Non fidiamoci di chi fa leva sulle nostre emozioni, di chi gioca con i più torbidi istinti dell’uomo, se siamo sicuri della nostra identità, se sappiamo chi siamo e da dove veniamo non servirà più l’individuazione di un nemico esterno, non servirà più l’idea di confini separatori e discriminanti. Il concetto di territorio contiene in se la vita che in esso si svolge.

Dobbiamo diventare responsabili, sentirci responsabili per ciò che accade intorno a noi anche se l’impresa è immane non è impossibile.

La disumanizzazione che viviamo è quotidiana e apparentemente non ha antidoti. Nella confusione non cerchiamo dunque una guida ma grandi pensatori, non cerchiamo un leader carismatico ma la condivisione del potere, non cerchiamo la formula magica ma mettiamoci in cammino poiché:

Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano. Bakunin

Oggi, nell’era della grande depressione, non si dice più “proletari di tutto il mondo unitevi” ma è stata sostituita con “proprietari di tutto il mondo unitevi”. Poveri i piccoli azionisti che hanno investito i loro risparmi senza mai chiedersi a cosa sono serviti i loro soldi, su quali speculazioni si fonda la ricchezza facile senza il lavoro. Senza una necessaria e profonda trasformazione delle regole del gioco capitalista non saremo mai in grado di difenderci in quanto esseri umani.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di luoghi di dibattito, di incontro e di utopia, dove poter condividere per costruire e sognare insieme. Luoghi e spazi di autonomia, di sperimentazione e di conflittualità. Non dobbiamo aver paura del conflitto, dobbiamo imparare a gestire i conflitti affinché non ne scaturiscano nuove vittime.

Non bisogna intenerirsi, non si devono considerare vittime gli attuali carnefici, poiché il sangue in questo momento scorre più che mai. NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO, e un giorno faremo i conti. Di crisi ce ne sono anche altre; come quelle che vivono da tempo immemorabile le popolazioni affamate dal colonialismo e le nuove sacche di povertà che stanno emergendo in Europa, crisi che di questo passo ci condanneranno a vivere rinchiusi in una fortezza securizzata che infine si trasformerà nella nostra stessa prigione, nel nostro lager, nella nostra tragedia di solitudine. Di questa situazione sono protagoniste le banche.

Le banche che ci rapinano ogni giorno di più, ci rendono schiavi dei loro prestiti con tassi d’interesse da strozzini, senza dare soldi a chi ne avrebbe più bisogno, colui che non ne possiede. Le banche continuano ancora insaziabili a saccheggiare le popolazioni e le loro risorse foraggiando potenti e dittatori, manager e galoppini. È proprio lì infatti che lavorano consulenti strapagati per fungere da speculatori ed aguzzini, poiché è di questo che vivono le banche, di strozzinaggio e di ricatti. Oggi non si tratta di abolire il segreto bancario, oggi si tratta di abolire le banche, almeno così come sono state concepite.

Cos’è rapinare una banca a paragone di fondare una banca?” Bertold Brecht (1898-1956)

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