PARTECIPAZIONE, AUTOGESTIONE E DEMOCRAZIA PER UNA CITTÀ DEI BENI COMUNI
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23/02 15:00 | circolo alberone Uccelli Migratori - Laboratori creativi senza... Arciragazzi Pisa vi invita a partecipare a una serie di laboratori per la costruzione di maschere e carri in occasione del CARNEVALE ANTIRAZZISTA che si terrà Domenica 17 Marzo. Come gli uccel...
02/03 15:00 | circolo alberone Uccelli Migratori - Laboratori creativi senza... Arciragazzi Pisa vi invita a partecipare a una serie di laboratori per la costruzione di maschere e carri in occasione del CARNEVALE ANTIRAZZISTA che si terrà Domenica 17 Marzo. Come gli uccel...
17/03 14:00 | Piazza Vittorio Emanuele Carnevale Antirazzista Torna anche in questo 2019 il Carnevale, e quest'anno sarà antirazzista. 17 Marzo dalle ore 14 in Piazza Vittorio Emanuele Fin dalla sua nascita il carnevale è stato il periodo dell'ann...
Riparte anche a Pisa la
cosiddetta “lotta al degrado”: siamo di fatto in campagna
elettorale, la Lega Nord ha già conquistato il Comune di Cascina, e
qualcuno pensa che per avere consensi si debbano inseguire le parole
d’ordine di Salvini.
Così anche a Pisa si
ricomincia a parlare di “sicurezza” e di “ordine pubblico”: e
lo si fa in modo ideologico, propagandistico, a scopo evidentemente
elettorale. Così, non ci si interroga sulla vivibilità dei
quartieri, sulle nuove forme di esclusione sociale, e nemmeno sulle
possibili minacce all’incolumità fisica dei cittadini pisani, dei
residenti o dei turisti, su cui pure sarebbe interessante e utile
discutere. Ci si accontenta invece delle solite affermazioni da
marketing elettorale: per garantire sicurezza, si dice, bisogna
allontanare mendicanti, senza fissa dimora, venditori ambulanti,
immigrati.
E così, ancora una volta, si confondono e si
mescolano in un unico calderone povertà, disagio sociale e
criminalità: scippatori e rapinatori sono assimilati ai senza fissa
dimora, tanto che si emana un’ordinanza che vieta di dormire nelle
panchine pubbliche… ma davvero si pensa, con questi provvedimenti
al limite del ridicolo, di affrontare i problemi reali della città,
anche quelli relativi alla sicurezza?
È in questo contesto che
si cerca di applicare a Pisa il cosiddetto Decreto Minniti, divenuto
ora Legge n. 48 del 2017, “Disposizioni urgenti in materia di
sicurezza delle città”. Si tratta di una norma fortemente
contestata, che amplia a dismisura i poteri di ordinanza dei Sindaci
(come già avevano fatto, con modalità non troppo diverse, le norme
del “Pacchetto Sicurezza” berlusconiano poi bocciate dalla Corte
Costituzionale).
L’applicazione a
livello locale della legge Minniti prevede, in particolare, l’uso
del cosiddetto “Daspo urbano”: il sindaco, in collaborazione con
il prefetto, potrà multare e poi impedire l’accesso ad alcune aree
della città per chi «ponga in essere condotte che limitano la
libera accessibilità e fruizione» di infrastrutture di trasporto
(strade, ferrovie etc.). La definizione, come si vede, è molto
ampia, poco determinata, e lascia ampio margine ad un uso
discrezionale e arbitrario.
Nella nostra città, in
particolare, il Daspo urbano – misura di limitazione della libertà
personale – è stato invocato contro i venditori ambulanti
senegalesi: la sua applicazione, dunque, non avrebbe nulla a che fare
con la tanto sbandierata “sicurezza”. Sarebbe piuttosto un
provvedimento rivolto contro le fasce più vulnerabili
dell’immigrazione. Una misura contro i poveri, insomma.
