le informazioni circolassero velocemente e il più ampiamente possibile. I detenuti avevano completamente in mano la loro lotta perché, tramite il GIP, avevano la possibilità di denunciare le condizioni di detenzione particolarmente intollerabili e potevano consigliare anche le azioni esterne che volevano si sviluppassero fuori dalla prigione.

Noi intendiamo spezzare il duplice isolamento in cui si trovano rinchiusi i detenuti: attraverso la nostra inchiesta, vogliamo che possano comunicare tra loro, trasmettersi ciò di cui sono a conoscenza e parlarsi da prigione a prigione, da cella a cella. Vogliamo che si rivolgano alla popolazione e che la popolazione parli loro.

Se non si distruggeva il muro che teneva separato il dentro-fuori, era una lotta inutile e logorante perché le energie usate portavano sicuramente a non ottenere nulla di buono, solo grandi soprusi da parte dei secondini. Date queste intenzioni, l'inchiesta- intolleranza non poteva essere ufficiale, cioè permessa dallo stato. I questionari, infatti, erano fatti entrare ed uscire nelle carceri in maniera semi-clandestina a causa della censura postale penitenziaria. Quando l'amministrazione penitenziaria scopriva che un detenuto possedeva un questionario, veniva automaticamente picchiato e punito con l'isolamento. Anche per questo motivo l'anonimato dei contatti e delle risposte era garantito in modo “rigoroso”. Le difficoltà nell'inviare e ricevere informazioni preziose non erano presenti solo all'interno della prigione, ma anche all'esterno. I membri del GIP, infatti, quando andavano a distribuire volantini e questionari davanti alle prigioni, per cercare contatti coi familiari dei detenuti, erano

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sempre arrestati o disturbati dalla polizia. Fu proprio in uno di questi momenti di volantinaggio che Foucault e Domenach vennero fermati, interrogati, accusati di

“attività ambulante senza ricevute”, rinviati a giudizio e una volta fuori dalla caserma della gendarmeria picchiati dai poliziotti. A seguito di questo fatto il filosofo aveva formulato, in forma scritta, una risposta che faceva notare il suo impegno a mettere

“praticamente in questione la giustizia” e la polizia:

La strada sta diventando un dominio riservato alla polizia; a dettarvi legge è il suo arbitrio: circola e non fermarti; cammina e non parlare; quel che hai scritto non potrai consegnarlo a nessuno; vietati gli assembramenti. La prigione inizia ben prima delle sue porte. Non appena usciamo di casa.

Il “sentimento di disuguaglianza davanti alla giustizia e alla polizia” nei confronti di chi cercava “ di cogliere il punto della rivolta e mostrarlo” era all'ordine del giorno. Lo stato temeva “il contagio” della rivolta “anche solo attraverso lo sguardo” o “nel mutismo di un cenno d'occhi”. La polizia aveva il compito di annientare tutte le possibili relazioni che si venivano a creare tra i singoli oppressi. Il compito dei poliziotti era quello di controllare la circolazione al quale ognuno doveva sottostare.

Nell'arbitrio infinitesimo e quotidiano della strada, in un affare apparentemente semplice di volantini distribuiti, l'ultimo dei poliziotti è perfettamente consapevole del suo ruolo che gli si fa svolgere; designa lui stesso il sistema che si stabilisce inavvertitamente attraverso i suoi gesti rozzi e maldestri; celebra la nuova funzione che esercita, e invoca con gioia il capo che si merita.

Ogni singolo poliziotto era cosciente del proprio compito: l'incontro non doveva avvenire, i flussi della circolazione dovevano essere totalizzanti. Tutto questo poteva intimorire, ma si voleva combattere duramente l'esistente, ciò che era intollerabile. Si aveva la decisa volontà di far accrescere l'intolleranza per farne “un'intolleranza attiva”, la quale metaforicamente doveva far “esplodere le mura della prigione”. Un esempio che andava in questo senso fu il primo opuscolo del GIP.

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L'INFORMAZIONE È LOTTA

Il 4 giugno del 1971 uscì Enquête dans 20 prisons (Inchiesta in 20 prigioni), il primo opuscolo del GIP edito dalle Editions Champ Libre, molto vicine all'area anarchica parigina. In questa prima brochure di 47 pagine troviamo due questionari riprodotti integralmente e due racconti. Prima di queste due parti c’è una prefazione scritta da

Michel Foucault. La prima parte è molto interessante per capire quali fossero le caratteristiche dell'inchiesta: innanzitutto “questo opuscolo non [voleva essere] un bilancio” delle lotte, ma “parte integrante dello sviluppo dell'inchiesta”; si trattava “di dare ai detenuti delle varie prigioni i mezzi per prendere la parola contemporaneamente sulle condizioni della detenzione, dell'imprigionamento [e] del rilascio”. Questo lavoro era circoscritto nell'ambito del discorso sull'informazione, la quale doveva “rimbalzare” da una persona all'altra con lo scopo di “trasformare l'esperienza individuale in sapere collettivo, cioè politico”. Non si poteva parlare, a livello concettuale, di controinformazione, poiché il GIP non si collocava nell'ottica dell'avanguardia, ossia nel dare un senso ideologico ad ogni episodio che si scatenava, ma cercava di svelare qualcosa che il potere voleva tenere segreto. Questo meccanismo faceva sì che nel momento in cui si portava a galla quel qualcosa di nascosto, ciò aveva già un senso intrinseco per il solo fatto che era difficile scoprirlo. Quando si riusciva a togliere la maschera alle varie istituzioni allora “l'informazione [diventava] una lotta”.

I tribunali, le prigioni, gli ospedali, i manicomi, la medicina del lavoro, le università, gli organi di stampa e d'informazione: attraverso tutte queste istituzioni, e sotto maschere diverse, si esercita un'oppressione che è, alla sua radice, un oppressione politica.

Considerando queste preziose prime righe dell'opuscolo, si può dire che a livello pratico non c'era nessuna differenza tra informare e contro-informare, perché gli organi del potere erano sempre visti in funzione di una oppressione di classe. Il nuovo tipo d'intolleranza che si realizzava attraverso i questionari, si poneva esattamente “in continuità con le battaglie e le lotte condotte per tanto tempo dal proletariato.” La posizione nella quale si era determinati a stare era quella del conflitto perché “la classe sfruttata” aveva sempre saputo in che “modo riconoscere

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l'oppressione politica”, alla quale non aveva “mai cessato di resistere”, ma era sempre stata “costretta a subirla”.

Nella parte più importante della prefazione erano stati posti dei punti basilari che aiutano a comprendere, sul filo della riflessione precedente, quali fossero i bersagli dell'inchiesta-intolleranza:

1) Queste inchieste non sono destinate a migliorare, ad addolcire, a rendere più sopportabile un potere oppressivo. Sono destinate ad attaccarlo, laddove si esercita sotto un altro nome, quello della giustizia, della tecnica, del sapere, dell'obiettività. Ciascuna dev'essere quindi un atto politico.

2)Mirano ad obiettivi precisi, a istituzioni che hanno un nome e un luogo, ad amministratori, a responsabili, a dirigenti, che causano anche vittime e che suscitano rivolte, persino tra coloro che le devono governare. Ciascuna dev'essere il primo episodio di una lotta.

3)Raccolgono attorno a questi obiettivi diversi gruppi sociali, che la classe dirigente ha tenuto separati con il meccanismo delle gerarchie sociali e degli interessi economici divergenti. Devono far cadere queste barriere indispensabili al potere, riunendo detenuti, avvocati e magistrati; o ancora: medici, malati e personale ospedaliero. Ciascuna deve, in ogni punto strategicamente

importante, costituire un fronte, e un fronte d'attacco. 4) Queste inchieste non sono condotte da un gruppo di tecnici dall'esterno; gli intervistatori sono qui gli stessi intervistati. Spetta a loro prendere la parola, far cadere le distinzioni, dare una formulazione a ciò che non è più tollerabile, e non più tollerarlo. Spetta a loro guidare la lotta che impedirà all'oppressione di aver luogo.

Quando i membri del GIP andavano a distribuire i volantini davanti alle prigioni e venivano fermati, i giovani erano subito percepiti dalla polizia come estremisti; oppure quando i familiari dei detenuti accettavano il questionario e partecipavano alle riunioni del gruppo, significava accettare una determinata base politica in virtù del fatto che, rischiando la propria incolumità, si affermava un atto politico. Il GIP lasciava che i parenti dei detenuti si costituissero in gruppo per lottare su specifici ambiti del carcere: abolizione del casellario giudiziario, problemi della detenzione delle donne e difficoltà delle donne a sostenere i prigionieri.

Non possiamo scordare alcuni medici penitenziari che lottarono insieme agli ex detenuti, divenuti lavoratori interni al carcere svolgendo mansioni di ausiliari in

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infermeria. Insieme costituirono un gruppo che si prefiggeva di combattere le divisioni interne alla prigione.

Fin dalla prima riunione i medici avevano detto:

noi non possiamo curare, e non solamente perché l'amministrazione ci impedisce di fare il nostro mestiere, ma perché questo mestiere ci mette in collusione con essa.

Compensare una carenza alimentare, dare un calmante a una “testa calda”, fare una flebo ad uno che fa lo sciopero della fame, dare del valium a qualcuno che è in preventiva dopo tre anni, non è “salvare un uomo”, è assicurare il buon funzionamento della detenzione, significa aiutarla a continuare. Non possiamo curare senza essere dalla parte dello sbirro.

Lottare contro il carcere era una pratica di riappropriazione del sé che portava ad assumere una posizione. Come Michel Foucault diceva: “il sapere non è fatto per comprendere ma per prendere posizione”.

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FLUERY-MÉROGIS UNA PRIGIONE MODELLO

Il 10 giugno del 1971 uscì il secondo opuscolo del GIP: Enquête dans une prison- modèle: Fleury-Mérogis.

L'intenzione di questo prezioso libretto era quella di mostrare le caratteristiche della prigione più grande d'Europa. La costruzione della “casa d'arresto” di Fleury- Mérogis fu decisa nel 1962 dal guardasigilli René Pleven e fu realizzata dagli architetti Guillaume Gilet, Pierre Vagne, Jacques Durand e René Bœuf: i lavori iniziarono nel 1964 e si conclusero nel 1968. In origine Fleury-Mérogis avrebbe dovuto sostituire La Santé, il vecchio carcere costruito nel 1867, situato nel centro di Parigi e con struttura simile alla casa circondariale di San Vittore a Milano. Naturalmente tutto ciò non avvenne; infatti, la vecchia prigione non fu demolita ed entrambi gli edifici penitenziari nel 1970 si trovarono in stato di sovraffollamento: La Santé deteneva 3000 persone e fu progettata per 1000 detenuti, mentre Fleury- Mérogis deteneva 6000 persone e fu costruita per 3000 prigionieri.

La media dell'età di detenzione si abbassò drasticamente, da 40 a 25 anni, a causa dei giudici che, alimentati dalla smania di “giustizia”, mettevano in prigione sempre più giovani. Parte di tutto ciò fu causato e alimentato dalla capienza mastodontica di Fleury-Mérogis, situata esattamente a 25 km da Parigi in mezzo ai boschi e relativamente vicina ad alcune abitazioni.

Questa costruzione penitenziaria può essere considerata come una prigione-modello perché, oltre ad essere situata in un luogo isolato e distante da Parigi, fu considerata come il fiore all’occhiello della moderna detenzione degli anni '60 e '70, proprio per la sua particolare struttura d’avanguardia penitenziaria. Le testate giornalistiche dedicarono molto spazio alla questione del “prototipo carcerario” elogiando ulteriormente la nuova modalità di gestione detentiva. Più i media esaltavano il nuovo luogo di reclusione e più si soffocava la vera sostanza della pratica d'imprigionamento che il singolo recluso era costretto a subire. A causa di questi motivi per il GIP fu essenziale mostrare quale fosse l'effettiva realtà della condizione carceraria di Fleury-Mérogis: solitudine, isolamento, altoparlanti, interfono, tecnologia, suicidi. Questo fu, infatti, il nuovo modello di detenzione che per certi aspetti fece, e continua a far ricordare il Panopticon di Jeremy Bentham, ma anche il famoso romanzo 1984 di George Orwell.

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MODERNITÀ E GRANDEZZA

Per spiegare il contesto architettonico, oltre che politico, in cui si inserisce la costruzione di Fleury-Mérogis, è bene sottolineare che a partire dalla seconda metà degli anni '60 i progetti delle nuove opere architettoniche furono creati dai primi

“esperti” di design. Grandezza e modernità furono i due concetti principali che le opere avevano il compito di comunicare. Proprio in quest'epoca si costruirono gli immensi mostri di cemento della banlieue totalmente separati dal centro della città. Fleury-Mérogis fu progettata e costruita prendendo spunto proprio dalla forma degli enormi palazzi della periferia francese.

Fleury-Mérogis, la prigione più moderna della Francia.

Fleury-Mérogis, la più grande prigione della Francia.

Queste sono le prime due righe del secondo opuscolo del GIP che evidenziano una tipica caratteristica di questa prigione: la modernità è sinonimo di grandezza.

