PIAZZA ITALIA

Piazzale Italia era gremito e pullulante di gente, il sole era così limpido e brillante nel cielo da far riacquistare la vista ai cechi – sia ben   chiaro, non si intendono qui gli abitanti di Praga e zone limitrofe.

C’ero io, parte della componente femminile della 4^G e ovviamente tutta un’altra serie di personaggi che ben poca influenza hanno nel mio interagire telematico quando a un certo punto, a un punto certo, (come dicono poeti e artisti) : arrivasti tu, con i tuoi occhioni blu, che blu non erano, ma che brillavano e splendevano di un verde chiaro che fece impallidire e rendere ombroso il sole stesso.

Poi di lì a venire tante cose, tante avventure e peripezie passate insieme finite e svanite come una nuvola dopo un acquazzone e forse senza sapere perché, o forse si…..

E’ certo e vero che il tempo allevia le sofferenze e i brutti ricordi lasciando a galla la parte migliore di ogni cosa, così come con le ostriche( e/o cozze e/o vongole) si butta il guscio e si mangia l’interno.

L’anima e lo spirito delle cose non cambiano, obliviate forse si, ma impresse là per perdurare in eterno…..

E forse c’aveva ragione quel vecchio marpione del compianto Fabrizio quando sosteneva che: ”non sono riusciti a cambiarmi, non ci sono riusciti, e tu lo sai ”(forse ma forse).

 

 

LO SCOPRITORE DI TALENTI

Jack viveva in un appartamento della provincia di Brushed-field …apparentemente non gli mancava nulla. Il suo lavoro ai General Markets gli permetteva di arrivare a fine mese con comodità. Anzi, spesso riusciva anche a spassarsela. Tuttavia il vizio dell’alcool lo portava a trovarsi in strane situazioni. Un giorno, trovandosi in un paesino vicino, Washed-Area, si fermò a osservare una partita di pallone della classe dei “giovani-ssimi”. A un certo punto rimase stupito da uno dei ragazzi che ivi giocavano, il più piccolino della squadra locale, e si ricordò della sue amicizie con i dirigenti della squadra della sua città, con l’intenzione ferma ed esaltata da una delle sue solite sbronze, di portarvelo per fargli fare un provino. L’amico, sag-giamente, gli consigliò di desistere, per via dei numerosi problemi “tecnico-logistici” che un eventuale “transfer” avrebbe comportato. Ma Jack, più risoluto che mai, si convinse del contrario e, a fine partita, si recò dall’allenatore della squadra del Washedlions F.C., chiedendogli, dopo avergli spiegato le sue ragioni, di poter parlare con i genitori del ragazzo. Questi ultimi, su pressioni del talentino, figlio loro, si dovettero ar-rendere alle avverse, per loro, circostanze; anche perché Jack aveva offerto vitto e alloggio in casa sua al giovane. E fu a questo punto che anche l’amico, sebbene grattandosi il capo, ammise che Jack aveva fatto un “buon” affare. Dopo il provino, si notò, oltre alla bravura del ragazzo, il nativo  argentino Pablo Slavo, un Jack megasbronzo e festeggiante per il col-paccio da lui beccato. I primi tempi di questa “convivenza” andarono abbastanza bene: Jack lavorava, frequentava le sue amicizie, occupandosi  e preoccupandosi nel contempo della salute di Pablo e, quando poteva, si ubriacava a ciuccio. Anche il ragazzo, preso dalla vita fluttuante della grande e nuova cit-tà, non se la passava malissimo. Un giorno come tanti bussa-rono alla porta di Jack due suoi “amici”: Pic e Wiz, chie-dendogli un piccolo favore da nulla: conservare in casa sua per tre giorni 5 kili d’erba che i due tipacci loschi avevano tra-fugato alla mafia durante una certa partita (di ben altro tipo, s’intende). Jack, frastornato ma stoltamente fiutando di po-terci ricavare qualcosa, accettò di buon grado. Stupito, Pablo osservava dall’altra stanza. Il giorno seguente la squadra del Brushenfield S.C. vinse un’importante partita e per fes-teggiare, approfittando dell’assenza di Jack, Slavo portò i com-pagni per un brindisi a casa “sua”. La baldoria non tarda a so-praggiungere e i più agitati della squadra scoprono lo stupefa-cente in un armadio…

Jack adesso è in carcere tumefatto e non è neanche ubriaco…

 

 

SOVVERSIVI

Per fortuna ke mi sono amico

Perché ? Perché ?

