Sulle
AUTOPRODUZIONI AUTOPOIETICHE AUTISTICHE
In questi ultimi tempi si e'
ragionato molto su una serie di pratiche che, attraverso l'utilizzo di
tecnologie abbastanza semplici e a basso costo, il peer to peer, ad
esempio, oppure l'utilizzo delle schede pirata per vedere gratis la pay
TV, hanno permesso la riappropriazione dal basso di alcuni ''prodotti''
dell'industria culturale. Si e' insistito sulla riappropriazione e
sulla gratuita', sul free, sull'open, sull'utente, sul fruitore. Sul
versante di cio' che sta a valle del processo di produzione culturale
ma non su cio' che gli sta a monte.
L'analisi dei processi di
produzione culturale continuano ad essere visti in un'ottica meramente
produttiva. Si considera questo mondo come il prossimo mercato da
colonizzare oppure si continua ad osservare l'autoproduzione
all'interno del conflitto fra lavoro vivo e lavoro morto. Si insiste
sull'esodo e l'autorganizzazione della produzione immateriale
organizzata dei lavoratori cognitivi, oppure si enfatizzata la figura
del programmatore-hacker, come soggettivita' di riferimento.
Il nostro punto di vista e' che
alcune delle dinamiche dell'autoproduzione culturale vanno analizzate
in termini di autoproduzione di mezzi di produzione di soggettivita',
secondo uno schema che va' dal sociale all'individuale per poi
ritornare, dispiegandosi, al sociale.
La nostra proposta consiste nel
discostarci lateralmente al concetto di forza lavoro e di osservare il
mondo della produzione e della formazione, all'interno dei processi
biopolitici, riconsiderando la costruzione del concetto di biopolitica
e le sue concatenazioni a partire proprio dal pensiero foucaultiano.
- Produzione di soggettivita'
Non e' vero che
''...nell'economia globale ci sono saperi e conoscenze che eccedono il
rapporto di produzione dominante..''. I saperi e le conoscenze degli
individui ormai nascono e si sviluppano in buona parte altrimenti al
mondo della produzione.
Quindi non lo eccedono, bensi'
costituiscono una realta', per certi versi, separata rispetto al mondo
della produzione. Quando Foucault comincia a parlare e ad interessarsi
alla biopolitica si
ritrova a studiare il mondo greco
e le tecnologie del se'. L'archeologia del sapere subisce una brusca
deviazione. Foucault si occupa di studiare come si e' costruita e come
si costruisce
l'etica della soggettivita',
cioe' l'abilita' a conoscere e ad autogovernare i rapporti fra le forze
che compongono i soggetti. Biopolitica quindi non significa soltanto
articolazione materiale del potere sulle forze del vivente, significa
soprattutto analisi del campo
di forze all'opera durante i
processi di soggettivazione. Il mondo della produzione di valore e'
quindi soltanto una delle forze in campo, seppur potentissima, ma non
per questo il piano unico ed esaustivo.
Seguendo l'accezione qui
considerata la soggettivita' diventa un campo di forze in cui si
scontrano molte potenze e molti poteri, ma in cui esiste comunque la
possibilita' di fare il punto. E' possibile cioe' che i rapporti di
forze riescano a produrre processi puntiformi che permettono alla
soggettivita' di diventare scivolosa, di sgattaiolare via, tra le
maglie dei reticoli del potere.
Ma per ''fare il punto'' dobbiamo
scomodare i concetti di caosmosi e di autopoiesi. Questi due concetti
ci permettono di guardare la produzione della soggettivita' come
autoproduzione degli stessi mezzi di produzione di soggettivita'
Seguendo alcune pagine della
caosmosi guattariana, quelle sui processi di produzione di
soggettivita', possiamo individuare la concatenazione di alcune
componenti:
- componenti semiologiche
significanti (che si manifestano attraverso la famiglia, l'educazione,
l'ambiente, la religione, l'arte, lo sport, ecc.)
- elementi fabbricati
dall'industria dei media, del cinema, ecc.