La grandezza e la modernità della prigione parigina erano, però, totalmente diversi dal senso che invece questi due termini avevano se riferiti alla banlieue. Riguardo al carcere i due termini rimandano, infatti, al significato di timore o paura: attraverso la percezione dell'imponente struttura l'individuo si sentiva in condizione di inferiorità, aveva come l'impressione di essere circondato. La nuova forma di reclusione nella prigione moderna fu quindi di tipo individuale: l'intenzione era quella di isolare il singolo facendogli trascorrere nella cella il maggior tempo possibile. Nelle vecchie carceri l'aspetto della marginalizzazione individuale era presente, seppur in minima parte, poiché l'obiettivo primario era sostanzialmente differente: rinchiudere i

“delinquenti” all'interno delle mura del penitenziario per giustificare l'esistenza del sistema penale. Un esempio architettonico, che può esprimere al meglio il significato della parola modernità all'esterno della prigione, fu la progettazione della Tour Eiffel, costruzione simbolo del capitalismo industriale sfrenato di fine Ottocento. Il compito dello spaventoso edificio metallico fu quello di trasmettere la modernità attraverso l'altezza quindi “grandezza”, con la volontà di esprimere architettonicamente l'immagine dei molteplici cambiamenti dei ritmi di vita dell'epoca.

Comprendere la composizione della struttura architettonica degli edifici è essenziale per cogliere le pratiche d'assoggettamento alle quali gli individui sono sottoposti.

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Prima di spiegare i tremendi esercizi di medicina della repressione individuale di

Fleury-Mérogis, è necessario descriverne la struttura.

A 25 km da Parigi c'è un'area di terreno spianata dai bulldozer. Un muro invalicabile alto 8 metri, senza torri d'osservazione, di forma esagonale. Un'area di 17 ettari. Non si riesce a vedere l'interno dell'edificio. E' la casa d'arresto maschile di Fleury-Mérogis. Al centro della prigione, un edificio circolare coperto da una cupola con 6 guardiole d'osservazione che guardano in tutte le direzioni della prigione. Attorno all’edificio circolare è presente una struttura di forma esagonale. Tutto intorno, 5 sezioni a 3 raggi, simili alla forma delle pale di un elicottero, infatti ogni blocco è chiamato elica. Infine decine di celle allineate con le finestre rivolte verso il cortile di ogni sezione della prigione. All’interno dell'edificio ci sono i passaggi invisibili del personale di servizio. Vicino all'entrata c'è l'accesso diretto per l’edificio circolare. L’edificio circolare e la struttura esagonale attorno hanno il compito di far accedere i detenuti che arrivano all’esterno della prigione; qui entrano ed escono le macchine della polizia ed è presente la sala d’attesa per i visitatori e la sala colloqui. Le eliche, composte da quattro piani, sono edifici per la detenzione, numerati in ordine D1, D2, D3, D4, D5, ognuna di queste può detenere fino a 620 uomini. Il piano terra di ogni elica è riservato ai servizi generali, al personale e alle celle d'accoglienza. Le celle penitenziarie occupano tre piani. Al quarto piano è presente una sala di 150 posti e lo spazio per l'ora d'aria individuale circondato da mura. In un altro spazio sono situati i laboratori d'intrattenimento e di lavoro.

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Le prigioni che furono costruite nel 1800 (es. La Santé e San Vittore) possiedono una disposizione spaziale completamente diversa da Fluery-Mérogis.

Nelle vecchie galere, infatti, è presente una torre centrale d'osservazione dalla quale si diramano diversi raggi (6 raggi nel caso di San Vittore e 5 a La Santé); lungo tutte le mura perimetrali sono presenti numerose torri d'osservazione. Nel carcere- modello, quindi nel caso particolare di Fleury-Merogis, la sorveglianza a vista è collocata tutta al centro, nelle sei guardiole dell'edificio circolare.

Tutto ciò fu pensato perché si volle ottenere una diversa modalità di detenzione che mirava, come ho spiegato in precedenza, alla solitudine del prigioniero. Per questo motivo non era necessario che ci fossero molte torri d'avvistamento per contrastare l'evasione o le possibili rivolte, perché la socializzazione fra detenuti fu ridotta ai minimi termini. Le celle furono concepite in una forma disgraziatamente nuova.

Una rivista di architettura spiega come sono fatte le celle: sono distribuite lungo tutto il corridoio centrale. Le dimensioni di una singola cella sono: 4 metri di profondità, 2,5 metri di larghezza e 2,5 metri d'altezza. Per ragioni di sicurezza, i pavimenti e i muri dovranno essere realizzati in cemento armato. La finestra è in triplo vetro, ma ritorneranno a essere installate le sbarre.

Le finestre, con “vetro impossibile da sfondare”, non presentavano sbarre perché agli occhi del soggetto esterno la prigione non doveva essere percepita come un luogo di reclusione; infatti, il “carcere prototipo” fu pensato come “una prigione senza sbarre”.

All'interno dell'istituto penitenziario furono installati numerosi cancelli d'accesso ad apertura elettronica e le porte d'acciaio delle celle erano spesse dieci centimetri.

Le mura delle vecchie prigioni erano state erette con materiali edili meno resistenti all'erosione (mattoni, pietra o cemento non armato), a differenza delle nuove carceri costruite sempre con cemento armato allo scopo di evitare anche le possibili evasioni.

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Un altro importante aspetto del carcere-modello fu il modo di ripartizione dei detenuti nelle varie “eliche” o sezioni.

La disposizione dei detenuti per ogni elica avviene nel modo seguente: nella D2, vengono disposti i giovani dai 18 ai 21 anni che fanno riferimento al tribunale di Parigi; nella D4, i giovani che fanno riferimento al tribunale della regione parigina, esclusa la città di Parigi; nella D1 e D3, gli adulti, che vengono ordinati nelle celle secondo l'ordine alfabetico; in più i detenuti ritenuti pericolosi sono raggruppati nella D3 dove sono presenti decine di celle per l'isolamento; la D5 non è ancora stata aperta: una cinquantina di secondini già vi abitano. Sono presenti circa 500 sorveglianti per elica.

Nella maggior parte delle prigioni la disposizione avveniva secondo i seguenti parametri: tipo di reato compiuto, durata della condanna, precedenti penali, detenzione preventiva o condanna definitiva.

A Fleury-Mérogis le differenze furono stabilite su basi biologiche (età), dati anagrafici (alfabeto) e competenze giuridiche (differenti tribunali). La novità allucinante della tecnica medica d'imprigionamento non fu soltanto la tipologia di ripartizione dei detenuti, ma soprattutto la permanente violenza psico-fisica che si impiegava nei confronti del corpo del detenuto.

LA PRIGIONE DISTOPICA

La definizione di distopia che il dizionario fornisce è :“utopia al contrario; situazione, condizione futura presentata e descritta come negativa, sgradevole e non auspicabile in alcun modo”. Il romanzo distopico racconta una società indesiderata che deve ancora crearsi, amplificando quelle piccole tendenze negative già operanti nel presente. Fleury-Mérogis fu considerata come la prigione del futuro, la prigione distopica.

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La prigione linda e pulita, la prigione silenziosa. Ma perché circola tanto valium, e se rifiuti di prenderlo te lo iniettano direttamente. La prigione senza sbarre. Ma le rimettono ogni giorno. La prigione elettronica. Ma ti urlano gli ordini per altoparlante, e ti ascoltano anche quando dormi. La prigione dell'avvenire, che sarà costruita in tutta la Francia in decine di modelli.

Il progetto del Panopticon di Jeremy Bentham fu sperimentato alla lettera negli anni '50 in Svezia, ma per fortuna non ebbe esiti positivi perché si verificò una completa evasione dei detenuti.

La “prigione prototipo” di Fleury-Mérogis traeva molti spunti dal modello panoptico, poiché, l'obiettivo principale fu quello di separare gli individui rompendo tutti i legami che si potevano venire a creare. Per questi motivi fu necessario dividere lo spazio assicurando una sorveglianza che allo stesso tempo doveva essere globale e individualizzata. Questa nuova forma di reclusione portò a drammatiche conseguenze.

La prigione modello, anzi la prigione-suicidio, [fu] la prigione dove [si verificarono] più suicidi. In un anno, nella sezione D2, su 1500 giovani detenuti [ci furono] 75 casi di tentato suicidio.

L'individualizzazione dei reclusi elaborata a Fleury-Mérogis fu l'aspetto più spaventoso poiché il prigioniero viveva in una costante condizione d'introspezione, dura da sopportare per lungo tempo. I soli dialoghi che il detenuto poteva compiere erano quelli con se stesso, gli educatori e perfino i sorveglianti; se questi ultimi due soggetti non si recavano nelle celle, si restava “soli 23 ore su 24”, sentendo solamente “il proprio battito del cuore”. Gli esiti prodotti dal lungo tempo trascorso in solitudine forzata portarono i singoli prigionieri al progressivo smarrimento del proprio sé.

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La solitudine produce degli strani effetti: ti esamini tutto il tempo, ti tocchi, ti senti invecchiare, mangi molto e ti vedi ingrassare. Finisci per conoscere ogni minimo angolo della cella e non puoi impedirti di scrutarla continuamente. Ci sono quelli che la lavano tre volte al giorno.

Le giornate passate in cella dovevano essere occupate in qualche modo, ma, più i detenuti si spingevano a “conoscere” quello spazio, per passare il tempo, più la cella diventava il luogo dove i carcerati subivano la perdita di percezione esatta del loro corpo e della loro mente. Questi erano gli effetti della vita di reclusione in isolamento.

Un grande problema della direzione di Fleury-Mérogis fu, ad esempio, quello di tenere sempre occupati i detenuti giovani della sezione D2 e D4. Una possibile soluzione fu trovata nella ginnastica, la quale funzionava da dispositivo per

“disciplinare i corpi” e per “evitare una possibile rivolta”.

Nell'architettura della prigione-modello, infatti, il rapporto potere-corpo fu pensato nei minimi dettagli e l'ambito disciplinare rappresentò “ la materialità del potere sul corpo degli individui”. La tecnologia ebbe un ruolo sostanziale all'interno del “carcere prototipo”, perché sottometteva il detenuto ad una costante pratica disciplinare elettronica.

Rendiamocene conto: a Fleury un microfono è sempre acceso, non hai nemmeno il diritto di parlare o di intonare un motivetto in cella. Cerchi di canticchiare piano come in ogni prigione, e di abbandonarti alla fantasia, e poi vieni svegliato di soprassalto dalla voce dell'altoparlante.

Una delle “meraviglie tecnologiche” di Fleury-Mérogis, furono gli altoparlanti presenti in ogni piano, diretti dagli uomini nell’edificio centrale: il quadro dei comandi consentiva ai sorveglianti di comunicare con qualsiasi detenuto senza spostarsi. Tutti i detenuti erano costretti ad ascoltare la comunicazione in qualsiasi

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cella senza che la potessero interrompere. Dopo che un educatore ebbe la notizia che il suo colloquio con un detenuto era stato registrato dai sorveglianti, i suoi colleghi non si recarono più in una cella senza portare con sé dei cartoni per tappare l’interfono; era così potente che la sera il secondino poteva sentire il respiro del detenuto che dormiva. Forniamo qui un esempio di una delle modalità d’impiego degli altoparlanti all’interno della prigione:

Sono le ore 6 e 45, sveglia!! Sveglia sono le 6 e 45 del mattino!! Detenuti dalla cella numero 1 alla cella numero 28 prepararsi ad uscire per l’ora d’aria. Uscirete al mio ordine. Le celle dovranno essere pulite. Sarà fatta un’ispezione. Prepararsi ad uscire ( le porte si aprono elettronicamente). Non uscite dalle vostre celle! (una volta che le porte delle celle sono tutte aperte) Avanzate!

Mantenersi vicino alle porte (le guardie passano per l’ispezione).

Posizionarsi in fila nel corridoio centrale! (si deve andare su delle piastrelle di colore nero allineate per tutto il corridoio centrale e non si devono abbandonare). Avanzate! (le guardie aprono il cancello che fa accedere alle scale)

Il dispositivo elettronico fu originariamente pensato per combattere le possibili aggressioni ai sorveglianti da parte dei detenuti; a partire da tali intenzioni, però, ne nacquero ben altre come è stato fatto notare prima. Gli effetti sul soggetto detenuto furono spaventosi, poiché, l’oppressione psicologica permanente degli altoparlanti e dell’interfono portò la maggior parte dei carcerati a cambiamenti di personalità repentini e frequenti, fino ad arrivare al totale disequilibrio del sé: si diveniva o completamente violenti o totalmente docili. Per Foucault la prigione è “uno strumento di trasformazione degli individui”, e per scoprire in che maniera avvenga il mutamento all’interno del soggetto occorre scrutare in che modo la pratica d’imprigionamento “pesa sulle coscienze” e come “s’introduce all’interno dei corpi”. L’analisi dell’opuscolo su Fleury-Mérogis si configura proprio nel senso appena mostrato; Michel Foucault e tutti i membri del GIP considerarono questa importante brochure come “una specie di soffio che manda in pezzi porte e finestre”.