Un giorno mi dissi : -“ SVOLTO ”.

Ma mi sono rimasti tanti amici.

Non sono riuscito a svoltare.

In certi casi, momenti e/o situazioni è un bene …

Altre…Uagliù, ma dove cazzo siamo andati a finire …

( FUORI CAMPO, VOCE ALL’ALTOPARLANTE)

“ I detenuti del braccio dell’Amore sono GAIAMENTE invitati

 al ballo delle schioppettate, NULLA VI CAMBIA A SENTIRLO.

DISSIDENTE … Si, ma a noi che pesce ce ne viene, semb’ qua amma ‘sta

-         Ora, scusateci se non rispettiamo le unità aristoteliche

   ( SPAZIO, TEMPO, DURATA ), ma ci siamo rotti i coglioni più di voi che state dalla parte stretta del muro! …

DISSIDENTI CORALI :   FIGURATI NOI, FIGURATI NOI,

 CHE PAZIENZA IN FONDO PORTIAMO NEL CUORE

 SOVVERSIVI MA CON TUTTO CIO’ IN PIU’ KE VOI

 SOVVERSIVI, STRONZI, BLASFEMI, INGRIFATI

                         MA SICURO LO FACCIAMO PER  AMORE

 

 

 

 

LISTENING TO RINO part I

E’ UN ELISIR DI RIFLESSIONE_ _ EH_ _ _ EH_ _

E TU NON TORNI, QUI DA ME_ _ EHEEH_ _

 Que ci sto a far,

 Nada es bien,

SOLO PARANOIE E DISPERSIONE

 e addirittura mancan le conclusioni

 

DONDE ERES L’UNIVERSO

UN EROE A TEMPO (INUTILE, ILLOGICO) PERSO

COME STAI ? Ma, tutto bene, ma dov’è Tutto _ _ _ !?

DOV’E’ LA LIBERTA’, Altrimenti, dove saremo,

spero no a Sanremo, a finire _ _ _

 

EJERCICIO 4. Justifica el tu ser en esta TIERRA _ _ _ (Explain in no more than 50 words)

 

O.K., Va bene, All right, es bien, muy bien, tambièn, muito bom, e mò ne

 abbiamo akkokkiate 18.

 Con queste siamo a 23. Ne mancano 24.

 Dove trovarle tutte queste parole? Forse nel VOCABOLARIO.

 Ancora 14 ed è fatta!_ In definitiva; ( solo 9 a disposizione) .

MA CHE CAZZO CI STA SUCCEDENDO _ _ _ ?!?

 

 

LISTENING TO RINO part II

Mi guardo attorno per un po’, e mi accorgo che son solo….

Forse ho copiato un bel po’, me ne accorgo e io lo so…

MA CHE CI DEVO FARE,

SOLO BOTTE E PALATE

Io sono, o cerco di esserlo, il più pacifico, essere sulla terra,

MA QUANDO CE VO CE VO…!

 

 

IL GIGOLO’

