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DALLE BELLE CITTA'
Note storiche

E' l'inno delta III Brigata d'assaltoGaribaldi ''Liguria''. Scritto nel marzo 1944, sull'appennino ligure-piemontese dal comandante Emilio Casalini, (''Cini'', fucilato a Voltaggio l'8/4/1944). La musica è di Angelo Rossi "Lanfranco".

La III Brigata d'assalto Garibaldi ''Liguria'' venne quasi completatnente distrutta il 6 aprile 1944 nel Massacro della Benedicta (150 superstiti su 800).

Il canzoniere partigiano , come hanno ormai chiarito gli etnomusicologi, si compone essenzialmente di rielaborazioni, adattamenti, parodie di motivi precedenti, appartenenti alla tradizione militare o popolare, a inni del movimento operaio nazionale o internazionale, a canzonette di consumo. Pochi i canti originali, nel testo e nella melodia. Uno di questi e' nato sui monti della nostra provincia, in circostanze drammatiche che e' giusto far conoscere. Se Fischia il vento viene composto su un'aria sovietica, se Pieta' l'e' morta modifica attualizzandolo il testo di un canto alpino del 1915-18, se Bella ciao nasce dopo la Resistenza su un antico motivo di ballata, uno dei piu' intensi e significativi inni partigiani, Dalle belle citta' (Siamo i ribelli della montagna), viene creato nel marzo del 1944 sull'Appennino ligure-piemontese, nella zona del Monte Tobbio, dai partigiani del quinto distaccamento della III Brigata Garibaldi ''Liguria'' dislocati alla cascina Grilla con il comandante Emilio Casalini ''Cini''.
Sulle circostanze e modalita' reali della genesi di questo originale canto della Resistenza, disponiamo della testimonianza diretta di Carlo De Menech, allora diciottenne commissario politico del distaccamento.

Ad un certo punto avvertiamo la necessita' di creare qualcosa che riguardi noi e t utti i giovani dela nostra generazione, esaltandone la Resistenza in aderenza alla realta' della lotta che conduciamo. Sara' la nostra storia e traccera' le dure vicende della vita partigiana e gli ideali che la sostengono. Su questi presupposti Cini prende l'iniziativa e un bel giorno comincia a scrivere delle parole su un foglio di carta biancastra da impaccare; in mancanza di tavolo, utilizza una grossa pietra posta all' ingresso della ''caserma'', che serviva ai contadini per battervi le castagne, e noi facciamo circolo attorno a lui proponendo e sugerendo vocaboli e argomenti. Dopo alcuni giorni la bozza e' stesa (...). In distaccamento c'e' uno studente di musica, ventenne, Lanfranco, al quale viene consegnato il testo delle parole che si porta appresso durante il servizio di sentinella sul monte Pracaban; al ritorno, le note sono vergate su un pezzo di carta da pacchi (...).

Siamo i ribelli della montagna, con la sua originalita' del testo e della musica, diventa cosi' la nostra canzone, la canzone del quinto distaccamento, in cui si potra' riconoscere la storia di tanti altri giovani che, come noi, hanno scelto la montagna e la liberta'.


Carlo De Menech, Siamo i ribelli della montagna, dattiloscritto inedito (1975), depositato presso l'Istituto per la storia della resistenza e della societa' contemporanea in provincia di Alessandria.
E' un testo per molti aspetti paradigmatico, e per i contenuti, e per la qualita' della sua ''scrittura'', che rivela un certo grado di cultura. Sin dall'incipit denuncia la sua origine urbano-metropolitana (genovese, per la precisione) tracciando quella simbolica opposizione ''belle citta'/aride montagne'' che appare come lo specimen della traiettoria di una rivolta politico-morale partita dalla citta' ma vissuta nella campagna, nel paesaggio aspro e selvaggio dei monti. I principi ideali che animano la lotta partigiana (giustizia, liberta', fede in un mondo migliore) si conquistano a duro prezzo (''viviam di stenti e di patimenti'') alla severa scuola della montagna, in cui si dissolvono come per incanto differenze sociali, privilegi, egoismi.
Nel tono generale del canto, nella sua stessa melodia baldanzosa, in certe formule testuali, paiono rinvenirsi suggestioni, moduli e stilemi risorgimentali, alla Mameli (vedi ''la schiavitu' del suol tradito'' o ''l'ardor per la grande riscossa''). Dalle belle citta' e' una canzone fresca, giovane, piena di vento e di speranza, in cui si sente vibrare la tensione utopica e la grande carica di idealita' civile e politica che animo' la stagione partigiana. E' commovente pensare che appena qualche settimana dopo la composizione di questo inno, sull'altopiano del Tobbio si abbatte' un uragano di ferro e di fuoco, e molti di quei coraggiosi ''ribelli della montagna'' finirono fucilati alla Benedicta o al passo del Turchino, braccati sui monti come belve, uccisi in battaglia o deportati nei campi di sterminio.
Con i sopravvissuti, sopravvisse anche il canto, che divenne il simbolo della rivincita morale contro la ferocia del nemico, il segnale della riscossa partigiana, e come inno della rinata Divisione ''Mingo'' accompagno' il movimento di liberazione ligure-piemontese sino alla vittoria finale .