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UN RAGAZZO DI CHICAGO: GEORGE JACKSON

Il terzo opuscolo intitolato L'assassinat de George Jackson (L'assassinio di George Jackson) uscì l'8 dicembre del 1971 e fu curato da Michel Foucault e Gilles Deleuze, con prefazione di Jean Genet.

Chi era George Jackson? Un nero di diciotto anni che ne trascorse undici in prigione per complicità in un furto di settanta dollari. [...] George fu condannato con questa strana sentenza: un anno di prigione o la prigione a vita. L’enunciato è curioso. Significa che Jackson fu condannato a un anno di prigione, ma che alla fine dell’anno sarebbe dovuto comparire di fronte a un parol board che avrebbe deciso se liberarlo o trattenerlo. Il parol board l’ha trattenuto undici volte, per undici anni. Evidentemente le guardie di Soledad scoprivano in lui quasi ogni giorno, quasi ad ogni istante, moti d’indipendenza, di una fierezza insopportabile per i bianchi, una fierezza che definirono arroganza poiché proveniva da un nero.

George Jackson nacque a Chicago il 23 settembre del 1941; celebre membro del

Black Panther Party (Partito delle pantere nere), fu ucciso nel cortile del carcere di San Quintino in California il 21 agosto 1971 da un tiratore scelto del reparto di sorveglianza della prigione; i media e l'amministrazione penitenziaria diedero una loro versione dell’omicidio dichiarando che George Jackson, armato di pistola, fu ucciso mentre tentava l’evasione dal braccio di massima sicurezza cercando di mascherare ciò che accadde realmente. Dalle testimonianze dei secondini risultarono innumerevoli contraddizioni che fecero crollare, quasi totalmente, la versione dell'omicidio portata avanti dagli organi di stampa.

I membri del GIP dimostrarono un notevole interesse verso questo tragico avvenimento, e con un aiuto considerevole di Jean Genet, soprannominato

“intellettuale maledetto” per via del suo straordinario impegno politico contro ogni sopruso, riuscirono a dissezionare gli articoli della stampa americana mostrando il delitto di Jackson come un evidente “omicidio politico dissimulato”. Nell'opuscolo

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sull'assassinio di George Jackson, l'inchiesta-intolleranza, a differenza dell'intenzione iniziale che aveva lo scopo di portare alla luce le condizioni d'imprigionamento tenute nascoste dallo stato francese, si configurò come una vera e propria attività di contro-inchiesta poiché l'obiettivo era quello di confutare tutte le falsità costruite dall'informazione mediatica e dal personale dirigente dell'istituto penitenziario di San Quintino.

La funzione dell'inchiesta era quella di smascherare le architetture tecniche montate dall'apparecchio dell'amministrazione penitenziaria generale californiana e dell'informazione pubblica.

Per diverse settimane i giornali americani hanno pubblicato resoconti sulla morte di Jackson. E tutti, o quasi, divergono gli uni dagli altri. Ad ogni passo s’incontrano assurdità, contraddizioni. Una volta gli avvenimenti hanno inizio alle 15.10, un’altra volta alle 14.25. Ora si dice che il revolver è un calibro 9, ora che è un 38. Ora Jackson porta una parrucca, ora non la porta. Il sabato si parla di una vampata di trenta secondi; il lunedì di un lungo massacro per trenta minuti. La maggior parte di queste notizie provengono direttamente dalla direzione del penitenziario.

La volontà della contro-inchiesta non era solamente quella di mostrare le incongruenze delle testimonianze sull’uccisione del più conosciuto membro delle Black Panthers all’interno delle prigioni, bensì il GIP cercò di dare una propria interpretazione del tragico avvenimento e, in un secondo momento, divulgò le più importanti interviste di Jackson svolte durante i colloqui in prigione, rendendo così noto il suo pensiero.

IL SENSO DELL'INCHIESTA E DELL'ASSASSINIO

Nel brevissimo paragrafo finale dell'opuscolo, probabilmente scritto da Michel Foucault, furono riportate alcune riflessioni sull'assassinio di George Jackson chiare e taglienti: l'atto dell'omicidio nei confronti del leader nero veniva riconosciuto come

“un'azione di guerra”.

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Una riflessione simile era stata articolata in precedenza anche dallo stesso membro delle Black Panthers, giacché riuscì ad intuire il verificarsi di una condizione generale all'interno delle prigioni dove si era formato “un fronte di guerra” perché “grazie ai militanti rivoluzionari imprigionati”, i detenuti “comuni” si trasformarono “in rivoluzionari nel corso stesso della loro detenzione”.

Jackson l’aveva detto: quel che sta accadendo nelle prigioni è la guerra. Un guerra che ha altri fronti: nei ghetti neri, in seno all’esercito, davanti ai tribunali.

Lo stato di guerra, in queste preziose righe, è concepito come uno scontro tra due fazioni contrapposte che, per interessi divergenti, combattono continuamente fino ad arrivare alla subordinazione forzata di una delle due parti. Il conflitto nasce da molteplici cause derivanti dalla particolare condizione di sottomissione di una singola fazione e giunge a formarsi materialmente quando il rapporto di possibilità d'azione e d'immaginario muta improvvisamente poiché la mistificazione della volontà soggiogante e dominatrice viene spezzata.

George Jackson, ritrovandosi in una situazione determinata da vari episodi (spiegati all’inizio del capitolo) accaduti durante la sua esistenza, riuscì a far germogliare il rapporto di potere antagonista delle Black Panthers in un luogo in cui seminare la politicizzazione tra individui reclusi era notevolmente complesso: la prigione. Nel movimento delle prigioni

Jackson occupa un posto chiave. È uno dei primi leader rivoluzionari che abbia acquisito una formazione politica interamente in prigione, ed è altresì il primo la cui azione politica si sia svolta unicamente nell’ambito della prigione, il primo che abbia svolto un’analisi di classe dei prigionieri, attribuendo ai detenuti un ruolo specifico nel processo rivoluzionario. Jackson viene ucciso esattamente quando arriva il momento che egli aveva preannunciato, quello in cui “i neri, i bruni e i bianchi” si lasciano ingannare ogni giorno di meno dalle trappole di un razzismo organizzato, ma cominciano a presentare un fronte di resistenza

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comune, persino all’interno delle prigioni. […] Moltissime cose sfuggono al potere, a cominciare dalle sue stesse azioni, che prepara in segreto e poi non sa dominare. L’assassinio di Jackson è uno di questi fatti.

L'assassinio di uno dei leader delle Black Panthers fece nascere numerose rivolte nelle prigioni statunitensi, ma furono soppresse crudelmente dalla polizia procurando la morte di decine di reclusi; solo nella prigione di Attica morirono 39 persone tra cui 10 ostaggi uccisi dagli stessi poliziotti durante l'assalto al carcere per reprimere la rivolta.

La prassi di liberazione quotidiana di George Jackson, nei confronti dei “fratelli neri, bruni e bianchi” detenuti, e il suo pensiero, ebbero una considerazione notevole da parte di tutta quella moltitudine di soggetti che ambivano alla distruzione di un certo modo di vivere e alla costruzione di una diversa vita basata su esigenze dissonanti.

IL PENSIERO DI JACKSON

Nelle riflessioni di George Jackson furono trovati diversi punti di discussione che non procurarono però grandi contrapposizioni tra organizzazioni politiche degli anni '60 e '70, perché venne preso in maggior considerazione il risultato che la pratica di liberazione quotidiana di un singolo o di un gruppo produceva. Tutti i diversi ragionamenti di Jackson derivavano dalla sua incessante attività all'interno delle

Black Panthers, che rappresentavano per il prigioniero di Chicago “l'unico strumento di liberazione dei neri” e “l'unico mezzo per elevare il livello di coscienza dei rivoluzionari neri”, perché questo gruppo era diventato e veniva di conseguenza considerato come l'unico organismo che potesse consentire “la sopravvivenza della comunità nera”.

Il Partito delle Pantere Nere [è] effettivamente la massima organizzazione nera di questo paese e l’unica organizzazione rivoluzionaria. Dobbiamo essere l’avanguardia perché ci troviamo di fronte ad una evidentissima oppressione: a una necessità

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oggettiva. Perché nella comunità nera sono presenti le condizioni

oggettive e soggettive per la rivoluzione.

L'avanguardia fu concepita come “tentativo per costruire” una possibile organizzazione di un “fronte comune” con lo scopo di “guidare la gente in una giusta direzione”; qualora la prova sperimentata non avesse avuto successo, non c'era “che da ricominciare”. Le condizioni oggettive e soggettive parlarono da sole: senza il bisogno di grandi spiegazioni, tutti i neri d'America vivevano e subivano ogni giorno gli spietati atti violenti della polizia ed ogni nero era stato disposto a combattere strenuamente la maggior parte delle iniquità, mettendo in pericolo la sua stessa vita.

George Jackson, davanti alla situazione dell'epoca, si considerò un “focolaio detonatore” che forniva un innesco di un primo possibile approccio “all'attività rivoluzionaria”, affinché si potessero estinguere “le contraddizioni razziali e di classe” . Questo personale approccio alla realtà ebbe origine da un preciso principio:

La teoria dei focolai detonatori [...] stabilisce un legame tra due forze diverse: una forza politica e una forza militare. Il focolaio detonatore, l’iniziativa, la spinta, il motore della rivoluzione deve essere appoggiato da una forza politica. Quando si passa all’azione con l’idea di dare un esempio, e non c’è nessuno che segua, che costruisca un contropotere, che ricostruisca il mondo del popolo a mano a mano che si distrugge, che cosa succede? Si resta a mani vuote.

L’azione, per essere efficace, doveva essere formata da due parti tra loro inscindibili: il politico, cioè l'azione costruttiva vista effettivamente da Jackson nella colazione per i bambini neri organizzata dalle Black Panthers, e il militare, vista come l'azione distruttiva atta a depredare l'agibilità produttiva del gruppo dominante.

I Weartherman Underground, gruppo politico che compiva azioni di sabotaggio negli Stati

Uniti d’America per ostacolare la guerra in Vietnam, secondo il parere di George Jackson, non disponevano della parte politica, pur avendo un'efficace pratica militare, in quanto miravano solamente alla distruzione logistica della produzione capitalistica senza riuscire ad

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ottenere nuove possibili pratiche di ricomposizione di vita del popolo.

I “weatherman” non sono e non possono essere più incisivi perché la loro attività politica non ha un’organizzazione, né essi hanno prospettive politiche. Infatti, pur distruggendo la forza di resistenza e la capacità produttiva della classe al potere, si deve anche ricostruire il mondo del popolo. È, questo, il compito politico del popolo.

I Weatherman Underground si formarono negli Stati Uniti d'America durante il 1968 dalla scissione all'interno del movimento Studenti per una Società Democratica nato in precedenza dalle mobilitazioni di opposizione alla guerra in Vietnam. Il motivo della divisione all'interno del “movimento democratico” fu causato da contenuti e modalità d'azione differenti dalle ortodosse personalità che facevano della non violenza un dogma e non un semplice mezzo da applicare secondo le esigenze del momento per raggiungere un determinato scopo. I Weatherman combatterono principalmente contro la guerra in Vietnam andando a colpire negli Stati Uniti varie strutture collegate con la spedizione di conquista militare ed economica del paese asiatico.

George Jackson, pur criticando la pratica dei Weatherman, si sforzò sempre di comprenderli rendendosi conto che il gruppo possedeva “una visione del mondo veramente internazionalista”.

Non desidero sembrare eccessivamente critico nei riguardi dei

“weatherman”, tanto più che cerco di capirli. E poi non è il caso di discutere per stabilire qual è il partito d’avanguardia. Non è questo il problema; il problema è l’emancipazione incondizionata del popolo, la sua liberazione e l’organizzazione del “fronte”.

I Weatherman iniziarono a compiere determinate azioni perché volevano dare prova che muoversi su specifiche pratiche era possibile e desideravano, dunque, la

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formazione di altri gruppi d'azione negli Stati Uniti con lo scopo di ostacolare la guerra in Vietnam. L'opinione di George Jackson riguardo alle Black Panthers era simile, tuttavia sussisteva una piccola differenza: i progetti e la preparazione di strutture politiche dovevano aver inizio a partire dalla comunità nera statunitense perché in quell'ambito sociale esistevano “le condizioni oggettive necessarie” sia economiche che politiche.

Il punto d'incontro tra i due gruppi fu la volontà di diffondere la contaminazione ribelle con la speranza che altre comunità potessero venire toccate dal desiderio di rivolta. Le due “organizzazioni politiche” furono sempre in continuo dialogo, poiché l'obiettivo comune mirava verso una possibile liberazione dalle ingiustizie dominanti. La diffusione del pensiero di Jackson, oltre ad essere costituito da interessanti spunti originali, fu molto importante per non far affossare nelle tenebre il suo spirito nero indocile. La stampa e la direzione penitenziaria, dopo l'assassinio, mirarono all'annichilimento dello spirito della sua personalità scambiandola con un'immagine alterata. Ciononostante il GIP, avendo compreso la concreta situazione infamante, riuscì a comporre questo prezioso opuscolo ostacolando, anche in Europa, la campagna diffamatoria che si stava espandendo nei confronti del prigioniero nero più conosciuto nell'America degli anni '70.