In mancanza d’altro, decise di diventare gigolò. Ora e pur tuttavia, l’impresa si mostrava più complicata di quanto l’avessero elaborata i suoi neuroni del pensiero. Da dove cominciare? Come “pubblicizzarsi”? Che tipo di clientela avrebbe dovuto avere?. A questi e a tanti altri quesiti, do-po un lungo sforzo celebro-intellettuale, non trovò, ovvia-mente, alcuna risposta. Già immaginava, lo stolto, di fare da domestico a tre porcone; si diceva: “avrò vitto, alloggio, sesso gratis e anche qualcosa di soldi per le piccole spese…”. Anche se, noi sappiamo, non è da tutti e soprattutto da tutti i giorni andare in giro stoppando fem-mine della più svariata età dicendo: ”vendo il mio corpo, scopiamo perché ho bisogno di soldi”. Per di più aveva già una tipa premurosa che cercava di soddisfarlo nelle più svariate maniere e posizioni (non che a lei non piacesse, beninteso, anzi…). Come avrebbe reagito suddetta “gat-tina”? L’avrebbe mai capito? E poi era da vedere se ci sa-rebbero rimasti tempo,  fiato e spermi per lei, perché, nel caso “l’attività” avesse preso una piega giusta, non era da escludere che il disgraziato sarebbe tornato a casa esausto e svuotato… Ma questi, come si è soliti dire, sono i rischi del mestiere. Pensava anche, l’infausto: “a cosa mi serve una tipa se romberò dalla mattina alla sera co-me un Visigota prime di valicare le Alpi per sconfiggere i Longobardi nella decisiva battaglia di Legnano? Se ne an-dasse pure…”, diceva, aggiungendo un “PFUI” tra sé e sé. Ma era ancora notte, e il tapino se ne rimase insonne ad aspettare che albeggiasse per buttarsi in strada e im-mergersi anima e corpo, soprattutto corpo (era l’os-sessione speranzosa del mentecatto) in questa sua nuova azzardata e strampalata iniziativa. Anche noi siamo cu-riosi, e infatti speriamo che quest’oggi Apollo sia più mat-tutino del solito…

 

 

LA BALLATA DEGLI SBRONZI                                  

Eppur noi,

da vecchi bevitori incalliti,

e coi denti oramai ingialliti,

ignari,

con lo stendardo tenuto alto

e un bel whiskey a doppio malto,

ignavi,

seguitavano a bighellonare…

consci che il mondo non ci poteva fermare.

LIFE IS A GAME TO PLAY?

La vita è una strana ambiguità;

puoi esserne arbitro,

o schierarti se vuoi,

sono queste le parti,

e se ti schieri,

la tua scelta è solo una sottoparte,

seppur fondamentale, di quel processo,

che tu chiami esistenza.

La soluzione?

Schierarti arbitrando o arbitrare schierandoti?

Il dilemma risulta essere questo…

ma cosa può importare…

VIVI! VIVI! convinciti e, cazzo, VIVI! 

Decideranno, per te sceglieranno

se sia stato

arbitro o schierato…

io, speriamo, che se mi schiero,

mi schiero BENE;

mi voglio schierare

ma forse sono fuori…

 

schierarsi con coscienza, o,

arbitrare parteggiando;

SONO I DUE RISVOLTI DI UNA MONETA;

la soluzione?

VIVI E BASTA!

arbitro?

schierato?

se schierato, dove?

LA SCELTA E’ SOLO TUA (MIA)!

( per fortuna siamo figli di comunisti…)

IL LICANTROPO ZEONE

Era questi un uomo normale come tutti finché una sera di plenilunio vide, affacciato dal balcone di casa sua, una donna che però era una scema, ma lui rimase colpito e i-nebetito dal di colei sguardo, per cui dopo quella sera co-minciò a vagare per le vie della città senza riuscire nem-meno a parlare, emettendo soltanto strani suoni simili a latrati; per cui quando lo videro, tutto abbrutito, non tar-darono a sparargli in culo e in fronte per cui, non è dif-ficile capirlo, il licantropo Zeone morì da solo tra latrati, latrine e qualche vetrina.

 

  FOOTBALL CLUB ZAMARRI

Nasce nel 1924 per volontà di Patrizio de Plebis, dirigente sportivo del Cerignola ai tempi del fascismo, e per pro-testa contro la società fondò questa squadra i cui colori sociali sono tuttora quelli della fondazione: maglia rossa con stemma anarchico sul petto. Dopo i primi anni pas-sati tra tornei locali e serie minori, nel 1951 arriva final-mente la sospirata promozione nel calcio che conta, fino ad arrivare ai giorni nostri dove è una delle più affermate formazioni mondiali; si ricordi il trionfo nell’Intercon-tinentale… 

 

 

 

 

VIA LE SCARPE

Lontani un miglio dalle più concentrate e ingarbugliate complicazioni metropolitane, potevamo finalmente guar-dare il sole in libertà, con tutte le sue sfumature e colori che lo circondano; sembrava quasi che fossimo tornati duecento e passa anni prima quando la panoramica a-greste era quotidiana come il Maurizio Costanzo Show ai giorni nostri (dal teatro Parioli).

