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Convegno di Zurigo


Intervento di Knut Papendorf, Istituto di Sociologia del Diritto, Università di Oslo

KROM - Storia, esperienze, strategia per la sopravvivenza di un'organizzazione controcorrente in tempi di repressione


1. Introduzione

Desidero anzitutto ringraziare gli organizzatori per avermi invitato a questo convegno "Per una società senza prigioni" e congratularmi con loro per la scelta controcorrente delle tematiche. Battersi contro l'istituto carcerario, lottare per l'abolizione del carcere, significa oggi essere in profondo conflitto con le attuali tendenze in politica criminale, le quali sono invece a favore di un inasprimento del sistema penale. New York è diventata una sorta di santuario per i politici e per quanti altri cercano una soluzione rapida (in quanto basata esclusivamente sulla repressione), e quindi populistica, al problema della criminalità.

Questa evoluzione, quasi impensabile negli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta, allorché fiorivano il movimento carcerario e la discussione abolizionista, è avvenuta di pari passo con il crescente smorzarsi di tali movimenti. Se ciò valga in uguale misura anche per il discorso dell'abolizione del carcere è un quesito che voglio lasciare aperto proprio in forza di questo convegno.

Ritengo che anche la sopravvivenza della piccola organizzazione di nome KROM (Norsk Forening for Kriminalreform) sia da vedersi come un analogo progetto controcorrente. Infatti, KROM, a 31 anni dalla sua fondazione, persevera tuttora tenacemente, direi quasi con caparbia, su una strategia che mira all'abolizione del carcere. (Ieri, 27 maggio, KROM ha potuto festeggiare il suo trentunesimo anniversario). Uso volutamente l'espressione "quasi con caparbia" perché, a differenza di quanto avveniva negli anni Settanta, la tendenza internazionale è oggi orientata verso un uso crescente del carcere. Anche qui sono sempre gli USA (insieme all'altra superpotenza mondiale, l'ex Unione Sovietica) a stabilire la tendenza e a occupare il poco onorevole primo posto per numero di detenuti (circa 630/100.000, contro poco più di 50/100.000 in Norvegia e di 85/100.000 in Germania).

Riferirò ora brevemente sulla storia di KROM e nel paragrafo successivo descriverò a grandi linee il suo impianto strategico e le sottostanti considerazioni teoriche. Dedicherò poi qualche parola all'organizzazione attuale di KROM. Infine, affronterò il quesito del perché proprio KROM sia potuto sopravvivere. Nella ricerca di una risposta a tale domanda deve essere ben chiaro il concetto che le ragioni che conducono alla nascita di un dato fenomeno non sono in alcun modo necessariamente identiche alle ragioni che consentono a quel fenomeno di continuare a esistere. Cercare di rispondere su entrambi questi punti è quindi di importanza centrale per la sopravvivenza di movimenti e organizzazioni. Nelle conclusioni saranno posti alcuni quesiti circa il potenziale di trasmissione di KROM quale modello per altre situazioni.


2. Storia

La storia di KROM è presto raccontata. KROM è figlio del famoso (e famigerato) '68. Movimento studentesco, radicalismo, rivolta contro l'assetto vigente e immenso ottimismo circa la possibilità di produrre cambiamenti connotano lo spirito di quell'epoca. Fondato nel 1968, KROM poté quindi procedere nell'ambito di un più ampio movimento di contestazione del sistema.

In secondo luogo, KROM poté ricorrere a una rigorosa critica scientifica nei confronti dell'ideologia carceraria dell'epoca, il concetto scandinavo di trattamento. Al riguardo è forse necessaria qualche parola di chiarimento sulla variante norvegese di tale concetto, il "sikringssystem":

Parallelismi con l'attuazione dei provvedimenti, criminalità equiparata a malattia, punizioni non precisate. Gli istituti di trattamento sono quindi, in realtà, istituti di custodia male equipaggiati e con altissime percentuali di recidiva.