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SUICIDI E PRIGIONI

A partire dalla primavera del 1972 fino ad arrivare all'inizio del gennaio 1973 si verificarono numerosi suicidi nelle prigioni francesi: il GIP ne registrò 32, Le monde nell'edizione del 5 gennaio 1973 ne riepilogò 37, il CERFI ( Centre d'Études, de Recherche et de Formation Institutionnelles, animato da Félix Guattari) ne conteggiò 45, l'amministrazione penitenziaria si fermò a 36 e rese noti 172 casi di tentato suicidio. I dati usciti dagli uffici della gestione degli istituti penitenziari non erano attendibili poiché alcuni suicidi furono derubricati come decessi ordinari con lo scopo di occultare ogni tipo di responsabilità. La tragica ondata dei suicidi fu causata in maggior parte dalle riforme penitenziarie, pretese dai detenuti attraverso numerose rivolte nelle prigioni, che erano state promesse ai reclusi dal governo francese ma mai effettivamente stilate. Seguendo la primaria spinta che il GIP si era dato (l'inchiesta-intolleranza), il 21 gennaio del 1973 uscì il quarto e ultimo opuscolo della collana Intolérable, curato da Gilles Deleuze e Daniel Defert, Suicide de prison che, secondo Defert,

rivelò la ricaduta del movimento delle rivolte collettive nelle prigioni, il rovesciamento su di sé di una violenza che il nuovo contesto non permetteva più di rendere collettiva.

Nella brochure sono elencati i nominativi dei trentadue detenuti morti per suicidio, di cui sette diverse narrazioni più articolate, con ampio spazio lasciato alle lettere di H.M., il trentunenne Gérard Grandmontagne, arrestato la prima volta nel 1957 per furto di cioccolatini, reincarcerato più volte per vari reati di furto, pena prolungata da due anni a quindici anni di prigione per oltraggio e liti varie, trasferito in una quindicina di prigioni, tossicodipendente e omosessuale (considerati all'epoca reati punibili con l'isolamento), più volte additato dagli psichiatri della prigione come tendente al suicidio, infine punito per omosessualità dal direttore della prigione di Fresnes, s'impiccò in una cella d'isolamento il 25 settembre del 1972. Le straordinarie e bellissime lettere di H.M.

parlano di ogni sorta di voglia di fuggire, come di vivere. Non una

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evasione impossibile. Ma fuggire dalle pieghe della polizia che lo hanno portato in prigione. Fuggire in India dove voleva andare prima del suo ultimo arresto. Fuga spirituale alla Krishna. O meglio, nella prigione stessa, fuggire dal posto, e sfuggire a se stesso sconfiggendo alcuni personaggi che lo abitano, fuggire alla maniera degli schizofrenici, e dell'antipsichiatria.

Secondo il GIP, i suicidi non erano causati da specifici problemi personali come particolari biografie difficili o fragilità psichiche dell'individuo recluso, ma erano provocati da innumerevoli soprusi sui detenuti compiuti dal personale dell'amministrazione penitenziaria e da tutti gli organi istituzionali collegati ad essa( sistema giudiziario e sistema penale).

Questi suicidi non sono solamente suicidi in prigione, il regime e l'amministrazione penitenziaria, il sistema penale sono coinvolti attivamente. Questi sono suicidi di prigione.

Questa profonda distinzione mostrò quanto l'atto autolesionista fosse scatenato da precise pratiche definite nella struttura della prigione, la quale doveva trascinare il duro peso di tutte le morti determinate dall'uso di un modo maniacale relativo ad una specifica metodologia del sistema d'imprigionamento, come l'isolamento, che possedeva un concentrato di ossessiva violenza psichica sull'individuo.

L'azione estrema del suicidio fu compresa dai membri del GIP da un punto di vista lucido e originale poiché, seppur trattandosi di un gesto basato su una decisione solamente individuale, fu fatto rientrare nel campo della ribellione collettiva con motivazioni formulate e scritte nella prima pagina dell'opuscolo.

Ci sono sempre stati dei suicidi nelle prigioni, delle «automutilazioni» come dicono i rapporti ufficiali. Quest'anno, sono numerosi più che mai, e hanno un altro significato, un'altra ripercussione.

1° Poco tempo fa, i detenuti si uccidevano per ragioni personali (depressione, salute, pensieri familiari) che si sommavano alle condizioni della prigione, rendendo la loro vita impossibile. Al

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contrario, molti suicidi odierni si iscrivono invece nella vita del carcere stesso ed esprimono la lotta contro il sistema penitenziario; fanno anche parte della rivolta questi uomini che non dispongono che dei loro corpi per battersi e resistere.

2° Poco tempo fa gli altri detenuti accettavano i suicidi nel silenzio e nella prostrazione: per loro era una questione personale. Oggi, attraverso azioni collettive, essi rinnovano il ricordo della morte dei loro compagni (Dijon, Grenoble, Fleury, Fresnes).

3° Le irrisorie promesse di riforme, per lo più mai mantenute, sono una delle cause principali dei suicidi. Fanno parte di una repressione più diretta: alla minima protesta segue un incremento dei sorveglianti ed è presente una totale indifferenza verso forme di lotta tradizionale come lo sciopero della fame. Il suicidio diviene obbligatoriamente l'ultima tappa. Non bisogna credere che i suicidi segnino la fine delle rivolte: è un aspetto dell'intolleranza collettiva dei detenuti, è il tentativo di sensibilizzare l'opinione pubblica. Ogni recente suicidio s'inscrive già nelle forme di combattimento del domani.

Dopo l'ultimo opuscolo i membri del GIP decisero di sciogliere il gruppo perché notarono che il compito prefissato agli albori dell'iniziale costituzione incominciava ad essere svolto in una maniera più dinamica rispetto al passato. L'ex-detenuto Serge Livrozet fondò il C.A.P (Comité d'Action des Prisonniers ), mentre personaggi come Gilles Deleuze e Daniel Defert s'impegnarono nel già costituito A.D.D.D.(Association pour la Défense des Droits des Détenus) che offriva assistenza giudiziaria ai detenuti e alle loro famiglie.

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LA PRIGIONE GIORNO PER GIORNO DI DANIEL DEFERT

ELEMENTI PER UNA CRONOLOGIA, APRILE 1970 - GENNAIO 1973

1970

30 Aprile Voto da parte dell'Assemblea Nazionale della legge detta “anti-casseur”, in prima lettura.

25 maggio A Parigi meeting nel Palais de la Mutualité a sostegno degli imprigionati. 27 maggio Dissoluzione della Gauche prolétarienne (GP) per mano del consiglio dei ministri.

25 giugno Arresto di Alain Geismar, dirigente della Gauche prolétarienne. 26 giugno Fondazione del Soccorso rosso (Secours Rouge SR).

1-15 settembre Sciopero della fame dei 29 militanti “maoisti” imprigionati.

4 settembre Il giudice d'applicazione delle pene (JAP) di Clairvaux avverte il guardasigilli del clima di “incremento della rabbia” che è presente alla casa centrale.

15 settembre A Parigi, manifestazione in piazza Vendome delle famiglie dei prigionieri politici.

22 settembre I guardasigilli cedono e annunciano la modificazione del regime di detenzione dei militanti politici in sciopero della fame.

23 settembre Primo numero della rivista Tout!, l'organo di stampa di Viva la Rivoluzione (VLR).

25 settembre Gli scioperanti della fame interrompono il loro movimento.

20-22 ottobre Condanna di Alain Geismar nel tribunale di correzione di Parigi a 18 mesi di prigione; manifestazione dei militanti di Viva la Rivoluzione davanti alla prigione femminile di La Roquette a Parigi per ricordare che i diritti comuni sono anche dei prigionieri politici.

24 ottobre A Nantes manifestazione di solidarietà proibita: 20 arresti.

4 novembre Tribuna libera su Le Monde degli avvocati Jean-Denis Bredin e Robert Badinter sulla repressione giudiziaria.

12 novembre In Italia, l'organizzazione Lotta Continua annuncia la ribellione generalizzata e la resistenza alla “strategia della tensione”.

17-18 novembre Comparsa davanti alla Corte di sicurezza dello Stato da parte dei militanti di Viva la Rivoluzione che avevano attaccato il municipio di Melun il 6

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marzo.

20-24 novembre Alain Geismar é condannato dalla Corte di sicurezza dello Stato a due anni di prigione, 10.000 franchi di ammenda e la privazione dei diritti civili e familiari per la ricostituzione del gruppo dissolto; questa pena non è da confondere con quella del tribunale di correzione: l'arresto sarà cancellato dalla Corte di cassazione.

Dicembre Pubblicazione, sotto l'egida del Soccorso Rosso, di Combat des détenus politiques con Maspero che fa un resoconto dello sciopero della fame di settembre.

1 dicembre I guardasigilli pubblicano una circolare d'applicazione sulla detenzione provvisoria( legge del 17 luglio 1970).

2 dicembre A Parigi, lezione inaugurativa di Michel Foucault al Collège de France, cattedra di storia dei sistemi di pensiero, mentre il Quartiere Latino è bloccato dalla polizia; lo stesso giorno la conferma della pena di Geismar nell'undicesima camera della corte d'appello di Parigi.

12 dicembre Iniziativa del tribunale popolare di Lens , con Jean-Paul Sartre.

14 dicembre Processo, davanti alla Corte di sicurezza dello Stato, di due militanti della Gauche Prolétarienne, accusati di avere incendiato l'edificio di Houillères de Lens.

23 dicembre Decreto d'applicazione sul controllo giudiziario, seguito da una circolare il 28 dicembre (legge del 17 luglio).

1971

Gennaio Sulla stampa locale, denuncia di un avvocato per le condizioni di detenzione nella prigione di Draguignan (sovraffollamento e assenza di riscaldamento).

5 gennaio Nella prigione di Toulouse, sciopero della fame di quattro detenuti politici. 14 gennaio Nuovo sciopero della fame in prigione di una ventina di militanti

“maoisti”.

15 gennaio Pubblicazione del primo numero del giornale J'accuse diretto da Jean- Paul Sartre.

21 gennaio “Dichiarazione dei prigionieri politici”.

23 gennaio A Parigi, manifestazione davanti alla Santé in solidarietà con gli

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scioperanti della fame.

27 gennaio Tribuna aperta di Casamayor su Le Monde. Manifestazione davanti alla prigione per le donne nella Petite-Roquette: il “Movimento del 27 maggio” rivendica l'azione.

28 gennaio Sciopero della fame di solidarietà agli undici prigionieri politici militanti del Soccorso Rosso.

29 gennaio A Parigi, di fronte alla prigione della Santé, azione di “Nuova resistenza popolare” (organizzazione maoista), che lancia una serie di razzi illuminanti e diffonde un messaggio in direzione dei prigionieri.

1 febbraio A Parigi, manifestazione del Soccorso Rosso in favore dei militanti detenuti. A Lille, i giovani maoisti del “27 maggio”, sigla della Gauche prolétarienne dissolta, attaccano la direzione dell'amministrazione penitenziaria.

3 febbraio Per solidarietà con i prigionieri politici che fanno lo sciopero della fame, per ottenere il regime speciale, sciopero della fame di alcuni insegnanti e ricercatori dell'università parigina La Sorbona. Sette donne e madri, fra cui Redith Geismar, s'incatenano alla rampa della scala principale della stazione Saint-Lazare a Parigi. Lancio di molotov contro due macchine della polizia posizionate in via della Santé a Parigi. A Marsiglia, manifestazione di sostegno del Soccorso Rosso.

4 febbraio Riunione del professore Alfred Kastler, premio Nobel di fisica, Laurent Schwartz, Pail Ricoeur e Pierre Vidal-Naquet, vicepresidente della Lega dei diritti dell'Uomo, con i guardasigilli sulla situazione dei militanti imprigionati. Saccheggio del locale degli scioperanti della fame della cappella Saint-Bernard.

5 febbraio Il “Movimento 27 maggio” lancia delle molotov contro il commissariato del V arrondissement di Parigi, Piazza del Pantheon. La CFDT richiede attraverso un comunicato il regime politico per i detenuti in sciopero della fame.

6 febbraio Meeting del Soccorso Rosso: a Halle-aux-Vins (Jussieu) radunati 3000 giovani.

8 febbraio Dei detenuti prendono in ostaggio alla casa d'arresto d' Aix-en-Provence un 'infermiera e un assistente sociale. Due detenuti feriti dalla polizia muoiono all'ospedale Baumettes. Una sala del comune di Lille è occupata dai militanti del Soccorso Rosso. Tre dei loro iniziano uno sciopero della fame di solidarietà. A Parigi, alla cappella Saint-Bernard, conferenza stampa degli avvocati dei detenuti

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politici per annunciare la sospensione dello sciopero della fame dei militanti imprigionati e del loro comitato di sostegno. Michel Foucault, con al suo fianco Jean- Marie Domenach e Pierre Vidal-Naquet, annunciano la creazione del GIP (Gruppo d'informazione sulle prigioni), la cui sede è il domicilio di Michel Foucault.

