Se mai, al giorno d’oggi, c’è stato uno scontro chiaro e definito fra il bene e il male, fra il diritto alla difesa e l’attacco, fra la democrazia e la dittatura, fra la cultura della libertà e quella dell’odio, fra un mondo che fa capo all’Iran e agli Hezbollah, quello del terrore internazionale, e il mondo liberaldemocratico… se è rimasto nella nostra cultura il sogno di battersi contro ciò che odia la democrazia, i diritti umani, il buon senso e infine anche la pace… se ci spinge il desiderio di contrapporsi ai luoghi comuni che dilagano in Europa nel consueto segno dell’odio contro Israele, questo è il momento.

Fiamma Nirenstein, “E’ giunto il momento per un Israele Day?”, L’occidentale, 6 gennaio 2009

Per la precisione, il momento al quale si riferisce Nirenstein è l’operazione piombo fuso, la più vigliacca campagna militare condotta dallo Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese. Il paradigma di un conflitto asimmetrico, caratterizzato da un uso sproporzionato delle più sofisticate armi di distruzione di massa e il conseguente blocco della Striscia di Gaza, nel quale un milione e seicentomila palestinesi sono ancora oggi costretti in miseria e isolamento. E’ interessante quanto emblematico notare come la necessità di un “Israel Day” in Europa sia stata agitata proprio mentre le bombe a grappolo israeliane colpivano scuole e abitazioni, tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. Lo Stato di Israele, oltre ad essere storicamente il gendarme occidentale in Medioriente, rappresenta, nella sua pratica di dominio quotidiano nei confronti della popolazione arabo-palestinese, un autentico laboratorio del controllo e della repressione. La striscia di Gaza, in modo particolare, funge da vero e proprio lager a cielo aperto: una concentrazione urbana densamente abitata in cui sperimentare armi al fosforo bianco, tecniche di contro guerriglia e sistemi di controllo a distanza. Tuttavia, un tale dispositivo necessita di un certo consenso per poter continuare a puntellare l’impalcatura instabile della propria legittimità ad esistere assassinando. E’ un tratto storico distintivo per lo Stato di Israele: ancora prima della sua fondazione nel 1948, Israele ha sempre dovuto ricercare giustificazioni bibliche alla propria esistenza e alle proprie guerre. Con l’avvio della guerra globale al “terrorismo”, Israele e i suoi fondamentalisti hanno cavalcato con decisione l’idea di uno scontro finale tra due civiltà. Quella di un Israel Day celebrativo, in contrapposizione alla tragedia palestinese (Nakbah), è un’idea estremamente reazionaria nella sua semplicità: celebrare lo Stato di Israele, la sua legittimità a perpetrare la guerra e l’apartheid in ragione di uno scontro tra civiltà oramai ineluttabile. Una colossale mistificazione storica per negare la tragedia di un popolo, magari abbinando gli stand eno-gastronomici e le brochure turistiche sulle spiagge di Tel Aviv alle crociate umanitarie della presunta civiltà giudaico cristiana. In realtà, la scorciatoia medievale dello “scontro tra civiltà”, al quale si rifà giulianamente la “compagna” Nirenstein (ex lotta continua ora deputata PDL), serve solo a celare la nefandezza di uno stato di dominio, il prodotto storico di un progetto nazional-capitalista fondato militarmente sulla rapina dei territori, il saccheggio di risorse naturali e la segregazione razziale. Per questo Israel Day è paradossalmente una “festa” negazionista, in quanto cela l’occupazione e nega, appunto, la tragedia palestinese. Del resto, se Israele festeggia perché mai dovrebbe esistere una nakbah per chicchessia? La rinnovata festicciola bipartisan sulle sponde del Ceresio (teatro per la pagliacciata sionista dell’anno passato) si ripropone questo maggio con uno slogan sobrio e leggero: “ISRAELE SIAMO NOI”! Quasi un invito collettivo ad imbracciare le armi per Eretz Israel. Del resto, la Svizzera le armi le produce, ma soprattutto le vende e può a giusto titolo sentirsi Israele per un giorno, magari pasteggiando olive e arance in piazza Dante. Come l’anno scorso, si annuncia la presenza dei maggiori esponenti dei partiti locali, dei preti, dei sindacalisti e dei rabbini. Ospite d’onore per l’occasione la stessa Fiamma Nirenstein, ideatrice della kermesse in Italia e ispiratrice del titolo di quest’anno (Israele Siamo Noi è anche il titolo del suo ultimo libro). Facile intuire come gli stessi convenuti al compleanno dello stato assassino grideranno alla riprovevole recrudescenza dell’antisemitismo in Ticino, confondendo ancora una volta vittime e carnefici, storia e appropriazione indebita della memoria. Dal canto nostro, non possiamo che gridare il nostro rifiuto libertario all’assimilazione con qualsiasi Stato di dominio e alla vile complicità con Israele e il suo genocidio.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che legittima l’apartheid come prassi quotidiana, nascondendola sotto la parola “sicurezza” (tanto cara anche ai nostri governi), che costruisce un muro alto più di otto metri per impedire ai palestinesi di accedere ai propri campi, alle scuole e agli ospedali, espropriando altra terra, case, fonti di vita.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che dalle alture siriane del Golan, occupate militarmente dal 1967, si appropria di 450 milioni di metri cubi di acqua all’anno, lasciandone solo 22 ai palestinesi.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che nega al popolo palestinese la possibilità di muoversi (costruendo check point lungo il suo perimetro e dentro il territorio altrui) ed il diritto al ritorno per tutti coloro che sono stati costretti a lasciare le loro terre durante le guerre e l’occupazione.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che viene definito “unico stato democratico del Medio Oriente”, ma che nei suoi 63 anni di storia ha continuamente alternato guerre ad alta e a bassa intensità.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che tra il 27 dicembre del 2008 e il 18 gennaio 2009 ha bombardato la Striscia di Gaza portando in soli 24 giorni alla morte di oltre 1.500 persone, utilizzando su civili armi illegali  persino secondo la Convenzione di Ginevra, come le cluster bombs ed il fosforo bianco.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che dal 2006 condanna gli abitanti della Striscia di Gaza ad un assedio e ad un embargo totali e permanenti, impedendo l’ingresso di materiali da costruzione come di altri moltissimi beni, anche di prima necessità.

Noi non siamo e non saremo mai uno Stato che, attraverso una campagna mediatica scaltra e feroce, vorrebbe farsi scudo di uno dei maggiori scempi compiuti all’umanità, l’olocausto nazifascista, per continuare impunemente a non rispondere dei suoi sistematici attacchi alla vita quotidiana del popolo palestinese e dei suoi progettati e sistematici atti di guerra e di distruzione della storia del popolo palestinese.

Noi Restiamo Umani!
Noi Siamo la Palestina!

CS()A Il Molino

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