In terzo luogo, l'affermazione di KROM in quei tempi fu agevolata anche dal fatto che l'antagonista politico - l'assetto carcerario norvegese - rappresentava un sistema estremamente autoritario, chiuso e disumano, che di fronte ai tentativi fatti da KROM per un'apertura e per il contatto con i detenuti reagì inizialmente con panico e in parte con goffaggine, opponendo comunque il più netto rifiuto alle richieste di contatto. Già da anni prima della fondazione di KROM, non solo i detenuti ma anche molti collaboratori del carcere - avvocati, personale sanitario - stavano accumulando una frustrazione crescente, con il tempo tramutata in rabbia, per la disumanità del carcere. Queste pulsioni potevano ora confluire in KROM e premere sia per interventi a breve termine sia per azioni a più lunga scadenza.

In quarto luogo, con le sue tesi inizialmente tendenti al riformismo e, viste nell'ottica di oggi, non poi tanto critiche, KROM ebbe un impatto fortissimo sull'opinione pubblica norvegese. KROM e la rivelazione della disumanità del carcere costituivano per i media argomenti di informazione nuovi e, pertanto, interessanti. Basta un'occhiata al ricco archivio degli articoli raccolti per rendersi conto che in quei primi anni KROM era costantemente oggetto di attenzione da parte dei media.

In quinto luogo, è da citare un altro fattore per cui fu proprio il carcere a divenire il terreno d'azione per uomini e donne che a quell'epoca erano giovani e rabbiosi. Negli anni Sessanta lo Stato sociale scandinavo aveva raggiunto l'apice. In Europa, la Svezia era divenuta un vero e proprio modello per chi si occupava di politica sociale. Tuttavia, anche in quel periodo aureo dello Stato sociale scandinavo, esistevano naturalmente gli esclusi. Il contrasto tra uno Stato sociale apparentemente quasi perfetto, in cui tutti avrebbero dovuto vivere bene, e la scoperta della miseria, e soprattutto delle condizioni disumane del carcere, può essere considerato un ulteriore fattore della nascita di KROM.

Con il "Tjuvarnas Riksdag" che ha avuto luogo nel 1966 a Stromsund in Svezia, i detenuti svedesi hanno avuto la possibilità, per la prima volta nella storia del loro Paese, di salire su un podio e svelare all'opinione pubblica la realtà infame dell'istituto di pena.

A quel tempo il metodo operativo di KROM consisteva tra l'altro nella stesura e pubblicazione degli "Scritti per una riforma", in cui erano promosse riforme carcerarie concrete (riguardanti per esempio l'uscita, le visite, l'abolizione della censura postale); negli sforzi per creare un'organizzazione che coinvolgesse i rappresentanti dei carcerati; nell'appoggio agli scioperi nelle carceri (6 grandi azioni di sciopero tra il 1970 e il 1975); nell'analisi critica del discorso nordico in politica criminale; nell'attività divulgativa, che all'inizio fu estremamente efficace (grandi manifestazioni pubbliche, articoli sui giornali, libri).

I concetti di abrogazione/abolizione e di smascheramento/rivelazione illustrano i punti centrali della sfera d'azione politica di KROM in quegli anni.

E KROM aveva successo. Il carcere divenne "più aperto". Quando stava per essere introdotta in Norvegia, fu bloccata la legge sull'arresto di minorenni, con la sua ideologia "short-sharp-shock" ispirata al modello inglese. La funzione svolta da KROM nell'incanalare la critica nei confronti dei concetti di trattamento scandinavi cui ho accennato in precedenza condusse, nel 1970, all'abolizione del campo di lavori forzati e, nel 1975, all'abolizione della scuola di lavoro/carcere minorile, due capisaldi dell'apparato disciplinare norvegese.

Con la fine degli anni Settanta iniziano per KROM tempi duri in termini di politica criminale. Era finita l'epoca dei clamorosi successi abolizionisti di cui KROM poteva andare fiero quale canalizzatore della critica. È pur vero che in quel periodo KROM riuscì, nonostante tutto, a impedire l'introduzione del cosiddetto "Direttorato di Polizia" e quindi a evitare la centralizzazione della polizia norvegese, tradizionalmente decentrata. È però anche vero che KROM aveva in parte perduto la propria facoltà di iniziativa, dato che il ministero di Giustizia norvegese, con i suoi dirigenti all'epoca liberali, si era messo alla testa del progetto di riforma.

