Tanta rabbia, ma anche delusione nelle reazioni dei protagonisti dell’autogestione dopo l’incursione della polizia al centro sociale e la chiusura definitiva del Molino. Incontriamo alcuni autonomi fuori dal cancello del Palazzo delle Orsoline a Bellinzona. «Si sbagliano se credono di fermare la nostra esperienza sgombrando con la forza il Maglio che loro stessi ci avevano consegnato. Là o altrove, l’autogestione andrà avanti.
Dietro il movimento ci sono centinaia di persone» promette una ragazza che è la prima a intervenire. Si parla a ruota libera. «È mancata la volontà politica di intervenire per attenuare i rumori che disturbano la popolazione di Canobbio. Noi abbiamo fatto la nostra parte» sostengono i «molinari» . Ma l’intimazione di sospendere per qualche tempo i concerti e le altre attività pubbliche non è stata rispettata. «Era una condizione inaccettabile che l’assemblea ha rifiutato. Il Molino vive soprattutto grazie ad attività di quel genere».
E adesso? Sloggiata dal Maglio, l’autogestione ieri si è riversata nelle piazze di Lugano come qualche anno fa, ai tempi del GAS, del Gruppo per l’autogestione socioculturale, di Robin Hood, di Realtà antagonista, movimenti giovanili di diversa matrice che poi sono coagulati nel progetto di autogestione.
Solidarietà e sostegno al Molino sono stati manifestati dal Movimento per il socialismo: «Il Consiglio di Stato ha dimostrato in modo chiaro e palese la sua incapacità nel trovare una soluzione costruttiva ad un’esigenza, espressa da settori importanti della popolazione ticinese, di spazi d’aggregazione, culturali e sociali». Nella soddisfazione generale che si respira a Canobbio, una voce fuori del coro è quella del Gruppo insieme a sinistra. Il municipale Luca Gatti e i suoi consiglieri comunali «prendono atto con rammarico» della chiusura del Maglio «perché nonostante tutti i disagi che oggettivamente una parte della popolazione di Canobbio ha dovuto talvolta sopportare, uno spazio per attività socio-culturali non necessariamente omologate (o gradite) a chi ama gestire «con mano ferma» la città è necessario.
Sempre a sinistra, il Partito socialista ticinese parla di «decisione vergognosa» e «spudoratamente elettoralistica»

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