9 febbraio I guardasigilli annunciano la creazione di una commissione per determinare i criteri di conseguimento del regime penitenziario speciale (delitti politici), la commissione Pleven. Manifestazione del Soccorso Rosso al Sacro-Cuore a Parigi, in sostegno ai prigionieri che chiedono il “regime speciale”. Richard

Deshayes, leader del Fronte della liberazione della gioventù (FLJ) è accecato da un lacrimogeno lanciato ad altezza uomo.

14 febbraio Conferenza stampa di Jean-Paul Sartre per protestare contro la virulenza della polizia al Sacré-Coeur.

17 febbraio La Cause du peuple pubblica un comunicato di vittoria facente riferimento agli scioperi dei prigionieri politici del FLN.

13 marzo Jean Ferniot pubblica un reportage su France-Soir sulla sua visita in una

“prigione modello”, Fleury-Mérogis.

15 marzo Prima riunione a porte chiuse della commissione Pleven. Pubblicazione di un decreto che riforma la gestione del salario guadagnato dai detenuti: a loro è permesso di conservare la totalità del loro salario fino a quattro franchi. Pubblicazione di un testo-appello del GIP per l'inchiesta-intolleranza. Pubblicazione di un intervista di Foucault sulle prigioni in Politique Hebdo, n°24: “Inchiesta sulle prigioni: abbattere le barriere del silenzio” (pp. 4-6); alle domande di C.Angeli rispondono P. Vidal-Naquet e Foucault, il quale riferisce particolarmente la sua esperienza alla Santé il sabato durante le parlate con le famiglie, dà estratti di lettere dei detenuti, e ricorda gli avvenimenti del 17 ottobre 1961 (massacro di algerini anticolonialisti a Parigi).

18 marzo A Parigi, arresto da parte della polizia municipale di sette persone che distribuivano davanti alla prigione di Petite Roquette dei questionari del GIP.

20 marzo Journal officiel del 20 marzo: risposta dei guardasigilli ad una domanda scritta da Michel Rocard sui metodi dell'amministrazione penitenziaria.

23 marzo Rivolta di un detenuto con la minaccia di prendere degli ostaggi alla casa centrale di Muret.

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31 marzo A Corse, scoppio di una polemica sul penitenziario di Casabianda.

1 aprile Secondo i dati dell'amministrazione penitenziaria, la Francia conta 84 prigioni che detengono 20 000 detenuti ma possono disporre di 15 557 posti.

1-13 aprile Michel Foucault, in viaggio nel Québec, incontra gli indipendentisti, visita in prigione Pierre Vallières (autore di Negri bianchi d'America) e dà un’intervista a Radio-Canada sul GIP.

2 aprile Pubblicazione in francese del libro di George Jackson, I Fratelli Soledad, prefazione di Jean Genet.

Pasqua I detenuti di Torino e Milano si rivoltano e distruggono sistematicamente la prigione.

12 aprile Pubblicazione di più dossier dell' Espresso sulle prigioni( 12-26 aprile). 24 aprile Prima riunione pubblica del GIP (via Buffon a Parigi).

29 aprile Dimissioni di Jean-Jacques de Felice, avvocato degli scioperanti della fame e membro della Lega dei diritti dell'Uomo, dalla commissione Pleven istituita il 10 febbraio 1971.

1 maggio Arresto di Michel Foucault, Jean-Marie Domenach e una dozzina di membri del GIP davanti alla prigione di Fresnes e della Santé che distribuivano un testo sull'abolizione della cassa giudiziaria. Michel Foucault denuncia i poliziotti per arresto illegale, attentato alla libertà pubblica, ingiurie pubbliche e violenza leggera con premeditazione.

3 maggio Pubblicazione sul Nouvel Observateur, sotto il titolo “L'école des “matons””, di documenti interni della scuola di formazione dei guardiani di prigione trasmessi dal GIP al giornalista Michèle Manceaux.

5 maggio Pubblicazione su Combat “La prigione dappertutto”, articolo di Michel

Foucault scritto in risposta al suo arresto del 1 maggio. Otto giovani detenuti si ribellano a Fleury-Merogis.

6 maggio Risposta del guardasigilli ad una domanda scritta da un deputato UDR inquietato dall'oziosità dei detenuti: 60% fra di loro lavorano.

11 maggio Alexandre Parodi, relatore della commissione Pleven, consegna i suoi rapporti al Ministero.

20 maggio Invitato in Tunisia, Michel Foucault interviene invano di fronte alle autorità in favore dei militanti tunisini detenuti.

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22 maggio Dieci persone del GIP sporgono denuncia contro ignoti per attentato alla libertà individuale, arresto illegale, sequestro, violenza con premeditazione e ingiurie sul modello della denuncia fatta da Michel Foucault.

24 maggio Pubblicazione sul n°1 di Cause du Peuple-J'accuse di un articolo del GIP intitolato: “La prigione la posta in gioco di una lotta. Quando l'informazione è lotta”.

29 maggio Pestaggio del giornalista del Nouvel Observateur Alain Jaubert, alla fine della manifestazione ad Antillais. Dopo qualche giorno è costituita una commissione d'inchiesta; comprende specialmente Denis Langlois (Lega dei diritti dell'Uomo), Gilles Deleuze, Michel Foucault, e Claude Mauriac.

30 maggio Il padre Vernet, cappellano generale assistente della prigione, pubblica su

La Gazzette du Palais un testo che propone “ L'abolizione della pena di morte”.

4 giugno Pubblicazione del GIP di un primo opuscolo “Intolerable” edizione Champ

Libre: Inchiesta in 20 prigioni.

8 giugno Le monde si rende conto dell’importanza dell'inchiesta del GIP e dà la parola a Jean-Marie Domenach.

9 giugno A Parigi riunione del GIP con le famiglie dei detenuti, alla sede della Lega dei diritti dell'Uomo.

24 giugno A Parigi, sfratto della polizia nella “casa dei delinquenti” nei confronti di giovani a Epinettes. Il GIP stima che l'educazione monitorata è passibile delle stesse critiche delle prigioni.

25 giugno Pubblicazione di una circolare che autorizza, a partire dal 12 luglio, i detenuti alla lettura di un quotidiano “francese d'informazione generale o sportiva non specializzato, a condizione che non dovrà essere soggetto a confisca nei prossimi tre mesi”[ periodo di prova].

7 luglio Nuova comparsa di Alain Geismar davanti alla Corte di sicurezza dello Stato: è condannato a 18 mesi senza condizionale, senza privazione di diritti, e le pene questa volta sono diverse.

9 luglio Pubblicazione sul Journal officiel (n°160) d'una legge preventiva delle pene di reclusione criminale perpetuata per gli autori di presa d'ostaggi.

27 luglio A Lione, il sorvegliante principale della prigione Saint-Paul è aggredito da un detenuto, estenuato dalle sevizie subite; il sorvegliante muore un mese più tardi.

5 agosto Pubblicazione di una circolare AP 71-6 bis: la lettura della stampa

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quotidiana in prigione è autorizzata a partire1 dal 16 agosto: uno degli obiettivi è di mettere la regolamentazione in armonia con le regole ad minima elaborate dal Consiglio d'Europa.

10-14 agosto A Grenoble, i detenuti della casa d'arresto Saint-Joseph entrano in sciopero della fame.

21-22 agosto Evasione di dieci detenuti dalla casa d'arresto di Perpignan.

21 agosto Assassinio del leader nero George Jackson da una guardia nella prigione di San Quentin in California.

23-26 agosto Sette dei dieci evasi dalla casa d'arresto di Perpignan sono ritrovati e arrestati.

24 agosto Josette d'Escrivan, assistente sociale a Fresnes, allerta il consolato degli Stati Uniti sul caso di un cittadino americano imprigionato che è stato picchiato e messo in isolamento dopo un tentativo di suicidio. La signora Escrivan è incolpata poi licenziata il 14 dicembre 1971 dalla Croce Rossa su domanda dell'amministrazione penitenziaria.

28 agosto Morte di un sorvegliante della prigione ferito da un detenuto a Lione.

31 agosto Celebrazione in onore di un guardasigilli organizzata da un sorvegliante di Lione.

1-2 settembre Alla casa centrale di Melun, sciopero dei detenuti e sabotaggio del reparto contro i sorveglianti.

10-14 settembre Rivolta della prigione d'Attica (Stato di New York), prese in ostaggio 46 guardie, conclusa con la morte di 32 detenuti e 11 guardie.

18 settembre Molte migliaia di persone manifestano a New York per protestare contro l'assalto inferto il 13 settembre nella prigione d'Attica.

19 settembre Il decreto modifica le condizioni d'attribuzione del regime penitenziario speciale scritto nel Journal officiel : il regime speciale è accordato dopo il consiglio di una commissione presieduta da un magistrato.

20 settembre Adozione di un decreto mirato ad autorizzare il permesso d'uscita dei detenuti con lo scopo di far mantenere i legami familiari, preparando i detenuti al reinserimento sociale (esisteva già, questi permessi non sono stati applicati).

21-22 settembre Aube, Claude Buffet e Roger Bontems, detenuti della prigione di Clairvaux, prendono un infermiera e un sorvegliante in ostaggio. Claude Buffet li

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uccide. Il giudice d'applicazione della pena, Petit mette in causa la durezza del regime carcerario di Clairvaux, e lo psichiatra dell'istituto si lamenta di non essere stato chiamato per la mediazione.

23 settembre A Fleury- Merogis, arresto del lavoro dei sorveglianti all'annuncio degli avvenimenti di Clairvaux.

24-25 settembre A Fleury-Merogis, giorno d'azione delle guardie (soppressione delle visite e della radio) il giorno di sepoltura delle vittime di Clairvaux. Protesta dei giovani detenuti che sono pestati dai sorveglianti in borghese. Trasmissione televisiva al Club della stampa sul dramma di Clairvaux e le prigioni di Francia. Le guardie di Clairvaux chiedono la pena di morte per tutte le uccisioni commesse all'interno della prigione. Durante una conferenza stampa di delegati CGT, FO e

CFDT, i sindacati dichiarano “noi reclamiamo un aumento immediato effettivo del 10%”. Roussel, direttore del Sindacato del personale : “Su trenta o trentacinque mila detenuti, ci possono essere 1500 a 2000 guardie credo.”

26 settembre Condanna di quattro membri del GIP per aver distribuito dei volantini alle porte della prigione di Fresnes.

29 settembre Tribuna di Robert Badinter intitolata “La legge del taglione?” , pubblicata su Le Monde. Claude Buffet e Roger Bontemps sono accusati di sequestro d'ostaggi e omicidio.

Ottobre Seminario offerto dal dipartimento di filosofia dell' università di Parigi- Vincennes per l'anno 1971-1972:” Analisi di lotta nelle prigioni” di Danielle

Rancière.

1 ottobre Due detenuti sono condannati a cinque anni di prigione per avere ferito un sorvegliante.

5 ottobre Pubblicazione su Le Monde di una testimonianza di un detenuto preso a pugni nel momento della sua uscita di prigione. Il GIP decide di aprire un’inchiesta dopo l'incidente di Fleury-Merogis del 26 settembre.

8 ottobre Claude Buffet e Roger Bontems sono trasferiti, il primo alla prigione di Melun, il secondo alla prigione d'Auxerre con sanzione disciplinare di 90 giorni d'isolamento per tentativo d'evasione.

13 ottobre A Fresnes, sciopero della fame di un detenuto contro la sua detenzione preventiva.

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14 ottobre A Marsiglia, un detenuto della prigione di Baumettes è ucciso a colpi di pistola da un sorvegliante, dopo un tentativo di evasione e di presa in ostaggio di un'infermiera.

16 ottobre Rapporto d'inchiesta del GIP sugli avvenimenti della fine del mese di settembre a Fleury-Merogis, pubblicato in un bollettino speciale dell'Agenzia di stampa Liberazione Internazionale.

29 ottobre Annuncio della stampa di un suicidio per impiccagione di un detenuto della prigione di Caen, incarcerato per furto e vagabondaggio.

11 novembre A Parigi, meeting alla Mutualité organizzato dal GIP sulla situazione delle prigioni francesi e americane. Dopo la proiezione del film girato nelle prigioni di Soledad e San Quentin, davanti a più di 6000 persone, le famiglie dei detenuti e anziani prigionieri testimoniano per la prima volta.

12 novembre Alla prosecuzione degli incidenti nelle prigioni, il guardasigilli Pleven sopprime il pacco dei viveri eccezionalmente autorizzato ai detenuti per Natale. 14-15 novembre Alla casa d'arresto di Draguignan (Var), un centinaio di detenuti protestano per tre ore contro le loro condizioni generali di detenzione e in particolare contro la qualità del cibo.

15 novembre A Soissons, tentativo d'evasione con presa d'ostaggio: il detenuto è neutralizzato.

18 novembre Alla prigione di Toulouse, tentativo mancato d'evasione con presa d'ostaggio.