Ed è
proprio questa la cifra delle leggi Minniti: colpire i poveri,
allontanarli dallo spazio urbano, o almeno dai centri storici. I
poveri fanno degrado, si dice, ed è meglio nascondere la polvere
sotto il tappeto. Ma proprio questa concezione è un pericolo per la
democrazia e per lo stato di diritto del nostro paese. Trattare la
povertà con misure di allontanamento significa tornare indietro di
almeno un secolo, annullare le conquiste del welfare, negare lo
spirito, e probabilmente anche la lettera, del dettato
costituzionale. Tutto questo, evidentemente, ha ben poco a che fare
con la tutela della sicurezza dei cittadini…
Per questo, sulla scia di
importanti appelli lanciati a livello nazionale dall’Associazione
Antigone e dai Giuristi Democratici, chiediamo al Sindaco di non
inseguire il linguaggio leghista, e di riaprire una discussione sui
nodi dell’esclusione sociale, delle nuove marginalità, della
vivibilità dei quartieri. Riaprire la fallimentare stagione delle
ordinanze, promuovere i Daspo urbani, lanciare ancora una volta la
guerra a mendicanti e venditori, significherebbe non affrontare i
problemi reali della città. E vorrebbe dire perpetuare quella guerra
ai poveri che non ci pare aver prodotto brillanti risultati, nemmeno
sul terreno della sicurezza.
Progetto
Caserme: arriva l'accordo per la speculazione … finalmente
dichiarata.
Dopo solo 16 anni, il
Progetto Caserme è a una svolta decisiva: Comune e Demanio
avvieranno un 'tavolo tecnico' per elaborare un nuovo progetto.
L'obiettivo, l'imperativo guida di quest'amministazione, in accordo
con il Ministero della Difesa, è vendere, anzi svendere il
patrimonio pubblico.
Nonostante 'le
sopraggiunte difficoltà sotto il profilo economico-finanziario
connesse alla sostenibilità dell'operazione' – queste le premesse
giustificative del nuovo accordo che per anni hanno tenuto nello
scacco dell'abbandono e del degrado una grande porzione del tessuto
del centro cittadino – non siano mutate, l'amministrazione persiste
nella scelta di privare la comunità di beni di grande valore
economico e sociale.
Completamente ignorato il
percorso partecipativo che per un anno e mezzo ha coinvolto decine di
associazioni e migliaia di cittadini nell'elaborazione di un progetto
di recupero alternativo sul piano economico e sociale che realmente
potesse valorizzare i migliaia di metri quadri delle caserme,
costituirne una funzione sociale e rispondere concretamente e
immediatamente ai bisogni reali del quartiere e di tutta la città.
Inascoltate le proposte dei cittadini nonostante ci fosse un ampio
margine d'inclusione nella nuova formulazione d'accordo. Proposte
tanto concrete e fattibili, come dimostrato dai 2 mesi di occupazione
del Distretto 42, da dover essere stroncate dalle forze dell'ordine
affinché il sogno di rimpolpare le casse del Comune potesse rimanere
tale.
Il Progetto Rebeldìa sottoscrive l'appello Verità e giustizia per Ibrahim
Ibrahim Manneh aveva 24 anni, era nato in Costa d’Avorio, era cresciuto in Gambia e da anni viveva qui a Napoli. Ibrahim è morto nella notte tra il 9 e il 10 Luglio di malasanità e di razzismo.
I suoi amici, i suoi familiari, i suoi compagni, non sanno ancora come
sia stato possibile morire così. Eppure, ciò che ha ucciso Ibrahim non è
frutto del caso: il semplice racconto delle sue ultime 24 ore di vita è
esemplare dello stato attuale di questo Paese, del clima di odio e di
indifferenza all’interno del quale vogliono gettarci, di un sistema
ingiusto e spietato dove i diritti più elementari vengono negati.
Scriviamo questo appello per mandare un messaggio chiaro: non
possiamo far finta di niente, riteniamo sia doveroso far emergere tutta
la verità sulle ultime ore di vita di Ibrahim e che venga fatta
giustizia perché quanto successo non accada più.
