di Marco Pellegrinelli e Francesca Mandelli

Data “storica” quella di ieri per gli autogestiti del Maglio. L’esperienza che loro stessi hanno definitivo, parafrasando il titolo di un film altrettanto storico, «Molino 2002: Odissea di uno spazio», è giunto, “logisticamente” almeno, al capolinea. Ore 6.15, è l’albeggiare di venerdì 18 ottobre 2002. Scatta l’operazione sgombero. Un’ottantina di agenti della polizia cantonale irrompono all’ex Grotto. Non trovano resistenza alcuna. Entrano e, ossequiando l’ordine dei superiori, a loro volta ligi a quelle che erano state le consegne del Consiglio di Stato, intraprendono il programmato “repulisti” e la conseguente chiusura dell’edificio.
Ore 11. Palazzo delle Orsoline a Bellinzona. Il comandante della polizia, Romano Piazzini, affiancato dal direttore del dipartimento delle istituzioni Luigi Pedrazzini, dà pubblico resoconto dell’operazione intrapresa. Tutto si è volto come era negli auspici, nella calma, senza scontri fisici. «Volevamo evitare la spirale della violenza», ha spiegato il comandante, e la cosa è perfettamente riuscita. «Non c’è stata nessuna reazione, nessuna resistenza da parte di chi si trovava in quel momento nella casa». Il consuntivo del blitz è presto detto: all’interno c’erano 31 autonomi; ai piani superiori due famiglie ecuadoregne con un neonato. Ma non è tutto. Nei boschi adiacenti, un caseggiato abusivo e alcune tende davano ospitalità ad altri ecuadoriani. «Cinquantasei in tutto, 22 uomini, 15 donne e 19 bambini – ha spiegato Piazzini – La nostra azione ha dovuto tener conto anche di un aspetto umanitario, dell’assistenza a queste persone. Che sono state immediatamente portate e alloggiate al centro della Protezione civile di Vacallo. Gli autonomi loro, sono stati allontanati a scaglioni per evitare che si verificassero subito pericolosi assembranti. Sono stati invitati a ritirare i loro effetti personali e hanno firmato pure una diffida a riavvicinarsi alla zona, pena, in caso di violazione, una multa e perfino l’arresto». Un ragazzo si è proposto di organizzare un magazzino per raccogliere gli oggetti di loro proprietà. Pare si siano addirittura procurati un capannone. Che cosa hanno portato alla luce le perquisizioni? Poca roba, nulla di «eclatante gravità». «All’interno dell’edificio, sono stati rinvenuti mezzo chilo di canapa, una cinquantina di piantine, piccoli pezzi di hashish, qualche fungo allucinogeno. Nelle vicinanze è stata poi scoperta una piantagione abusiva».
Che cosa succederà ora che è stato chiuso il Maglio, ma il problema dell’autogestione rimane un capitolo comunque aperto? Per l’immediato, nella peggiore delle ipotesi, è da prevedersi un pericoloso quanto “anarchico” serrate le file da parte degli autonomi con manifestazioni dure. Ed è qui che da parte dell’autorità s’è fatto appello al senso di responsabilità affinché si evitino conflitti e scontri che del resto non sarebbero di buon auspico per la continuazione dell’esperienza stessa dell’autogestione. Quanto al futuro, se uno spazio alternativo ci sarà, dovrà sottostare a determinate regole di sicurezza, appunto, e di legalità.

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E veniamo alla scelta del momento dell’operazione di polizia. Perché nelle prime ore di ieri mattina? «Ci siamo risolti ad intervenire – ha rivelato Romano Piazzini – poiché abbiamo potuto constatare che, via internet, era partito l’invito a vari gruppi di autonomi affinché solidarizzassero con gli occupanti. Non volevamo un conflitto aperto con tante persone potenzialmente organizzate in tal senso».
Ma le ragioni dell’intervento, come ha ricordato e spiegato Luigi Pedrazzini, sono «Prossime e remote». Il ”trapassato” remoto, sul quale è meglio stendere un pietoso velo, è noto a tutti. Sui capitoli relativi al passato prossimo e al presente così si è espresso il consigliere di Stato: «La decisione di sgombrare l’abbiamo pesa mercoledì anche se era evidentemente in preparazione da qualche tempo. I motivi sono da ricondurre all’impossibilità di riuscire a trovare al Maglio una situazione di rispetto della legalità quale condizione necessaria per consolidare in quel luogo la presenza dell’esperienza di autogestione». L’“imputazione”, insomma, è di cronica indisciplina, incompatibile con le più elementari norme del civile convivere. «Gli autogestiti, malgrado la nostra disponibilità ad avviare degli incontri per affrontare e risolvere i problemi, si sono assunti la responsabilità di trasgredire e di mantenere il loro programma di manifestazioni di richiamo pubblico che si sono svolte nel fine settimana di settembre – ha proseguito Pedrazzini – Manifestazioni che da una parte hanno richiamato in causa i soliti problemi di inadeguatezza della struttura in fatto di sicurezza, dall’altra hanno provocato delle turbative, dei disturbi alla popolazione di Canobbio che sono stati regolarmente registrati dalla polizia cantonale. Di fronte a questa situazione, il Consiglio di Stato e giunto alla conclusione che non vi fosse altro sbocco possibile per quanto concerneva e per quanto concerne la presenza dell’autogestione al Maglio se non ordinare lo sgombero della struttura stessa e dare questa disposizione alla polizia cantonale».

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