Così la municipale Giovanna Masoni Brenni, capo Dicastero cultura della Città di Lugano, ha risposto a chi – approfittando della sua presenza sabato mattina al dibattito organizzato dalla sezione luganese del Ps sul tema “ Il Teatro e la città ” – le ha chiesto lumi sul futuro dell’area.
Una risposta che ha lasciato l’amaro in bocca a chi – come Vania Luraschi, presidente del Tasi ( Teatri associati della Svizzera italiana) e portavoce dunque delle difficoltà concrete finanziarie e logistiche con le quali le compagnie locali sono confrontate – sperava di poter contare, un giorno o l’altro, su questi spazi. Il dibattito, come del resto indicava il fil rouge della mattinata, ha affrontato a tutto tondo il tema del rapporto fra istituzioni e operatori culturali e dell’impostazione che prenderà il nuovo polo culturale previsto al Palace.
Che cosa si può dunque chiedere al teatro di Lugano che verrà? Che muova sentimento e passione, che sia un luogo dove la città cresca con tutti i suoi attori ( « i bambini, chi ha deciso di fare arte e chi invece l’ama, chi non ci è mai stato, » ) e non un ghetto « riservato a vecchi e ricchi » . Un teatro vivo, terra ospitale, che per essere tale dovrebbe « essere sempre aperto, con spazi a disposizione delle compagnie locali per la formazione, per le prove » . Ciò che secondo Francesco Niccolini, fra i relatori dell’appuntamento tenutosi al Liceo di Lugano 1, il disegno del Palazzo della cultura non garantirebbe pienamente. « È raro che una municipalità decida di investire una tale cifra. Questo è un momento importante per riflettere su come spenderla, la decisione farà la differenza. Il progetto che io ho però visto in dicembre non era al servizio della città: una sala di altissimo livello ma carente di tutto ciò che serve a vivere il teatro in città. Ad esempio mancava il ridotto, fatto inspiegabile. Le sale prove erano solo due e piccole, non era prevista una foresteria e neppure gli uffici » , ha commentato l’autore e organizzatore teatrale italiano.
« Non voglio illudervi che si possa cambiare l’impostazione di un progetto che ha una storia lunga dieci anni, nato per soddisfare le due esigenze – come era evidente dal bando di concorso – di dotare la città di una sala per le rappresentazioni teatrali e per la musica di qualità e con un’acustica adatta.
L’idea del polo culturale non è stata concepita nell’ottica di metterlo a disposizione di una compagnia stabile, ma ci sarebbe stato comunque tempo per orientare le scelte. Voi adesso criticate, ma dov’erano gli operatori del settore al momento di lanciare stimoli? Anche i partiti si sono sottratti da questo dibattito » , ha risposto la municipale aggiungendo che si cercherà comunque di non precludersi l’eventualità per il futuro di avere una compagnia stabile facendo già da ora “ riserva di spazi” all’ex convento.
Dal canto suo Claudio Chiapparino, direttore Dicastero giovani ed eventi, ha rassicurato sul fatto che lo Studio Foce, con una sua realtà ben distinta ospitando tutte le produzioni ticinesi, non sarà il ridotto del Palace. « Il Foce dà un palco alle compagnie locali che altrimenti morirebbero » . E fra queste compagnie molte propongono spettacoli di grande livello che, snobbati in casa, vengono poi esportati in tutto il mondo: « Invitiamo cinesi e giapponesi e non riconosciamo quelli che, portando il nome della città nei quattro angoli del pianeta, sono nostri ambasciatori » , ha detto Chiapparino.
Il riconoscimento ( a tutti i livelli) è il vero problema di chi lavora in questo campo: « Abbiamo bisogno di soldi, c’è bisogno che la città investa nella cultura. Siamo delle risorse, ci pagano poco ( 3 mila franchi all’anno per tutte le compagnie), facciamo lavorare tanta gente, eppure veniamo ignorati e non ci viene fornita una struttura per provare e creare… » , ha aggiunto Vania Luraschi. La questione economica è stata infine sollevata dalla sala anche dal consigliere comunale Martino Rossi, il quale ha rilevato uno squilibrio nella distribuzione dei contributi da parte della città: « Per festeggiare il giubileo della Filarmonica Civica Lugano sono stati stanziati 175 mila franchi, per la rassegna del festival teatro 27 mila » .
All’incontro sono anche intervenuti Roberto Maggini, responsabile del Teatro Dimitri di Verscio ( esempio di un teatro privato che rappresenta 190 spettacoli per stagione per un totale di 24 mila spettatori) e il direttore del Teatro di Chiasso Paolo Belli che ha ricordato il senso del teatro.
Quello che ha in particolare una funzione civile e di emancipazione del pubblico e quindi « perde identità quando diventa un’appendice del mondo dello spettacolo » .
R. B.

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