Il Progetto Rebeldìa aderisce all'appello per una gestione civica della Fattoria Senza Padroni - Mondeggi Bene Comune.
APPELLO
DA DOCENTI, RICERCATORI, STUDIOSI E DALLA SOCIETÀ CIVILE PER IL
MANTENIMENTO DELLA GESTIONE DEL BENE COMUNE NELLA FATTORIA DI MONDEGGI A
BAGNO A RIPOLI – FIRENZE
Circa
tre anni fa un folto numero di accademici di molte università italiane e
di studiosi di vari centri di ricerca manifestarono tramite un appello
la loro contrarietà all’alienazione della Fattoria di Mondeggi, una
tenuta pubblica che versava in stato di abbandono, chiedendo alle
pubbliche amministrazioni di immaginare un futuro diverso dalla vendita,
assieme a tutta la vasta e variegata comunità che la stava facendo
rivivere impegnandosi a trasformala in “bene comune”. Oggi nuovamente
sentiamo il bisogno di intervenire perché sebbene da un lato la comunità
che si prende cura di Mondeggi si è ingrandita e consolidata,
dall’altro la pubblica amministrazione continua a perseguire la strada
dell’alienazione, ignorando ciò che sta succedendo in quelle terre ed
evitando un confronto serio teso a dare spazio a quel progetto nato dal
basso, che ha mobilitato tanta energia sociale e solidale.
La nostra risposta è sempre stata e sarà sempre sì.
Basterebbe
davvero poco per garantire la vivibilità dei luoghi d'accoglienza e i
diritti per quei migranti che fuggono da ogni genere di pericolo,
violenza e abuso, che incontrano sia nel proprio paese, sia durante il
viaggio.
Il
problema, come sempre, è la volontà di prendersi carico e strutturare
un'accoglienza dignitosa, senza “scaricare il barile” appellandosi ai
“numeri dell'accoglienza” o riferendosi esclusivamente a chi finora ha
avuto il mandato di gestirla, ovvero la prefettura. Da anni lo
ripetiamo, a fronte di un'amministrazione affetta da una sorta di
sordità selettiva: è necessario semplicemente abbandonare il concetto di
emergenza e iniziare a gestire un fenomeno che nessun ripristino delle
frontiere riuscirebbe comunque a fermare.
Alla
Polveriera nel quartiere del CEP, ma è così in molti altri centri, ci
raccontano una situazione di sovraffollamento, con circa una settantina
di ospiti stipati nella struttura in muratura e in alcuni container che
si trovano all'ingresso dello spazio demaniale, gestito dalla Croce
Rossa.
I
letti presenti nei container sono separati da pochi centimetri. Durante
il sopralluogo che abbiamo svolto non è stato possibile verificare la
presenza di aria condizionata, ma poco importerebbe, a fronte della
totale mancanza di spazio vitale.
Da
tempo proponiamo soluzioni fattibili e a costo zero: la messa a
disposizione da parte dell'amministrazione di più spazi tra i molti
inutilizzati in città - adatti all'accoglienza sia di adulti sia di
minori non accompagnati - e l'aumento della disponibilità di posti in
SPRAAR, riducendo così l'accoglienza d'emergenza.
Si
tratta di semplici raccomandazioni di buon senso, sponsorizzate anche
dall'ANCI, ma che a Pisa vengono colpevolmente ignorate dal governo
cittadino.
LIVORNO, 5 luglio 2017 -- Ha fatto scalo di nuovo a Livorno il 1° luglio, proveniente da Charleston (Usa), la Liberty Passion, una
delle navi militarizzate del Pentagono addette al trasporto di armi
(carrarmati, proiettili di artiglieria, bombe e missili per aereo) lungo
un circuito che collega i porti statunitensi a quelli mediterranei,
mediorientali e asiatici. Il porto di Livorno, limitrofo alla base Usa
di Camp Darby, è il principale scalo nel Mediterraneo.