- dimensioni semiologiche
asignificanti che mettono in gioco macchine informazionali di segni
estranee alle assiomatiche propriamente linguistiche
A nostro modo di vedere i
processi creativi non sono una forma di espressione della soggettivita'
umana. Sono piuttosto l'autoproduzione di alcuni dei mezzi di
produzione della soggettivita' stessa. Una soggettivita' plurale e
polifonica, che va' vista in una dimensione processuale, dinamica, mai
definita una volta per tutte. Una soggettivita' di cui il macchinismo,
il fare macchina, e' una delle attivita' fondamentali.
Possiamo provare ad analizzare
meglio quanto detto aggiungendo il concetto di autopoiesi.
Il concetto di autopoiesi e'
stato enunciato dai due neuropsicologi cileni Maturana e Varela.
Un sistema vivente e'
autopoietico in quanto si autoproduce.
Il nostro azzardo consiste
nell'utilizzare questo concetto nel montaggio della macchina della
soggettivita'.
L'autoproduzione, nella nostra
analisi, consiste nel montaggio e nell'attivazione di una macchina che
produce gli elementi che la compongono. L'autopoiesi consiste quindi in
processi di produzione, trasformazione e distruzione, delle componenti
di una macchina (un'unita' non animistica il cui dinamismo e'
manifesto) organizzata. E' una macchina non teleologica, senza scopo,
la cui rete di processi di produzione, trasformazione e distruzione di
componenti costituisce la macchina stessa come una unita' concreta
nello spazio.
Quindi ciascuna delle tre
componenti proposte da Guattari viene autocostruita durante il processo
creativo di produzione della soggettivita', a partire dai materiali
grezzi con cui veniamo a contatto giornalmente:
immagini, sensazioni, parole,
musiche, sogni, programmi, ecc.
Questi frammenti vengono
scomposti e ricomposti continuamente per costruire mezzi di produzione
di soggettivita'. Quindi le forme del potere investono tanto la
costruzione dei frammenti
quanto il montaggio della
macchina ma, allo stesso tempo, contribuiscono al montaggio della
macchina anche fattori che provengono dall'autoproduzione,
tecnologicamente assistita, di queste componenti.
- Cosa significa oggi fare
un'autoproduzione musicale?
L'autoproduzione si innesta oggi
su alcune pratiche che discendono direttamente dalla programmazione
tout court e da alcune sue caratteristiche autopoietiche.
Innanzitutto vorremmo insistere
sul fatto che i processi dell'autoproduzione, quando implementano al
loro interno le tecnologie digitali, permettono la configurazione di
una vera e propria macchina autopoietica, che puo' contare soltanto
sulle sue forze vitali, sui processi di costruzione delle sue
componenti e che, durante questi processi e' chiusa al mondo esterno.
Non vorremmo fare l'apoteosi
della misantropia o dell'asocialita', anche se e' piu' il collettivo,
inteso come una molteplicita' che si dispiega al di la'
dell'in-dividuo, piuttosto che il sociale, ad avere a che fare con
qualsiasi forma di processo creativo.
Le creazioni dell'intelletto sono
spesso prodotte in uno stato di autismo, di trance, di auto-coscienza,
ben descritta da Rattus Norvegicus come estasi di Frankenstein.
L'abbassamento della soglia di
attenzione sul mondo esteriore, il distaccamento dal raggio d'azione
delle performance linguistiche e comunicative, ma anche lo stato di
''normalita''', di non-sollecitazione, nei confronti degli stati
interni del proprio corpo e della propria coscienza, permette di
sperimentare forme di vero e proprio autismo creativo.
Durante i processi produttivi
attraverso le interfacce scorrono flussi indistinguibili. Non e'
possibile descrivere l'identita' della macchina autopoietica all'opera,
possiamo soltanto dare un'idea sommaria dei processi autopoietici che
la costituiscono utilizzando i concetti di concatenamento, di
condividuale-macchinico, di rizoma, di cyborg.
Sono dunque autopoietici anche i
processi di creazione musicale: sono rappresentazioni, catturate
attraverso gli strumenti tecnologici, dei processi di produzione,
trasformazione e distruzione, delle componenti di una macchina
(un'unita' non animistica il cui dinamismo e' manifesto) organizzata.