21 novembre Alla prosecuzione del divieto del pacco viveri di Natale, dei detenuti manifestano alla casa centrale di Poissy, 80% dei detenuti rifiutano di mangiare e di lavorare. Qualche giorno più tardi, trasferimento di 22 prigionieri a Fresnes.

24-25 novembre Una sommossa scoppia al penitenziario di Rahway, piccola città del New Jersey vicino a Baltimora (Stati Uniti). Circa 150 detenuti hanno preso il direttore in ostaggio dopo aver ferito 6 guardie accoltellandole. Il penitenziario che conta 1500 detenuti è accerchiato dalla polizia locale. L'indomani, l'ammutinamento prende fine, il loro governatore ventenne assicura che le loro rivendicazioni saranno considerate e che non subiranno rappresaglie fisiche.

25 novembre A Fresnes, terza divisione, inizio dello sciopero della fame contro la soppressione dei pacchi viveri di Natale.

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26 novembre A Parigi il movimento di protesta nelle prigioni invade La Santé (sezione sud poi sezione nord), nasce dagli iniziatori degli scioperi della fame contro la soppressione dei pacchi viveri di Natale.

30 novembre Una spedizione dell'APL rammenta che esiste da 5 anni in Svezia un movimento di sostegno dall'esterno delle prigioni alle lotte dei detenuti (KRUM) e un’organizzazione interna dei detenuti dall'inizio del 1971(FFCO) mostra che 1500 detenuti sono in sciopero da una settimana in 33 su 70 prigioni svedesi (sciopero del lavoro, là obbligatorio, della fame, anzi della sete).

1 dicembre Lo sciopero della fame è quasi generale nella sezione nord della Santé; il movimento si estende a Lione, Nimes, Grenoble, Draguignan, Fresnes e Poissy.

3 dicembre In Svezia, il FFCO chiama i detenuti a cessare la loro azione in seguito alle promesse fatte dal ministro dopo aver ricevuto il KRUM.

4 dicembre Una delegazione di una cinquantina di persone, famiglie di prigionieri e membri del GIP (con Claude Mauriac, Pierre Vidal-Naquet, Jean-Jacques de Félice) è ricevuta da Dominique Le Vert, consigliere tecnico di Pleven, dopo una manifestazione in piazza Vendome contro le sanzioni collettive applicate ai detenuti di Clairvaux. Un grosso “pacco di rabbia” é depositato alla Cancelleria in forma di petizione con 540 firme. A Toulouse, delle famiglie bloccano le porte della prigione Saint-Michel con dei pacchi di Natale vuoti.

5 dicembre Alla centrale Ney di Toul, una prima rivolta scoppia alle ore 17.

6 dicembre Pubblicazione sul Nouevel Observateur di una “Lettera aperta” dell’anziano medico della prigione della Santé, Charles Dayant, racconta i tentativi quotidiani di suicidio (buon lavoro prima dell'uscita del suo libro).

7 dicembre Arresto di un militante del GIP a Toulouse. Alla prigione di Toul, inizio di uno sciopero del lavoro. Alla televisione, René Pleven autorizza i pacchi viveri di Natale per i detenuti e gl'imprigionati con meno di 18 anni.

9 dicembre Seconda rivolta di Toul, con saccheggio dei locali. Fallimento di un tentativo d'evasione con presa d'ostaggio alla prigione di Draguignan.

10 dicembre Uscita del secondo opuscolo del GIP, Il GIP inchiesta in una prigione modello: Fleury-Merogis (edizione Champ Libre, coll. “Intolerable”), realizzato da Jaques-Alain Miller e François Régnault; trasferimento di giovani dalla prigione di Toul, ma le proteste continuano.

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11 dicembre Il GIP propone delle commissioni d'inchiesta indipendenti dalle prigioni. Il consiglio municipale di Toul (in maggioranza UDR), riunione di fatto straordinaria, vota una mozione di sostegno all'unanimità al direttore della prigione.

12 dicembre Le preghiere sono sospese alla prigione di Toul; l'amministrazione penitenziaria vieta l'accesso al cappellano e alla psichiatra dell'istituto, il dottore Edith Rose.

13 dicembre All'annuncio del mantenimento del direttore della prigione di Toul scoppia una nuova rivolta repressa duramente e rapidamente con l'intervento di guardie mobili. I detenuti hanno spaccato le serrature delle loro celle.

14 dicembre A Toul, creazione del Comitato Verità Toul (CVT) fondato da Velten, Robert Linhart, militanti e studenti. Arrivo di un ispettore generale dell'amministrazione penitenziaria per un'inchiesta amministrativa. Il GIP propone la formazione di una commissione d'inchiesta sulle angherie contro i detenuti, sulle cure mediche e su le sorti della rivolta di Toul, composta da giornalisti,giuristi, medici, e famiglie dei detenuti.

15 dicembre Creazione di René Pleven di una commissione d'inchiesta sulle origini e cause degli avvenimenti di Toul, presieduta dall'avvocato generale Robert Schmelck.

Il personale penitenziario (CGT, CFTC, FO) afferma la sua “totale solidarietà con la direzione locale”.

16 dicembre Prima conferenza stampa CVT/GIP a Toul davanti a 200 persone: Michel Foucault legge il rapporto del dottor Edith Rose, psichiatra della prigione. Creazione di un GIP a Nancy con vecchi detenuti di Charle-III. Il GIP riceve ugualmente un messaggio d'incoraggiamento proveniente dalla prigione di Uppsala in Svezia. In Italia nel n°20 di Lotta Continua “un detenuto in lotta” spiega come “ la prigione è una scuola di rivoluzione”.

18 dicembre Uscita del supplemento speciale del n°15 de La Cause du Peuple- J'accuse su Toul, titolo “Toul, la voce degli insorti si farà capire per tutta la Francia”.

Michel Foucault acquista con Simone Signoret una pagina della pubblicità su Le Monde per pubblicare il rapporto del dottor Rose in forma di “ Lettera aperta al Presidente della Repubblica”.

20 dicembre Conferenza stampa dei sindacati delle guardie CGT e FO che denunciano l'atteggiamento del dottor Rose e quella dei cappellani, e riaffermano il

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loro sostegno al direttore.

22 dicembre Alla riunione annuale del Consiglio superiore dell'amministrazione penitenziaria, il Sindacato della magistratura richiede la revisione dello statuto dei detenuti.

23 dicembre Liberazione d'Alain Geismar che ha scontato interamente la sua pena. A Toulouse, manifestazione davanti alla prigione di quindici militanti del GIP contro la soppressione dei pacchi viveri di Natale; una religiosa, ferita dalla polizia, sporge denuncia.

24 dicembre A Parigi, manifestazione di 30 persone, fra cui Claude Mauriac, Jean Chesneaux, Henri Leclerc, Jerome Peignot, Alain Jaubert, e Michelle Manceaux, davanti alla Santé con petardi e bengala davanti agli occhi dei detenuti vicini alle finestre; un messaggio è letto:” Noi siamo preoccupati perché siamo tutti prigionieri in punizione; i detenuti non saranno più soli; noi siamo con voi.”

25 dicembre Il padre Bernard Bro, che predica la messa televisiva a Natale, parla delle condizione di vita in prigione. La sera, rivolta al campo dei pregiudicati (lunghe pene) di Bussac-Foret in Charente-Maritime.

27 dicembre A Besançon, una manifestazione di militanti di “sinistra” davanti alla prigione provoca un putiferio all'interno. Foucault pubblica nel n°372 del Nouvel Observateur “Il discorso di Toul”, con estratti dei rapporti del dottor Rose davanti all'Ispettore generale dell'amministrazione penitenziaria.

28 dicembre Alla prigione di Besançon, 14 detenuti si mettono in sciopero della fame.

31 dicembre- 1 gennaio Fuochi d'artificio organizzati dal GIP davanti alle prigioni di Fresnes, Toul, Besançon, Toulouse, e La Santé a Parigi.

1972

1 gennaio Le prigioni francesi contano 31 668 detenuti in totale ( 13 085 preventivi, 18 583 condannati).

3-4 gennaio Alla casa centrale di Nimes, sciopero del lavoro dei detenuti che lanciano una parola d'ordine di sciopero largamente seguito: 430 detenuti lavoranti nei locali su 485 cessano di lavorare; il CRS penetra accerchiando la prigione di

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Nimes; trasferimento dei capi della rivolta ad Avignon e di altri a Baumettes.

5 gennaio A Toul, il CVT organizza un dibattito con la presenza di Michel Foucault e Gilles Deleuze.

7 gennaio Un gruppo di sostegno ai detenuti della casa d'arresto di Toulouse fa esplodere dei petardi di fronte alla prigione, mentre si diffonde il messaggio all'altoparlante sulle intenzioni dei detenuti.

8 gennaio Pubblicazione del Rapport Schmelck su Toul, che ufficializza il problema delle prigioni.

10 gennaio Ammutinamento in tre prigioni: Amien, Loos-lès-Lille e la prigione di Grund a Lussemburgo.

11 gennaio Casamayor pubblica un articolo su Le Monde intitolata “ Del buon uso dell'evidenza”. A Toul, il giudice Hardy avverte il prete Velten; il dottor Edith Rose sarà avvertito il 13 gennaio. Movimenti alla prigione Bonne-Nouvelle di Rouen per la qualità del cibo.

12 gennaio Le Monde pubblica in una tribuna di Robert Badinter: “Il lebbrosario penitenziario”.

13 gennaio Le rivolte nelle prigioni è il tema della trasmissione “l'attualità in questione” diffusa in diretta il 13 gennaio alle 20:30 sul primo canale della televisione.

14 gennaio A Fleury-Merogis, una sessantina di detenuti manifestano per ottenere due ore d'aria supplementari. A Ecrouves, otto detenuti manifestano contro i salari e gli orari di ginnastica. Organizzazione a Parigi del GIP e del Soccorso Rosso di una manifestazione di sostegno ai detenuti.

14-15 gennaio Una lettera del Sindacato dei magistrati al guardasigilli denuncia” la costante degradazione del clima nelle prigioni francesi”. Sostituzione di tre direttori di prigione (Clairvaux, Melun e Rouen).

15 gennaio A Nancy, rivolta nella prigione di Charles-III: 300 detenuti si ammutinano per 6 ore e fanno pervenire le rivendicazioni annunciandole dal tetto.

16 gennaio Trasferimento di 50 detenuti della prigione di Nancy, “avevano dato prova di buona volontà”, verso le prigioni di Metz e di Toul. In una circolare del 12 gennaio resa pubblica il 15, René Pleven prescrive un inchiesta ufficiale al procuratore generale della Repubblica sulla situazione nelle prigioni: vuole

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identificare i capi delle rivolte.

17 gennaio A Parigi, manifestazione di una quarantina di persone (fra cui Michel Foucault, Claude Mauriac, Gilles Deleuze, Michelle Vian, Jean-Pierre Faye, Alain Jaubert, Daniel Defert, Jean Chesneaux) davanti al ministero della Giustizia, piazza Vendome. Conferenza stampa di Michel Foucault a nome del GIP.

19 gennaio Il consiglio dei ministri approva un insieme di misure concernenti il regime penitenziario. Il direttore della prigione di Toul è trasferito a Chateauroux. Nell'Ile de Ré, una quindicina di detenuti tentano l'ammutinamento verso le 17:30, intervento dei CRS. Alla casa d'arresto di Mulhouse, sei prigionieri sospettati di volere organizzare un movimento di rivendicazione sono trasferiti. Tavola rotonda pubblica organizzata dal Movimento d'azione giudiziaria (MAJ) sul tema “ Lo scandalo delle prigioni”. Debutto della pubblicazione di una lunga inchiesta sulle prigioni su Le Figaro: “Prigioni, quando l'uomo è dimenticato”; apparizione di un numero “ Speciale Toul” di Cause du peuple-J'accuse.

20 gennaio A Tolouse, quattro ordigni incendiari esplodono contro la porta d'entrata della prigione Saint-Michel, senza però causare danni.

21 gennaio Le commissioni di riforma del regime penitenziario sono costituite. Per protestare contro il regime penitenziario all'appello del GIP e del Soccorso Rosso, manifestazione di 800 persone a Parigi. Lancio di più ordigni incendiari sull'immobile del Bureau del lavoro penale.

25 gennaio Il Sindacato della magistratura critica la composizione delle commissioni costituite il 21 gennaio, si lamenta di non avere avuto l'invito a partecipare a questo lavoro.

26 gennaio L'anziano ministro socialista Daniel Mayer pubblica su Le Monde un tributo sulla riforma penitenziaria intitolato: “ Qualche semplice suggestione ”.

1 febbraio In visita a Toulouse, il guardasigilli rifiuta d'incontrare le famiglie dei prigionieri incatenate davanti a Monoprix e decidono la “creazione di un'inchiesta popolare”.

5 febbraio A Toul, il cappellano protestante richiede il trasferimento del prete Velten dopo il divieto d'accesso notificato.

7 febbraio Alla prigione di Fresnes, 400 detenuti manifestano.