Inoltre, KROM incontrava ora maggiori difficoltà nel trovare accesso ai media. Il discorso tecnico sulla politica criminale, che era un discorso principalmente critico, aveva perso il suo sapore di novità, vale a dire, era diventato "noioso". Naturalmente, questo mutamento è ascrivibile anche al fatto che è più facile battersi contro un'istituzione in certa misura "superata", come per esempio il campo di lavori forzati, che addurre argomenti contro l'introduzione della scuola nel carcere o l'introduzione del lavoro al servizio della comunità quale alternativa al carcere. Nel primo caso, infatti, un'organizzazione che si occupa di politica criminale ha alle spalle una solida preparazione critica in campo criminologico, mentre nel secondo si trova ad affrontare difficili problemi di valutazione, per esempio se tali riforme siano ancora conciliabili con l'obiettivo di partenza, che mirava all'abolizione del carcere e delle strutture similari. In passato, KROM aveva certamente richiamato l'attenzione sui pericoli dell'introduzione di momenti scolastici nelle carceri, la quale avrebbe potuto condurre a una scuola di tipo coercitivo. Oggi, KROM ha al riguardo vedute piuttosto diverse e meno corrette sul piano ideologico.

Questa tendenza negativa nei rapporti con i media si accentua ulteriormente negli anni Ottanta e Novanta. Anche per KROM diventa sempre più difficile far accettare ai media articoli di critica della logica carceraria riguardanti determinati settori della politica criminale. Inoltre, le condizioni poste dai media sono ora molto più pesanti che in passato. Per molti media, le informazioni sulla criminalità sono divenute, in misura inconcepibile, una merce da strumentalizzare. Nel decidere della propria disponibilità a partecipare, per esempio, a certi programmi televisivi in cui argomenti attuali di politica criminale vengono presentati in maniera populistica, o in cui il dramma del singolo individuo viene strumentalizzato, KROM deve ora fare attenzione a non lasciarsi sospingere nel ruolo dell'idiota che fa comodo in quanto tocca a lui scatenare la necessaria "bagarre". Quale membro del consiglio direttivo di KROM, mi è capitato più volte di dovermi confrontare con domande dalle quali emergeva molto chiaramente come l'invito di un rappresentante di KROM dipendesse dal potenziale di "clamorosità" del suo intervento. Anche in considerazione del fatto che in queste trasmissioni succede spesso di poter dire solo poche parole, negli ultimi tempi KROM è diventato molto restio a parteciparvi.


3. Strategia e basi teoriche

L'obiettivo a lungo termine di KROM è - come stabilito anche nel suo statuto - l'abolizione della logica del carcere. In concreto, ciò significa anzitutto che KROM lavora per l'abolizione del sistema penale nel suo assetto attuale e contro l'adozione di sistemi nuovi ma equiparabili a quello carcerario, o di sistemi comunque coercitivi. In secondo luogo, KROM lavora, con obiettivi a più breve termine, per la promozione di riforme del sistema penale per quanto attiene alla sottrazione della libertà. In terzo luogo, KROM vuol essere il portavoce dei detenuti ed ex detenuti, lavorando a sostegno dei loro diritti e delle loro istanze.

Per un'organizzazione che si occupa di politica criminale il grosso problema è quello di individuare, di volta in volta, la condotta da tenere. Si tratta per esempio di stabilire quali riforme carcerarie dobbiamo sollecitare noi stessi, quali dobbiamo accettare ed eventualmente appoggiare, e quali sono invece da combattere in quanto intese a consolidare ulteriormente la logica del carcere.

Mi riferisco qui al ben noto problema del soppesare gli aspetti negativi di una data riforma carceraria, o di una riforma parzialmente abolizionista, rispetto agli aspetti positivi di una determinata politica di stabilizzazione del sistema. È un problema, questo, su cui la propaggine tedesca di KROM, denominata KRAK (Kriminalpolitischer Arbeitskreis = circolo di lavoro in politica criminale), ha investito molto tempo, perdendo in parte di vista il proprio vero compito, che è quello di darsi da fare in campi concreti della politica criminale, e non quello di discutere di politica criminale abolizionista.