E' una macchina autopoietica, non teleologica, senza scopo, la cui rete
di processi di produzione, trasformazione e distruzione di componenti
costituisce la macchina stessa come una unita' concreta nello spazio.
In quest'ottica possiamo
osservare in maniera diversa anche le pratiche del free software e
dall'hacking: sono pratiche costitutive di mezzi di produzione di
soggettivita', esistono su un piano diverso rispetto a quello della
produzione.
L'hacker che scardina e ricombina
un algoritmo, il programmatore o l'artista che rilasciano le loro opere
sotto licenza GPL, operano in primo luogo sulla loro soggettivita',
costruiscono processi artistici e tecnologici ai quali si connettono
per espandersi, per ampliare il
proprio mondo, e allo stesso
tempo li lasciano liberi cosi' che anche l'altro possa fare
altrettanto. Ci troviamo dunque in una situazione in cui il l'economia
free e' di fatto un'etica della soggettivita', uno scambio di materiali
grezzi, di mezzi di produzione di soggettivita', che partecipano ad una
mescolanza, ad un montaggio di componenti, alla costruzione di macchine
per espandere corpi e desideri.
I processi di autoproduzione
dunque non si trovano semplicemente a competere con le dinamiche di
potere ma si intersecano ad esse nei processi caosmotici della
produzione di soggettivita'.
Non si tratta di una lotta fra
immaginario mediatico e etica della rete. Si tratta di un'intersezione
schizofrenica tra entrambi i processi. Il fatto e' che le tecnologie
informatiche ci hanno portato dentro casa l'incredibile possibilita' di
montare e rimontare autonomamente tutte queste componenti e questi
processi.
La filosofia del free software ci
sta dando i mezzi tecnici e legali per distribuirle, scambiarcele,
potenziarle, distruggerle a nostro piacimento. E' un approccio da
doityourself della soggettivita' quello che si dispiega tra le nostre
mani, il groviglio di cavi e il sommesso brusio dei chip.
Non ci resta che continuare a
sperimentare...
Ma l'autopoiesi la troviamo anche
nell'altra faccia della medaglia della produzione culturale, quella che
fino a qualche tempo fa era completamente in mano all'industria
culturale:
le componenti semiologiche
significanti, gli elementi fabbricati dall'industria dei media e la
loro distribuzione e pubblicizzazione.
Oggi attraverso la rete il
problema della pubblicazione e della diffusione delle opere
intellettuali puo' essere completamente risolto.
Non c'e' piu' bisogno di nessun
mercato all'interno del quale distribuire e pubblicare le creazioni
autoprodotte. In questo senso la rete si riconfigura nuovamente come
spazio pubblico non statuale in cui vige la regola del libero scambio
dei mezzi di produzione di soggettivita'.
E cosi' oltre al mercato e'
possibile evitare anche altre strutture ingombranti:
1) L'autore
Innanzitutto dobbiamo
sottolineare che i processi autopoietici non si trovano dentro alcun
dominio linguistico. I processi autopoietici non sono una grammatica,
non sono un sistema di segni. E' possibile avvicinare nuovamente la
creazione musicale alla programmazione.
Se la creazione si configura come
rimescolamento e ricombinazione di frammenti,
(e questo vale in particolare per
la musica elettronica, per l'uso massiccio dei campionatori, come per
le tecniche di Djing, di cut'n mix dell'hip-hop o del reggae) il
problema dell'origine,
della verita' e dunque
dell'autore ce lo possiamo levare di mezzo per sempre.
Se, come abbiamo analizzato
precedentemente, il processo creativo e' autoproduzione dei mezzi di
produzione di soggettivita', la figura dell'autore, del genio, del
creativo perde prepotentemente consistenza. Il processo creativo e' un
processo di cui l'autore puo' essere visto solamente come una delle
componenti. Se poi analizziamo il fatto che lo stesso autore-soggetto
e' la risultante di un processo di soggettivazione che utilizza i mezzi
di produzione autoprodotti come sue componenti, ci risulta chiaro di
avere a che fare con una struttura de-strutturata.
L'autore non puo' piu'
rivendicare alcuna paternita' su un processo creativo del quale e' sia
una componente che una risultante.