Nel suo viaggio inaugurale la «Liberty Passion», dopo aver effettuato a
Livorno il 24 marzo un carico di armi provenienti da Camp Darby, aveva
sbarcato il 7 aprile nel porto giordano di Aqaba 250 veicoli blindati
per le forze Usa e alleate impegnate nella guerra in Siria. Aveva quindi
scaricato a Gedda (Arabia Saudita) altri armamenti, tra cui
probabilmente bombe usate dall’aeronautica saudita nella guerra contro
lo Yemen.
La nave di tipo Ro/Ro -- lunga 200 metri, dotata di 12 ponti con una
superficie totale di oltre 50000 m2 sufficienti al trasporto di un
carico equivalente a 6500 autoveicoli -- appartiene alla «Liberty
Global Logistics», una delle compagnie statunitensi che, con oltre 60
grandi navi, trasportano armi per conto del Pentagono.
(NOTIZIA A CURA DELLA)
CAMPAGNA TERRITORIALE DI RESISTENZA ALLA GUERRA / AREA PISA-LIVORNO
Campagna Territoriale di Resistenza alla Guerra - Area Pisa e Livorno.
Accanirsi
in nome del decoro, a firma Minniti-Orlando.
Quella
appena trascorsa è stata una settimana di accanimento nei confronti
dei venditori ambulanti della zona del Duomo. Una storia che si
ripete, un copione sempre uguale: in nome di un non meglio definito
“decoro”, si attacca una componente della popolazione in
difficoltà economica a causa della crisi, e che dopo anni di lavoro
regolare sul territorio cerca di procurarsi da vivere vendendo ai
limiti del centro storico, cercando quindi di intercettare chi
effettivamente poi questa merce la compra, ovvero i turisti.
Per
più giorni consecutivi, i venditori della zona del Duomo e delle
strade limitrofe hanno subito “retate” da parte sia dei Vigili
Urbani sia di Carabinieri in borghese (così almeno si sono
qualificati). Queste azioni hanno portato al sequestro di merce,
senza che venisse rilasciato alcun verbale, e senza che venisse
effettuato alcun controllo sulle licenze di vendita (che a quanto ci
risulta molti venditori avevano).
Sono lontani i tempi di "Pisa città per la pace e per i diritti umani", le manifestazioni col patrocinio e il sostegno congiunti dell'Università di Pisa, il Dipartimento Identità culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Comune di Pisa, la Provincia, la Regione Toscana, l'ARSIA, Slow Food e il Segretariato Sociale della RAI.
La Campagna Territoriale di Resistenza alla Guerra Area Pisa-Livorno e i pisani tutti col consiglio comunale di giovedì 8 giugno hanno dovuto prendere atto della svolta di fatto a 180° del PD. Nel passato il PD si univa a tutti i cittadini nella richiesta agli USA di restituzione della base di Tombolo alla città: così si espresse inequivocabilmente il Consiglio comunale nel gennaio 2007. Oggi il PD sostiene il progetto di potenziamento della base militare di Tombolo, votando un proprio ordine del giorno in consiglio e bocciando gli altri.
Questo potenziamento – com’è ben chiaro - non è fatto coi metri quadrati o gli impiegati, ma con la nuova infrastruttura ferroviaria e l’ampliamento delle vie d’acqua (sul canale dei Navicelli sarà realizzato anche un nuovo ponte girevole) di collegamento col porto di Livorno, dove è stato inaugurato a fine marzo un servizio di trasporto di armi con tre navi della classe Liberty - 200 m. lunghezza, 36 m. larghezza, 57.030 tonnellate di stazza lorda - da Livorno ad Aqaba e Gedda, porte sul teatro di guerra mediorientale.
L'AMARO PARTIGIANO ARRIVA A PISA IL 20 GIUGNO AI Mondiali Rebeldi:
PRENOTA LA TUA BOTTIGLIA RESISTENTE!
All'interno dell'iniziativa "Lavoro Vivo - Occupare, Resistere,
Riattivare” che si svolgerà martedì 20 giugno alle 18:30 presso il campo
sportivo di Pisanello, ospiteremo un'esclusiva distribuzione dell'Amaro
Partigiano, un liquore “naturalmente di parte” nato dalla
collaborazione tra la fabbrica recuperata Ri-MAFLOW di Trezzano sul Naviglio e gli Archivi della Resistenzadi Fosdinovo.
