Cosa gli americani hanno imparato, e non imparato, dall'11 settembre
di Noam Chomsky

 


Traduzione di Pietro Andrea Annicelli

La guerra infinita rappresenta un pericolo per gli Stati Uniti di gran lunga maggiore di quello costituito dai presunti nemici.

L’11 Settembre ha scosso molti americani, rendendoli consapevoli che farebbero meglio a essere più attenti a quello che fa nel mondo il Governo degli Stati Uniti e a come viene considerato. Molte questioni che prima non erano all’ordine del giorno sono state aperte. Il che è un fatto positivo.
Si tratta anche del più semplice buon senso, se speriamo di ridurre le probabilità di future atrocità. Potrebbe essere di conforto agli Americani avere la pretesa che i loro nemici “odiano le nostre libertà”, come afferma il Presidente Bush, ma non sarebbe saggio ignorare il mondo reale, che trasmette lezioni diverse.
Un’indagine nel mondo arabo dopo l’11 settembre rivela che le stesse ragioni vengono sostenute oggi, aggravate da risentimenti su specifiche politiche.
Singolarmente, ciò è vero anche se riferito ai settori privilegiati della regione orientati a favore dell’Occidente.
Per menzionare soltanto un esempio recente, Ahmed Rashid, lo specialista della regione internazionalmente riconosciuto, nel numero del 1 agosto della Far Eastern Economic Review scrive che in Pakistan “vi è una rabbia crescente a che il sostegno degli Stati Uniti consista nel permettere il regime militare (di Musharraf), che ritarda la promessa di democrazia”.
Oggi gli Americani si attirano poche simpatie scegliendo di credere che “loro ci odiano” e che “odiano le nostre libertà”. Al contrario, questi sono popoli ai quali piacciono gli Americani, e ammirano molte cose degli Stati Uniti, incluse le loro libertà. Ciò che loro odiano sono le politiche ufficiali che negano le libertà alle quali anche loro aspirano.
Per simili ragioni, le declamazioni di Osama bin Laden dopo l’11 Settembre -per esempio a riguardo del sostegno degli Stati Uniti a favore di regimi corrotti e brutali, o a proposito della loro invasione dell’Arabia Saudita, hanno una certa risonanza, perfino fra coloro che lo disprezzano e lo odiano. Dal risentimento, dalla rabbia e dalla frustrazione, le bande terroristiche sperano di ricavare sostegno e adesioni.
Dovremmo anche essere consapevoli che molti nel mondo ritengono Washington un regime terrorista. In anni recenti, gli Stati Uniti hanno attuato o sostenuto operazioni militari in Colombia, Nicaragua, Panama, Sudan e Turchia, per menzionarne una piccola parte, che incrocia le definizioni ufficiali americane di terrorismo - che è, quando gli Americani applicano il termine ai nemici.
Simili percezioni non sono cambiate in considerazione del fatto che l’11 Settembre, per la prima volta, un paese occidentale è stato sottoposto a un orrendo attacco terroristico sul proprio suolo d’un genere del tutto familiare anche alle vittime del potere occidentale. L’attacco è andato ben oltre ciò che talvolta è chiamato il terrore al minuto dell’Ira o delle Brigate Rosse.
Il terrorismo dell’11 Settembre ha determinato una severa condanna in tutto il mondo e un moto spontaneo di simpatia verso le vittime innocenti. Ma con precisazioni.
Un sondaggio Gallup nel tardo settembre trovò una scarsa adesione per “un attacco militare” degli Stati Uniti in Afghanistan. In America Latina, la regione con la maggiore esperienza d’interventi da parte americana, l’adesione oscillò dal 2% in Messico al 16% a Panama. L’attuale “campagna d’odio” nel mondo arabo è, naturalmente, anche alimentata dalle politiche degli Stati Uniti verso il conflitto israelo-palestinese e l’Iraq. Gli Stati Uniti hanno fornito il sostegno decisivo per la dura politica di occupazione
militare da parte d’Israele, che dura da 35 anni.
Una maniera per gli Stati Uniti di ridurre la tensione tra Israeliani e Palestinesi potrebbe essere smettere di non aggregarsi al consenso internazionale che dura da tempo e che chiede il riconoscimento del diritto per tutti gli stati nella regione di vivere in pace e in sicurezza, incluso lo stato della Palestina nei territori attualmente occupati (forse con modifiche di confine secondarie e reciproche). In Iraq, dieci anni di dure sanzioni economiche dovute alla pressione degli Stati Uniti hanno rafforzato Saddam e nel contempo causato la morte di migliaia d’iracheni - forse più persone “di quelle massacrate dalle cosiddette armi di distruzione di massa durante la storia”, hanno scritto nel 1999 gli analisti militari John e Karl Mueller in Foreign Affairs.
Quanto a un attacco degli Stati Uniti contro l’Iraq, nessuno, compreso il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, può realisticamente supporne i realistici costi e le conseguenze. Gli estremisti radicali islamici sicuramente sperano che un attacco all’Iraq uccida molte persone e distrugga una larga parte del paese, procurando adesioni per atti terroristici.
Presumibilmente essi salutano inoltre la Dottrina Bush che proclama il diritto di attaccare tutte le potenziali minacce, che virtualmente sono illimitate. Il Presidente ha annunciato che: “Non si può dire quante guerre saranno necessarie per assicurare la libertà nel mondo”. Questo è quanto.
Le minacce sono ovunque, anche a casa nostra. La ricetta per la guerra senza fine presenta agli Americani un pericolo di gran lunga maggiore di quello costituito dai nemici che si avvertono, per ragioni che le organizzazioni terroristiche capiscono molto bene.
Vent’anni fa, il precedente capo dei servizi di sicurezza israeliani,Yehoshaphat Harkabi, che era anche un eminente arabista, arrivò a un punto che ancora va considerato giusto. “Offrire una soluzione onorevole ai Palestinesi, rispettando il loro diritto all’auto determinazione: questa è la soluzione al problema del terrorismo”, disse. “Quando la palude scompare, non ci sono più zanzare”.
A quel tempo, Israele godeva d’una virtuale immunità dalle ritorsioni all’ interno dei territori occupati, che si è protratta fino a tempi molto recenti. Ma l’ammonimento di Harkabi era appropriato, e la lezione applicata molto genericamente.
Se l’America insiste a creare molte paludi, ci saranno molte zanzare, con terrificanti capacità di distruzione.
Se l’America dedica le sue risorse a prosciugare le paludi, mirando ai fondamenti delle campagne d’odio, potrà non solo ridurre le minacce che fronteggia, ma anche beneficiare degli ideali che professa e che non sono irraggiungibili se gli Americani scelgono di prenderli sul serio.