2) il sistema artistico, con i
suoi padrini, i suoi spazi e le sue leggi
Ultimamente, da piu' parti, si
insiste molto sull'indistinguibilita' fra arte e vita quotidiana, sul
fatto che alcune forme artistiche, in particolare quelle definite dal
termine hacker art, possano essere considerate, loro malgrado, come la
realizzazione di una nuova idea di arte.
Viene considerata arte, l'azione
creativa realizzata dal singolo utilizzatore delle nuove tecnologie,
quanto la creazione degli strumenti che rendono possibile tale azione
creativa.
Che si possa parlare di arte in
luogo dei processi di soggettivazione e' una mera questione
linguistico-semantica, della quale non ci interessa gran che.
Parliamo pero' del sistema
dell'arte.
Il sistema dell'arte prevede vari
elementi:
- la definizione di un ambito
d'azione,
- la definizione di un'attitudine
artistica,
- molto spesso, una teleologia
dell'azione artistica,
- una descrizione delle sue forme
peculiari.
- un padrino che traghetta forme
di vita ancora non considerate arte dentro il sistema dell'arte.
Il sistema dell'arte crea cosi'
delle definizioni, delle dicotomie e dei manicheismi, delle strutture
logiche nelle cui maglie ingloba le forme artistiche per poterne
disporre a suo piacimento. Il sistema dell'arte si basa sulla
possibilita' strategico-linguistica di definizione di un campo di
appartenenza e successivamente sulla catalogazione e sulla critica in
base alla conformita' o non conformita' rispetto ai suoi criteri di
definizione.
Le armi della critica,
dell'argomentazione, della cultura, lavorano sul piano della
dialettica, un piano che si configura in maniera distinta, su un'altra
orbita rispetto ai processi di soggettivazione. Sono il punto di vista
dell'osservatore rispetto a cio' che avviene all'interno del dominio
della macchina autopoietica.
Per interferire coi processi
autopoietici bisogna, in qualche modo farne parte, entrare nel loro
dominio d'azione diventare una componente dei processi stessi.
I processi creativi, i processi
di soggettivazione semplicemente avvengono. Non hanno bisogno di
nessuna struttura rispetto alla quale conformarsi o deviare perche' il
dominio del processo autopoietico e' chiuso su se stesso. Il processo
creativo utilizza le passioni e gli affetti come rete connettiva delle
sue componenti. Quello che conta dunque non e' la risultante del
processo creativo ma la sua dinamica interna.
3) la SIAE (Societa' italiana
autori ed editori)
La pubblicazione, la fruizione e
soprattutto la modificazione delle risultanti del processo creativo si
configura, all'interno della rete, come scambio e riutilizzazione
libera e gratuita di mezzi di produzione di soggettivita'.
La SIAE investendo con il proprio
discorso l'autore e la paternita' dell'opera manca completamente il
bersaglio.
In quest'ottica di assenza
d'autore, di libero scambio e modificazione non esiste alcuna
necessita' di difesa del diritto d'autore se non nei confronti
dell'industria culturale. A questo proposito e' possibile ricorrere
alle GPL (General Public Licenses) o alle licenze Creative Commons per
impedire l'uso a fini commerciali di un'opera mantenendo integro il suo
grado di liberta'. Le licenze libere possono essere considerate una
forma di gradualismo rivoluzionario che utilizza i mezzi istituzionali
(leggi) per difendersi dalle istituzioni stesse.
La SIAE, analogamente al sistema
dell'arte, si configura quindi come un discorso che cerca di
in-formare, di costruire una realta' sulla quale far valere le proprie
leggi. E' un discorso di potere che cerca di costruire _una verita'_
nel mare in tempesta dei saperi situati, nella potenza delle verita'
possibili.
4) il supporto fonografico
attraverso il quale la creazione veniva pubblicizzata e distribuita.
Non esiste piu' la necessita' di
veicolare la creazione su un supporto materiale e
l'esistenza dei formati ''open'',
per la musica gli .ogg ad esempio, permette di veicolare l'opera senza
utilizzare formati ''proprietari''