8 febbraio Tre detenuti della casa d'arresto Saint-Joseph a Grenoble tentano d'evadere

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salendo sul tetto; un gruppo si forma nella via davanti alla prigione; intervento della polizia.

9 febbraio Un breve ammutinamento nell'area del ricevimento alla casa d'arresto di Chartres.

15 febbraio Dibattito televisivo sulle prigioni all'uscita di “Il dossier della cortina”; alcuni rappresentanti del GIP non sono stati invitati, questi membri decidono di chiamarsi SVP.

15-16 febbraio Prima conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie degli stati membri del Consiglio d'Europa a Strasburgo, all' iniziativa del Comitato

Europeo per i problemi criminali: invitato, R. Schmelck dichiara che” le prigioni sono diventate un territorio d'elezione per i processi rivoluzionari”.

16-18 febbraio I 120 detenuti dei laboratori di rilegatura di libri e della tipografia amministrativa della casa centrale di Melun- cioè più di un terzo degli effettivi- iniziano uno sciopero per ottenere aumenti del salario.

17 febbraio Rapporto sugli avvenimenti della casa d'arresto Charles-III di Nancy, richiesto dalla polizia giudiziaria su rogatoria del giudice d'istruzione Hardy.

18 febbraio Accusa di sei Ammutinati di Nancy per violenza e distruzione concertata commessa in gruppo.

19 febbraio Sulla condizione di Melun, una quindicina di militanti del GIP distribuiscono dei volantini riproducenti il testo di una lettera redatta dai detenuti della casa centrale a proposito della revisione del regime penitenziario.

23 febbraio A Flers, sciopero della fame di giovani in stato di semilibertà: ottengono la sospensione del direttore e dell'educatore.

24 febbraio Sei detenuti sono accusati di infrazione alla legge anti-casseurs.

25 febbraio A Fresnes, pestaggio organizzato dai detenuti alla 2° divisione. Morte di René-Pierre Overney (cf. 27 luglio 1971).

26 febbraio A Nancy, durante una conferenza stampa, Michel Foucault annuncia la creazione d'una commissione di controllo popolare.

26-27 febbraio Creazione di un collettivo chiamato “ Difesa Attiva” in presenza di 40 avvocati, di un rappresentante dell'APL e un membro del GIP.

28 febbraio Richiamo a René Pleven del primo presidente della Corte di cassazione sui rapporti della commissione incaricato dopo il 21 gennaio di fare delle proposte di

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revisione del regime penitenziario.

2 marzo A Nancy, evasione di due detenuti dalla prigione di Charles-III.

4 marzo Sepoltura di René-Pierre Overney al cimitero di Père Lachaise a Parigi (cf. 27 luglio 1971).

5 marzo Alla casa d'arresto di La Talaudière vicino a Saint-Etienne, suicidio di un detenuto.

7 marzo Tre detenuti nordafricani, condannati all'isolamento per avere rifiutato d'eseguire il loro lavoro quotidiano, accendono il fuoco con i loro materassi. Uno di loro muore per intossicazione.

12 marzo A Nimes, sei detenuti evadono dalla casa d'arresto.

14 marzo Nell'occasione della pasqua ebraica, il direttore dell'amministrazione penitenziaria decide di levare il divieto dei pacchi durante questo periodo.

16 marzo Pubblicazione su Le monde di una inchiesta sui regimi penitenziari in

Europa Occidentale (Svezia, Italia, Belgio) intitolata: “Dai “paradisi” svedesi ai “campi di concentramento” italiani”.

24 marzo Alla corte d'assise di Lione, l'omicida del sorvegliante della prigione Saint- Paul (cf. 27 luglio 1971) é condannato a morte.

28 marzo A Ginevra, i detenuti della prigione Saint-Antoine manifestano a più riprese lanciando dalle finestre dei volantini e delle torce di carta infuocate.

29 marzo Pubblicazione di un opuscolo intitolato Prigioni di Lione. Pubblicazione del bollettino dell'APL annuncia “la piattaforma (d'avvocati) per una difesa collettiva” (che si doveva pubblicare nella Guida dell'arresto).

2 aprile Pubblicazione del GIP Cahiers de revendication sortis des prisons lors des recentes révoltes.

4 aprile Il giornale Le Monde annuncia che un detenuto algerino si é dato fuoco il 27 marzo a Fleury-Merogis.

8 aprile Una circolare del direttore dell'amministrazione penitenziaria autorizza a partire dal 1 maggio i prodotti di bellezza nelle prigioni femminili.

13 aprile Il Sindacato della magistratura pubblica un numero nella sua rivista Justice intitolato “ Le prigioni: venirne fuori”.

18-19 aprile A Riom, due detenuti algerini della casa centrale incendiano il loro letto nella notte. Sono ricoverati a Clermont-Ferrand.

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19 aprile Un detenuto partecipante della rivolta di Amiens è condannato a quattro mesi di prigione per avere picchiato una guardia. L’accusa è di aver provocato la rivolta.

21 aprile Michel Foucault visita la prigione d'Attica (Stati Uniti) e incontra il comitato di difesa di questi prigionieri.

24 aprile Una circolare di René Pleven annuncia la creazione di una commissione d'applicazione delle pene per ogni prigione, la cui funzione é solamente consultativa. 27 aprile A Lione, processi per diffamazione verso l'amministrazione penitenziaria davanti al tribunale correzionale contro il giornale satirico Guignol che ha pubblicato il 9 settembre 1971 un articolo sulla morte del sorvegliante a Saint Paul con questa frase: “Un bon maton, c’est un chasseur habile”.

12 maggio A Rouen, suicidio di un detenuto alla prigione Bonne-Nouvelle (informazione redatta da Le monde il giorno dopo).

13 maggio Un comunicato della Gauche proletarienne di Lille denuncia le sevizie esercitate su un detenuto alla prigione di Loos; una volta scarcerato, è stato visitato da un medico confermando le violenze che ha subito il prigioniero.

16 maggio Riunione di formazione dell'associazione per la salvaguardia dei diritti dei prigionieri e delle loro famiglie con Dominique Eluard (presidente Vercors, Gilles Deleuze e Jacque Madaule vicepresidenti, Claude Mauriac segretario) per permettere un’assistenza giudiziaria ai detenuti.

17 maggio Alla prigione di Grenoble e alla Santé di Parigi, sciopero della fame molto partecipato, in solidarietà con gli accusati di Nancy.

18 maggio Processo per ammutinamento a Nancy rinviato all'8 giugno su richiesta della difesa. Meeting di sostegno a sei di Nancy, Grenoble e Toulouse.

18-19 maggio A Pontoise, durante la notte, tre detenuti della prigione mettono a fuoco le loro celle: due di loro sono gravemente ustionati. I tre detenuti- uno dei quali muore all'ospedale Foch di Suresnes –hanno tentato di uccidersi dandosi fuoco, rapporto stampa.

20 maggio Alla casa d'arresto di Nimes, sei detenuti, tutti d'età minore di 21 anni, tentano di scappare perforando il soffitto della loro cella.

23-24 maggio Il movimento di sciopero indetto il giorno 24 dai sorveglianti della prigione di Nimes, i quali avevano deciso di unirsi allo sciopero dei sorveglianti di

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Fresnes, si estende dalla sera del 23 in tutti gli uffici penitenziari francesi.

24 maggio Alla prigione Saint Michel di Toulouse, scoppia una rivolta nella sezione n°4, riservata ai giovani delinquenti.

25maggio Perseguito con l’accusa di diffamazione e ingiurie verso l'amministrazione penitenziaria, su richiesta di René Pleven, il direttore della pubblicazione del giornale

Guignol è condannato al risarcimento di 1000 franchi. Il tribunale non ha accolto due accuse su cinque.

26 maggio Al congresso dell' Unione federale dei magistrati, René Pleven dichiara che “la riforma del regime penitenziario sarà portata in parlamento verso la fine della sessione”.

30 maggio La sezione di Nancy del GIP presenta il libro nero della Révolte à la prison de Charles-III de Nancy.

1 giugno Domanda scritta da Michel Rocard, delegato di Yvelines, al ministro della giustizia sul progetto di riforma del sistema penitenziario.

4 giugno Assoluzione negli Stati Uniti di Angela Davis, liberata dalla prigione dopo 18 mesi di detenzione.

5 giugno Conferenza stampa annunciante la creazione di un comitato di sostegno ai condannati di Nancy, dal dottore Jean-Pierre Gille, che rende pubblico il manifesto di solidarietà firmato da 135 persone.

6 giugno In una sala di Nancy, il GIP organizza una riunione pubblica sotto la presidenza di Jean-Marie Domenach sulle “ condizioni carcerarie di Charle-III, cause della rivolta”.

7 giugno A Marsiglia, un detenuto di 28 anni, in detenzione preventiva alla prigione di Baumettes, s'impicca nel corso della notte secondo Le Monde che riporta l'avvenimento il 9 giugno.

20 giugno Alla casa d'arresto di Metz, agitazione nella sezione dell'isolamento, intervento delle forze dell'ordine.

21 giugno René Pleven presenta al Consiglio dei ministri la riforma del regime penitenziario, progetto di legge che sarà esaminato in maniera autonoma dal parlamento. Philippe Boucher annuncia su Le Monde che “ la rivolta dei detenuti ha cessato di fare paura”.

22 giugno Alla casa d'arresto di Nizza, un giovane detenuto s'impicca nella sua cella.

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23 giugno Alla prigione di Saverne, un detenuto si suicida nella sua cella d'isolamento.

26 giugno Apertura del processo di Claude Buffet e Roger Bontems davanti alla corte d'assise di Troyes.

28 giugno Alla casa d'arresto di Dijon, morte di un giovane detenuto. Uno sciopero della fame inizia il giorno seguente, due detenuti ingeriscono alcune lamette del rasoio e devono essere portati in ospedale, una rissa si oppone ai due detenuti. Secondo l'amministrazione, la prigione deve riparare a un certo numero di provocatori trasferiti dopo la rivolta dell'inizio dell'anno.

29 giugno Condanna a morte di due evasi di Clairvaux dalla corte d'assise di l'Aube; il 1 luglio, Casamayor pubblica un tributo critico su Le Monde: “ Su un verdetto”.

30 giugno La Commissione di legge dell'Assemblea nazionale decide di costituire due missioni parlamentari d'informazione: la prima, sul problema penitenziario, sarà presieduta da Raymond Zimmerman (UDR), la seconda da Michel de Grailly (UDR) con il compito di descrivere la modalità d’applicazione della legge del 17 luglio 1970, creata per i servizi giudiziari e penitenziari, dandosi l’obiettivo di rafforzare la protezione dei diritti individuali dei cittadini.

2 luglio Alla Cartoucherie di Vincennes, Ariane Mnouchkine e la sua compagnia teatrale, il Teatro del sole, recitano le testimonianze sul processo degli ammutinamenti di Nancy per “ mettere in scena la giustizia”.

11 luglio Alla prigione di Fresnes, tentativo di presa d'ostaggio da parte di un detenuto; è messo nella sezione disciplinare.

14 luglio Grazia presidenziale a più di un centinaio di condannati.

28 luglio Alla prigione della Santé, un prigioniero è ritrovato morto nella sua cella. Il lunedì 31 luglio, i detenuti fanno uno sciopero della fame per protestare contro questo suicidio.

1-2 settembre L'agitazione si estende alle prigioni britanniche.

8 settembre In Calabria, un ammutinamento scoppia nella prigione di Cosenza.

4 settembre I prigionieri entrando nella prigione della Santé ricevono una notizia d'informazione dei propri diritti e doveri.

12 settembre Alla prigione Saint-Paul di Lione, un detenuto di 26 anni é ritrovato impiccato nella sua cella. L'informazione è riportata dalla stampa.

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13 settembre Alla casa d'arresto di Saint-Quentin (Aisne), un detenuto resta cinque ore sul tetto per proclamare la sua innocenza. La notizia appare in breve su Le Monde.

19 settembre Decreto che istituisce le sezioni d'isolamento e autorizza la parola libera, senza interfono.

20 settembre Il Journel Officiel consacra sette pagine a diverse modifiche del regime penitenziario.

25 settembre Alla prigione di Fresnes, un detenuto s'impicca nella sezione disciplinare. Il mattino stesso, è stato condannato ad una pena di otto ore d'isolamento per omosessualità, come riporta Le Monde.

12 ottobre Respinta del ricorso in cassazione di Claude Buffet e Roger Bontems.

3 novembre Per la prima volta, France-Soir intitola : “Due suicidi in prigione” (alla

Santé e a Pau): ventiquattro suicidi dopo l'inizio dell'anno, secondo il GIP. 7 novembre René Pleven ristabilisce il pacco viveri a Natale.

16 novembre Il GIP annuncia due nuovi suicidi a Niort e a Fleury-Merogis.

22 novembre Articolo su Le Figaro: “ Il suicidio, ultima espressione del detenuto”.

26 novembre Le Monde segnala il suicidio a Saint-Michel, vicino a Hirson, del piccolo Thierry, 14 anni, la cui madre è stata in prigione per furto aggravato: tutta la stampa urla allo scandalo.

