E.4 Può l' "educazione" risolvere i problemi ecologici nel contesto di un’ economia capitalista basata sul “libero mercato”?

Oltre il loro enfatizzare questo diritto di poter citare in giudizio ogni eventuale inquinatore, i/le sostenitori/sostenitrici del “libero mercato” capitalista parlano di problemi ecologici, come inquinamento e impoverimento delle risorse, facendo riferimento a un metodo di educazione pubblica che porterebbe la gente a una propria consapevolezza al punto tale da poter poi creare domanda di nuove tecnologie e prodotti nel pieno rispetto ambientale e allo stesso tempo convenienti dal punto di vista produttivo.

Questo argomento, comunque, non tiene conto di tre fattori importanti: (1) le cosiddette eco-tecnologie e prodotti simili già di per sé non sono sufficienti a scongiurare il disastro ecologico per il fatto che il capitalismo è basato sul concetto di “crescita o morte”, il quale a sua volta è strettamente collegato alla richiesta di produzione ai fini del profitto (vedi sezione D.4.1); (2) Nessun tipo di educazione potrà mai annullare gli effetti della forza di mercato. Se si prendono in considerazione un budget ristretto e prodotti “ecologici” relativamente costosi, sia compagnie che consumatori/trici sarebbero forzati a scegliere i prodotti più economici, tutt’altro che amici della natura, in modo da sopravvivere nel mercato o riuscire a tirare avanti. Sotto il capitalismo di “libero mercato”, siamo sì liberi/e di scegliere, ma le opzioni sono di solito assai pidocchiose e non le uniche potenzialmente ottenibili; (3) Sotto un sistema di prezzi, la clientela non avrebbe modo di conoscere il reale impatto economico (o sociale) dei prodotti che acquista. Un tale tipo di informazione, e ciò non costituisce sorpresa alcuna, è solitamente fornito al di fuori del mercato grazie al lavoro di eco-attivisti, unioni, gruppi di spesa e così via. Come oggi accade, maggiore sarà l’abilità con la quale si creeranno immagini pubblicitarie mediatiche, più semplice sarà coprire di melma gli sforzi di questi gruppi volontari di informare la gente sui fatti reali. E l’esempio di McDonald’s, che (fino alla famosa diatriba McLibel) con successo utilizzò la minaccia di un’azione legale per zittire molti di coloro che fortemente criticavano la sua politica, indica che la quantità di tempo e denaro necessaria a combattere per la libertà di parola nei tribunali contro le grosse compagnie, è pari all’effettiva intenzione di tenere la gente al buio circa il lato oscuro del capitalismo.

Bisogna anche tenere presente che, se il caso lo rende necessario, le compagnie finanziano l’educazione infantile, quindi esistono sempre ovvie limitazioni riguardo il potere di educare e risolvere i problemi ecologici. Le compagnie difficilmente finanzieranno scuole nelle quali vengono assunti insegnanti che educano i propri alunni sulle reali cause dei problemi ecologici! E potremo aggiungere, scuole alternative (organizzate da unioni libertarie e altre associazioni) che utilizzerebbero un’educazione di tipo libertario al fine di creare anarchici e anarchiche che difficilmente verrebbero favoriti dalle compagnie e quindi finirebbero nella famosa lista nera – un buon deterrente al loro diffondersi tra la società. Perché una compagnia capitalistica dovrebbe assumere un/una diplomat* proveniente da una scuola che creerebbe loro solo problemi una volta assunti a causa di un salario da schiavi?

In questo consiste il vero problema di un puro approccio “educazionale” per risolvere la crisi ecologica. Persino in un mondo “puramente” capitalista in cui la proprietà privata è protetta da uno Stato “vigilante” o forze di sicurezza private, una ricca elite capitalista controllerà l’educazione come del resto, accade anche al giorno d’oggi.

Tutte le elites capitaliste devono controllare l’educazione perché ciò rappresenta un’essenziale mezzo d’indottrinamento al fine di promuovere valori capitalistici e portare una larga fetta di popolazione a divenire futuri schiavi del commercio con ben definite abitudini di obbedienza verso l’autorità. Così, i capitalisti non rischierebbero di perdere il controllo sul sistema educazionale, non importa quanto possa venire a costare mantenere scuole competitive. E questo significa anche che in tale tipo di scuole non si insegnerebbe agli studenti cosa è realmente necessario per evitare il disastro ecologico: pena lo smantellamento dello stesso concetto di