«Se l’esperienza di autogestione al Maglio di Canobbio ha avuto questo esito negativo il motivo va cercato nell’atteggiamento assunto dagli interessati»: così si esprime il sindaco di Lugano Giorgio Giudici. «La struttura scelta dagli autonomi, in una zona appartata di Canobbio, poteva essere adatta allo scopo. E poteva funzionare se i “molinari” fossero stati più avveduti e avessero agito nella legalità. Se avessero dato prova di tatto nei confronti del Comune che li ospitava e soprattutto della collettività in generale. Non si può pensare di avere una democrazia a due velocità. Non si può pretendere di ottenere quanto si vuole con la forza e la violenza prevaricando i dritti degli altri. In questo modo si rischia di cedere all’anarchia, alla messa in secondo piano dello stato di diritto».
L’autogestione è per definizione un fenomeno di tipo urbano. Non sente la Città il dovere di prendersi carico del problema e di proporre una soluzione sul suo territorio?
«Non esistono né gli spazi né le premesse. Se in una zona discosta gli autonomi sono riusciti a creare tensioni con gli abitanti di Canobbio, è facile supporre che in un centro abitato potrebbero causare un sollevamento popolare. Ripeto: è mancata da parte loro la disponibilità a convivere, a proporsi in modo costruttivo. Con questi presupposti nessun luogo può essere adatto. E la Città non fa eccezione».
Sulla mancanza di un possibile edificio e soprattutto della volontà da parte di Lugano di ospitare gli autonomi concorda anche il municipale Giuliano Bignasca. «La Città non si discosta da quanto espresso in proposito anni fa. Dove potremmo metterli? Non c’è posto, non ci sono stabili adatti. Personalmente ritengo che la soluzione vada perlomeno cercata. Idealmente gli autonomi dovrebbero essere ospitati in una zona lontana dal centro, in un prato, come ne esistono nel territorio di Bioggio».

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