L’insostenibile leggerezza di Expo 2015

Lo scorso 8 novembre, la Consulta Architetti Lombardi, ha organizzato il convegno Architetti e Lavoro nell’austera cornice di Palazzo Castiglioni. Tra distese di stand commerciali e frenetiche pause caffè, un plotone di relatori ha relazionato a tappe forzate su una miriade di temi legati al presente e al futuro della città di Milano. Il pomeriggio della sala Turismo era intitolato “10 idee per Expo”, ci siamo accreditati per raccontarvi un po’ lo stato di avanzamento tecnico del nostro mega-evento preferito.

Per la prima volta è stato presentato il progetto vincitore (studi Liverani/Molteni e Onsite) del concorso di idee per le strutture generali diell’Expo meneghino. Le architetture si servizio, che non comprendono i padiglioni nazionali nè le aree attrezzate (teatri, agorà..), vanno da moduli formato chiosco a lunghissime strutture temporanee (fino a 150m) realizzate totalmente in legno. Il modello, dalla texture chiarissima ed omogenea, è del tutto aperto con solaio e fitti pilastri, mentre perde progressivamente presa l’ipotesi del velo d’acqua che dai soffitti avrebbe dovuto sostituire una delle pareti perimetrali. Il progetto dispiega la sua importanza al capitolo “cessi”: duemila quelli in progetto per accogliere orde di visitatori nei sei mesi di esposizione universale.

Passiamo a questioni che aiutano ad apprezzarne molto meglio il carattere metodologico: dei 60 milioni di investimento previsti per questa porzione di progetto solo 90 mila euro sono stati rimborsati allo studio vincitore del concorso, gli altri partecipanti sono tornati a casa con le pive nel sacco alla faccia del coinvolgimento di giovani e creativi millantato dal bando. Non è tutto: al bando di idee non seguirà alcuna gara di progettazione pubblica per i padiglioni nè vi sarà un collegamento diretto tra il progetto vincitore e quanto l’ufficio di piano deciderà di realizzare (dato che agli studi vincitori non resta che il titolo di consulenti esterni). In soldoni in ogni sfaccettatura del “sistema Expo” rivediamo l’assurdità della macchina tecnico-burocratica nostrana.

Se della progettazione dei cluster si sta occupando, non si capisce a quale titolo il Politecnico (con la gratuita generosità dei suoi studenti), ai padiglioni nazionali sarà demandata l’espressività delle identità locali…e qui la tragedia si fa ben presto farsa. Il Commissario Generale del padiglione Italia, Diana Bracco, non ha ottenuto un ufficio che questa settimana e a novecento giorni dall’apertura dei cancelli nessun bando è stato aperto nè alcun progetto è stato commissionato. Così l’unico architetto autocandidato a presentare le proprie idee ed invitato al convegno è il veterano Guglielmo Mozzoni. Il Mozzoni, architetto di discreta fama e uomo d’impegno politico più che ambiguo (nei Comitati di Resistenza Democratica con il golpista Sogno), è oggi un intraprendente novantasettenne! Sgomita, s’incazza, insulta..il convegno diventa una barzelletta ma bisogna riconoscergli un coraggio non da poco: presenta con convinzione il suo progetto di Città ideale, non si capisce nulla di concreto ma il pubblico si diverte e lo saluta con un’ovazione. Chissà che i suoi desideri siano accolti e possa festeggiare il suo primo secolo di vita con la realizzazione del suo progetto più ambizioso.

Del vuoto di progetto di Expo che abbiamo sintetizzato nel resoconto di questa giornata oggi non parlerà nessuno: le istituzioni ieri hanno infatti firmato l’ennesimo protocollo per legalità e sicurezza nei cantiere della piastra. A sugellare l’impegno preso (presenti Pisapia, Sala, sindacati..) anche l’AD di Manotovani S.p.A., i cui appalti e subappalti sono stati a più riprese oggetto d’interesse della magistratura…ma quella è tutta un’altra storia.

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