28 novembre Alla casa d'arresto della Santé, esecuzione di Claude Buffet e Roger

Bontems, gli “assassini di Claivaux”, alle 5:13 e alle 5:20.

3 dicembre A casa di Dominique Eluard, assemblea generale costituente dell'Associazione di difesa dei diritti dei detenuti (ADDD), presieduta da Verocors, che si sostituisce alla precedente associazione (cf. 16 maggio 1972).

4-10 dicembre Articolo di Michel Foucault sul Nouvel Observateur, n°421 : “Le due morti di Pompidou”, che termina con: “ Noi accusiamo la prigione degli assassini”.

8 dicembre Uscita un anno dopo Toul del n° 1 del CAP-Comité d'action des prisonnier.

22 dicembre Alla prigione di Melun, agitazione dei detenuti e sciopero a intermittenza fino al 15 gennaio 1973: i CRS in tre giorni spengono la rivolta: repressione, trasferimenti , ma la stampa non riporta queste informazioni.

29 dicembre Legge “tendente a semplificare e a completare certe disposizioni

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relative alla procedura penale, dalle pene alla loro esecuzione”, per rendere più umana la prigione.

1973

Gennaio Uscita dell'ultimo opuscolo del GIP: Suicidi in prigione, Gallimard, coll.

“Intolerable”, n°4.

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CONCLUSIONI

La prigione è quell'organo dove l'argomento morale ed etico è centrale per la funzione del suo mantenimento.

Il sistema penale si fonda sull'aspetto punitivo e correttivo dell'individuo adoperando varie strategie che eccedono la legge.

Il sistema giudiziario possiede anch'esso le medesime caratteristiche: il giudice è un medico convinto che la punizione servirà ad una eventuale rieducazione del futuro imprigionato, senza questo ultimo aspetto non sussisterebbe la punizione poiché la funzione degli ufficiali giudicanti non avrebbe senso a causa della mancanza di giustificazioni di carattere morale e giuridico.

Il penitenziario è un concentrato della società dove le tecnologie politiche sono istituzioni totali e totalizzanti contro le quali è difficile compiere un atto di resistenza. L'anatomo-politica assale gli individui anche nel corpo, mentre la biopolitica ha per oggetto di intervento “la popolazione”, intesa come insieme di esseri viventi retti da processi biologici da incrementare.

Questi due grandi tronchi sono la naturale composizione della tecnologia disciplinare che si trova in Sorvegliare e punire. I delinquenti che entrano ed escono continuamente dalla galera costituiscono una micro-popolazione che è usata sia per sostenere l'esistenza della struttura punitiva e, allo stesso tempo, attraverso un impedimento legale che crea attorno a sé pratiche illegali, riescono a ricavare un profitto illecito essendo protetti dagli organi di stato.

In conclusione di questo breve lavoro di analisi, bisogna considerare che la descrizione delle diverse modalità con le quali si attuava la gestione della delinquenza, a differenza di tutti gli altri argomenti esposti in precedenza, non deriva direttamente dall'esperienza del GIP in quanto Michel Foucault impiega esattamente quattro anni per scrivere l'opera sulla “nascita delle prigioni”: inizia nel 1972, quando il gruppo sulle prigioni non si era ancora sciolto, per terminarla nel 1974.

Secondo Gilles Deleuze il Gruppo d'Informazione sulle Prigioni è stato “una specie di pensiero sperimentazione” dove si trattava di cogliere una determinata situazione che vivevano i prigionieri e si presentò come novità rispetto al panorama dei gruppi politici esistenti dopo il '68 perché la sua ottica era locale e non totale.

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Michel Foucault vede l'esperimento del gruppo come “un'impresa di problematizzazione” allo scopo di procurare dubbi su determinate evidenze, pratiche e consuetudini radicate da parecchi anni nell'ambito della “giustizia penale, della legge e della prigione”. Il GIP, secondo il filosofo francese, provocò un cambiamento poiché fin dall'inizio del XIX secolo era normale che gli intellettuali si occupassero delle prigioni, ma a partire dal 1971, anno della creazione del gruppo sulle prigioni, il modo di occuparsene è stato totalmente ribaltato: prima ci si chiedeva “che cos'è la prigione? Ha origine sociale o no? Chi va in prigione?”, dopo “che cosa se ne fa della prigione? Qual è il suo utilizzo? Cosa significa essere reclusi?”. Gli intellettuali si opposero duramente al nuovo approccio sulla questione carceraria poiché non avevano più il compito di svelare ciò che la popolazione non poteva scoprire, il popolo sapeva perfettamente in quanto viveva continuamente quotidiani soprusi: l'avanguardia non aveva più senso, impediva la naturale crescita di movimenti dissidenti dato che possedeva una teoria totale e totalizzante.

I reclusi sapevano elaborare un discorso contro i dispositivi di potere, dunque l'intellettuale non era tenuto a formulare “una teoria della delinquenza”, ma doveva appoggiare gli imprigionati mostrando l'intollerabile delle prigioni.

La prigione, secondo Foucault, entra nel problema dell'attualità, un luogo nel quale agisce il quotidiano e la storia, perciò è necessario mostrare l'intollerabile che accade al suo interno.

Per il filosofo francese l’esperienza del Gruppo d’Informazione sulle Prigioni ha rappresentato un punto d’inizio che ha portato all'ulteriore sviluppo riguardo all'analisi della disposizione spaziale di oggetti e individui all’interno delle numerose istituzioni: scuole, ospedali, caserme, città. Lo si può notare a partire dal secondo opuscolo che prende in considerazione la struttura della prigione-modello di Fleury- Mérogis, nel quale si analizza il rapporto tra la disposizione spaziale della struttura- prigione e il detenuto considerando la percezione dello spazio che possiede quest’ultimo. Un’evidente traccia possiamo trovarla in Sorvegliare e punire nel paragrafo sull'arte delle ripartizioni, dove “la disciplina procede prima di tutto alla ripartizione degli individui nello spazio” adoperando molteplici tecniche, in particolar modo due: la clausura forzata che impedisce la distribuzione in gruppi per scomporre le strutture collettive dividendo lo spazio per quanti sono i corpi o gli

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oggetti da ripartire, e la creazione di determinati luoghi o istituzioni che marchiano l'individuo dandogli una precisa identità e funzione allo scopo di plasmare la personalità per impedire la formazione di moltitudini non desiderate dal sovrano.

Le impronte su Foucault lasciate dall'esperienza del GIP proseguono fino ad arrivare ad una più articolata filosofia dello spazio affrontata nel corso al Collège de France

Sicurezza, territorio, popolazione del 1977-78, che tratta parzialmente il vasto argomento della biopolitica analizzando la formazione e i progressivi cambiamenti dello spazio urbano. Nella lezione dell'11 gennaio 1978 si affronta l'argomento del biopotere dando notevole importanza, però non spiegata nel corso, all'analisi del campo penale come spunto per avviarsi verso lo studio della disposizione spaziale nel campo urbano. La distribuzione spaziale della città è sempre stata un parametro per misurare l'efficacia politica del sovrano a partire dal XVIII secolo. In questa epoca lo spazio urbano ha subito una considerevole modifica seguendo tre principi: in primo luogo, l'igiene, favorendola attraverso l'areazione e il rifacimento di alcuni quartieri considerati troppo affollati; in secondo luogo l'ampliamento delle strade per garantire il commercio all'interno delle città; in terzo e ultimo luogo, il collegamento delle vie urbane interne con le strade esterne che portavano in altre città per facilitare la circolazione delle merci. Nello stesso momento dell'applicazione reale dei tre principi di gestione urbana, si è incominciato anche a praticare effettivamente la sorveglianza a causa dell'abbattimento delle mura della città utilizzate a scopo protettivo. Le prime vere e proprie prigioni affiancate da un sistema penale articolato, inizialmente molto efficace per il mantenimento della sovranità, furono pensate e costruite realmente a partire dai cambiamenti dinamici di questo secolo.

Come si può intuire dai due riferimenti delle opere del filosofo francese prese in esame, la questione carceraria in Michel Foucault presenta innanzitutto un aspetto pratico, il Gruppo d'Informazione sulle Prigioni, che riuscì realmente a mettere in discussione le fondamenta del sistema penale e giudiziario facendo fuoriuscire dalle prigioni la quotidianità dei soprusi, ma anche uno teorico, sviluppatosi poi a irradiare l’opera complessiva fino al 1984, anno di morte.

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BIBLIOGRAFIA

OPERE DI FOUCAULT

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L'assassinio di George Jackson (1971), a cura di Michel Foucault, Gilles Deleuze e del Groupe d'Information sur les Prisons, prefazione di Jean Genet, trad. it. Maria Gregorio, Feltrinelli, Milano, 1972.

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Michel Foucault, Microfisica del potere. Interventi politici, a cura di Alessandro Fontana e Pasquale Pasquino, trad. it. Giovanna Procacci e Pasquale Pasquino, Einaudi, Torino, 1977.

Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione (1975), trad. it. Alcesti Tarchetti, Einaudi, Torino, 1993.

Michel Foucault, Poteri e Strategie. L'assoggettamento dei corpi e l'elemento sfuggente, a cura di Pierre Dalla Vigna, Mimesis, Milano, 1994.

Michel Foucault, Prigioni e Dintorni. Detti e scritti tratti dall'«Archivio Foucault», trad. it. Agostino Petrillo, Feltrinelli, Milano, 1997.

Michel Foucault, Conversazioni. Interviste di Roger-Pol Droit, a cura di Fabio Polidori, Mimesis, Milano-Udine, 2007.

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Michel Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France 1977-1978 (2004), trad. it. Paolo Napoli, Feltrinelli, Milano, 2007.

Michel Foucault, Storia della follia nell'età classica (1961), trad. it. Franco Ferrucci, Bur, Milano, 2008.

Michel Foucault, La volontà di sapere. Storia della sessualità 1 (1976), trad. it. Pasquale Pasquino e Giovanna Procacci, Feltrinelli, Milano, 2009.

Michel Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, trad. it. Andrea Gilardoni e Salvo Vaccaro, Mimesis, Milano-Udine, 2010.

Michel Foucault, L'emergenza delle prigioni. Interventi su carcere, diritto, controllo, trad. it. Raffaele Nencini, La casa Usher, Firenze, 2011.

STUDI CRITICI E ALTRO

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Grégory Salle, «Mettre la prison à la l'épreuve. Le GIP en guerre contre l'«Intolerable» », Cultures & Conflits n° 55, L'Harmattan, Paris, 2004.

Salvo Vaccaro, Biopolitica e disciplina. Michel Foucault e l'esperienza del GIP ( Group d'Information sur le Prisons), Mimesis, Milano, 2005.

Jeremy Bentham, Panopticon ovvero la casa d'ispezione. Interventi di Michel Foucault e Michelle Perrot (1983), Marsilio, Venezia, 2009.

Gilles Deleuze, Due regimi di folli e altri scritti. Testi e interviste 1975-1995, trad. it.

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Deborah Borca, Einaudi, Torino, 2010.

FONTI INTERNET

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http://detentions.wordpress.com

http://michel-foucault-archives.org

http://www.bnf.fr/fr/acc/x.accueil.html

http://conflits.revues.org/

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RINGRAZIAMENTI

Questo lavoro è nato da un'esigenza primaria legata ai fatti e agli accadimenti avvenuti nei 23 anni della mia vita, attorno ai quali si sono magicamente intrecciati incontri di ogni squisito genere. Come dice Gustavo Esteva, siamo le relazioni che viviamo, una fantastica rete formata da visi, espressioni, odori e sapori e non un individuo strettamente isolato. Secondo questo punto di vista sembra giusto ringraziare tutte quelle persone che hanno fatto e fanno parte della mia vita donandomi sempre particolari nuovi stimoli.

Innanzitutto ringrazio il mio splendido relatore, Dario Borso, che con la sua formidabile personalità, nonostante l'argomento trattato, mi ha dato la possibilità per realizzare il lavoro di ricerca lasciandomi una meravigliosa libertà di scrittura.

Ringrazio Sara, la mia aiutante preferita, che mi ha sempre regalato uno sconfinato affetto negli ultimi cinque anni ed è riuscita a sostenermi in qualsiasi momento. I ricordi e la felicità che mi trasmette in ogni istante non li scorderò mai.

Ringrazio Andrea per la sua impagabile gentilezza e disponibilità rivelata attraverso un semplice sorriso e per il suo francese squisitamente delicato.

Ringrazio Aurora, appassionata letterata, che con il suo sconfinato entusiasmo ha saputo darmi dei consigli di primaria importanza.

Ringrazio tutta la mia famiglia e, in particolar modo, mia madre, Rosita, per l'aiuto, la pazienza immensa e la comprensione dimostrata nel momento del bisogno.

Ringrazio, infine, tutti i miei compagni di vita, dissidenti di ogni luogo che hanno fatto della propria esistenza un'avventura di conflitto. Grazie a tutti quanti per gli innumerevoli momenti di gioia trascorsi fuori dalla grotta dell'allegoria platonica, nella quale ogni tanto si entrava per spezzare le catene di qualche prigioniero accortosi di qualche crudele evidenza.

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