Anche KROM, soprattutto negli anni Settanta e ancora negli anni Ottanta, non è stato immune da discussioni di questo tipo.

Oggi, e a dire il vero già da parecchio tempo, questo conflitto non ha praticamente più alcun ruolo. Al riguardo possiamo citare, per esempio, Mathiesen: "[...] la strategia [della riforma negativa, precisazione di K.P.] deve essere oggi specificata in modo differente da quanto avevo fatto 15 anni fa. Senza alcun dubbio, non si può sottovalutare l'importanza di un miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti (sempre che un miglioramento sia possibile nell'ambito di una struttura carceraria). La realtà desolante del carcere farebbe apparire quanto meno cinico ogni altro tipo di atteggiamento" (Mathiesen 1986, p. 87).

L'orientamento strategico di KROM contiene un ulteriore aspetto particolare (derivato dalla sua prima fase operativa), che riguarda il concetto di non-definizione. L'attenersi a tale concetto ha l'obiettivo di evitare il rischio che il proprio impianto politico più o meno radicale venga estromesso dal discorso accettato, a causa degli attributi stigmatizzanti di "rivoluzionario", "radicale", "utopistico" che l'avversario politico gli affibbia. O, all'opposto, di evitare il rischio che, come gruppo politico, si ceda a questa pressione e si attutisca il proprio messaggio politico al punto di fargli perdere il suo potenziale di produrre cambiamenti. Si tratta, quindi, di ottenere "una giusta combinazione" tra opposizione e concorrenza, per evitare da un lato che l'opposizione avvenga in parte "fuori concorso" e, dall'altro, che la concorrenza diventi consenso. Il problema principale risiede dunque nel mantenere l'opposizione su un piano concorrenziale (Mathiesen 1993, p. 169).

La proposta di Mathiesen, che in larga misura è anche la prassi politica di KROM, riflette appunto il concetto di non-definizione. Se vogliamo evitare la situazione problematica sopradescritta, che interessa ogni movimento politico e ogni forma di opposizione al sistema, tale concetto porta argomenti a favore della tesi che la discussione politica non deve essere dipendente da programmi superstrutturati e da dettagliate alternative a un sistema vigente, per esempio quello carcerario. Al contrario, l'apertura, vale a dire la non-definizione della propria posizione, va vista quale fonte di possibilità e di opportunità. In termini più semplici, si potrebbe dire che la soluzione risiede nel processo, cioè nella via da percorrere. Il concetto di non-definizione acquisisce in tal modo un carattere affatto immaginativo. Cito ancora Mathiesen: "Noi abbiamo bisogno di immagini di come dovrebbe essere strutturata una società alternativa... Abbiamo bisogno di idee su come costruire rapporti umani alternativi affinché i conflitti possano essere risolti in modo nuovo e socialmente accettabile. In breve, abbiamo bisogno di rappresentazioni della società, o delle strutture interne alla società, che siano formulate quali ideologie - nel senso positivo del termine - per le quali poter lavorare" (Mathiesen 1986, p. 86).


4. KROM oggi

Oggi, nel 1999, KROM conta circa 300 soci che, come fin dall'inizio, sono costituiti da carcerati e da non carcerati. Dopo le ultime modifiche apportate allo statuto, il consiglio direttivo consiste di otto membri, almeno tre dei quali devono essere in stato di detenzione. KROM è un'organizzazione ovviamente apartitica, che si autofinanzia tramite i contributi dei soci (200 corone per i non detenuti e 50 per i detenuti). KROM è articolato in tre sottogruppi: un gruppo per il carcere, un gruppo per la rimunerazione dei carcerati e un gruppo di lavoro istituito appositamente per le relazioni con il governo in tema di riorganizzazione del diritto giuridico criminale.

