I primi 2 anni della giunta Pisapia. Ovvero: come ti cambia fare l’amministratore a Milano

Un articolo per fare il punto su quel che accade nell’afosa Milano della patina arancione

casadeimilanesi

Tra pochi giorni saranno ufficialmente i primi due anni di governo arancione a Milano, anniversario suggellato tristemente dalle manganellate di ieri pomeriggio sotto Palazzo Marino: simbolo di una giunta chiusa nelle sue stanze, incapace ormai di mantenere anche solo la facciata di apertura, comunicazione con le istanze del territorio e cambiamento nell’amministrazione pubblica.

Due anni costellati dalla triste continuità nelle politiche di gestione dei principali problemi che attraversano Milano in questo inizio di anni Dieci: la casa (leggi Aler e edilizia pubblica), la speculazione e devastazione dei quartieri (leggi Expo e opere collegate), la risposta poliziesca alla questione degli spazi sociali e alle mobilitazioni dei lavoratori (leggi gli sgomberi succedutisi in quest’ultimo anno, fino a quello di Zam avvenuto ieri mattina; leggi le cariche ai lavoratori della Jabil o del San Raffaele).

Due anni in cui la giunta arancione (anche se fin dal suo insediamento, i nomi rivelavano una preoccupante tendenza al bianco) non è stata capace di intervenire a sostegno delle richieste della sua stessa base sociale. Chiariamoci: noi, si sa, non eravamo tra gli entusiasti di Pisapia e siamo rimasti sempre un po’ perplessi di fronte alla sua “coalizione per il cambiamento” che andava dai circoli Arci ai salotti dell’alta finanza milanese, ma sappiamo riconoscere il fatto che l’attuale sindaco era riuscito a mobilitare attorno alla sua figura un vasto movimento di opinione e di realtà molto diverse, che avrebbe potuto garantire una forte base d’appoggio a riforme e reali progetti di rottura con il governo della destra.

Le manganellate di ieri (e dei mesi precedenti), gli sgomberi degli spazi sociali (in nome dei bandi) e degli occupanti per necessita aderenti ai comitati per la casa (in nome della legalità), la sfacciata propaganda per l’Expo e i fallimenti quotidiani dei progetti di riqualifica dei quartieri (sempre dopo aver lasciato la città sventrata e lo spazio pubblico e verde ridotto), l’incapacità di comunicare non coi centri sociali, ma anzitutto con la propria base: in tutto questo vediamo il fallimento del centrosinistra milanese e del mito arancione di Pisapia. Perché la risposta violenta della giunta gentile data ieri in Piazza della Scala, sotto il Comune, non era solo contro i ragazzi di Zam e i solidali, ma anche contro quella parte di popolo della sinistra che si era illusa di un cambiamento possibile. Fare gli amministratori ha cambiato profondamente voi, cari rivoluzionari arancioni: i signori del mattone e della rendita, gli uomini di Piazza Affari vi hanno evidentemente convinto che c’è un unico modo di governare una città complessa come Milano: con le scommesse finanziarie, il manganello e il feticcio della (presunta) legalità.

Per questo siamo convinti dell’importanza del corteo del prossimo sabato 25 maggio: pur tra le molte difficoltà resta una data fondamentale per dare un’ulteriore colpo alle ipocrisie della giunta Pisapia e rivendicare con forza il rispetto e la valorizzazione delle esperienze degli spazi sociali milanesi, autogestiti o meno, occupati o meno; una data fondamentale per ribadire il nostro rifiuto del sistema dei bandi e la svendita dei quartieri agli squali della finanza e della speculazione. A Milano si sta aprendo una fase diversa: noi vogliamo attraversarla da protagonisti.

Con i banditi di oggi dalla città vetrina di Expo 2015 | #StayZam

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