 

Più in fondo rumori di tamburi e danze tribali, sembrava quasi di essere finiti ( o capitati, non si è ben capita la differenza) in una canzone di Battiato. Sfavillavano le ca-vigliere dorate con perline cingenti le caviglie delle bel-lissime gambe di bellissime ballerine indiane vestite sol-tanto di paglie e radici per coprire solo l’indispensabile; e quel ritmo e quella musica che inebriavano il cervello e il capo tutto, tanto più che ballavo anch’io, ma non me ne accorsi preso da quell’ineffabile bellezza sonora e per-sistevo nel mio personale “rendez-vous” nella campagna più sperduta con la quale ero in difetto per il mio abbigliamento meramente cittadino.

 - Butta quelle scarpe – mi dissi, e non ebbi neanche il tempo di accorgermene che i miei piedi, finalmente scalzi e profumati, correvano liberi guidati da e verso quella dolcissima musica mischiandosi tosto con i ritmi delle melodiose e quasi diafane ballerine del sogno e della tenerezza.

 

 

 

ALLUCINANTE

Sballottamenti… realtà diverse e separate… pochi i nessi che le tengono in comunicazione…

 

Mi ritorna in mente (vai BATTISTI) la questione delle molteplici scelte e del “CAMALEONTISMO” per adattarsi al meglio e a ciascheduna di essa.

Forse è un errore… bisognerebbe essere sempre se

stessi…

Ma se così fosse, ora non sarei qui a scrivere queste cose in questo ameno luogo che pare un convento.

(M’AGGJA FA’ ‘NA DOCC’)

E la gente, poca, se ne va… Volevo dirgli: “che fai, boicotti?”, ma alla fine, non è venuto fuori niente.

Quasi quasi la seguo a ruota.

CARO DIARIO

Ieri mi reco dal veterinario con Fiore (complemento di compagnia) per Clara (non mi ricordo che complemento) comunque sempre per via di quella goliardia mai doma che mi trascina mi ritrovo a tentare di saccheggiare un Ambulatorio Ospedaliero tipo quello del mago di Oz. Sul più bello però una donnina con una camicia azzurrotta è venuta a disturbare il pubblico ladrocinio e mi ha costretto a tornare a casa senza neanche un CRACKER. Della sera non ne parlo anche perché non mi ricordo un cazzo.

 

 

I HAVE A DREAM

Come diceva M.L.King (tra l’altro in un recente sondaggio è risultato essere l’idolo di molti giovani americani): “I HAVE A DREAM”. Beh, anch’io ho fatto un sogno, però in italiano. In questo sogno Berlusconi si faceva prendere in giro da tutti e per giunta era mio zio; era un sogno bellissimo. Quando guardavamo il TG a casa e sentivamo le critiche al governo o il conflitto della magistratura, zio Silvio o si inalberava (ma solo dopo aver detto:”che simpatici!”) o si impuntava (nel senso che si metteva in punta di piedi per sembrare più alto) e diceva: “MO’ BBEC’JE!”(1).

E subito iniziava a fare telefonate a destra e a manca; e aumentava stipendi e posti di lavoro di qua; e poi si confessava col primo giudice che beccava al telefono di là, diceva che facevano bene a processarlo perché lui ef-fettivamente aveva rubato, aveva falsi in bilancio ecc.

