Le conseguenze economiche della guerra all'Iraq
 

 
 Shahir al-Ahmad, Aljazeera (l'Isola, Qatar), .:. 22.02.03 
 

 

 

La comunità internazionale ha iniziato a valutare le stime effettive delle presumibili perdite durante il periodo della guerra che gli Stati Uniti hanno sferrato contro l’Iraq. Molti esperti ed analisti hanno pareri discordanti sui riflessi economici di questa guerra, le cui conseguenze non risparmieranno, all’incirca, nessun paese sviluppato ed avanzato del mondo. A livello internazionale emerge la sola opinione dei consiglieri economici in Germania, i quali sostengono che una guerra a lungo termine con l’Iraq si affiancherà ad un’economia internazionale sprofondata nelle grinfie del ristagno, in particolare all’ombra di un avventato aumento dei prezzi del petrolio a 100 dollari al barile; ciò nel caso in cui il periodo di belligeranza si protraesse ulteriormente e se questo causasse il blocco delle esportazioni dell’Iraq e dei paesi dell’aerea che rappresentano circa il 70% delle riserve mondiali di petrolio. Quanto alle conseguenza economiche di questa guerra sul continente europeo, la Commissione Europea, che in passato ha diffidato dall’intraprendere una guerra in Iraq, ha affermato che la crescita economica nella zona dell’euro si arresterà e sprofonderà in modo totale in una situazione di recessione.

Asia
Quanto al continente asiatico, uno studio condotto dal gruppo “Economist”recentemente ha rivelato che metà dei paesi dell’Asia sono oppressi dalle inquietudini economiche e dalla loro crescita, qualora la guerra si perpetuasse per mesi. Lo studio ha dimostrato che l’aumento dei prezzi del petrolio di circa il 10% avrà come conseguenza un arresto della crescita economica in Asia dello 0,23% e un aumento dell’inflazione dello 1,1%. Il risultato della guerra ritenuto più probabile è che l’Asia, in anno, sprofondi in una depressione inflazionistica con un arretramento del PIL al 3,1% ed un aumento dell’inflazione al 14%. Ma se questa guerra terminasse in un mese o mese e mezzo, le sue conseguenze sui paesi asiatici sarebbero minori. Gli economisti sostengono che la produzione interna perderebbe soltanto lo 0,41%, mentre l’inflazione salirebbe soltanto del 3%.

Francia, Russia, Germania
Per quanto riguarda i paesi contrari alla guerra in Iraq, molti degli osservatori pensano che il motivo principale della posizione di Francia, Russia e Germania dipenda, in primo luogo, da cause economiche. Questi paesi ed i restanti paesi industrializzati passano da anni attraverso negative situazioni economiche, di cui non hanno mai fatto menzione. Essi temono, dunque, un protrarsi del periodo di guerra e il conseguente aumento del petrolio, ciò porterebbe ad un aggravamento delle situazioni in cui si trovano. Questi paesi paventano la perdita di contratti petroliferi stipulati con l’Iraq, che valgono decine di miliardi di dollari. La Francia ha firmato contratti petroliferi attraverso i quali le società sono in grado di controllare la produzione di campi petroliferi il cui volume si aggira attorno ai 36 miliardi di barili.

La situazione dalla parte della Russia è più grave, poiché l’Iraq è tornato ad essere il suo maggior partner commerciale in Medio oriente, ed aveva stipulato, nel settembre scorso, accordi commerciali per un ammontare di 40 miliardi di dollari. Allo stesso modo Mosca teme perdite per 8 miliardi di dollari consistenti in aiuti militari dal tempo della guerra contro l’Iran, un’eredità del periodo sovietico. Alcuni esperti russi temono che il loro paese si trovi a perdere una somma di 50/60 miliardi di dollari, che è l’ammontare dei contratti civili che hanno completato la maggior parte degli accordi tra i due paesi e circa 70/80 miliardi di dollari che, invece, l’ammontare dei contratti militari che sono stati firmati con l’Iraq dopo l’abolizione delle sanzioni che gli erano state imposte.

Turchia
Per quanto riguarda le conseguenze legate a questa guerra sulla Turchia, tenuta in grande considerazione, si ipotizza che Ankara subirà grosse perdite, attorno ai 100 miliardi di dollari, risultato di dodici anni di embargo sull’Iraq, in quanto sono stati sospesi i commerci di frontiera e sono stati confiscati i condotti che trasportavano il petrolio dall’Iraq alla Turchia. Ankara teme che le perdite a causa di questa nuova guerra saranno maggiori che in passato. Ciò giustifica la posizione del governo nel suo tentativo la lasciar passare un accordo di cooperazione militare con gli Stati Uniti nella loro guerra contro l’Iraq in cambio di aiuti finanziari. Washington ha avanzato una proposta al governo turco, la quale si avvicina agli 8/9 miliardi di dollari, oltre a prestiti per 25/30 miliardi di dollari.

Paesi arabi
Si ritiene che le conseguenze della guerra sulla Giordania saranno gravi, l’Iraq rappresenta uno dei più importanti pilastri su cui la Giordania si è basata nella costruzione della su economia. L’Iraq assorbe più del 20% del totale delle esportazioni giordane e soddisfa il fabbisogno petrolifero del regno, fabbisogno che ammonta a 5 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, per un ammontare di 700 milioni di dollari, corrispondente a 1/3 del bilancio annuale della Giordania. In questa situazione si prevede che diminuirà la capacità della Giordania di attirare investimenti stranieri per improntare nuovi progetti.

Sull’ economia egiziana le conseguenze della guerra saranno dolorose; si prevede che causeranno una nuova crisi nel settore del turismo (ancora non si è ripreso dalla crisi che ha colpito il settore a seguito degli avvenimenti del settembre 2001). Questo settore costituisce uno dei tre settori emergenti nell’economia del paese, allo stesso modo si teme una fuga degli investimenti stranieri. Si prevede una riduzione di circa il 10% delle entrate dal Canale di Suez, che costituisce un’importante fonte di valuta straniera di cui l’economia egiziana ha bisogno.

Stati Uniti
Da un’altra parte gli esperti americani vedono nella guerra all’Iraq un’eccellente occasione per l’economia americana, in particolare nel momento in cui gli Stati Uniti sono stati in grado di ottenere il controllo sull’Iraq ed hanno aumentato la loro produzione energetica giornaliera fino a sette milioni di barili; in tal modo è possibile che si ritorni al prezzo di un barili attorno ai 10/12 dollari. Gli analisti asseriscono che l’economia americana crescerà in un anno di miliardi di dollari che attualmente spende in energia, mentre la stessa accoglierà i paesi che sono fonte di petrolio ed in particolare quelli le cui economie su questo si basano in modo particolare. Si avrà, senza dubbio, un indebolimento dell’Europa a livello economico ed una sua subordinazione all’America si economicamente che politicamente, nel caso di vittoria degli Stati Uniti e la possibilità di realizzare i suoi obiettivi definiti dietro la guerra