A margine della tavola rotonda con lavoratori e lavoratrici impegnati
nella lotta per la riattivazione del proprio luogo di lavoro
delocalizzato, svenduto, disattivato, deprivato di diritti e dignità,
potrete scoprire la storia di questo distillato.
Amaro
Partigiano è realizzato con le erbe provenienti dai boschi resistenti
della Lunigiana, prodotto da uomini e donne che si stanno riappropriando
di un'idea e di una pratica del lavoro fondata sull'autogestione, sulla
democrazia interna, su un concetto di produzione che promuova la
sovranità alimentare.
Amaro Partigiano vivifica la memoria, crea lavoro dignitoso, connette i territori.
La partita di bottiglie di Amaro Partigiano che arriverà a Pisa il 20
giugno non sarà infinita, perciò vi consigliamo caldamente di prenotarvi
con una mail a
Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
o scrivendo a 3384601861,
specificando il numero di bottiglie desiderate. Qualora foste
impossibilitati/e a ritirare la bottiglia martedì 20, potrete farlo nei
giorni successivi presso il circolo di Pisanello.
Il costo della
bottiglia è di 15 euro, che finanzieranno l'allargamento del
liquorificio all'interno della Rimaflow, il festival “Fino al cuore
della rivolta” e il Museo Audiovisivo e della Resistenza di Fosdinovo.
Dopo
il rifiuto da parte della prima commissione consiliare di audire le
associazioni del territorio, il Progetto Rebeldìa ha presentato
alcuni emendamenti imprescindibili al “Regolamento sulla
collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la
rigenerazione dei beni comuni urbani di Pisa”. Nonostante le nostre
proposte siano il frutto di riflessioni ed esperienze accumulate
negli ultimi anni insieme ad altre realtà cittadine, non possiamo
nascondere che il tempo definito per la proposta di modifiche è
stato poco e di facciata.
Il
testo approvato in giunta è lacunoso, come fin dalla sua
pubblicazione abbiamo provveduto a far notare, cercando invano
un'interlocuzione. Abbiamo dunque elaborato alcune proposte di
modifica illustrate e accompagnate da una relazione che ne motivi le
ragioni. L'intervento massiccio e sostanziale si è reso necessario
per l'evidente inadeguatezza di un regolamento che sulla carta
dovrebbe ispirare un percorso per la gestione condivisa dei beni
comuni, ma che nella sostanza invece è ben accorto a ledere il meno
possibile lo status quo, nell'ottica di fornire a chi detiene il
potere uno strumento ben 'temperato' per tessere e rinforzare nuove e
vecchie clientele.
Basti
scorrere le lacune per le quali gli emendamenti proposti
rappresentano appena un lenitivo per cogliere appieno la sostanza
difettevole del Regolamento:
-
la tutela delle generazioni future, obiettivo fondante di
qualsiasi cura dei beni comuni risulta completamente assente e va
ricompresa e valorizzata in maniera esplicita.
- antirazzismo,
antisessismo e antifascismo dovrebbero essere alla base
delle relazioni di condivisione, ma sono totalmente dimenticati;
-
nessuna attenzione all'autogestione dei Beni comuni, con
una evidente svalutazione del meccanismo assembleare e delle forme di
consenso democratico che virtuosamente superano i meccanicismi del
voto nella gestione di un patrimonio fondamentale come i Beni comuni.
-
nessuna valorizzazione sostanziale della soggettività
autonoma, individuale e collettiva delle persone, ridotte
nel regolamento alla categoria di "cittadini", da tempo
svuotata da una sua valenza attiva e pervasa da un'ambiguità che
poco giova a un discorso che voglia essere veramente inclusivo;
-
nessuna valorizzazione dei temi della condivisione e
della fiducia reciproca tra individui, a vantaggio di una generica
collaborazione di cui i contorni rimangono grigi;