Il nostro riscatto ci attende dietro l’angolo

Uno di noi ha scritto una lettera che è stata letta durante il secondo corteo per la rioccupazione dello spazio sociale Lambretta. La riproponiamo oggi sul sito perchè sta nei ragionamenti della nostra esperienza collettiva.

L’altra mattina ho partecipato a un presidio contro uno sfratto in via Preneste, a San Siro. Ci sono arrivato per caso, incrociando vicino casa un compagno di scuola di tanti anni fa che correva per prendere un tram o una metro per andarci pure lui…Se ti fermi a pensarci davvero non riesci a crederci: in una città dilaniata dallo sfitto (80mila appartamenti e 400case vuote solo in quartiere) c’è chi dedica il proprio tempo, e i soldi pubblici, per lasciare una famiglia in mezzo alla strada alle porte dell’inverno.
Una donna a cavalcioni sulla finestra minaccia di buttarsi giù, a manifestare col proprio corpo l’ingiustizia dello sfratto. Pochi metri sotto di lei volano manganelli, la giornata non comincia affatto bene. Verso metà mattina, un poliziotto in borghese perde il controllo e sferra un colpo in faccia ad una compagna che partecipava al picchetto, lei cade a terra. La scena viene ripresa dai presenti, i frame della caduta circolano subito in rete. In quell’immagine rallentata c’è tutta la Milano che detesto:
c’è l’ALER, infiltrata e mafiosa, l’ALER avvinghiata al potere che le ha permesso per anni di regalare spazi ai neofascisti e abbandonare in liste di attesa senza fine migliaia di famiglie
c’è un Comune incapace di esautorare la stessa ALER dalla gestione del suo patrimonio pubblico, immobile di fronte ai continui sfratti, impigliato in promesse e noiosi rimpalli di responsabilità sull’orrore di Expo, del PGT, degli interessi speculativi che soffocano Milano
c’è una questura arrogante, capace di dire per bocca del suo primo dirigente che non ama fare sgomberi, nella settimana in cui viola il lambretta e prende a pugni chi resiste all’ingiustizia
L’altra mattina, ancora una volta, ho pensato che Milano fosse un gran bel posto di merda.

Anche ieri mattina ho pensato di rinviare il lavoro: sono venuto qui in piazza Ferravilla per sostenere il Lambretta e ho visto tre ragazzi salire lì sul tetto. Assaporare la loro grinta proprio mentre le divise ci avevano da poco spostato dall’ingresso, credendo forse di aver chiuso la partita, è stato potente. Nel corso della giornata quelle tre figure sul tetto sono diventate cinquanta, poi cento in presidio permanente e non so quante centinaia in corteo, al buio, la sera.

Nell’immagine di quei tre che ancora oggi resistevano sul tetto, c’è tutta la potenza di una città in cui vale ancora la pena di combattere. Il nostro riscatto sta nell’attivare autogestione nella Milano della partecipazione, sta nel corteo che sabato a SanSiro rivendicherà il diritto all’abitare, sta nel ricostruire una cascina come Torchiera nella Milano che il suo patrimonio lo abbandona, lo svuota, lo svende. Il nostro riscatto sta nell’intelligenza di chi porta la valle in città, sta nelle resistenze che da PianoTerra a VillaVegan si oppongono ad Expo e alla catena di piccole-grandi opere che ci sta attorno. Il nostro riscatto sta nella radicalità dell’essere solidali. Il nostro riscatto sta, nell’epoca dei bandi, nel saper essere ancora una volta banditi.

Lascia un commento