KROM ha sede in un ufficio dell'Istituto di Sociologia del Diritto dell'Università di Oslo. Più avanti ritornerò su questo punto. L'ufficio è utilizzato dal consiglio direttivo e da un assistente sociale pensionato, socio di KROM, che svolge funzioni di segreteria. L'ufficio contiene principalmente l'archivio degli articoli tratti da giornali, opportunamente catalogati. Nel corso dell'esistenza di KROM tale archivio è diventato una miniera di materiale informativo e di temi di discussione nel campo della politica giuridica e della criminologia.

Ogni anno, in primavera e in autunno, KROM organizza da 8 a 9 manifestazioni pubbliche (le cosiddette "loftsmoter"), in cui vengono trattati temi attuali di politica criminale, spesso incentrati su argomenti relativi al carcere (per esempio "U-haft?", isolamento nelle carceri norvegesi, rimunerazione dei carcerati, controllo delle visite, politica carceraria nel 2000).

Inoltre, KROM organizza ogni anno, all'inizio di gennaio, un grande seminario sopraregionale, che ha luogo durante il fine settimana in un albergo norvegese e in cui si dedicano due giorni e mezzo (a volte anche le notti) all'approfondimento intensivo di problemi di politica criminale. Nel XXVIII Seminario, tenuto all'inizio di quest'anno, sono stati discussi temi quali: tossicodipendenza di lunga durata e riduzione del danno (modello svizzero per il problema dell'eroina), controllo della droga nelle carceri, vigilanza statale a livello della strada e vigilanza statale in relazione a bambini e adolescenti. Queste manifestazioni riuniscono fino a oltre 200 partecipanti, che rappresentano un'ampia gamma di categorie: universitari, amministratori della giustizia, assistenti sociali, dipendenti ministeriali, avvocati, giornalisti, carcerati (in parte accompagnati da agenti di custodia), tutti riuniti sotto uno stesso tetto.

Sorprendentemente, da qualche tempo la partecipazione a questi seminari è riconosciuta dal "Norsk advocatforening" quale forma di perfezionamento professionale.

Infine, KROM pubblica un proprio giornale, "KROMnytt", contenente articoli di politica criminale, che appare un paio di volte l'anno e ha una tiratura di 2000 copie circa.

Questi svariati settori di lavoro e di azione costituiscono nel loro insieme ciò che si potrebbe definire come pubblicità alternativa. Di conseguenza, la funzione principale di KROM può oggi essere considerata quella di garantire tale pubblicità alternativa quale reazione al mutato atteggiamento dei media cui ho accennato in precedenza. Ciò significa, in sostanza, rappresentare un polo di segno opposto, vale a dire, avere sul piano della politica criminale una posizione seria e scientificamente consolidata, contrapposta a una posizione basata esclusivamente sulla strumentalizzazione della criminalità mediante la drammatizzazione di avvenimenti e destini che "fanno notizia".

Da quanto ho detto sopra dovrebbe essere emerso chiaramente - ma ciononostante desidero ribadirlo ancora in modo esplicito - che KROM non è da intendersi come progetto che offre aiuto individuale a detenuti ed ex detenuti. Il fulcro del lavoro di KROM risiede infatti, in modo assolutamente univoco, nella politica criminale.

Qual è, allora, la funzione dei carcerati che collaborano con KROM? La risposta è che sono i carcerati a costituire il collegamento con la prassi; sono i carcerati ad avere "esperienza pratica". In occasione delle manifestazioni pubbliche organizzate da KROM, come i seminari di Spatind, che includono sempre la presenza di detenuti quali relatori sul podio o quali partecipanti alle discussioni, ho potuto constatare spesso quanto sia diverso il peso delle parole di un carcerato rispetto a quello, per esempio, della relazione di uno specialista che critica il carcere in base alla propria solida preparazione in campo criminologico. Ciò che talvolta rende quasi intollerabile l'ascolto delle relazioni dei detenuti è appunto questo carattere di esperienza personale, questo "aver vissuto la cosa in prima persona", questa intensa autenticità.

Con ciò non intendo dire che KROM veda il carcerato come soggetto rivoluzionario speciale, nell'ottica di una strategia dei gruppi marginali, investendolo di un ruolo simile a quello che negli anni Sessanta gli veniva attribuito da una parte della sinistra tedesca. L'intento di KROM è invece quello di unire i vantaggi offerti dalle due prospettive, l'una basata più sulla teoria e l'altra basata sull'esperienza pratica. Chiaramente, ciò non è sempre facile per le due parti.