La mia ragazza che mi osservava mentre dormivo era contenta perché dormivo e ridevo nello stesso tempo, e anche il cane scodinzolava. Poi a un certo punto smettevo di ridere, mi incupivo in volto sudando freddo e il quadrupede iniziava a latrare…

In questa fase del sogno, che iniziava a diventare un NOIR stile francese, il giudice diceva allo zio che lui non ci poteva fare niente per condannarlo, perché anche lui e gli altri giudici erano parenti acquisiti del Berluska, e le loro mogli li minacciavano di divorzio se avessero fatto qualcosa al parente-mecenate. Anche i lavoratori si la-mentavano delle ottime condizioni di lavoro perché in questa situazione non potevano inventarsi nemmeno uno sciopero e neanche gli studenti se la passavano meglio, perché la riforma della scuola era talmente spassosa che far cortei era molto più noioso.

In una riunione di famiglia, analizzando questa strana fase del mondo, ci rendemmo conto che il motivo di tanta felicità e benessere sociale era che noi stessi age-volavamo la politica dello zio con le nostre battute di scherno che però lui prendeva terribilmente sul serio ap-plicandole alla lettera. Decidemmo così di evitare di fare battute in sua presenza, sperando così che il mondo noto tornasse sui binari più consoni alle aspirazioni nostre e altrui; ma non ci fu niente da fare perché grazie alla videosorveglianza posta ovunque (su nostro suggeri-mento!) lo zione riusciva a carpire ogni discorso o satira fatto anche in sua assenza.

Intanto la mia ragazza aveva chiamato il medico perché io facevo strane mosse con gli occhi aprendoli e chiudendoli di scatto: delirio febbrile, onirico o cosa?

Nel frattempo le riunioni di famiglia si succedevano senza tregua tanto che eravamo in ASSEMBLEA PARENTALE PERMANENTE; una delle soluzioni che vennero fuori fu quella di dare consigli sbagliati e bislacchi allo zio che nel frattempo invecchiava sempre di più per lo stress perché non aveva più nemici e/o comunisti contro cui scagliarsi.

Ma avvenne l’inverosimile: il medico, anche lui incazzato per le libertà concessegli dal premier entrò nel sogno somministrandomi non so che sostanza, facendomi com-mettere la cosa più sbagliata della storia: stavo ucci-dendo lo zio, ma mentre lo facevo egli non si lamentava, anzi rideva e rideva e solo dopo che morì scoprii che ave-va una paresi. A quel punto mi svegliai di soprassalto, ma con me non c’era più la mia ragazza, ma solo il medi-co che aveva stranamente anche lui una paresi ed era calvo e, ovviamente rideva; capii di essere stato buggerato e stramazzai al suolo inerme. Quando giunsi, poco tempo dopo, alle porte di S.Pietro (non quello al Vaticano, ma quello “celeste”), vidi un uomo basso, sulla settantina ma nemmeno una ruga, che come mi vide, ridendo mi disse: “Piaciuto il gioco? Sono 700 euro!!!”…

 

(1) – espressione napoletana :“ me la vedo io, ci penso io”(nda)

 

 

 

 

 

I PORTICATI

Sotto tre porticati stavano un gruppo di persone

che erano solite lì radunarsi

ad attivarsi per accendere un falò

col pretesto di riscaldarsi,

non erano barboni né nullafacenti

né punkabbestia(1) né briganti o malviventi,

gente che si raduna per il solo piacere di farlo

per cercare di cogliere quell’occasione,

unica, che la vita ti da per svoltare…

sempre che te la voglia dare…

Poi c’è anche chi ne ha migliaia

ma non era questo che volevamo focalizzare;

l’istinto e l’avventura (o la ventura)

non sono razionalizzabili, per fortuna!

Comunque, ci siamo persi un po’ il TOPOS…

ora, sotto i porticati, nessuno; piove e fa freddo

e il vento ha spento oltre al fuoco le speranze.

 

(1) – Nella accezione comune si intendono coloro che fanno della strada il loro ambiente vitale

 

L’origine di questo “stornello” è da rintracciarsi in un misto psichico di rammarico,ca-parbietà, sconforto e voglia di esserci e di sentirsi qualcosa o qualcuno. Sebbene non molto rintracciabile nel testo, ricordo quasi che era palese la necessità di descrivere uno stato “mentale” alla ricerca di un’identità.

P.S. il corpo del testo è risultato involontariamente forse troppo breve, mettici anche le circostanze esterne e il cervello che subito è partito per la tangenziale.