5. Perché KROM è potuto sopravvivere?

Se si analizza il movimento carcerario in relazione a un arco di tempo più ampio, diciamo 20 anni circa, non si ricava l'impressione che sia caratterizzato da una particolare longevità e continuità. Si pensi per esempio al movimento carcerario tedesco negli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta, e a tutti i suoi progetti così interessanti. Oggi, e già da molto tempo, sono quasi tutti spariti. Perché ciò sia avvenuto è un punto che potremo eventualmente trattare nella discussione che segue. La domanda che qui mi interessa è invece il motivo per cui proprio KROM, nella sua lontana periferia nordica, sia potuto sopravvivere. (Anche in Norvegia, fra tutte le organizzazioni radicali fondate alla fine degli anni Sessanta, KROM è l'unica a essere ancora in vita.) Fra l'altro, la risposta a questa domanda è di importanza centrale anche quando l'obiettivo sia quello di infondere nuova vita a un movimento abolizionista controcorrente.

Anzitutto, KROM è potuto sopravvivere perché ha sempre mantenuto un aggancio che ne assicurava la continuità: l'Istituto di Sociologia del Diritto. In questo contesto è naturalmente da citare il nome di Thomas Mathiesen, sociologo del diritto e da molti anni rettore di questo Istituto. Tuttavia, KROM non è un progetto di ricerca. Ha una struttura organizzativa indipendente, si autofinanzia e occupa un locale per il quale paga l'affitto all'Istituto. Nonostante tale indipendenza organizzativa, questa strutturazione garantisce un'utile interazione fra teoria e pratica. In periodi come il nostro, in cui soffia un vento decisamente gelido sul piano della politica criminale, ciò è probabilmente più importante che in periodi di ampia identità tra le nostre vedute e lo spirito del tempo.

In secondo luogo, KROM è potuto sopravvivere perché ha fatto affidamento sulle proprie forze e non ha mai accettato appoggi finanziari da parte dello Stato, una rinuncia talvolta molto difficile. Penso per esempio alle violente discussioni su quanto sia lecito spendere per "permettersi il lusso" di un'immagine pubblica (la rivista "KROMnytt"). Agli occhi di un visitatore le cui conoscenze sulla nostra organizzazione derivino dagli scritti di Mathiesen, l'arredamento dell'ufficio di KROM apparirà probabilmente asettico, forse addirittura misero. D'altro canto, è proprio il concentrarci sulle nostre sole forze e possibilità a consentirci di mobilitare la nostra individuale iniziativa, creatività e fantasia.

In terzo luogo, nel corso del tempo si è costituita una sorta di comunità morale, che ha avuto importanza decisiva per la sopravvivenza di KROM. Le tante persone che nel corso degli anni hanno fatto parte del consiglio direttivo di KROM, che si sono impegnate nel suo lavoro, non sono tutte scomparse. Si è formata una specie di rete, di circolo di esperti molto preparati, cui gli attivisti di oggi possono ricorrere in qualsiasi momento. Oltre a offrire conoscenze tecniche, questa sorta di comunità presenta un aspetto speciale cui il criminologo norvegese Nils Christie accenna nel suo libro Il business penitenziario: "Ogni anno, subito dopo Natale, da qualche parte sui monti norvegesi, ha luogo un convegno particolare che, giunto alla sua ventesima edizione, è diventato una tradizione. Per tre giorni e due notti, 200 partecipanti si riuniscono in un buon albergo... Un effetto importante di questi convegni è

(ATT.: MANCA LA PAGINA 11)


(ATT.: LA PRIMA FRASE DI PAGINA 12 È INCOMPLETA):

... che possa tradursi in un'ondata di violenza. Comunque, ciò presuppone attualmente il collegamento con altre organizzazioni di sinistra.

Sotto questo aspetto, oggi KROM è forse più debole che nel suo periodo aureo. D'altro canto, è però anche più forte.


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